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L'inizio della fine di Biden

L'inizio della fine di Biden
Jan 17, 2023 · 19m 43s

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7275 L'INIZIO DELLA FINE DI BIDEN di Valerio Pece Se i motivi per i quali il presidente Biden dovrà rispondere alla legge americana sono ormai noti (al...

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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7275

L'INIZIO DELLA FINE DI BIDEN di Valerio Pece
Se i motivi per i quali il presidente Biden dovrà rispondere alla legge americana sono ormai noti (al termine della sua vicepresidenza non ha consegnato alcuni documenti riservati, che da allora, in uno stillicidio senza fine, continuano ad essere ritrovati nei posti più impensati), diventa ora interessante sapere se ci sia qualcuno che ha cospirato affinché tutto ciò avvenisse. Tucker Carlson, giornalista di punta dell'emittente Fox News, è convinto che ad architettare tutto sia stato proprio il Partito democratico, desideroso di sbarazzarsi di un presidente che ormai non solo non serve più alla causa ma che minaccia di volersi nuovamente candidare alle presidenziali del 2024.
Giovedì sera, rivolgendosi a milioni di americani dal suo seguitissimo Tucker Carlson Tonight, in dodici corrosivi minuti l'anchorman ha snocciolato una tesi che sta facendo discutere molti. Ricordando in premessa l'improvviso siluramento del potente Andrew Cuomo, ex governatore di New York, altro uomo che «al partito democratico non serviva più», il primo elemento analizzato dal giornalista riguarda l'entourage del presidente Usa, che evidentemente non ha pensato nemmeno un attimo a disfarsi di documenti così ingombranti, tali da mettere il presidente Usa nelle condizioni di doversi difendere da reati penali.
Così Carlson: «Gli stessi aiutanti di Joe Biden continuano a trovare pile di crimini che ha lasciato nel suo ufficio, nella sua macchina, e invece di gettare queste prove nel caminetto, come farebbero in circostanze normali, stanno inviando questi documenti al Dipartimento di Giustizia. Non è un buon segno». Per il giornalista tutto si sarebbe però dovuto svolgere in modo da salvaguardare le elezioni di medio termine di novembre («anche se Biden non è più gradito, è pur sempre un democratico»).
GLI SCANDALI? RIGOROSAMENTE A ELEZIONI CONCLUSE
Ecco allora spiegato il perché, se già il giorno 4 novembre 2022 (quattro giorni prima delle elezioni) il Dipartimento di Giustizia sapeva che Joe Biden aveva commesso quelli che per il codice penale non sono nulla di meno che crimini, nessuno ha informato i cittadini americani, molti dei quali avrebbero probabilmente votato diversamente. Nelle recenti elezioni di medio termine i democratici hanno infatti ottenuto risultati migliori del previsto, perdendo appena nove seggi alla Camera dei rappresentanti e guadagnando un seggio al Senato. Tucker Carlson, guardando dritto nella telecamera, lo ha ricordato agli americani nel suo stile icastico e tagliente: «Il 4 novembre mancavano quattro giorni alle cruciali elezioni di medio termine, quindi, naturalmente, il DOJ [Dipartimento di Giustizia, ndr] non ha rilasciato un comunicato stampa al riguardo. Non hanno inviato l'FBI a fare irruzione nella casa di Biden [...] e a rovistare nel cassetto della biancheria intima della dottoressa Jill. Ci mancherebbe. Biden può essere un pessimo presidente, ma è pur sempre un democratico. Non è arancione».
L'anchorman ha poi aggiunto: «Quindi Merrick Garland, che [...] farà tutto ciò che il Partito Democratico gli richiede, ha tenuto segrete le notizie abbastanza a lungo da tenere gli altri Democratici fuori dalla zona dell'esplosione. Perché ferire tutti gli altri? Stanno solo cercando di ferire un ragazzo, è Joe Biden».
DOCUMENTI SEGRETI ANCHE NEL CASSETTO DELLE MUTANDE?
Si tratterebbe quindi di un'"esplosione" guidata, o, se si vuole, di una demolizione controllata, partita in sordina con i ritrovamenti di carte top secret in un ufficio privato del Presidente (il Penn Biden Center di Washington DC), e arrivata fino ai fatti di questi giorni, riguardanti nuovi documenti segreti ritrovati nel garage di casa Biden, a Wilmington, nel Delaware. Carte classificate come "riservate", accatastate dietro la sua Corvette verde scura, oggetto ormai di decine di meme satiriche. Tutto ciò senza contare che per un osservatore appena attento è difficile non notare il doppio standard che ha visto l'Fbi fare irruzione, in pieno agosto, nella residenza dell'ex presidente Donald Trump a Mar-a-Lago, in Florida, allo scopo di sequestrare documenti riservati (la notizia aveva portato Biden a definire Trump un «assoluto irresponsabile»).
La differenza di trattamento, di fronte a un caso pressoché identico, ha fatto sobbalzare molti, repubblicani in primis («Mentre Biden mandava i suoi scagnozzi del Dipartimento di Giustizia a fare irruzione nella casa del presidente Trump, aveva documenti altamente riservati nel suo garage. In scatoloni accanto alla sua Corvette!! Oltraggioso!», queste le parole del repubblicano Ronny Jackson, membro della Camera dei Rappresentanti).
C'è poi il tema delle parole in libertà e delle vere e proprie gaffe che il Presidente USA continua a inanellare da mesi. Dopo aver visto Biden dare la mano a persone inesistenti; balbettare paurosamente; sbagliare a leggere "il gobbo"; insultare i giornalisti pensando di avere il microfono spento; cadere dalla bici o dalle scalette dell'Air Force One; non riuscire a infilarsi una giacca, giovedì sera gli americani hanno assistito ad un ennesimo dialogo surreale del loro presidente. «Materiali riservati accanto alla sua Corvette? A cosa stava pensando?», ha chiesto Peter Doocy (altro giornalista di Fox News). «La mia Corvette è in un garage chiuso a chiave, ok? Quindi non è come se fossero stati lasciati per strada». Inutile dire che la risposta di Joe Biden, oltre a gettare nell'imbarazzo e nella preoccupazione gran parte dei cittadini americani, sta facendo il giro del mondo (l'ex sottosegretario al Tesoro Monica Crowley si è chiesta se il prossimo passo sarà sapere che Biden conserva «materiale riservato nel cassetto delle sue mutande»).
I DEMOCRATICI VOGLIO SBARAZZARSI DI BIDEN
Tucker Carlson afferma che se prima delle presidenziali Biden veniva spesso "protetto", tenendolo il più possibile lontano dai discorsi pubblici, oggi sarebbe invece evidente una sua maggior presenza sulle tv. Così il giornalista: «Il suo staff continua a metterlo in pubblico per parlare, cosa che, ovviamente, non può fare. Riesce a malapena a leggere una dichiarazione preparata. Si noti che non l'hanno fatto durante l'ultima campagna presidenziale nel 2020 perché sapevano che non sarebbe stato d'aiuto per prendere la Casa Bianca». Perché il suo entourage oggi lo farebbe esporre di più? L'anchorman ipotizza che i democratici vogliano farlo fuori politicamente per paura di una ricandidatura: «Subito dopo le elezioni di metà mandato di novembre, Joe Biden ha chiarito che non aveva intenzione di farsi da parte e far posto a Kamala Harris o Gavin Newsom o Michelle Obama».
La nomina, da parte del procuratore generale Merrick Garland, di un nuovo Consigliere speciale che guiderà l'inchiesta (si tratta di Robert Hur, un «repubblicano dell'establishment») si prospetta come particolarmente pericolosa per il presidente Biden, non foss'altro perché - come va ripetendo all'unisono la stampa americana - ogni volta che nella recente storia americana questa figura è stata incaricata, le indagini si sono immediatamente allargate ad altre e inaspettate piste. Fu proprio con la nomina di un Consigliere speciale che su Bill Clinton, all'epoca indagato per altro, vennero a galla gli scandali sessuali con la stagista della Casa Bianca Monica Lewinsky. Per Joe Biden, a causa del suo presunto legame con gli ambigui traffici in terra ucraina del figlio Hunter (a sua volta al centro di un'altra indagine penale), c'è il rischio che accada la stessa cosa. Ad auspicare quella che Tucker Carlson è convinto sia «l'inizio della fine di Biden» non sarebbero dunque solo i conservatori.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Valerio Pece, nell'articolo seguente pubblicato qualche mese fa dal titolo "Gli scheletri della famiglia Biden" parla dello scandalo che ha coinvolto il figlio di Biden e che è stato oscurato dai grandi media per evitare la sconfitta di Biden alle elezioni 2020 contro Donald Trump. Adesso la verità emerge chiara e forte, ma solo perché non può più determinare il vincitore delle elezioni.
Ecco l'articolo completo pubblicato sul Sito del Timone il 2 aprile 2022:
«Il complottismo è diventato il modo più logico per spiegare come va il mondo». È questa la cantilena su cui si appoggia un certo mainstream, ma è anche lo strumento ideologico con cui lo stesso mainstream si occupa (e si preoccupa) di dosare la qualità di informazione da lasciar arrivare all'opinione pubblica. I guai (e gli imbarazzi) nascono quando si scopre che certe notizie bollate come fake news, semplicemente non lo sono. Il caso delle scottanti e-mail trovate nel laptop di Hunter Biden (abbandonato in un'officina di riparazione nel Delaware nell'aprile 2019) è lì a dimostrarlo. Un pc che può diventare un vaso di Pandora: una tesi complottista, irrisa dai più, che si è rivelata vera, e che oggi tiene sotto scacco il rapporto USA-Russia. Con l'Europa che goffamente rimane a guardare.
Bene, con un fatale ritardo di un anno e mezzo, prima il
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