Settings
Light Theme
Dark Theme
Podcast Cover

Escalation

  • Aumentare la tensione per innescare l’economia di guerra

    19 APR 2024 · Messaggi militari scritti con le scie dei velivoli nei cieli mediorientali?  https://ogzero.org/studium/affari-e-traffici-darmi-lo-spaccio-nel-2022/  Coinvolgiamo di nuovo Francesco Dall’Aglio per decrittare i molti messaggi e studi sottesi alle guerre ibride, per procura, Fredde e… palesi, alfine. Ma sono guerre davvero o semplici paraventi con qualche migliaio di morti causati con pretesti a sostegno della sostituzione dell'economia della globalizzazione con l'economia di guerra? Eventi, strategie, alleanze, scambi… sono ambiti particolarmente frammentati e impossibili da comporre in un quadro che comprenda enigmi e ricostruzioni plausibili. Con Dall’Aglio ci avventuriamo a mettere insieme dati e ipotesi attendibili, partendo dalla analisi degli ordigni usati, di quelli non usati, potenziali ed esauriti; scorte e ricerca, industria militare e potere politico.  Un'ottima base di partenza è offerta dai più feroci atlantisti segnalati da Dall'Aglio stesso sul suo canale telegram (https://t.me/BravagliosWarRoom/2439), dove si dà notizia dei trattati a pochi giorni dall'invasione che sarebbero stati vantaggiosi per Kyiv, ma i piani atlantisti erano ormai dettati dalla decisione di cambiare le basi dell'economia. Penetrabilità degli irondome globali Quali sono le ricostruzioni accettabili, quali i missili davvero usati; quanto sono stati gli apporti effettivi della coalizione e perché sono state diffuse fotografie palesemente camuffate? In realtà non si sa nulla di preciso e neanche se è stata più o meno organizzata coreograficamente. Forse l’accordo corre sul filo di un linguaggio a noi precluso e con significati che riguardano il campo incerto tra campo diplomatico e campo bellico. Cosa hanno potuto capire e dimostrare l’un l’altro in quella notte di scie luminose nei cieli mediorientali? Sottovalutazione del “nemico” e iperproduzione per il sistema di guerra E anche sottovalutazione della maggiore capacità di realizzare alleanze strategiche da parte del mondo non-Nato. Ma forse, guardando davvero agli obiettivi militari reali, nessuno ha intenzione veramente di andare allo scontro aperto… è più probabile la pantomima per ottenere tantissimi capitali da ambo le parti, creando basi e caserme (dislocate più a Est in Europa) con infrastrutture (compreso il Tav: corridoi strategici per veloci trasporti di equipaggiamenti), nuovi strumenti bellici per dimostrare che la sicurezza si è ottenuta grazie ad arsenali pieni (pagati con il welfare smantellato). Un sistema di guerra pagato dagli stati senza una reale guerra dichiarata. Potenziali nuovi cicli di lotte giovanili e interessi energetico-bellici Ci potrebbero essere elementi sufficienti per innescare proteste giovanili e in particolare universitarie – come si vede – e per questo scattano i manganelli, perché è una possibilità di mettere sabbia nell’ingranaggio del bisogno dei governi di smantellare il welfare per stornare i fondi verso l’industria bellica, come chiesto da Letta/Draghi. Certo non ci si può liberare da dipendenze energetiche da un giorno all’altro senza pagare il giusto prezzo.
    47m 1s
  • Produrre il Caos per mantenere l’Impero al centro del Risiko

    14 APR 2024 · Annientamento dei nemici di Israele. Eterogenesi dei fini o obiettivo iniziale delle guerre mediorientali?   Cogliamo l’occasione offerta dal volume Ucraina, Europa, mondo di Giorgio Monestarolo per avviare una conversazione con l’insegnante e storico (i cui riferimenti nello sviluppo del discorso sono Stefano Arrighi e Pino Arlacchi) attorno all’attualità immersa nell’estensione delle guerre globali, riconducendola innanzi tutto alla spartizione della zona Mena innescata dal Processo di https://ogzero.org/studium/il-mare-di-astana-il-mediterraneo/ – che vedeva protagonisti la Russia, impegnata nella operazione militare speciale; l’Iran, coinvolto nel conflitto arabo-palestinese (il lancio di droni su Israele è di due giorni successivo a questa registrazione); la Turchia, attiva militarmente sia in Rojava che in Nagorno. Un Processo reso possibile dal vuoto lasciato dal ritrarsi di Washington dall’impegno mediorientale, lasciando a presidiare la regione lo Stato ebraico e gli alleati sunniti della Penisola arabica; in quel vuoto si è creato quel tipico caos entropico da cui scaturiscono “catastrofi”. La situazione attuale è ancora nel passaggio multilaterale che conduce a polarizzazioni negli schieramenti sempre più manifestati in guerre aperte, che vedono le potenze locali coinvolte direttamente, risultando inefficaci gli scontri delegati alle milizie proxy come per la Mezzaluna sciita. Ne è scaturita una interessante disamina con l’autore del libro che tratta della guerra in Ucraina e delle sue conseguenze (facendola risalire a Maidan e a quello che è successo negli ultimi tre lustri, dalle Primavere arabe – e dalla fine di Gheddafi – alla guerra in Siria). E infatti proprio l’intervento russo in Siria è stato il punto di squilibrio che ha inceppato il progetto di eliminare le potenze locali che si contrapponevano allo Stato ebraico.   I motivi economici della scelta muscolare   Affrontare la teoria del caos consente alla discussione di allargarsi all’uso della War on Terrorism collegandola alla War on Drugs per sfruttare gli interessi collegati ai fenomeni migratori e di ricostruzione che si vanno a creare; dalla gestione economica dell’impero mondiale all’altra faccia della medaglia del multilateralismo alla Obama che si è rivelato non un’apertura di pace, ma molti scenari di conflitti diversi e che stano mettendo in sofferenza il ruolo del dollaro. Quindi l’egemonia rimane esclusivamente affidata alla potenza militare statunitense e il suo apparato industriale militare è il vero motore politico delle guerre per procura dell’impero Usa, che hanno un ritorno anche e soprattutto economico-militare. Diventa interessante mettere a confronto la proxy war ucraina con le tensioni nel Pacifico e le differenti relazioni tra Usa e Russia e l’odio e amore che contrappone Cina e Usa.
    47m 10s
  • Strategie globali, esercitazioni mirate... lunghe eclissi imperiali

    20 MAR 2024 · Il divenire del confronto mostra l'eclissi del vecchio che non scompare e il nuovo non ancora pronto a sostituirlo. Proseguiamo la proposta della discussione con Francesco Dall'Aglio iniziata qui:   https://www.spreaker.com/episode/il-rilfesso-dell-entropia-distopica-della-guerra-rispecchiata-nei-singoli-cocci-dei-conflitti-locali--59038313 Le strategie militar-diplomatiche americane a livello globale e in previsione dei rivolgimenti futuri dal Nord all'Oceano indiano: le esercitazioni nell'Artico sono palesemente antirusse, ma forse problematizzano anche i cinesi con la somma delle presenze di navi nel golfo di Aden, ma anche per il confronto nell'area artica per le merci e non solo, visto il coinvolgimento degli scandinavi, che scoprono l'autentico interesse di presidio di rotte e scenari potenzialmente anodini di situazione bellica. 
    26m 54s
  • Il rilfesso dell'entropia distopica della Guerra rispecchiata nei singoli cocci dei conflitti locali

    14 MAR 2024 · Lento declino dell’impero: i focolai della Guerra si addensano sul golfo di Aden e deflagrano https://ogzero.org/tag/armi/ Una partita complessa e feroce che si sta manifestando con molti conflitti che divampano in un unico quadro generale di guerra dichiarata, con esibizione di muscoli, oppure con stragi e carneficine; ribaltamenti di posizioni di forza e alleanze; passaggi ardui con missioni anodine, come i rapporti di belligeranza tra stati armati fino ai denti e milizie, con armi adatte alla guerra sul territorio; potenze nucleari e vecchi contenziosi estratti dalle ceneri della storia di Trenta anni di potenza unica incontrastata. E tanti civili massacrati in mezzo. Con Francesco Dall’Aglio abbiamo compiuto un viaggio globale negli innumerevoli panorami di guerra, sempre tornando in qualche modo verso il Mar Rosso, dove ci aspettava la lente di ingrandimento di Matteo Palamidesse a illustrarci l’emblematica interpretazione locale del più diffuso vento nazionalista: il Sudan, la provocazione eritrea nel Tigray da anni sotto scacco, le tensioni interne all’Etiopia, il Somaliland e gli interessi sui porti dell’Oceano indiano. Ma soprattutto gli Houthi, gruppo ribelle che rappresenta una nazione e che ha appena resistito ai sauditi, che ha colto nel segno bloccando lo stretto di Bab el Mandeb e costringendo gli europei a inviare navi da guerra nell’Oceano indiano a difendere merci e cavi. Esportazioni di problemi occidentali: il neocolonialismo è il risultato dell’esportazione tracotante di democrazia, che produce la scomposizione dei continenti in frammenti che diventano schegge che si ricompongono sotto altre influenze (Wagner, Cina, Turchia… Emirati) attraverso spaccature che passano attraverso conflitti locali e sacche di resistenza a macchia d’olio. Centrale di questo movimento è la decomposizione del Sudan, dove nuovi attori vanno a occupare gli spazi lasciati dalla deflagrazione e si appropriano delle macerie, laddove il distante impero non riesce e non vuole intervenire, perché il ritorno non pagherebbe lo sforzo. Dal conflitto asimmetrico al rifiuto fallimentare della diplomazia Nonostante il favorevole sistema di guerra che consente all’Occidente boom di vendite di armi, come sancito dal Sipri, la messa in crisi della supremazia occidentale produce vuoti di potere (dai risvolti imprevisti), come quello in Sahel da parte dell’anello debole francese, in cui si incuneano forze che fanno convergere l’intolleranza per il neocolonialismo sull’alternativa offerta da potenze altrettanto coloniali, dando libero sfogo a guerre che costituiscono una collana di innumerevoli mercati che assorbono e consumano armi, prodotte per lo più dall’odiata Babylon occidentale, e ciascuna perla di quella collana è una potenziale area di tensione che esplode localmente, ma essendo correlata globalmente divampa in una rete di adeguamenti al nuovo sistema mondiale immerso in un unico grande Sistema di Guerra in tutta la sua filiera fatta di mercati, affari, nazionalismi, eserciti, milizie, distruzioni, stragi, fame, genocidi soffocati per decenni. E ancora una volta sembra emblematico il costruendo porto di Khan Younis, appeso alla foglia di fico degli aiuti umanitari, s’inizia con gli affari legati alla sua costruzione, il suo prevedibile uso per la deportazione dei palestinesi residui, sgomberati dalla Striscia verso il Ruanda via Larnaca. Una soluzione che era nei piani di Netanyahu fin dalle mappe sbandierate poco prima del 7 ottobre come un drappo rosso di fronte al toro, per far giungere sul litorale di Gaza le merci che transiteranno dal corridoio saudita preconizzato in alternativa alla Bri cinese. Un capolavoro di infamia geopolitica, che s’illude di rispondere al declino dell’Impero americano.
    57m 14s
  • Analizzare ordigni connessi alle strategie geomilitari

    21 JAN 2024 · Analizzare ordigni e strategie militari per districarsi nel ginepraio della propaganda https://ogzero.org/studium/affari-e-traffici-darmi-lo-spaccio-nel-2022/ A partire dallo studio delle armi messe in campo si può risalire non solo alle strategie belliche, ma pure agli obiettivi reali dell’operazione militare in senso geopolitico? E nel caso delle guerre in corso è possibile ricostruire e dunque prevedere dal tipo di ordigni e di mezzi di guerra utilizzati perché si è giunti a questo punto e come evolverà? Francesco Dall’Aglio, esperto di Europa orientale e di questioni strategico militari, ci aiuta a districarci nelle molte verità artefatte della guerra Ucraina a cominciare dal tipo di armi utilizzate diretta conseguenza della strategia militare adottata. Dapprima sono in campo armi definite difensive, definizione avventata per strumenti di morte, quali armi anticarro e armi antiaeree supponeva una strategia di contenimento da parte dell’esercito Ucraino e degli strateghi Nato. Con l’annuncio in pompa magna della fallita offensiva di primavera cambia la natura delle armi inviate: carri armati, veicoli trasporto truppe con lo scopo di sostenere l’auspicato avanzamento dell’esercito ucraino. Il congelamento del fronte ha generato una richiesta di utilizzo di droni e artiglieria. I droni iraniani Shahed, facili da usare, economici; “suicidi”, in quanto destinati a colpire bersagli a terra. Fanno la concorrenza ai droni turchi Bayraktar. Sul campo sono presenti anche missili ipersonici russi contrapposti al sistema di difesa Patriot americano… la sperimentazione sul campo diventa un’opportunità commerciale significativa per l’industria degli armamenti. Per esempio: Francesco descrive nel suo canale telegram “War Room” la foto che abbiamo adottato in copertina, commentando «qualcuno deve essersi chiesto perché non attaccare una testata termobarica TBG-7V a un drone e mandarla a schiantarsi sulle trincee ucraine, a distanza ben maggiore dei 500 metri scarsi che il lanciarazzi garantisce (non sono le bombe termobariche che lanciano gli aerei ma quelle più piccole che si lanciano con gli rpg - qui la scheda tecnica:https://roe.ru/eng/catalog/land-forces/strelkovoe-oruzhie/grenade-launchers/tbg-7v/). La domanda deve aver trovato risposta positiva e questo è il risultato». Un approccio particolarmente efficace per descrivere pragmaticamente conflitti e rivelare intenti geopolitici, spesso inconfessabili.
    23m 31s
  • Scardinare con uno “scatto” la difesa del consenso al potere

    13 SEP 2023 · Nonostante il potere. https://artspaces.kunstmatrix.com/en/exhibition/12198946/wars-2023-terza-edizione Ed è soprattutto il potere democratico, paradossalmente, ad avere bisogno di censurare il fotogiornalismo di guerra. E allora abbiamo colto l’occasione per cercare di dare il giusto rilievo al lavoro dei fotoreporter, “gettando uno sguardo” al Premio internazionale https://artspaces.kunstmatrix.com/en/exhibition/12198946/wars-2023-terza-edizione a cura dell’“https://www.atlanteguerre.it/wars-iii-vince-modola-con-reportage-dal-myanmar/”; ma anche per fare due chiacchiere con Raffaele Crocco, direttore responsabile e curatore della mostra insieme a Fabio Bucciarelli, per toccare alcuni temi e questioni collegate al complesso e coraggioso occhio dei reporter di Guerra e Migrazione – che infatti si può definire “Guerra alla povertà”: dalla visibilità che deve produrre uno sforzo enorme per superare l’occupazione dell’immaginario dell’ipertrofica produzione di immagini di guerra a sostegno della narrazione di potere, alla “partecipazione” di chi sceglie l’inquadratura e la luce, chi non documenta soltanto la situazione di cui è testimone, ma vive nella Storia insieme ai suoi soggetti. Il premio è andato a Sigfrid Modola per un reportage da una sanguinosa guerra dimenticata, quella del Myanmar; ma anche Federico Rios ha ottenuto un riconoscimento con un bel lavoro sul cammino al Darien Gap, lo strenuo passaggio dei migranti che faticosamente attraversano infinite frontiere con la determinazione della disperazione; e non poteva venire dimenticato Santi Palacios, che documenta gli effetti stranianti della strage di Bucha, a completare il terzetto di finalisti. Tre momenti che non a caso riassumono la geopolitica di questa epoca, in cui il sistema mediatico ha preso le misure al grande rivoluzionario lavoro dei freelance che aveva saputo con pochi scatti risvegliare la coscienza politica mondiale al tempo della Guerra nel Vietnam e ora avrebbe bisogno di accedere a molti canali, o che da molte segnalazioni si confluisse sul lavoro di questi 120 partecipanti alla terza edizione di Wars, per toccare le menti distratte da innumerevoli immagini concentrate altrove. Si coglie la composizione quasi artistica dello scatto fotografico, ma si rileva anche l’impossibilità di ottenere un distacco da ciò che si vede, perché significherebbe rinunciare alla propria umanità, pressata dalla ferocia delle 31 guerre in corso in questo momento, di cui non si darebbe nemmeno conto se non per il lavoro di questi obiettivi che narrano i tanti civili uccisi, senza contare i molti costretti a indossare divise, per andare a morirci dentro.
    16m 44s
  • Riconvertire la longa manus mercenaria... prima che te la morda

    30 JUN 2023 · https://ogzero.org/tag/wagner/ Abbiamo interpellato Stefano Ruzza, perché la definizione di Private military and security company contiene aspetti che nella relazione tra Cremlino e Wagner non erano soddisfatti fin dall’inizio e, con l’aumento della concentrazione di potere e risorse in quel centro di potere che controllava la Wagner (costituita di gruppi immobiliari, catering, editoria…), il rapporto è ancor più mutato, deteriorandosi sia per gli interessi del committente che differivano ormai dalle ambizioni del gruppo rappresentato da Prigozhin, sia perché la vera forma di contratto stipulato tra le parti non era in realtà quello che intercorre in genere tra contractors ed enti che ne richiedono i servizi: nelle intenzioni di Putin la Wagner non era altro che un apparato militare che svolgeva i lavori sporchi che un esercito regolare non può assolvere, in particolare utile per proxy war – come quella siriana; o interventi di affiancamento a paesi in difficoltà con jihad o rivolte – come in Mali e Burkina; o guerre asimmetriche – come in Sudan, dove i paramilitari avevano già operato una scelta politica di passare armi e bagagli ai ribelli di Hemedti. Sicuramente le potenzialità di una Pmsc sono meno efficaci, o pericolosamente centrali, nei casi di guerre guerreggiate come in Ucraina. In realtà un Gruppo ibrido come quello in cui si è trasformato Wagner in seguito alle tante risorse drenate nelle molteplici attività ora non è più funzionale ai bisogni del Cremlino e quindi andava integrato nell’Armata russa, oppure limitato alle operazioni africano e perso per perso... non gli è ancora andata poi così male, a meno che le purghe stiano per scaricarsi, oppure l'analisi deve essere più complessa e attendere che si veda in che modo verrà smembrata la compagnia... perciò la parola va a Stefano Ruzza.
    25m 43s
  • Lustrare le armi per promuovere la guerra

    4 APR 2023 · https://ogzero.org/studium/affari-e-traffici-darmi-lo-spaccio-nel-2022/ Il cartello delle armi collauda localmente, crea occasioni di smercio e smaltimento su larga scala, allestisce show-room di distruzione di massa, condiziona attraverso nazionalismo, saccheggio di risorse, settarismo religioso e promozione di risorse. Agisce esattamente come una qualunque altra filiera di prodotto: cercando e individuando mercati da penetrare, un’analisi seguita da una forte campagna di marketing (magari aiutandosi con un po’ di terrorismo, qualche milizia opportunamente armata, leader spregiudicati o ispirati da fedi fanatiche), investimenti e promozioni di prodotti in concorrenza tra loro –in territori volta per volta destabilizzati e attraversati dalla guerra… fomentata dalla presenza delle armi studiate appositamente per quel tipo di guerra. Dunque “la guerra viene con le armi”, come dice Elisa Gianni nel podcast della trasmissione del 3 aprile di “https://www.radiopopolare.it/podcast/rights-now-di-lunedi-03-04-2023/” di Radio Popolare di Milano, citando il dossier da cui OGzero ha iniziato a monitorare per un anno lo smercio di ordigni e utensili bellici… dopo la conclusione di quel dossier con un libro collettaneo (https://store.streetlib.com/informatica/2023-orizzonti-di-guerra-691870/) possiamo dire che ormai la guerra non è mai stata così diffusa capillarmente: la filiera delle armi ha fatto un ottimo lavoro, non tralasciando alcuno spazio dell’”orbe terraqueo” (citazione dotta, desunta da una premier il cui ministro della Difesa fa di mestiere il trafficante) dove andare a insinuare il bisogno di riarmo. Non si tratta più di seguire le armi per prevedere dove sarà la guerra, ma di capire per ciascun’area che razza di contrasto armato sta per esprimere la conseguenza della tempesta seminata attraverso il repertorio di arnesi di guerra esportati nei singoli scacchieri internazionali. La guerra globale tra le richieste autocratiche di multilateralismo provenienti dall’Oriente e la pervicace supremazia monocratica atlantista dall’altro, questo l’effetto del bisogno di… piazzare armi da parte delle più importanti industrie della filiera delle armi; che agisce nello stesso modo in cui si presentava un secolo fa e come ha documentato bene nel libro Eric Salerno commentando un articolo della rivista “Fortune” del 1934. Ma rimane una speranza – che era quella di Fabrizio De Andrè, anche se nella canzone Girotondo risulta fallace – che è quella della foto in copertina: il concerto a Tel Aviv dove russi, bielorussi, ucraini tutti in coro mandano affanculo la guerra. La guerra è dappertutto, Marcondiro'ndera la terra è tutta un lutto, chi la consolerà? Abbiam tutta la terra Marcondiro'ndera giocheremo a far la guerra, Marcondiro'ndà.
    3m 40s
  • Arms and the Men

    28 MAR 2023 · https://store.streetlib.com/informatica/2023-orizzonti-di-guerra-691870/ Una disamina quella di Eric Salerno, impegnato in un dialogo durante la “Domenica dei libri” con Roberto Festa sulle frequenze di Radio Popolare, che mette al centro la lobby potentissima degli armieri da un secolo a questa parte centrale nell’esplosione di conflitti e che ha segnato il “Secolo breve”. Lo spunto nasce dai suoi due saggi ospitati nella raccolta di OGzero intitolata https://ogzero.org/progetti/#2023:%20Orizzonti%20di%20guerra, in particolare quello che riprende un articolo di “Fortune” del 1934 che conclude la rassegna e inizia l’intervista. Uno degli aspetti del libro è quello che descrive lo strapotere dei settori militari e industriali sulle scelte politiche, che condizionano qualsiasi forma di esercizio del potere, sia esso democratico o autocratico o frutto della convergenza degli interessi delle oligarchie ideologiche o religiose, come per il secondo saggio di Eric, che si occupa dell’uso di Tsahal dei test delle armi sui palestinesi come garanzia nelle vendite di ordigni all’estero. La discussione prosegue su temi centrali del mercato armiero: il coinvolgimento del racconto mediatico nel divulgare i bisogni dell’industria e le necessità del campo di battaglia, lo smaltimento degli arsenali, la creazione di sempre nuovi nemici a cui vendere le armi, l’intento di «mantenere l’Europa in costante stato di stress», come dice l’estensore dell’articolo di “Fortune” (Eric Francis Hodgins) che chiude il libro da cui Festa e Salerno hanno preso spunto… arrivando a evocare poi la figura di “Ike” Eisenhower, come scritto nell’intervento di Eric nel volume. La chiosa dell’intervista si occupa dell’altro saggio di Eric inserito in https://ogzero.org/progetti/#2023:%20Orizzonti%20di%20guerra è dedicato a Israele e coglie nell’incipit il cuore del discorso: il cliente vuole essere certo che il prodotto funzioni e i gioielli micidiali che Israele vende sono testati; e la spirale “virtuosa” per i Signori della Guerra si innesca con la vendita degli americani ai paesi arabi, provocando la spinta di Israele all’innovazione e alla costante supremazia e sofisticazione dei prodotti a disposizione di Tsahal.
    13m 2s
  • La logistica della filiera delle armi

    10 FEB 2023 · https://ogzero.org/studium/7813/#yemen La consapevolezza di come è strutturato e a quali interessi oltreatlantico rispondono i flussi di armi che transitano nei nostri porti è un dato impossibile da ottenere nella sua interezza, ma un costante monitoraggio attraverso accessi a dati paralleli, a segnalazioni estemporanee, incrocio di dati, messa in relazione con eventi coperti dalla stampa internazionale... consente di ricostruire i passaggi e le strategie che sottendono alla produzione, alla logistica, ai modi di aggirare embarghi per zone di guerra, triangolazioni e flotte di traghetti Ro.Ro in costante movimento a rifornire di armi i belligeranti e a preparare le prossime battaglie, destinate ad "assorbire" la produzione di ogni tipo di macchina da guerra. Proprio attraverso queste prassi scientifiche Carlo Tombola ha impostato il suo studio e la sua azione si esprime anche nella partecipazione e ispirazione per https://www.weaponwatch.net, perciò abbiamo cominciato un dialogo che si prevede lungo, volto a illustrare come si può raccogliere, divulgare, contrastare almeno in parte il business che fa di intere popolazioni vittime del profitto che innesca i conflitti. Questo primo incontro si è svolto attorno a due fulcri: la lotta dei portali inserita nella filiera mondiale del trasporto marittimo di armi (il 25 febbraio ci sarà una grande manifestazione a Genova contro le armi) e le caratteristiche dell'industria pesante – apparentemente – italiana.
    56m 6s

Cominciamo la serie sulle infami regole evanescenti e prive di scrupoli che sottendono al traffico di armi, che vede le aziende italiane, controllate o meno dallo stato, protagoniste e molto...

show more
Cominciamo la serie sulle infami regole evanescenti e prive di scrupoli che sottendono al traffico di armi, che vede le aziende italiane, controllate o meno dallo stato, protagoniste e molto vivaci nel fare affari, perseguire la difesa degli interessi dei colossi energetici nazionali, contrastare l'immigrazione con campi di concentramento appaltati a milizie spietate, addestrare apparati polizieschi che coincidono con gli aguzzini di Giulio Regeni. Inauguriamo questa narrazione con l'intervento di Antonio Mazzeo nella trasmissione informativa di Radio Blackout del 25 marzo 2021
show less
Contacts
Information

Looks like you don't have any active episode

Browse Spreaker Catalogue to discover great new content

Current

Looks like you don't have any episodes in your queue

Browse Spreaker Catalogue to discover great new content

Next Up

Episode Cover Episode Cover

It's so quiet here...

Time to discover new episodes!

Discover
Your Library
Search