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Definire il viaggio della digitalizzazione in 4 passaggi

Definire il viaggio della digitalizzazione in 4 passaggi
May 14, 2020 · 5m 34s

Il Digital Trasformation Jounrey è quel viaggio, percorso, che oramai ogni azienda deve svolgere per traghettare la propria realtà nell’era della digitalizzazione. Non è istantaneo, ma si sviluppa nel tempo,...

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Il Digital Trasformation Jounrey è quel viaggio, percorso, che oramai ogni azienda deve svolgere per traghettare la propria realtà nell’era della digitalizzazione.
Non è istantaneo, ma si sviluppa nel tempo, e in primis richiede un cambiamento di “mentalità” non più ancorato a valori tradizionali.
Volendo citare una nota rappresentazione metaforica (modello CAR) è da intendersi come un viaggio in auto dove la meta è il nostro obiettivo/destinazione; dove sto andando? Come sta cambiando il digitale il mio settore? Come sta cambiando il modo di relazionarsi al mio target consumer? Quali cambiamenti apportare al mio modello di business? Come si evolverà il rapporto con i fornitori? L’auto è rappresentata dai passaggi da attuare; quali tecnologie adottare? Quali processi devo modificare e migliorare? Quali modifiche nella mia organizzazione? E il guidatore è rappresentato dalle persone con cui farò il viaggio verso la trasformazione; di quali competenze necessito? Come coinvolgerò tutte le risorse aziendali? Come impatterà sul modo di lavorare? Ed in ultimo lo specchietto retrovisore, che rappresenta la nostra storia, che non va eliminata in quanto rappresentativa di noi stessi, ma va considerata come punto di partenza su cui costruire; cosa devo migliorare? Cosa devo tenermi? Come sono arrivato a questo punto?

L’implementazione del Digital Trasformation Journey prevede:
1) una prima fase di preparazione al cambiamento, in cui bisogna supportare tutto il team aziendale, dai vertici alla periferia, chiarendo i passaggi, condividendo la vision e comunicando lo scopo.
2)Successivamente bisogna creare gruppi agili che inizino a sperimentare nuovi processi e nuove strutture, permettendo di agire all’interno di framework protetti, anche sbagliando, ma comunque sempre in divenire.
3)Dopo i primi esperimenti bisogna iniziare a scalare i risultati prodotti all’interno dell’organizzazione, contaminando tutta la struttura, prima con i più predisposti al cambiamento e con maggiori capacità di adattamento successivamente, supportando, il passaggio a tutta la realtà aziendale.
4)Ripartire con il processo per un continuo miglioramento, adattabile ai cambiamenti repentini di mercato.

Per poter sviluppare un buon viaggio digitale e supportare l’azienda verso nuovi orizzonti è necessario ragionare in termini di strutture agili, con team multidisciplinari, che partano dalle priorità, che si basino sulla verifica rapida e continuativa, che siano in grado di contaminarsi, e siano open, inteso come apertura alla condivisione e a ricevere anche dall’esterno, che siano in grado di sperimentare, anche sbagliando ma migliorandosi, che siano portati alla scalabilità e quindi che siano in grado di trascinare ed infine che agiscano (delivery), che lo facciano senza porsi troppi limiti strategici ma che producano un “valore minino percepito” su cui lavorare in divenire.
Personalmente quando devo creare un team agile per poter definire il percorso digitale all’interno di una realtà aziendale le prime settimane le passo ad ascoltare, quindi con strumenti di assessment come interviste, personali e di gruppo, tools per stabilire le skills e i knowledge presenti in azienda, e successivamente passo a definire il team di minimo 4 ad un massimo di 9 persone, tra quelli più motivati, con maggiore propensione alle novità, più predisposti al cambiamento e con competenze e capacità multidisciplinari ma definite.
Un team agile deve avere diverse competenze tra cui di design, di copywriter, di progettazione, di comunicazione social, di analisi dei dati e magari con conoscenze umanistiche.
Stabilito il team di lavoro andiamo a definire la road map, fatta di sprint definiti, di tasks, in base alle skills, e di impegni e responsabilità da far propri.
Definiamo l’obiettivo/problema/opportunità e, grazie a tools specifici, iniziamo a mettere a terra dati da valutare per circoscrivere il framework.
Definito l’obiettivo stiliamo una lista, chiamata backlog, in cui inseriamo le attività da prioritizzare e sviluppare.
Successivamente svolgiamo attività di ideazione libera, grazie a sedute di brainstroming, in cui guido come facilitare il gruppo cercando, senza censure, di generare almeno 10 idee da ogni individuo.
Fortunatamente molto spesso è possibile superare il limite arrivando a produrre anche 200/300 idee di soluzione.
Andremo prioritizzare le idee raccolte, io utilizzo il metodo ICE (acronimo di Impatto/confidenza/facilità di implementazione) e il punteggio medio più alto è la prima idea da sperimentare.
Si producono prototipi da testare in framework sicuri, in modo da non produrre danni, e se arrivano buoni risultati iniziamo a scalare il processo su tutta la filiera fino all’implementazione totale.
Successivamente ci incontriamo per i feedback e analisi di dati ex post e ripartiamo con migliorie o nuovi problemi/opportunità da sviluppare.
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Author Valerio Maria Murgolo
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