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Israele compra a saldo paesi arabi

  • Riesplode la Questione palestinese

    24 OCT 2023 · Dopo il massacro quale futuro per Gaza? Dopo la strategia mediatica, una propaganda invereconda; dopo la riduzione a numeri di nemici mostruosi, discriminando in modo razzista le vittime; dopo le ricostruzioni storiche, con rivendicazioni e denunce di ingiustizie internazionali; dopo la pulizia etnia ci sarà una sostituzione etnica, oppure i piani prevedono operazioni finanziarie più moderne e raffinate di qualche nuovo insediamento coloniale? Bagatelle per una gentrificazione Ci siamo chiesti con BassamSaleh, corrispondente per alnaharnews, di cosa se ne faranno di quella Striscia di terra, la più densamente abitata al mondo, dopo averla desertificata: una possibilità è che si risolva come la più grossa operazione di feroce gentrificazione, dando libero corso a un progetto degli Emirati (o ancora prima immaginato da Wolfensohn) di sfruttamento di Gaza City come Singapore del Mediterraneo: turismo, locali, balneazione, grattacieli... Le armi non risolvono: quale diplomazia? L’incidenza dell’industria bellica degli Usa sul passato del Vicino Oriente si ripercuote sul futuro che non può venire scelto dai palestinesi per la loro terra perché lo strapotere di Israele uccide o imprigiona a vita chi potrebeb essere figura di riferimento o costituire organismi di rappresentanza: potrebbe esserci un Mandela palestinese per sconfiggere nuovamente l’apartheid?Composizione eterogenea dello stato di Israele e resistenze ben maggiori che nel decerebrato allineamento europeo sulle posizioni sioniste può cambiare i piani dall’interno? Di contro gli appoggi attuali dei paesi arabi sull’onda emotiva rimarranno tali anche per rivendicare il diritto internazionale (c’è la storia che racconta i massacri perpetrati)? Il diritto al ritorno della diaspora e a vivere in pace La comunità palestinese avrebbe modo di mantenersi in pace: ci sarebbero risorse per costituire una realtà coesa, un paese normale senza bisogno di aiuti esterni, se gli fosse riconosciuto il diritto di esistere come a tutti gli altri, al di là di nazionalismi e fanatismi religiosi. La questione palestinese si è di nuovo affacciata al mondo e nessuna bomba di Idf potrà di nuovo farla dimenticare
    35m 51s
  • Il mantra tossico sul Grande e Vicino Oriente nella tragedia di Gaza

    21 OCT 2023 · https://ogzero.org/studium/affari-e-traffici-darmi-lo-spaccio-nel-2022/ Anp di Abbas: una trattativa al ribasso, anziché il rispetto di se stessi La capa dell’esecutivo italiano lancia dal Cairo una crociata islamofoba contrapposta alla esasperata ribellione di alcuni ambienti palestinesi, accusati di portare un attacco alla cultura occidentale di matrice religiosa per aver restituito parte della violenza perpetrata con ben altri mezzi dall’entità sionista in decenni di occupazione coloniale e apartheid. Solo l’ultimo atto di un processo che comporta come una delle conseguenze sia la sempre maggiore difficoltà a parlare con giornalisti mainstream della questione israelo-palestinese, perché emergono adesioni a priori alle mistificazioni dell’entità sionista che ormai coincide con le istituzioni israeliane e regola lo stato ebraico. Slogan ossessivamente ripetuti per ottundere le menti ed esorcizzare il demone da ostracizzare Farid Adly e la sua creatura “Anbamed” hanno un atteggiamento pregiudiziale sulle fonti e quindi con serietà la selezione delle sorgenti dell’informazione avviene volta per volta per inquadrare gli argomenti consentendo così di fornire notizie che risultano più vicine alla realtà delle veline ripetute acriticamente come un tam tam dalla stampa mainstream, che non informa ma tutela la perpetuazione del mantra sull’unica democrazia della regione (in regime di apartheid e militarizzazione della società). Lo sforzo di Farid e della sua testata è quello di far arrivare notizie che in Italia non superano proprio il filtro e non vengono diffuse, analisi delle fonti che andrebbe fatta all’inverso, trattando con sospetto – e dunque filtrando preventivamente – quanto viene fornito da organi militari e parti coinvolte; su quella base, mettendo insieme i fatti verificati, il quadro si fa più chiaro anche sul massacro genocida dei gazawi di questi giorni da parte dei terroristi Idf, con strategie omologabilii a quelle di Hamas, entrambe entità nazionaliste e reazionarie, accecate dal bisogno di sopraffare e annientare l’avversario: da qui il bisogno di demonizzarlo attraverso un’informazione blindata. Questo processo mediatico nasconde dietro alla guerra al nemico – dipinto come feroce terrorista – una volontà di annientamento del popolo assimilato ai capi militari, per cui dichiarare guerra a Hamas significa nell’immaginario della Nato legittimare la distruzione di Gaza e di tutti i suoi abitanti. La strategia risulta ancora più chiara se usando lo strumento storico e non solo la cronaca a cui ci riduce l’infotainment si tiene conto del fatto che la politica coloniale del Likud è strettamente intrecciata alla creazione di Hamas come antagonista del laico Fatah con la funzione di indebolirne l’efficacia. E proprio questa creazione del Golem ha sempre impedito la sintesi tra le forze palestinesi che si contrappongono alla occupazione sionista, perché è più funzionale per Hamas come per Netanyahu: infatti a ogni attacco israeliano Hamas guadagna consensi. Ma la lotta di massa del popolo palestinese è da sempre un’altra, sullo stile dell’Intifada. Ma come dice Farid: «L’unico rappresentante riconosciuto dai palestinesi dovrebbe essere l’Olp» e non è un caso che Hamas non abbia mai voluto farne parte. Attualmente è un’organizzazione congelata dal vecchio sistema corrotto di Abbas, che mantiene l’ordine per conto di Tel Aviv. La narrazione tossica affonda nella storia e negli interessi dell’industria bellica Nella chiacchierata con Farid Adly la stigmatizzazione di quella narrazione tossica trova il contraltare all’immaginario costruito dalle necessità colonialiste nelle considerazioni sul traffico di armi, che fanno la fortuna delle industrie belliche americane (il 57% della produzione viene assorbito dalla regione) e «Israele è funzionale all’economia e al dominio americano in medioriente»; dell’uso della categoria “terroristi” applicata da sempre a chi, come l’Olp, non rimaneva succube a sopportare la pulizia etnica gradualmente perpetrata dal sionismo (l’espulsione verso il Sinai dei gazawi è solo l’ultima di una serie che ha visto campi profughi palestinesi in Giordania, Siria, Libano... persone espropriate e mai più tornate alle loro terre): un’operazione tattica israeliana che ha portato a raccogliere il ramo d’ulivo di Arafat solo per raggirare a Oslo i palestinesi con la complicità della comunità internazionale, che non riconoscendo l’Anp da nessuna parte ha legittimato l’arroganza di Israele. La lucidità del discorso suffragato dalla memoria storica del conflitto di interessi tra cittadini palestinesi e coloni israeliani ci permette di non dimenticare – come invece viene sottaciuto da qualsiasi dibattito ultimamente – che il progressivo incremento di insediamenti, incoraggiati da Netanyahu per mantenere il potere col sostegno dei coloni più oltranzisti, impedisce il rispetto degli Accordi di Oslo, delle Risoluzioni dell’Onu e della creazione di un territorio realmente amministrato e a guida palestinese. Il frutto di una trattativa al ribasso, che ha dimenticato la rivendicazione del rispetto dei diritti Si affaccia poi il problema etico della disparità di giudizi e politiche nell’analisi europea dell’invasione dell’Ucraina e di quella di Gaza, che apre il campo alla critica della capacità e della debolezza della leadership palestinese a imporre un dato di fatto così palese al consesso internazionale, che non vuole vedere le similitudini per interessi commerciali o opportunismo servile; ovviamente Israele si avvale della sua potenza militare, avendo la forza per poter impedire la crescita di qualsiasi gruppo palestinese capace di contrastare il piano di sostituzione etnica dei sionisti attraverso le uccisioni mirate o l’incarcerazione a vita di chi si oppone, per esempio con l’Intifada (per esempio di Marwan Barghouti da 25 anni nelle galere israeliane – zittito come Gramsci dal regime fascista): infatti all’entità sionista serve avere un interlocutore che mercanteggia sull’elemosina concessa dagli occupanti e non certo uno che pretende vengano rispettati gli accordi internazionali. Una trattativa al ribasso, anziché il rispetto dei diritti.
    34m 43s
  • L’epocale repentino cambiamento dei riferimenti sauditi

    30 APR 2023 · https://ogzero.org/tag/arabia-saudita/ L’Arabia Saudita nelle parole di Laura Silvia Battaglia si svela essenzialmente pragmatica, dedita a una politica di mero opportunismo. In questo quadro si riescono a cogliere meglio i processi in corso: l’allontanamento dal mondo occidentale e in particolare lo stretto accoppiamento con il dollaro statunitense, l’avvicinamento ai Brics, l’importanza sempre più evidente dell’appartenenza a un clan, una comunità tribale che risponde dunque a regole estranee a quelle delle potenze coloniali. Tra queste le norme religiose per cui non si potrebbero acquistare o costruire armi (ma a Riyadh si tiene una delle più importanti fiere di ordigni mondiale), né si può partecipare a una guerra – e così, in assenza di un esercito, si ingaggiano milizie (come quelle sudanesi inviate in Yemen). Non è quindi possibile operare un giudizio basato su una cultura antropologicamente diversa per connotare negativamente i processi che regolano la società saudita; soprattutto se vuole attribuire al tribalismo una sorta di arretratezza: lo dimostra il progetto Vision 2030 fortemente voluto da Mbs e la creazione avveniristica di Neom mira a intercettare l’ingresso dell’Arabia Saudita al mondo moderno. Stiamo assistendo a una vera rivoluzione che sovvertirà quello che conosciamo come Medio Oriente, a cominciare dal passaggio dal sistema del petrolio incentrato sul valore espresso in dollari a una valuta di riferimento diversa, segnatamente lo yuan; è di qualche giorno fa la notizia che China EximBank si è accordata con la Saudi National Bank per l'emissione congiunta di bond denominati in Yuan alla quale è poi seguita l'altrettanto fondamentale notizia che la Saudi Aramco acquisisce il 10% di Rongsheng Petrochemical per 3,6 miliardi di dollari. Si tratta solo del sintomo dell’avvicinamento all’orbita cinese, che comporta conseguenze anche dai passi fatti negli ultimi mesi nella direzione di ricompattare l’intera comunità araba e pure negli abboccamenti con il governo turco nel tramonto dell’era Erdogan, negli accordi con il mondo persiano, incontrando persino gli houthi, il corrispondente sciita di ciò che sono i taleban per i sunniti; in un autentico posizionamento neutrale. È lo spostamento dell’intero mondo che gravita attorno a quelle aree, usando l’Arabia Saudita come perno attorno a cui tutto si sposta. E chi si deve preoccupare e si trova sotto scacco proprio nel momento in cui pensava di aver sparigliato il mondo arabo con gli Abrahams Accord è proprio Israele, completamente isolato nell’area.
    26m 3s
  • Apartheid, malattia infantile del sionismo

    17 MAR 2023 · Lemmi usati come pietre escono da "Le parole divise", il libro di Amedeo Rossi: sono le risposte dello Stato di Israele alle intifade, sono mattoni dell’orrida occupazione che perdura da più di mezzo secolo, fondandosi su un sistema tecnologico-militare che si perpetua grazie a intrecci di interessi che prevedono la pulizia etnica della Palestina (perpetrata in ogni modo, persino con la guerra dell'acqua affidata a Mekerot), epurata dai palestinesi, con lo stillicidio quotidiano di morti, con la sostituzione etnica, con l’apartheid crudelmente adoperato per rendere intollerabili le condizioni di vita, con le infinite, diverse differenziazioni tra gruppi che innescano innumereevoli contrapposizioni incntrolabili, dove le vittime sacrificali al fondo della scala sociale sono i palestinesi. Ma non fa tutto da solo il feroce fascistissimo governo Netanyahu, una grande mano proviene dalle potenze occidentali e ormai non solo, visto l'abbraccio con i peggiori regimi, anche e soprattutto arabi, attratti dagli affari – soprattutto militari – che Israele rappresenta. Sono soprattutto le partnership di sicurezza e scambi in ambito della ricerca che rendono ingiudicabile l'insindacabile orrore dell'ingiustizia del confessionale Stato d’Israele – ex unica democrazia del medioriente dedita a ogni tipo di washing – che può ricattare o ammaliare ogni stato, che diventa complice di un sistema militare, dove la gerarchia è su base razzista. La chiacchierata con Amedeo Rossi pone al centro l'idea di "apartheid" che informa ogni ossessione di una società che troviamo esasperata, sfilacciata, confusa... unita solo da un'idea antipalestinese, perché le manifestazioni che hanno nel mirino l'autocrate che vuole soltanto salvsaguardare se stesso, cancellando l'uguaglianza dei cittadini – nell'unica democrazia del medioriente –, sdoganando i peggiori deliri confessionali dei coloni e assecondando gli interessi contrapposti di ciascun gruppo di potere della comunità ebraica. Oltre alla protesta contro il governo delegittimato di Tel Aviv l'occasione per proporre questa trasmissione andata in onda su Radio Blackout il 16 marzo 2023 è data da una settimana della Bds dedicata al contrasto del sistema di apartheid in Israele in corso a Torino, con molte iniziative per sensibilizzare a questa condizione sottciuta dagli innumerevoli interessi intrecciati presso le lobbies rese potenti da Israele e da quelle sostenuto.
    33m 7s
  • Bollettino di guerra di un’occupazione ottusa

    7 DEC 2022 · https://ogzero.org/tag/israele/ 29 novembre 1947: veniva sancita la divisione della Palestina in due stati. Quello ebraico esiste, è una potenza militare nucleare e coloniale, un'economia florida e influente non solo sulla propria area; quello palestinese semplicemente non ha mai potuto esistere e in questi 75 anni ha visto erodere il proprio territorio dall'espansionismo brutale dello stato ebraico d'Israele, che applica l'apartheid nei confronti dei cittadini non ebrei, ispirandosi sempre più al sionismo. Diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese / Creazione di uno stato palestinese L'introduzione della trasmissione di Radio Vaticana del 30 Novembre ha visto Luigi Bisceglie – responsabile del VIS Volontariato Internazionale per lo Sviluppo a Betlemme –inquadrare il momento di costanti uccisioni quotidiane di civili palestinesi da parte dell'esercito di occupazione (212 palestinesi dall'inizio dell'anno – e ultimamente non passa giorno che non ci siano episodi inspiegabili di assassinio), lo spianamento di scuole palestinesi, gli sfratti di case da generazioni palestinesi, la gentrificazione al soldo dei coloni... a cui risponde l'esasperazione araba con attentati che riprendono la pratica di qualche anno fa di prendere di mira gli autobus con esplosivi letali. Il conduttore, Stefano Leszczynski, riporta dati di fonte israeliana che parlano di 136 morti palestinesi 31 israeliani e 3000 arrestati durante gli scontri; nel primo weekend di dicembre sarebbe poi stato registrato un bombardamento su Gaza. Eric Salerno, andando direttamente al punto, innesca quel parallelo che in un mondo meno accecato dalle propagande di ogni fazione salterebbe all'occhio: quello che è condannato in Ucraina sta avvenendo da 75 anni in Palestina, con la complicità internazionale. Ma c'è uno scatto in più nelle sue parole, da quel fine intellettuale che è, perché inserisce il grandangolo e scatta una foto impostando un tempo di esposizione lunghissimo: gli ebrei hanno atteso 2000 anni per occupare Gerusalemme secondo i loro precetti? ebbene gli arabi si predispongono ad attenderne altrettanti per tornare a Gerusalemme secondo la loro cultura. Bisceglie coglie anche l'isolamento dei palestinesi e della loro causa in particolare dopo gli accordi di Abramo, attraverso i quali i paesi arabi hanno definitivamente abbandonato i palestinesi al loro destino. Il problema è la mancanza della volontà politica di tornare a sedersi al tavolo del confronto e del negoziato, a livello internazionale. Ma soprattutto perché non potrebbero i palestinesi ottenere riconosciuto il loro diritto ad autodeterminarsi a prescindere dall'ottenimento di uno stato indipendente funzionante? Interessante l'analisi della condizione dei palestinesi, in larga parte cresciuti sotto occupazione, che hanno voglia di liberarsi di Israele, non del popolo ebraico, ma della costante pressione militare degli occupanti; i militari israeliani attendono di aver concluso il servizio prima di esprimere il loro dissenso e molti dicono – ormai senza alcuna influenza – che non c'è bisogno di fare tutte quelle operazioni ferocemente militari. Rimane dunque il bisogno di una soluzione politica internazionale che probabilmente non può prescindere da un impegno degli ebrei americani.
    22m 35s
  • Testimonianze dal sopruso sionista: il genuino incendio attizzato dalla Tana dei Leoni

    29 OCT 2022 · https://ogzero.org/tag/palestina/ Ieri è stato presentato il rapporto della relatrice speciale per i diritti umani sull'occupazione israeliana, rivelatasi illegale perché in atto da 55 anni e dunque un'annessione di fatto unilaterale dei Territori occupati; in questo documento curato da Francesca Albanese si sancisce lo stato di apartheid e si scoperchia l'intento di colonizzare (https://www.un.org/unispal/wp-content/uploads/2022/10/A.77.356_210922.pdf). C'è una valenza politica che scaturisce genuina dagli eventi di Nablus di questi giorni: la reazione della Tana dei Leoni (Arīn al-ʾUsud) ha riportato alla ribalta l'occupazione israeliana, la cancellazione da parte sionista del processo di pace, i 56 anni di umiliazioni, gli assassini quotidiani di giovani palestinesi, l'arroganza dei coloni. I ragazzi che animano il movimento sono giovanissimi, non inquadrati né da organizzazioni particolarmente fondamentaliste, né da istituzioni storiche, ma solo da indignazione e incapaci di tollerare ancora il giogo sionista sulla loro terra, sulle loro famiglie, case, attività; sulla loro vita. La ribellione serpeggia tra quelle generazioni che non erano ancora nate al tempo degli Accordi di Oslo, determinati a non affiliarsi a nessun gruppo e questo li rende ancora più popolari: l'intera Nablus è scesa in strada per seguire il funerale dei ragazzi della Tana dei Leoni (عرين الأسود) uccisi dai droni israeliani. Abbiamo intrecciato le valutazioni di Bassan, un palestinese della diaspora nato a Nablus, proprio la città dell'assedio, delel barricate e della rivolta attuale, una dei vertici del triangolo con Tulkarem e Jenin, con le testimonianze dalla Cisgiordania di soprusi violenze sgomberi raccontati da una spedizioni di volontarie che hanno potuto visitare aree in cotante tensione e conflitto, incrociando le rivolte e gli scioperi, le manifestazioni e le narrazioni dei protagonisti di questo tentativo dal basso di riunificare l'opposizione palestinese all'occupazione israeliana, restituendo allo Stato di Israele gli accordi che sono stati stracciati da Tel Aviv da tempo. Di fronte al palese peggioramento delle condizioni di vita e l'aumento esponenziale di provocazioni e le centinaia di esecuzioni solo nel 2022 (nel silenzio più assordante della comunità internazionale e dell'Onu, mentre persino Amnesty ha denunciato il sistema chiamandolo con il suo nome di "apartheid", controlli e checkpoint, sgomberi e pulizia etnica testimoniata dalla nostra corrispondente: non rimane che difendersi da queste violazioni degli obblighi imposti dal diritto internazionale disattesi completamente dal governo israeliano e attaccare quando si può contro uno degli eserciti più sofisticati.
    30m 3s
  • Gerusalemme come una mappa per comprendere il conflitto israelo-palestinese

    28 MAY 2022 · https://ogzero.org/studium/gerusalemme/ Gerusalemme è una città di incontro e scontro tra culture, religioni e popoli. Inevitabile che il suo sviluppo urbanistico e la sua topografia abbiano sempre risentito gli effetti dei processi storici, dei percorsi politici e delle rivendicazioni religiose. Ma se s'inverte il punto di vista e si prende proprio la città – con le sue caratteristiche amministrative, normative, burocratiche, edilizie – come principale elemento di analisi storico-politica del conflitto tra israeliani e palestinesi ne esce una narrazione inedita. Un racconto che parte dalle pietre e dalle persone per approdare alla comprensione del tempo presente. L'approccio della trasmissione “Il mondo alla radio” andata in onda il 25 maggio 2022 dalle frequenze di Radio Vaticana ha messo al centro il libro di Eric Salerno evidenziando subito il fulcro attorno a cui ruotano i materiali esposti nel testo, cioè, come introduce il conduttore Stefano Leszczynski (@stefanolesz): «Quanto la faccia delle nostre città rispecchia quella che è – sì – l'evoluzione storica che ha contribuito a costruirle, ma anche quelle che sono le crisi e le ferite aperte nel nostro tempo», palesate nella topografia, che congloba le cicatrici degli interventi che la Storia ha solcato nel territorio. L'intuizione di Eric Salerno è stata quella di ribaltare lo sguardo che in genere risale dall'espressione urbana (per esempio con l'erezione e l'abbattimento di edifici religiosi e culturali...) alla sua ispirazione socio-politica (... atti a esibire la preminenza di una comunità sull'altra); mentre nella Gerusalemme del decano dei reporter italiani si predilige individuare la scelta urbanistica come strumento di apartheid, precisa volontà neosionista dove la gentrificazione è a monte del processo che conduce alla completa sottomissione di una comunità usando la leva dell'espulsione attraverso la pianificazione degli edifici e dei servizi della città. Una metropoli caratterizzata dalla pietra bianca tradizionale con cui oggi si costruisce in funzione dell’occupazione della città. L’analisi di Eric si dipana nella trasmissione intrecciandosi con la testimonianza di @bisceglia_luigi, scrittore e accademico residente e cooperante a Gerusalemme Est, che ha raccontato di barriere non fisiche all'interno della città, quanto de facto. A cominciare dalla discriminazione in quelli che sono i servizi erogati in quartieri a presenza palestinese rispetto a quelli colonizzati da ebrei; tuttavia le divisioni si addensano in particolare usando a pretesto e per provocazione deliberata le celebrazioni religiose, e poi quando avvengono episodi di sempre maggiore escalation, come l'efferato omicidio della giornalista-icona palestinese Shireen Abu Akleh, premeditato da Tsahal, ma che ha mostrato al mondo le ferite dell'occupazione sul territorio gerosolimitano con l'intervento brutale e blasfemo dei militari durante i funerali. Il palese vulnus nelle strade di Gerusalemme non si può semplicemente attribuire alla ferocia degli israeliani indivisa, ma va ascritta a una precisa volontà che il libro descrive, indicando come si persegua per la crescita della città un disegno di appropriazione non (più) applicabile: bisogna risolvere il conflitto israelo-palestinese e smetterla con la sua infinita riproposizione, procrastinandone la soluzione quanto più a lungo possibile, pensando così di poter eradicare tanto più spirito arabo permane nel tessuto urbano di Gerusalemme.
    25m
  • Lo status quo come modalità di governo, tutto cambia perché nulla… intacchi l’autocrazia

    27 MAY 2022 · https://ogzero.org/tag/libano/ Mettiamo il Libano al centro del Focus sul Medio Oriente con Rosita Di Peri, prendendo a pretesto gli esiti elettorali, che hanno dato alcune indicazioni valide per l’intera area, pur non producendo sconvolgimenti maggiori di quelli provocati dal disastro economico e sociale insito nel sistema che ha reso completamente rentier lo stato in cui il potere è congelato nelle mani di "contractor bourgeoise", spartito su basi confessionali consociative, ma dove le elite politiche coincidono con quelle economiche, fino a sovrapporsi e allontanarsi sempre più dai bisogni dei libanesi: il Consorzio così ben descritto da Fawad Traboulsi, citato da Rosita Di Peri: un gruppo ristretto che riunisce le più importanti famiglie e gli imprenditori libanesi, appartenenti a tutte le comunità, che insieme detengono le redini del sistema economico e politico. All’indomani della guerra civile il “nuovo consorzio” ha agito di concerto per impossessarsi dello Stato: i leader politici hanno interessi in tutti gli affari dell’economia, e perciò, hanno sfruttato tutto quello che lo stato poteva loro concedere, appropriandosene e usufruendone per i loro interessi privati; sacrificando il paese al mantenimento dello status quo funzionale alla perpetuazione del potere politico in un paese con bancarotta dichiarata ormai da più di un anno. Ancora oggi si registra un nuovo crollo della lira libanese, in seguito alla mancata apertura dei lavori del nuovo parlamento eletto il 15 maggio. Il cambio della valuta libanese è arrivato nel mercato parallelo a 35.000 lire per un dollaro. Il cambio ufficiale definito dalla Banca Centrale è di 1550 lire per un dollaro. Una perdita del 95% del valore ufficiale. La mancanza di una maggioranza politica e l’annuncio delle varie forze e coalizioni che non permetteranno il rinnovo dell’incarico di presidente del legislativo a Nabih Berri – leader di quel movimento sciita Amal, che ha perso suffragi in questa tornata elettorale ma occupa un seggio dalla guerra civile in avanti –, hanno aperto la strada a una fase di instabilità istituzionale come quella irachena, con le varie dinastie che alternano la loro ingombrante presenza. Un tenue spiraglio s’intravede nel risultato ottenuto da un gruppetto di una dozzina di indipendenti a fare da contraltare alla vecchia guardia; questi sono espressione dell’imponente Movimento interconfessionale sorto nel 2019 contro la crisi strutturale che ha reso intollerabile l’esistenza dei cittadini (ora al 70-80% sotto la soglia della povertà), mentre chi detiene il potere tenta di congelare lo status quo, la cui perpetuazione è connaturata al sistema autocratico diffuso in tutta l’area: infatti abbiamo posto a Rosita Diperi alla fine di questo intervento il quesito relativo all’influenza ancora molto forte degli Usa, militarmente contenuta ma che controlla attraverso i satrapi locali questo status quo emblematizzato dal Consorzio libanese, ma rintracciabile in ogni governo dal Maghreb all’Egitto, all’Iraq, Pakistan (altro stato dinastico alla bancarotta)… Lo status quo serve solo ai potenti.
    21m 46s
  • La fragilità tra le bianche mura di Gerusalemme produce tensione e scontri

    24 APR 2022 · https://ogzero.org/sostieni-ogzero/#toggle-id-2 La nuova miccia per nuovi scontri, e nuovi razzi e nuove reazioni spropositate di Tzahal: durante il ramadan, la pasqua ebraica e quelle cristiane basta un cerino ed esplode tutto. Gerusalemme ovvio epicentro per rivendicarne il controllo. Eric Salerno ha affrontato questo aspetto di petto in “Gerusalemme”, il libro incentrato sulla urbanistica e la geopolitica gerosolimitane e lo riprende in questo intervento per la trasmissione Prisma di Radio Popolare, incalzato da Lorenza Ghedini e Roberto Maggioni (https://www.radiopopolare.it/podcast/prisma-di-ven-22-04-22/). Ma questo punto di vista è colto anche da Lorenzo Santucci, il quale lo riassume nella sua recensione del volume per l’Huffington Post del 23 aprile: «La domanda che accompagna il lettore per tutte le pagine, a un tratto viene messa nero su bianco da Salerno: “A chi appartiene Gerusalemme?”. Agli ebrei? Agli arabi? O ai cristiani? Una delle risposte arriva da un suo incontro con Sari Nusseibeh, ex presidente dell’Università Al-Quds, in quella Gerusalemme Est diventata terreno di scontro dopo la guerra dei sei giorni nel giugno 1967 con cui Israele occupò la parte orientale della città sotto controllo giordano. Nella storia di Gerusalemme esiste infatti un prima e un dopo la guerra dei sei giorni: nell’architettura, nella demografia e nell’estremismo religioso che, insieme, hanno peggiorato la vita di chi la abita. I dati parlano di una povertà che interessa tanto gli ebrei ortodossi quanto i palestinesi, i primi “perché si autoisolano” e i secondi in quanto “vittime del conflitto e di scelte precise da parte dell’amministrazione israeliana”» (https://www.huffingtonpost.it/esteri/2022/04/23/news/gerusalemme_architettura_politicizzata_estremismo_religioso_e_demografia-9246469/). I paesi arabi come da 50 anni stigmatizzano, parlano per sollevare polveroni, ma poi dietro al polverone lasciano che il piano sionista prosegua in Cisgiordania e Gerusalemme Est, dove le elite palestinesi si arricchiscono e le forze giovani sono alla disperazione, mentre gli ultraortodossi e i coloni cercano di espandere il controllo del territorio; infatti prosegue Lorenzo Santucci: «La necessità per il nazionalismo israeliano è quella di trovare sempre e dovunque un nemico “per portare avanti il loro progetto, consolidare l’occupazione e rendere sempre meno proponibile la condivisione di Gerusalemme”. Per riuscirci, nel corso degli ultimi decenni si è affidata all’architettura e ai suoi interpreti». La divisione del territorio occupato in una maniera urbanisticamente più edulcorata, in modo da eliminare il più possibile lo scontro diretto tra gli abitanti, i colonizzatori israeliani e la popolazione locale rinchiusa in specie di bantustan, facendo sbiadire l'identità della comunità palestinese e «lL’urbanistica può trasformarsi in un’arma di esclusione di parte della popolazione, anche se si tratta di un terzo di quella complessiva, come nel caso palestinesi. Ma a Gerusalemme, “l’arte dell’urbanistica è stata affinata come proseguimento della politica con mezzi non militari”, scrive Salerno» e ribadisce Santucci.
    12m 46s
  • La città per “tutti” ossimoro dell’occupazione

    19 APR 2022 · https://ogzero.org/sostieni-ogzero/#gerusalemme Quello a cui si assiste nelle strade gerosolimitane in questi giorni, come sempre, prende a pretesto la concomitanza di appuntamenti religiosi per far emergere la divisione, da cui è pervasa la città, nonostante la pietra bianca che formalmente è un fattore unitario. Dall'occupazione del 1967 in avanti la città è simbolicamente e nei fatti oggetto di divisione e erosione del territorio con l'espulsione il più possibile di ogni cultura araba nei confini di Gerusalemme, sia nella sua parte Ovest che Est. Eric Salerno ha lungamente abitato quelle vie, le ha descritte nel loro sviluppo, evidenziando l'intervento di una urbanistica sionista che piega l'archeologia con lo scopo di cancellare le tracce di culture che hanno costituito lo spirito di Gerusalemme lungo i secoli
    8m

Il Sudan è la preda maggiore degli Abraham Accords, perché è stata tra le nazioni più avverse a Israele; la condizione economica e il superamento dell’era al-Bashir rendevano il paese...

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Il Sudan è la preda maggiore degli Abraham Accords, perché è stata tra le nazioni più avverse a Israele; la condizione economica e il superamento dell’era al-Bashir rendevano il paese del Sahel una succulenta preda delle lusinghe israeliane: infatti si è aggiunto agli Emirati e al Barhein, in un momento di particolare esposizione economica dovuta anche al prezzo del petrolio ai minimi storici
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