MODENA SI MOSTRA
MODENA SI MOSTRA
15 NOV 2022 · CHIESA DI SAN PIETRO
Conoscevate già questa chiesa? Oggi non è una domanda scontata, leggermente discosta com’è dal centro della città e aperta principalmente per le funzioni religiose. Ma che cos’è un tesoro, se non è un poco nascosto?
San Pietro è un punto focale della storia di Modena e tra i suoi edifici religiosi più interessanti, assieme al complesso monastico in cui si trova.
Si tratta infatti di una chiesa abbaziale, cioè appartenente al monastero benedettino, fondato alla fine del X secolo e tenuto in attività dai monaci. Il legame tra monastero e chiesa si nota fin da fuori, dove la facciata di quest’ultima, senza interrompersi, si tramuta nel muro esterno del complesso. La facciata si distingue dal contesto modenese anche per altre peculiarità . Prima di tutto per la sua forma che, rimasta invariata da quando fu realizzata - a metà del 1500 - ci restituisce un’immagine fedele dello stile rinascimentale. Lo vediamo nell’assetto dei muri esterni che segue e lascia intuire l’altezza delle navate della chiesa dietro di essi; ed inoltre nei capitelli con il sovrastante fregio in terracotta d’ispirazione nettamente classica. Il fregio poi mostra un motivo davvero singolare e non molto comune: dei diavoli in catene trasportati da cavalli marini.
L’abbazia rappresentò un centro culturale non solo per i monaci che vi vivevano, ma anche per l’intera città , e assorbì e raccolse gli stimoli dei tempi. Ciò si riflette nell’architettura cangiante della chiesa, avviata nel 1476 e consacrata più di quarant’anni dopo.
Se, come abbiamo detto, la facciata è pienamente rinascimentale, l’interno presenta caratteristiche ancora proprie delle chiese medievali tradizionali. Ad esempio, la pianta stessa dell’edificio è strutturata in stile gotico: divisa in cinque navate, con le due più esterne riservate alle cappelle private.
La sovrapposizione di più stili non solo rivela l’influsso dei monaci - in costante aggiornamento sulle tendenze artistiche - ma anche la maniera costruttiva dell’epoca. In quegli anni, diverse maestranze si affiancavano nella costruzione di un edificio, non guidate come oggigiorno dal piano univoco di un architetto, ma piuttosto dai committenti e dalle consuetudini del mestiere.
Adesso, mentre passeggiate tra queste vicende architettoniche, parliamo di Antonio Begarelli, l’artista cinquecentesco che… ma no, fermiamoci per il momento. Per saperne di più sul suo conto, vi aspettano i prossimi audio dedicati alle sue sculture.
15 NOV 2022 · LE STATUE DELLA NAVATA
È consuetudine dire di una statua, in senso metaforico, che sembri viva o addirittura che paia muoversi. Vi soprenderà sapere che, molto più di quanto si pensi, le statue si muovono davvero, e non in senso figurato! È il caso, ad esempio, delle sei sculture in terracotta della navata centrale della chiesa di San Pietro, che hanno posato piede sugli attuali piedistalli soltanto nel 1819, tre secoli dopo essere state realizzate da Antonio Begarelli, scultore modenese nato nel 1499 e attivo fino al 1565.
Non solo, la collocazione originaria di queste opere, databili tra il 1528 e il 1542, non era la stessa per tutte. Partendo dall’ingresso, le prime due - raffiguranti San Francesco e San Bonaventura - si trovavano nella chiesa di San Francesco di Modena. Le altre quattro furono invece realizzate sì per questo complesso abbaziale, ma erano collocate nel dormitorio dei monaci.
Questo dettaglio non è un puntiglio da storici, ma ci aiuta a comprendere lo stile delle opere.
Posizionatevi al centro delle quattro sculture verso l’abside. Queste rappresentano la Madonna col Bambino, Santa Giustina, San Benedetto e San Pietro. Immaginatele nella loro prima collocazione: il dormitorio dell’abbazia. I benedettini, in silenzioso raccoglimento, rivolgono loro gli sguardi che i santi ricambiano con solennità . Sono come apparizioni dal mondo divino e i loro vestiti sembrano ancora mossi dal vento che spira nelle altezze del Paradiso. Sono statue concepite per un dialogo intimo tra il monaco e il divino, all’interno di un contesto privato dedicato alla meditazione e allo spirito.
Ora ritornate verso l’entrata e rivolgetevi a San Francesco e San Bonaventura. Notate delle differenze? Per esempio, guardate come i panneggi delle vesti si fanno meno aerei, tanto che San Bonaventura deve reggere il saio per non farlo toccare a terra. Il loro carattere più austero si confà alla loro collocazione originale, dietro l’altare della chiesa di San Francesco. In quel luogo il dialogo non è intimo, ma più distante e allargato a tutti i partecipanti al rito. Non abbiamo più delle apparizioni, ma statue a tutti gli effetti, che sono un punto di riferimento per la comunità dei fedeli. Non a caso raffigurano i santi cardine dell’ordine francescano, cui la chiesa apparteneva.
Ebbene, già nel Cinquecento gli artisti avevano ben chiara l’importanza del luogo che avrebbe ospitato un’opera e del pubblico a cui si sarebbe rivolta. Non erano solo abili nella tecnica ma, come magari diremmo oggi, erano quasi degli esperti di marketing!
15 NOV 2022 · PIETÀ
Parlando di scultura classica o rinascimentale, viene quasi naturale pensare al marmo.
Di certo, non all’umile terracotta, con cui Antonio Begarelli realizzò le sculture di questa chiesa.
Nella zona in cui ci troviamo, la mancanza di cave di marmo diede vita ad una tradizione scultorea fondata su questo materiale. Ma Begarelli sapeva lavorare la terracotta con maestria tale da farla sembrare marmo scolpito. Considerando poi che all’epoca le sculture erano dipinte di bianco, la differenza tra i due elementi si assottigliava ancora di più. Dare dignità ad un materiale povero poi era una scelta che aveva anche valore spirituale per la morale cattolica. In questa Pietà del 1544, l’imitazione del marmo si sposa con uno stile che echeggia la scultura antica non solo nelle forme, ma anche nella resa dei sentimenti. Cristo, senza vita, viene mostrato a Maria prima della sepoltura. Nessuno dei tre personaggi intorno al corpo compie gesti eclatanti: non si grida in preda allo strazio, non si alzano le mani al cielo. È una sofferenza misurata, che non vuole distrarci con la teatralità . Nella scena non deve risaltare l’orrore del lutto, ma la sacralità del sacrificio che è alla base del credo cristiano: attraverso la sua morte, Gesù redime l’uomo dal peccato. Certo, il dolore è presente e traspare dai volti, ma è un soffrire raccolto, che si fa tramite per la fede.
15 NOV 2022 · ANCONA O ALTARE DELLE STATUE
Di pale d'altare ne avrete già viste. Quei dipinti sacri, spesso su tavola lignea, che soprattutto durante medioevo e rinascimento erano posti sopra o dietro gli altari.
In questa maestosa opera, Begarelli utilizza la scultura, al posto del disegno e dei consueti mezzi pittorici, per creare una pala d’altare. A riprova di questo sappiamo che, nel piano iniziale, le quattro figure dei santi Pietro, Paolo, Geminiano e Benedetto, alla base della rappresentazione, avrebbero dovuto essere dipinte con colori naturali, e non bianche ad imitazione del marmo come avveniva solitamente e come previsto per la Vergine in gloria ad essi sovrastante. Inoltre, la decorazione entro la quale il gruppo scultoreo è racchiuso, dona ancora di più l’idea di un'immagine isolata, incorniciata come si farebbe appunto per un dipinto. La scultura si fa dunque dipinto grazie alle scelte cromatiche e compositive.
L’opera, tuttavia, non fu completata secondo l’indirizzo originale per via della morte dell’artista, avvenuta nel 1565, sebbene fu proseguita poi dal nipote Ludovico e da altri scultori.
Fu l’ultimo lavoro del maestro per il monastero di San Pietro. E Antonio Begarelli si trova ancora qui. Lo spazio che un tempo occupava l’altare, dalla fine dell’Ottocento ospita il suo sepolcro. Il maestro riposa accanto al suo lavoro incompiuto e ci lascia con un dubbio in sospeso: chissà quale sarebbe stato il suo ultimo tocco per questa maestosa pala d’altare?
29 JUN 2023 · THE PIETÀ OF ANTONIO BEGARELLI, IN THE CHURCH OF SAN PIETRO, MODENA
When we talk about Classical or Renaissance sculpture, it’s almost natural to think of marble. Certainly not of humble terracotta, with which Antonio Begarelli made the sculptures in this church.
In the area around Modena, the lack of marble quarries gave rise to a tradition of sculpture based on terracotta and Begarelli knew how to work terracotta with such mastery that he made it look like sculpted marble.
Considering that his sculptures were painted white at the time, the difference between the two elements was further reduced. What’s more, the choice to bring dignity to such a poor material had a spiritual value for Catholic morality.
In this Pietà of 1544, the imitation of marble is combined with a style that echoes ancient sculpture not only in the forms, but also in the rendering of feelings.
Christ, lifeless, is shown to Mary before the entombment. None of the three figures around the body makes any striking gestures: they do not cry out in agony; they do not raise their hands to heaven. There is a measured suffering, which doesn't distract us with theatrics.
The scene should not show the horror of mourning, but the sacredness of sacrifice that is the basis of Christian belief. Through his death, Jesus redeems man from sin. Of course, pain is present and visible in their faces, but it’s an intimate suffering, a suffering that can strengthen one’s faith.
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