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Il coraggio (e la paura) di Marina

Il coraggio (e la paura) di Marina
Mar 20, 2022 · 2m 45s
Dobbiamo tutti ringraziare la giornalista russa che lunedì scorso ha squarciato il velo della censura russa in diretta tv.
Comments
Gianluca Pititto

Gianluca Pititto

2 years ago

Caro Direttore, sono dell'idea che di fronte a quanto sta accadendo in Ucraina le analisi socio politiche - più o meno dotte e raffinate - su chi sia il buono o il cattivo, lasciano il tempo che trovano, solo inutili giri di parole. L'attualità ci racconta l'ennesimo tentativo di prevaricazione di uomini su altri uomini, con metodi violenti e criminali. Pochi uomini che giocano a tavolino un Risiko terrificante, dove lo spostamento di una pedina significa la fine dell'esistenza di migliaia di vite innocenti. La storia umana ne è piena e questo purtroppo è solo l'ultimo in ordine di tempo. Ne siamo testimoni, sicuramente sottoposti a cattiva ed a buona informazione, ma ne siamo testimoni, con modalità mai esistite in passato. E gesti come quello di Marina, che in nome di una "buona" informazione in pochi secondi ha messo coraggiosamente in scacco la censura di uno stato prevaricatore, rischiando in proprio conseguenze gravissime, va salutato e ringraziato come un esempio di professionalità verso la propria gente tenuta all'oscuro e di altruismo verso la gente vittima dell'oppressione. Tutto questo, ricordiamolo, con sprezzo delle possibili conseguenze personali. Motivo per cui mi associo incondizionatamente al suo ringraziamento a Marina, certo che anche lei alla fine avrà contribuito alla accelerazione della fine di questo inaccettabile conflitto.
Pippo Munas

Pippo Munas

2 years ago

Caro Direttore, si può essere d’accordo o meno con il ringraziare la giornalista russa. La signora Ovyyannikova sta combattendo la sua guerra all’interno di un regime che fino anni fa veniva salutato dalla nostra sinistra come erede di una ideologia viva nella mente ma scomparsa nella realtà e che oggi rinnega ferocemente. Non abbiamo nulla cui prendere posizione se dell’altra parte della barricata la propaganda funziona a pieno regime. Non mi sono mai allineato con un pensiero unico alimentato da una informazione diciamo così da campagna di sensibilizzazione come lo è stato negli ultimi due anni con la pandemia e che ancora non è finita. A parte la disinformazione e la propaganda raggiunta a livelli altissimi da entrambi i paesi, il peso e il sentiment merdiatico sono fortemente in squilibrio fra le due parti in conflitto. Il suddividere il mondo fra buoni e cattivi a prescindere sembra un modello rodato e senza alcuna alternativa. I buoni a cui è accettato tutto perfino i video preparati ad hoc da uno staff professionale di produzione e presentati ai vari governi conditi da una retorica e da una continua richiesta di armi e di coinvolgimento per un conflitto senza ritorno viene salutato con standing ovation. E pazienza se poi quei video, e quella retorica sono intrisi di bassa propaganda. E pazienza se i media non verificano. Intanto, ai cattivi non viene data però un minimo di possibilità per autodifendersi. Perfino nelle peggiori democrazie è contemplata. Ma con questi cattivi no. A loro nulla è concesso se non la gogna mediatica e un processo omettendo a priori ogni parvenza di causa che abbia scatenato questo conflitto. Tutti a testa bassa verso una stessa direzione. E nel frattempo, si usano toni e termini inaccettabili, se vogliamo prendere come esempio la nostra politica che rappresenta uno dei paesi più importanti nel mondo oltre firmatario della UE. Nessuno riflette non solo alla caduta di immagine del paese ma soprattutto le ricadute pesanti economiche che subiremo. Perché tanta veemenza per questa guerra? Perché è nell’est europeo? No, tutti sappiamo quali sono i veri interessi, ma nessuno osa dirlo, nessuna osa disallinearsi dal un fronte unico e pronti a difenderlo a spada tratta senza se e senza ma. Perché siamo costretti ad aiutare con le armi? Dov’è l’accordo? Si può arrivare alla pace fornendo armi? Perché le altre guerre sono dimenticate? Eppure nello Yemen la popolazione non ha la possibilità di fuggire, non sono previsti corridoi umanitari. Perché non interessa più a nessuno la mattanza siriana? Eppure i bambini muoiono, le donne sono violentate, le torture più efferate esistano da anni. Ma nessuno se ne accorge, non si parla di genocidio, di crimini di guerra. E poi in Birmania, in Eritrea, in Somalia, nel Shael, nel Burkina Faso e così via. Figlio di un dio minore non degni di una copertura mediatica da pensiero unico poiché non ci sono interessi economico-strategici? Caro Direttore, io non ringrazio nulla, né la giornalista russa, né nessun altro. In una guerra non c’è nulla cui ringraziare ma solo sperare che finisca al più presto.
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