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La realtà è soggettiva

La realtà è soggettiva
Apr 19, 2020 · 7m 38s

LA REALTA’ CHE PERCEPIAMO “Non sono le cose in sè che ci preoccupano, ma le opinioni che noi abbiamo di quelle cose” Nel poscast di oggi ti parlo della realtà...

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LA REALTA’ CHE PERCEPIAMO

“Non sono le cose in sè che ci preoccupano, ma le opinioni che noi abbiamo di quelle cose”

Nel poscast di oggi ti parlo della realtà che percepiamo, e di come questa determina le nostre scelte, le nostre azioni o re-azioni.

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Non esiste un’unica realtà “vera” ma tante realtà soggettive che variano a seconda del punto di vista che adottiamo per osservare.

Questa non è più una novità. A partire dal principio di indeterminazione di Heisenberg, dalla teoria della relatività di Einstein, fino alle più recenti formulazioni di quella prospettiva epistemologica nota come “costruttivismo radicale”, per arrivare alle ultime scoperte da parte delle neuroscienze, appare oramai assodato che la realtà è soggettiva, o per meglio dire è insostenibile la possibilità di poter avere una qualche forma di conoscenza “oggettivamente vera” della realtà.

Qualsiasi conoscenza del mondo esterno è mediata dal nostro sistema sensoriale e cognitivo: il “come” e il “perché” conosciamo, influenza il “cosa” conosciamo.

Tutto ciò che vediamo o sentiamo è il frutto dell’interazione tra lo stimolo esterno e il nostro sistema sensoriale e cognitivo.

Allo stesso modo il linguaggio che utilizziamo influenza la nostra percezione della realtà. I codici linguistici che utilizziamo per comunicare la realtà sono gli stessi che utilizziamo nella rappresentazione ed elaborazione delle nostre percezioni della realtà stessa. Pertanto, linguaggi diversi conducono a rappresentazioni diverse della realtà.

Studi recenti dimostrano inoltre come le nostre aspettative, i nostri stati d’animo, le nostre esperienze possano influenzare la nostra percezione della realtà esterna.

Numerosi studi di psicologia sociale hanno dimostrato come il modo in cui una persona si sente quando deve elaborare un giudizio su un’altra persona influenzi la sua percezione. Una persona di cattivo umore, infatti, tende a vedere negli altri più caratteristiche negative di una di buonumore, e viceversa.

Possiamo quindi affermare che non esiste una conoscenza “vera” di ciò che il mondo esterno “è”, se per vera intendiamo una conoscenza oggettiva, libera da qualsiasi condizionamento. Questo perché ogni atto conoscitivo implica un intervento attivo del soggetto che osserva, il quale diventa un vero e proprio “costruttore” della realtà che percepisce.

von Foerster affermava: “la realtà non è che la costruzione di coloro che credono di averla scoperta e analizzata- Ciò che viene ipoteticamente scoperto è un’invenzione, il cui inventore è inconsapevole del proprio inventare e considera la realtà come qualcosa che esiste indipendentemente da sè”.

A tale proposito Paul Watzlawick parla di realtà di “primo ordine” vale a dire le proprietà fisiche degli oggetti o delle situazioni, e realtà di “secondo ordine”, cioè il significato e il valore che l’individuo attribuisci a tali oggetti o situazioni.

Nella maggioranza dei casi i nostri “problemi” non sono correlati alle caratteristiche delle situazioni o degli oggetti (realtà di primo ordine), bensì sono correlati a significato, al senso e al valore che noi gli attribuiamo (realtà di secondo ordine)

Facciamo un esempio per chiarire meglio il concetto:
Esempio del carico di lavoro dato dal manager al suo collaboratore (pag. 10 e 11 coaching strategico)

Alla luce di queste considerazioni, qualsiasi intervento finalizzato al cambiamento deve mirare a modificare la percezione della realtà di secondo ordine, ovvero le modalità con le quali le persone hanno costruito le loro realtà, quello che è stato definito il loro sistema “percettivo-reattivo”.

Con il termine sistema percettivo reattivo si intendono quelle ridondanti modalità di percezione della realtà e le conseguenti modalità reattive che esse esprimono a livello delle tre relazioni fondamentali che ognuno di noi intrattiene con se stesso, gli altri e il mondo.

Nel coaching strategico si parla quindi di “consapevolezza operativa”, ovvero quella capacità di gestire strategicamente la realtà che ci circonda, adattandoci alle realtà parziali in cui ci troviamo di volta in volta e all’evolversi di tali realtà.

Possiamo quindi affermare che l’unico criterio di “verità” a cui aspirare è quello dell’efficacia e dell’efficienza nella risoluzione dei problemi.

Tratto dal libro “Coaching Strategico” di Roberta Milanese e Paolo Mordazzi, Scuola di Terapia Breve Strategica di Giorgio Nardone.

Per attivare un percorso di Coaching Strategico, contattami: 
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