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Erdoğan: l'approssimazione strategica in economia

  • Lo sconquasso anatolico non porterà un terremoto geopolitico

    20 FEB 2023 · https://ogzero.org/autore/murat-cinar/ La strada tra Çöçelli ed Evri in copertina era appena stata costruita... a regola d'arte corruttiva. Gli autocrati sono troppo utili a tutti per venire spazzati da un terremoto? Un elemento positivo, se può essercene uno in una devastazione che ha portato a decine di migliaia di morti, proviene dall’aiuto proveniente in primis da quelli che da sempre il sospetto nazionalista turco addita come il potenziale terrorista armeno, il nemico greco, l’infido ebreo… Erdogan stava già prima cercando di intrecciare nuovi rapporti con alcuni degli avversari prima delle scosse di terremoto che hanno scoperchiato quanto il suo regime avesse indebolito la protezione civile turca, quanto fosse di cartapesta l’edilizia e le infrastrutture originate dalla corruzione del suo sistema; l’intero ecosistema è sconvolto, non solo la società turca e siriana. Il 1999 aveva dato la spinta al sultano con quegli affari costruiti su un terremoto terrificante, la terra ha ripreso a tremare un quarto di secolo dopo, ma non è detto che riesca a travolgere un sistema così oliato e preciso, di benessere finto e di crescita non sostenibile e divoratrice di suolo. E lo stato si rende conto che deve fare il possibile per coprire le enormi falle venute a galla: censura e stato d’emergenza, cercando capri espiatori: migranti siriani e afgani (discriminati e gradualmente costretti a tornare in un territorio devastato al di là del confine), imprenditori edili (l’ultima ruota del carro dell’istituzione; nessun amministratore) e ong che dimostrano il fallimento della mezzaluna rossa e delle altre istituzioni. E poi le promesse di ricostruire antro un anno, ma le elezioni sono previste tra 3 mesi… o si farà per l’ennesima volta carta straccia della Costituzione? Intanto bisognerà valutare quanto il buco economico-finanziario alimenterà il flusso migratorio di turchi, dapprima verso Ankara e Istanbul e poi verso la Germania o l’Europa occidentale, che già è iniziato con i minori non accompagnati prima del terremoto. O addirittura al confine messicano, dove sono decuplicati i turchi che bussano alle porte degli Usa. La politica estera vede tutti gli alleati in condizioni di ricattabilità, ma tutti con carte ancora vincenti, o che possono permettere un nuovo trucco, un nuovo inganno, con accordi che consentiranno nuove spartizioni, evitando di risolvere alcuna delle guerre scatenate, per continuare con i ricatti di autocrati che si appoggiano reciprocamente, ma che fanno gioco pure ai paesi con presunzione democratica.
    25m 15s
  • La surreale strategia della “Guerra di liberazione economica” anatolica

    5 DEC 2021 · Lufti Elvan ha chiesto di essere sospeso dall'incarico di ministro delle finanze turco che copriva da un anno esatto, dopo aver sostituito nel consueto balletto un po' ridicolo di parenti e oligarchi tipico del regime di Erdoğan. Il presidente gliel'ha concesso, cacciandolo come era nell'aria da qualche giorno perché non allineato alla surreale politica monetaria di Erdoğan che non vuole svalutare la lira in caduta libera (da quando è al potere Erdoğan ha perso il 75% del suo valore) e pretende al contempo di contenere un'inflazione a doppia cifra, mantenendo i tassi di interesse bassi, spiegando che anche nel Corano è specificata questa prassi come commendevole: la convinzione sunnita che gli interessi bancari siano contrari alla religione. Ovvio che questo dilettantismo economico ha prodotto aumento dei prezzi, taglio del potere d'acquisto interno e malumori, che il populismo presidenziale cerca ancora una volta di attribuire a complotti stranieri, svendendo il patrimonio pubblico ai primi offerenti (Emirati, Qatar, Cina); punta sulla vendita di armi e droni (del genero) e di altri manufatti da piazzare sul mercato accogliendo con favore proprio il crollo del valore della lira senza considerare minimamente la compressione del mercato interno. Il problema però potrebbe affacciarsi nel momento in cui l'embargo di prodotti militari impedisce l'assemblaggio di ordigni da rivendere. Murat Cinar ritiene che la conduzione schizofrenica dell'economia turca sia ascrivibile alla disperata situazione del regime di Ankara, che annaspa; probabilmente ha ragione, visto che il controllo di tutti i poteri – magistratura innanzitutto – non è sufficiente e allora(durante un comizio in cui Erdoğan ribadisce la base religiosa della sua scelta ideologica di mantenere bassi i tassi) spuntano provvidenziali attentati disinnescati prima che la scientifica possa fare rilievi che portino ai responsabili di una carica esplosiva disinnescata dai Servizi. La manovra disperata di Erdoğan converge sull'adesione già presente nei suoi cromosomi di adottare visioni confessionali per suffragare con echi della religione sunnita scelte che il sistema capitalistico non riesce a sostenere... e che i leader dei Fratelli musulmani (fazione da sempre ispiratrice per il presidente turco) si trovano pronti a sostenere, riconoscendovi come unico sbocco una sorta di shar'ia light, come si evince dalle ultime esternazioni di Erdoğan, che è l'ovvia conseguenza di tutte le scelte politico-ideologiche volte a rendere ancora più fodamentalista la società, coccolando un elettorato patriarcale, sessista, omo-transfobico, unica che può – insieme alle comunità religiose – assicurare la vittoria alle elezioni sempre più vicine. Con il consueto sarcasmo e l'intelligente ricostruzione delle trame, anche astute (per quanto obbligate per il presidente), Murat inanella economia, commistione ideologica tra capitalismo e religione, nazionalismo e affarismo in un flusso di collegamenti che in 51 minuti affrescano il quadro della Turchia a partire dalla curiosa conduzione economica di Ankara, privilegiando l'analisi in chiave speculativa e finanziaria, dove la corruzione e lo spaccio di armi non consentono di sostenere un paese privo di risorse energetiche che deve andarsi a procurare con dispendiose guerre, ormai non più sostenute nemmeno dai nazionalisti malati di ottomanesimo e animati dal sacro fuoco del sostegno ai fratelli musulmani in difficoltà all'altro capo del mondo (o in Rojava). E se non si considera nemmeno il potere di acquisto come potenziale risorsa per innescare un consumo interno, significa che l'unico intento è mantenere una bolla speculativa, sperando che scoppi dopo le elezioni.
    50m 51s
  • Intrecci militari Doha/Ankara

    10 DEC 2020 · In Yemen si fronteggiano fazioni diverse dove peraltro il Qatar opera in missione congiunta con una fazione che però opera un embargo nei suoi confronti e la Turchia si trova ad appoggiarlo per contrastare nell'area gli interessi emiratini, in quanto mirano entrambi a Socotra e alle basi in Somaliland, ora in mano agli Emirati. Ma perché la Turchia appoggia in tutti i modi gli interessi del Qatar messo al bando dai suoi vicini e sottoposto a embargo sia dall'Egitto che dai Sauditi? Il Qatar è il finanziatore di milizie terroristiche anche in Siria, inoltre ospita due basi militari turche sul suo territorio, motivo per l'adesione all'embargo nei suoi confronti da parte saudita. Ma Turchia e Qatar sono impegnati nella guerra di Libia – e intenti a spartirsi le risorse della Tripolitania: il porto di Homs ai turchi, la ricostruzione di Tripoli ai qatarioti. E sempre in tralice si evidenziano i rapporti stretti tra Doha e Londra, tra il petrolio dell'emirato e la British Petrol; e avere rapporti buoni con il Qatar significa intrattenere rapporti buoni con la Gran Bretagna. Soprattutto Qatar e Turchia hanno un nemico comune acerrimo: l'Arabia Saudita. Un ultimo elemento di questo "intrico" internazionale – parodiando il titolo italiano di North by Northwest – proviene dall'Ucraina, da dove giunge notizia di un militare che rivela di aver lungamente raccolto armi del Patto di Varsavia vendute 49 volte ai turcomanni spediti in Siria da Erdoğan (ma i soldi stavano in 7 container provenienti dal Qatar). E sempre in terra Ucraina si trovano prove portate da questo militare di molte malefatte di Erdoğan; Zhelenski per ora tace.
    6m 40s
  • Speculazioni e controlli di settori strategici

    10 DEC 2020 · Prima del fallito golpe c'erano già stati degli accordi – che hanno insufflato dubbi su quanto gli affari britannici siano coinvolti più o meno segretamente con l'emirato iperconfessionale, eclatante il caso della Bmc azienda britannica di mezzi blindati militari al centro di passaggi repentini di proprietà dal 2013 in avanti in un'orbita turca anche molto vicina a Erdoğan stesso e al 49 per cento in mano qatariota: per esempio quello relativo a ospedali e settore sanitario oppure dell'arredamento domestico, quando le banche turche vennero vendute ai qatarioti. Dalla vicenda Bmc si evince quanto il governo turco stia affidando anche gli investimenti militari alle banche del Qatar, che ha già interessi dunque nelle istituzioni nevralgiche della finanza globale (Borsa di Londra, Deutsche Bank)... holding d'abbigliamento e squadre di calcio con relativi diritti televisivi. Addirittura la quarta casa più costosa del mondo sul Bosforo, venduta a 100 milioni al genero dell'emiro (anche a Doha come a Instanbul vige la regola per cui le famiglia del sultano o dell'emiro sono dinasticamente al centro degli affari). Un discorso a parte meriterebbe il Canal Istanbul, un canale parallelo al Bosforo che il delirio erdoganiano pretenderebbe di costruire per aggirare gli Accordi di Montreux su concessioni di passaggio delle merci da e per il Mar Nero, devastando ambiente, segnando esistenze, squarciano e distruggendo interi quartieri... e anche in questo disastroso progetto ci entrerebbero capitali del Qatar (e dell'immobiliare intestata alla "mamma" dell'emiro). Fino al parossismo: la vendita al Qatar di sperma di cavalli purosangue (arabi di origine ma di proprietà dello stato turco) vincitori di gare, senza alcun bando. Il sistema della svendita senza concorrenza è diffusa in ogni ambito.
    9m 58s
  • Gli accordi Qatar-Turchia

    10 DEC 2020 · Il 26 novembre si incontrano ad Ankara Recep Tayyip Erdoğan e l'emiro del Qatar Tamim Hamad al-Thani e firmano 10 intese, quella che ha fatto più scalpore è la vendita del 10% della borsa di Istanbul a Doha, a cui si aggiunge per buon peso il Centro commerciale Istinye Park di Istanbul e il memorandum per gli investimenti qatarioti nel progetto dell'Istanbul Golden Horn, il trasferimento di quote degli operatori del Middle East Antalya Port di proprietà del Turkey's Global Ports alla Qatar's Terminals W.L.L. (cioè si sono venduti il porto di Antalya), oltre ad accordi commerciali e di libero scambio. Il volume di scambi tra le due nazioni si è incrementato nel 2020 e gli investimenti qatarioti in Turchia hanno raggiunto i 22 miliardi. Quello che colpisce è che era il Fondo Benessere della Turchia (a presiedere il quale è Il Presidente) a inglobare parte di questi gioielli oggetto di transazione, di cui non si conosce il controvalore, perché non è stato dichiarato; e, come capita sempre nel caso di scambi con il Qatar, l'accordo è stato fatto senza bandire un'asta, né aprire a qualche altro investitore. Questo idillio sboccia nel 2016/2017, proprio a ridosso del golpe fallito e all'embargo degli altri emirati contro il Qatar, che è tra i maggiori esportatori di gas e petrolio; e promuove l'ideologia dei Fratelli Musulmani, il che lo rende inviso all'Egitto di Al-Sisi (altro tratto comune alla Turchia che si trova su fronti opposti in ogni dossier mediterraneo).
    5m 24s

Murat Cinar ci racconta come mai il Qatar fa da bancomat dell'economia turca. È solo l'appartenenza alla Fratellanza Musulmana, o i motivi vanno ricercati in ambiti diversi e meno spirituali?...

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Murat Cinar ci racconta come mai il Qatar fa da bancomat dell'economia turca. È solo l'appartenenza alla Fratellanza Musulmana, o i motivi vanno ricercati in ambiti diversi e meno spirituali? E poi uno dei motivi per cui l'Iran poteva avere interesse di partecipare al Processo di Astana, oltre a contare su due grandi potenze locali per non essere completamente isolato dalle sanzioni, poteva derivare dalla riduzione della quantità di contendenti nell'impegno bellico in Yemen, dove troviamo di nuovo finanziamenti qatarioti che sostengono la terza fazione sul terreno, contrapposti ai Sauditi e alla loro coalizione emiratina, che operano a contrasto dell'insurrezione degli Houti – i quali possono contare su finanziamenti e armi iraniane... ma anche qatariote – e nel Sud del paese la “Corrente di Doha” ha cominciato da luglio a polemizzare con i sauditi, occupando ampie zone della provincia di Taizz e del governatorato di Shabwa. I movimenti qatarioti nell'area sono segnati dall'appoggio della Turchia dal 2017, quando ha subito l'embargo saudita e dei suoi alleati di cui il Qatar fino ad allora faceva parte ma – colpevole di non aderire alle sanzioni antiraniane – era stato estromesso dal consesso della penisola arabica. Dunque la stretta alleanza si comprende come mutuo appoggio indispensabile per entrambi. Infatti l'anno prima fu il regime di Doha ad aiutare Erdoğan durante il fallito golpe. Ma il Qatar è stato nominato dall’amministrazione Trump come “miglior alleato fuori dalla Nato”, uno status che offre alle nazioni straniere vantaggi in settori come il commercio, la difesa e la cooperazione per la sicurezza: armi e protezione; visto l'impegno americano a favore di Doha, forse cercano di sottrarlo all'abbraccio esclusivo con la Turchia.
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