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Cristianesimo - BastaBugie.it

  • Sei miracoli sorprendenti del santo Rosario

    24 APR 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7772 SEI MIRACOLI SORPRENDENTI DEL SANTO ROSARIO di Manuela Antonacci Nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, san Giovanni Paolo II ha espresso in modo eloquente il suo pensiero riguardo la bella e santa devozione del Rosario. «Il Rosario, pur distinguendosi per il suo carattere mariano, è una preghiera cristocentrica», aggiungendo anche che «attraverso il Rosario il credente ottiene grazie abbondanti, come se le ricevesse dalle mani stesse della Madre del Redentore». Ovviamente si tratta di Grazie che hanno come fine quello di avvicinarci a Dio: benedizioni personali che cambiano la nostra vita e quella degli altri. La straordinaria potenza del Rosario ha ottenuto anche molti grandi miracoli che hanno cambiato le sorti del mondo. Alcuni sono documentati. Christine Galeone, dal portale Beliefnet, presenta alcuni sei sorprendenti miracoli associati al Rosario. Il primo è quello che riguarda san Domenico e gli Albigesi. Siamo in Francia, tra il 1100 e il 1200, periodo in cui imperversava la setta eretica degli albigesi che convinsero molti cattolici a suicidarsi per poter essere liberati dai loro corpi, considerati fonte di male. Fu così che intorno al 1214, la Beata Vergine donò il rosario a San Domenico per sconfiggere quelle terribili menzogne. E così avvenne. San Domenico, inoltre, da quel momento, si prodigò nella diffusione della devozione mariana. Ne Il segreto del Rosario, san Luigi Maria Grignion de Montfort racconta proprio la devozione mariana di san Domenico: «Come ricompensa ricevette da lei [la Madonna N.d.R.] innumerevoli grazie. Esercitando il suo grande potere di Regina del Cielo, coronò le sue fatiche con molti miracoli e prodigi. Dio Onnipotente gli ha sempre concesso ciò che chiedeva tramite la Madonna. L'onore più grande di tutti è stato quello di averlo aiutato a schiacciare l'eresia albigese e di averlo reso il fondatore di un grande ordine religioso». IL MIRACOLO DEL SOLE A FATIMA Ma facciamo un salto in avanti nella storia e veniamo al miracolo del sole a Fatima, nel 1917, quando la Madonna apparve ai tre pastorelli: Giacinta, Francesco e Lucia, nella Cova da Iría, a Fátima. Nell'arco di alcuni mesi, tra il 13 maggio e il 13 ottobre del 1917, la Beata Vergine apparve ai bambini sei volte. Non solo chiese loro di pregare il Rosario ogni giorno per portare la pace nel mondo e porre fine alla Prima Guerra Mondiale, ma si presentò come "Nostra Signora del Rosario" tenendo tra le mani un Rosario radioso. Il 13 ottobre 1917, poi compì, poi, un grande miracolo, mantenendo la promessa che aveva fatto a Lucia, perché nessuno più dubitasse delle apparizioni: circa 70.000 persone osservarono il sole che girava in cielo, compiendo una specie di danza, andando poi quasi a lanciarsi tra la folla, asciugando loro tutto il fango e gli indumenti inzuppati di pioggia, prima di riprendere il suo volo. Alcune persone furono guarite dalle malattie, molti altri si convertirono. Il messaggio della Madonna di Fatima ha avuto un ruolo molto importante anche in un altro miracolo associato al Rosario, che si colloca agli inizi degli anni ‘60, in Brasile, quando il presidente Joao Goulart si preparava a diffondere il comunismo in tutto il paese. Sembrava un destino ormai inesorabile, proprio come era successo a Cuba. Tuttavia non tutti erano disposti ad arrendersi: il cardinale de Barros Camara invitò il popolo brasiliano a fare penitenza, secondo le indicazioni date dalla Madonna a Fatima, per poter scongiurare il pericolo ormai all'orizzonte. Fu così che il presidente del Brasile e convinto comunista Joao Goulart venne rovesciato dopo la cosiddetta "Marcia della famiglia con Dio verso la libertà", formata da più di 600.000 donne che leggevano libri di preghiere e sgranavano rosari mentre marciavano con striscioni anticomunisti. LA BOMBA ATOMICA Dal rovesciamento di un potenziale regime dittatoriale, alla salvezza di un re, anche questo ha ottenuto la preghiera del rosario. Parliamo di Alfonso, re di León e della Galizia che portava costantemente un grande rosario legato alla cintura per ispirare gli altri a pregarlo e onorare la Madonna, anche se non lo pregava lui stesso. Un giorno, dopo essersi ammalato così tanto che si pensava non sarebbe vissuto a lungo, ebbe una visione in cui veniva giudicato e stava per essere gettato all'inferno, quando la Madonna intercedette per lui. San Luigi Maria Grignion de Montfort descrisse ciò che accadde dopo. Ne Il segreto del Rosario scrive: «Lei chiese una scala e su una scala mise i suoi peccati, mentre sull'altra mise il rosario che lui aveva sempre usato, insieme a tutti i rosari che aveva detto. Si scoprì che i rosari superavano i suoi peccati». Così guardandolo con grande benevolenza, la Vergine gli disse che la sua vita era stata allungata di alcuni anni e preservata dall'inferno, per aver diffuso la devozione del rosario. Un'altra guarigione importante venne ottenuta, tramite la recita de rosario, dal sacerdote Patrick Peyton, a cui nel 1938 fu diagnosticata una tubercolosi avanzata, all'epoca incurabile Dopo che la sorella gli suggerì di pregare la Beata Vergine, si consacrò a Maria e cominciò a pregare devotamente il Rosario. Con stupore dei suoi medici, guarì completamente e miracolosamente, e promise alla Beata Vergine che avrebbe passato la vita a promuovere il Rosario. La scamparono bella, invece, durante la grande tragedia di Hiroshima, dei sacerdoti gesuiti che vivevano in una casa parrocchiale ad un miglio e mezzo dalla città dove venne sganciata la bomba atomica. Mentre la chiesa accanto alla canonica fu completamente distrutta e migliaia di persone morirono e altre migliaia soffrirono tremendamente per l'esposizione alle radiazioni, la casa dei gesuiti rimase in piedi e i religiosi devoti del rosario, non furono colpiti né dalla bomba e nemmeno dalle radiazioni Negli anni successivi all'esplosione furono visitati molte volte e vissero ancora per molti anni. E quando i religiosi sono stati intervistati, hanno ripetutamente spiegato il motivo per cui credevano di essere sopravvissuti: lo attribuivano al fatto di vivere fedelmente il messaggio di Fatima, dedicandosi alla recita quotidiana del santo rosario.
    7m 15s
  • Non si può ridurre il papa a un ruolo puramente onorifico

    17 APR 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7759 NON SI PUO' RIDURRE IL PAPA A UN RUOLO PURAMENTE ONORIFICO sdi Roberto de Mattei Di fronte allo sfacelo della situazione ecclesiastica contemporanea non manca nel mondo tradizionalista chi arriva a mettere in dubbio le stesse istituzioni della Chiesa, a cominciare dal Papato. C'è chi sostiene, ad esempio, la necessità di rafforzare il potere dei vescovi, spogliando il Papa delle prerogative che ne farebbero un autocrate; una tesi non molto lontana da quella progressista della Chiesa sinodale, che vorrebbe ridurre il ruolo del Pontefice a un primato puramente onorifico. Altri sostengono l'abolizione dello Stato della Città del Vaticano, altri ancora vorrebbero abolire ogni forma di potere giuridico ed economico del Papato, ricordando le parole del Vangelo "non prendete borsa, né bisaccia, né denaro, né sandali, né due tuniche" (Lc 10,4). Così, il mito della Chiesa "primitiva" opposta a quella "costantiniana", un tempo cavallo di battaglia di protestanti e modernisti, si fa strada oggi tra i cattolici fedeli alla Tradizione. La frattura con la Tradizione della Chiesa, all'origine del disastro attuale, risalirebbe non al Concilio Vaticano II, ma all'Imperatore Costantino. La confusione è grande e vorremo ricordare alcune verità tratte dal Magistero perenne della Chiesa. Dobbiamo conoscere e amare la Chiesa per come è stata voluta da Gesù Cristo e non per come noi vorremmo che fosse. La Chiesa fondata da Gesù Cristo è una realtà che nasce e vive nella storia ed è allo stesso tempo umana e divina: umana per le membra di cui si compone, soprannaturale e divina per la sua origine, per il suo fine, per i suoi mezzi. Come società umana, la Chiesa è un corpo visibile, composto da persone non necessariamente sante o in stato di grazia, ma unite dalla stessa fede sotto un medesimo governo. Questo governo, per volere del suo Fondatore è monarchico e gerarchico, ed è dotato di tutti i mezzi per esistere ed operare. Quali sono questi mezzi? Il primo è l'esistenza di leggi. La Chiesa è una società nel suo ambito perfetta, che non solo insegna, ma governa. Perciò ha anche il diritto di formulare delle leggi ed infliggere delle pene proporzionate alla gravità delle loro violazioni. UN'ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE E GERARCHICA Essendo la Chiesa governata da vescovi in unione con il Papa, è necessaria poi un'organizzazione territoriale. Per questo le sue diocesi sono configurate e distribuite secondo zone geografiche distinte. La Chiesa può anche disporre di beni temporali, tratti dai liberi contributi sia dei fedeli che dello Stato, e di chiunque sia convinto dell'importanza della sua missione e sia desideroso di favorirla. E' questa l'origine del patrimonio della Chiesa, riconosciuto dagli imperatori Costantino e Licinio, fin dal 313 dopo Cristo. Alla fine del V secolo, in un periodo in cui mancava un'amministrazione imperiale continuativa ed efficiente, il Papa san Gregorio Magno (590-604) volle assicurare una vigorosa amministrazione dei beni della Chiesa (patrimonium Petri), perché essa iniziava ad assumersi responsabilità pubbliche che esigevano ingenti mezzi materiali. Paolo Diacono, biografo di Gregorio, ci offre un resoconto dettagliato dei patrimoni di cui il Papa fu abile amministratore. I viaggi e il mantenimento dei missionari nei diversi paesi; le ambascerie presso l'imperatore e quelle dei legati straordinari, che dovevano spesso intraprendere lunghi viaggi per conto del Papa; le fondazioni o le visite dei monasteri; l'esercizio della giustizia sotto ogni forma; tutto questo comportava spese che venivano assunte dall'insieme dei beni della Chiesa denominato Patrimonio di San Pietro. Questo patrimonio non venne accumulato per esercitare un crescente potere politico, ma per garantire la piena libertà dell'azione evangelizzatrice della Chiesa e mantenere il Primato ecclesiastico di Roma in tutta la Cristianità. Ancora oggi l'autonomia spirituale del Papa esige la sua indipendenza personale e territoriale da ogni potere civile. Un tempo questa indipendenza era realizzata dallo Stato Pontificio, oggi dallo Stato della Città del Vaticano. Ma più in generale la missione della Chiesa esige una sua presenza, sostenuta economicamente, in tutti i campi: i suoi edifici sono costruiti da architetti e da maestranze in spazi pubblici: la sua liturgia è legata ad arredi, vesti, memorie storiche; la sua azione pastorale esige le condizioni create dalla tecnica e dal progresso. Oggi ad esempio rientrano in questa presenza pubblica anche le piattaforme web, usate da difensori e oppositori della Chiesa. Tutto questo presume il diritto di possedere della Chiesa. LA CHIESA È UNA SOCIETÀ DI UOMINI E NON DI ANGELI Nel discorso La vostra presenza del 4 aprile 1913 ai pellegrini della diocesi di Milano venuti a Roma per le feste del XVI centenario della Pace di Costantino, san Pio X diceva: "La Chiesa ha il diritto di possedere, perché è una società di uomini e non di angeli, ed ha bisogno dei beni materiali ad essa pervenuti dalla pietà dei fedeli, e ne conserva il legittimo possesso per l'adempimento dei suoi ministeri, per l'esercizio esteriore del culto, per la costruzione dei templi, per le opere di carità, che le sono affidate e per vivere e perpetuarsi fino alla consumazione dei secoli. E questi diritti sono così sacri che la Chiesa ha sentito sempre il dovere di sostenerli e difenderli, ben sapendo che, se cedesse per poco alle pretensioni dei suoi nemici, verrebbe meno al mandato ricevuto dal Cielo e cadrebbe nella apostasia. Perciò la storia ci segnala una serie di proteste e rivendicazioni fatte dalla Chiesa contro quanti volevano renderla schiava. La sua prima parola al Giudaismo, detta da Pietro e dagli altri Apostoli: Bisogna obbedire a Dio, piuttosto che agli uomini (Act. V, 29), questa sublime parola fu ripetuta sempre dai loro successori e si ripeterà fino alla fine del mondo, fosse pure per confermarla con un battesimo di sangue". Le pratiche del culto, l'organizzazione giuridica, la stessa propagazione della fede, predicata da uomini in carne ed ossa che vivono nel mondo, è soggetta a tutte le esigenze della condizione storica. Certamente questa dimensione visibile della Chiesa è quella umana, e quindi quella più soggetta a decadenza e corruzione. La soluzione però non sta in una Rivoluzione che sfiguri i connotati della Chiesa, ma in una sua riforma interna, che si richiami all'azione invisibile e misteriosa dello Spirito Santo, che sempre la assiste. La strada da seguire, in una parola, non è quella di Lutero o dei modernisti, ma quella dei grandi riformatori come san Pier Damiani, san Carlo Borromeo o lo stesso san Pio X. Bisogna affermarlo con fiducia nel futuro malgrado il disfacimento attuale. La Chiesa, a differenza delle società umane, non si avvia verso il declino, ma verso una pienezza di vita capace di durare in eterno. Essa è stata fondata da Gesù Cristo, Uomo-Dio, e la sua dimensione è l'eternità.
    8m 22s
  • La reincarnazione è incompatibile con il cristianesimo, e con la retta ragione

    17 APR 2024 · VIDEO: Budda in fila indiana ➜ https://www.youtube.com/watch?v=f_wwWewF6Yw TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7761 LA REINCARNAZIONE E' INCOMPATIBILE CON IL CRISTIANESIMO (E CON LA RETTA RAGIONE) di Giacomo Samek Lodovici Uno dei pilastri del buddismo e dell'induismo è costituito dalla dottrina della reincarnazione o metempsicosi, una concezione antichissima (sostenuta anche da molti filosofi, per esempio da Platone), professata anche da diversi occidentali, persino cristiani o cattolici. In realtà, però, questa dottrina è incompatibile con quella cristiana, per vari motivi. Per il reincarnazionismo: 1) l'anima (da intendersi come io consapevole e volontario) preesiste al corpo e discende successivamente in un corpo; 2) il soggetto coincide con la sua sola anima ed il corpo è solo un contenitore dell'anima (dualismo antropologico; 3) alla morte del corpo l'anima sopravvive e si reincarna varie volte in altri corpi; 4) solo dopo alcune reincarnazioni l'anima riceve definitivamente un premio o una punizione per come si è comportata, si libera finalmente dell'ultimo corpo e non ne assume più nessuno. Per il cristianesimo: 1) l'anima non preesiste al corpo: nello stesso momento in cui avviene il concepimento di un nuovo corpo essa viene da Dio creata ed infusa in esso; 2) il soggetto è un'unione di anima e corpo; 3) alla morte del corpo l'anima sopravvive, ma non si reincarna in nessun corpo, bensì vive in uno stato di separazione dal corpo; solo alla fine del mondo l'anima si riunisce per sempre all'unico corpo (glorioso nel caso del beato) a cui era stata unita (resurrezione della carne; 4) alla morte del corpo l'anima riceve subito e definitivamente da Dio un premio (il Paradiso, preceduto o no dal Purgatorio) o una punizione (l'Inferno). ALCUNE CRITICHE ALLA REINCARNAZIONE Chiarite queste differenze, vediamo adesso alcune critiche filosofiche alla reincarnazione (altre si possono trovare nei testi citati in bibliografia). Nel reincarnazionismo il soggetto coincide con la sua sola anima ed il corpo è solo un contenitore dell'anima. Tuttavia, se rifletto su me stesso, percepisco che il mio corpo e la mia anima sono profondamente compenetrati, interagiscono intimamente, percepisco che io sono una sintesi di anima e corpo. Vediamolo. La mia anima agisce sul mio corpo, l'interiorità determina l'esteriorità. Ad esempio, pensiamo all'effetto placebo: se sono malato e un medico mi dà dell'acqua zuccherata, facendomi credere che mi sta somministrando una medicina, a volte io guarisco, o comunque miglioro, perché l'aspettativa e la fiducia di guarire, nutrite dalla mia anima, si riproducono sul mio corpo. Similmente, alcune malattie corporee sono una somatizzazione di fenomeni psichico-spirituali. Il dualista antropologico può ribattere che anche un contenitore viene modificato dalle condizioni del contenuto: per esempio una bottiglia di vetro viene scaldata/ raffreddata se l'acqua che contiene è calda/fredda. Sennonché, l'anima non solo agisce sul corpo, ma altresì traspare attraverso il corpo: se sono interiormente triste, allegro, ecc., l'espressione corporea del mio viso lo manifesta, a meno che io non dissimuli. Anzi, perfino quando cerchiamo di dissimulare le nostre emozioni, alcune microespressioni facciali (che pochi sanno notare) trapelano lo stesso (cfr. K. Oatley, Breve storia delle emozioni, il Mulino 2007, p. 176). Ancora, spesso, almeno ad una certa età, i lineamenti del viso e lo sguardo manifestano se una persona è particolarmente buona/ malvagia. Ora, è vero che anche un contenitore fa trasparire le condizioni del contenuto, per esempio una bottiglia di vetro fa trasparire le condizioni dell'acqua che essa contiene, ma può farlo solo se essa è trasparente, mentre il corpo non è trasparente, bensì opaco, è un po' come una bottiglia di vetro nero. Inoltre, il mio corpo agisce sulla mia anima: le sue condizioni si riverberano su di essa. Ad esempio, se il mio corpo è ferito o è accarezzato la mia anima ne risente. Più in generale, il corpo, che è sessuato, determina non solo l'aspetto fisico, ma anche la personalità, il carattere, l'emotività, il modo di reagire, il modo di ragionare, ecc., che negli uomini sono generalmente diversi da quelli delle donne. Il dualista antropologico anche qui può ribattere che anche le condizioni di un contenitore incidono sul contenuto: se una bottiglia di vetro riceve calore dall'esterno lo trasmette all'acqua che c'è dentro di essa e la scalda. Ma se una bottiglia viene rigata/accarezzata l'acqua non ne risente, mentre se il mio corpo viene rigato-ferito/accarezzato la mia anima ne risente. VARIANTI DEL REINCARNAZIONISMO In alcune varianti del reincarnazionismo anima e corpo sono come prigione (corpo) e prigioniero (anima). Ora, questa variante comporta di nuovo i problemi già segnalati, ed inoltre ne comporta un altro. Infatti, l'anima è capace, almeno in certi casi, di dirigere- governare il corpo: decido di alzare un braccio e lo alzo, decido di alzarmi e mi alzo, ecc. Ma, allora, come può il prigioniero dirigere e governare la prigione? Nel reincarnazionismo l'anima perde la conoscenza delle esistenze precedenti quando scende nel corpo; ma, poi, è proprio il corpo che, attraverso l'esperienza, le fa acquisire le nuove conoscenze. In tal modo, il corpo è ciò che fa perdere la conoscenza e ciò che la fa acquisire, il che è problematico quanto l'esistenza di una matita che lascia dei segni sulla carta e che inoltre li cancella (una matita non può cancellarli in quanto matita, bensì solo se ad essa è attaccata una gomma). In alcune versioni del reincarnazionismo l'anima umana si reincarna anche in corpi animali o vegetali o inorganici per espiare una colpa commessa nelle esistenze precedenti. Se scendendo in tali esseri non umani l'anima perde consapevolezza, insorge un nuovo problema. Infatti, l'espiazione richiede afflizione, ma non ci può essere afflizione se non c'è consapevolezza: io non espio alcunché se qualcuno mi commina una punizione che non mi accorgo affatto di scontare. Se invece scendendo nei corpi l'anima conserva la consapevolezza, il problema non c'è, ma se ne aggiunge un altro, perché è già problematico affermare che animali, vegetali e corpi inorganici hanno consapevolezza.
    7m 26s
  • La compunzione, il dolore che avvicina a Dio

    26 MAR 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7735 LA COMPUNZIONE, IL DOLORE CHE AVVICINA A DIO «Come c'è un cattivo zelo, pieno di amarezza, che separa da Dio e porta all'inferno, così ce n'è uno buono, che allontana dal peccato e conduce a Dio e alla vita eterna» (Regola di San Benedetto, 72). Con queste parole San Benedetto introduce il penultimo capitolo della Regola (RB). Nel nostro sforzo di comprendere cosa sia la compunzione, potremmo semplicemente sostituire la parola "zelo" con "tristezza": proprio come c'è una cattiva tristezza, piena d'amarezza, che separa da Dio e conduce all'inferno - e la chiamiamo malinconia -, così c'è una buona tristezza che separa dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna: la compunzione. Parlando di questi due tipi di tristezza, San Paolo dice che «la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c'è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte» (2 Cor 7,10). Come si fa a capire la differenza tra le due? Per cominciare, dovremmo riconoscere che tutta la tristezza deriva da una perdita, reale o percepita: di qualche oggetto importante, di un lavoro, di una casa o di un'auto, di un animale domestico, dell'affetto e del rispetto degli altri, di una relazione importante, dell'amore, di una persona cara. Nelle sue fasi iniziali, tutta la tristezza è moralmente neutra, ma siamo noi a guidarla verso la compunzione o la malinconia. Ora, se la nostra disposizione fondamentale è quella della fede in Gesù Cristo, allora saremo in grado di considerare ragionevolmente se possiamo fare qualcosa per riguadagnare ciò che abbiamo perso e, in tal caso, pregheremo per avere la saggezza e la fortezza per farlo. Se, tuttavia, l'oggetto perduto non è recuperabile, vedremo che ciò che è stato perso non era così importante, come inizialmente pensavamo; oppure saremo in grado di accettare la nuova realtà con fede nell'amore provvidenziale di Dio e nella sottomissione alla sua santa volontà. Inoltre, lasceremo che Dio stesso si sostituisca a ciò che era perduto, così che si realizzino in noi le parole della Madonna: «ha ricolmato di beni gli affamati» (Lc 1,53). LE LACRIME BUONE E QUELLE CATTIVE «Vanno bene le lacrime, dice Sant'Ambrogio, se tu riconosci Cristo» (Esposizione del Vangelo secondo Luca, X, 161), cioè se ti addolori nella verità e nell'amore di Dio. Tale dolore si trasforma felicemente in una santa compunzione. Se, invece, non si piange nella fede, ma si cerca di fare da soli, senza Dio, ne deriva la confusione mentale e si è incapaci di trovare il sentiero che conduce fuori dalla selva oscura. Al posto della rassegnazione alla volontà di Dio che dona pace, c'è una rabbia costante che rifiuta di accettare qualsiasi perdita, un'amarezza che tratta tutti come fossero una qualche sorta di nemico. Tale dolore è purtroppo diventato malinconia. La malinconia di questo tipo rifiuta di accettare la realtà e quindi non ha fine; nasce dall'orgoglio e spesso porta a un'autocommiserazione paralizzante che incolpa gli altri per le perdite subite. La malinconia può derivare dall'orgoglio anche sotto forma di odio verso se stessi. In questo stato vediamo noi stessi come un fallimento secondo gli standard del mondo (non di Dio) e di conseguenza ci disprezziamo. Questa malinconia frutto dell'odio di sé può apparire una forma di umiltà, un santo disprezzo di sé; ma quanto sia lontano dall'umiltà è dimostrato dalla freddezza, anzi, dal disprezzo, che questa persona prova per Dio. La genuina umiltà, al contrario, è sempre legata a un profondo amore per Dio e alla sottomissione alla sua volontà: «Ci sono alcuni che piangono, ma non sono umili; piangono perché sono afflitti, tuttavia pur fra le lacrime si levano contro il prossimo e contestano le disposizioni del Creatore» (Gregorio Magno, Moralia, IX, 56). C'è un altro tipo di malinconia, quella che desidera i beni terreni, ed è rattristata dalla loro assenza o perdita. Le persone afflitte da questa malinconia si sottomettono devotamente ai gioghi più duri della schiavitù per ottenere queste cose e, quando riescono nel loro scopo, sono ancora più infelici, poiché ogni bene mondano deve essere affannosamente protetto dalla perdita e vi si deve infine comunque rinunciare quando si muore. COMPUNZIONE VS MALINCONIA Il dolore della compunzione, tuttavia, è lontano dalla malinconia come l'Oriente lo è dall'Occidente. Chi è pervaso da compunzione non è rattristato dalla perdita delle cose temporali, ma dalla perdita di Dio. Come il Salmista, questa persona trova consolazione in Dio solo e merita la beatitudine da Lui pronunciata: «Beati coloro che piangono, perché saranno consolati» (Mt 5,5). Tali anime si considerano semplici viandanti e vedono questa vita per quello che è: un luogo di pellegrinaggio e una valle di lacrime, e sono quindi piene di quel dolore che, secondo San Gregorio Magno, è l'amarezza dei saggi (amaritudo sapientium) e il dolore del cuore degli eletti (luctus cordis electorum) (cfr. Moralia, XVIII, 66; XV, 68). San Gregorio distingue due tipi fondamentali di compunzione: una di paura e una di amore. La prima è una purificazione dal peccato e una protezione contro di esso; l'altra è una forza del desiderio spirituale che ci trascina verso il Cielo. Due tipi e quattro motivi: «Quando ricorda le proprie colpe, considerando dov'era (ubi fuit); quando teme la sentenza del giudizio di Dio e interrogandosi pensa dove sarà (ubi erit); quando esamina seriamente i mali della vita presente, con tristezza considera dov'è (ubi est); quando contempla i beni della patria eterna che ancora non ha raggiunto, piangendo si rende conto dove non è (ubi non est)» (Moralia, XXIII, 41). I primi due nascono dal timore di Dio, che è il primo e fondamentale dono dello Spirito Santo. Ma è soprattutto attraverso il dono della scienza che la compunzione della paura matura e cresce in noi, perché ci permette di vedere noi stessi come siamo, con i peccati che ci allontanano da Dio, ma anche creati a sua immagine e somiglianza, redenti dal sangue di suo Figlio e chiamati nell'amore ad essere santi come Lui. Vedendo la nostra peccaminosità e ingratitudine verso Dio, siamo pieni di disgusto verso noi stessi e arriviamo a odiare i nostri peccati; ma vedendo il prezzo che il Figlio di Dio ha pagato per la nostra salvezza, ci viene data la speranza di cambiare le nostre vite e diventare santi come Lui è santo. IL TIMORE DEL SIGNORE Così il dono del timore del Signore ci ispira a «essere sempre consapevoli di tutto ciò che Dio ha comandato» e porta i nostri pensieri a «meditare costantemente sul fuoco dell'Inferno che brucerà per i loro peccati coloro che disprezzano Dio»; e così ci protegge ogni momento «dai peccati e dai vizi». Questa santa paura ci dà la certezza che «Dio ci guarda sempre dal cielo e che le nostre azioni sono ovunque visibili agli occhi divini e vengono costantemente segnalate a Dio dagli Angeli» ; ci fa sentire «in ogni momento la colpa dei nostri peccati in modo tale che ci consideriamo già difronte al tremendo Giudizio e diciamo costantemente nel nostro cuore ciò che il pubblicano del Vangelo ha detto con gli occhi fissi sulla terra: Signore, sono un peccatore e non sono degno di alzare gli occhi al cielo» (Regola di San Benedetto, 7) Le anime pervase da questa duplice compunzione di paura provano una profonda contrizione per i loro peccati e temono di finire con i dannati alla sinistra di Cristo. Fanno proprie le richieste del Miserere, insuperabile preghiera di pentimento e contrizione; e chiedono misericordia come se fossero già di fronte al Giudizio Universale, in sentimenti che sono perfettamente espressi nel Dies Irae, quel capolavoro poetico della Messa da Requiem. In queste preghiere, vediamo da un lato un timore servile che ha paura della punizione, dall'altro un timore filiale che rabbrividisce al pensiero di offendere Dio. Il primo diminuisce man mano che il secondo aumenta, poiché il timore filiale è espressione della carità, di «quell'amore perfetto di Dio che scaccia il timore servile» (RB 7; 1 Gv 4,18). Con la crescita del timore filiale, entriamo nella terza compunzione: il nostro amore per Dio e il nostro desiderio di essere con Lui danno origine a una disponibilità a soffrire in questa vita per meritare la beatitudine eterna nella prossima. Una grande fonte di consolazione per chi si trova in questo stato è la bella preghiera della Salve Regina, nella quale ci rivolgiamo alla Madonna perché ci consoli tra le inevitabili afflizioni di questa vita. I nostri occhi, dal suo volto materno, ritornano di nuovo su questo mondo. E lo vedono per quello che è: un luogo di esilio e tentazione, di fatica e sofferenza, giusta penitenza per il peccato originale e per i nostri molti peccati personali. Ma Dio nella sua misericordia ci permette di considerare queste sofferenze come benedette, perché con esse «condividiamo le sofferenze di Cristo e meritiamo di avere una parte anche nel suo regno» (RB, Prologo). E così si comprende la "legge" dei santi: «quanto più in questo mondo l'anima del giusto è afflitta dalle avversità, tanto più acuta diventa la sua sete di contemplare il volto del proprio Creatore» (Moralia, XVI, 32). Divenuti così cari a Dio per le fatiche, possiamo stabilirci nella quarta compunzione, in cui non c'è più dolore, ma solo gioia penetrante, perché sente Dio vicino e disponibile ogni volta che si prega. San Benedetto ci dice che questo può accadere anche a noi, perché «quando avrai fatto queste cose, gli occhi del n
    12m 23s
  • La Madonna del conforto: luce in tempi di attacco alla fede

    20 FEB 2024 · VIDEO: Premio Viva Maria alla Bussola Quotidiana ➜ https://www.youtube.com/watch?v=zT2AyJ4aBnA TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7704 LA MADONNA DEL CONFORTO: LUCE IN TEMPI DI ATTACCO ALLA FEDE di Stefano Chiappalone Durante la preghiera del Rosario che unisce ogni giorno la redazione e i lettori della Bussola, viene inquadrata una particolare immagine mariana: è la Madonna del Conforto venerata nel duomo di Arezzo in seguito a un evento miracoloso accaduto il 15 febbraio 1796. Quella presente nella nostra cappella è, naturalmente, una fedele riproduzione, ricevuta dal Centro Culturale "Amici del Timone" di Staggia Senese, che nel 2014, in occasione del 6° Giorno del Timone della Toscana, volle conferire a La Nuova Bussola Quotidiana il premio "Viva Maria". Torniamo al febbraio del 1796 ad Arezzo, nella cantina annessa all'Ospizio della Grancia, dove i camaldolesi vendevano il vino e mettevano a disposizione dei più poveri un fornello per cucinare e scaldarsi, accanto al quale si trovava proprio la nostra immagine, annerita e impolverata. Questa riproduceva a sua volta la Madonna di Provenzano, venerata a Siena (originariamente una Pietà di cui però era rimasto soltanto il busto della Vergine), accompagnata dalla scritta: «Sancta Maria ora pro nobis»). Quel mese di febbraio era iniziato male e il Carnevale era stato offuscato da decine di forti scosse di terremoto, accompagnate da bagliori e altri fenomeni inquietanti, che spinsero ben presto a volgere la baldoria carnevalesca in processioni penitenziali, anticipando la Quaresima che sarebbe iniziata ufficialmente il 10. SI RINFRANCHI IL TUO CUORE: ECCO TUA MADRE Il 15 febbraio nuova scossa e nuovi timori: nella notte si ritrovarono in cantina alcuni artigiani, Antonio Tanti, Giuseppe Brandini e Antonio Scarpini, confidandosi i rispettivi timori per il terremoto insieme alla cantiniera Domitilla Bianchini. Il pensiero andò ben presto ai castighi divini e alla protezione di Maria. Accesero un lume alla malconcia immagine mariana che vegliava su di loro e cominciarono a pregare, quando d'un tratto quel bassorilievo - ormai giallo e nero, che non c'era più verso di ripulire - si fece candido, emanando una luce ben diversa dagli inquietanti bagliori del terremoto, che da allora cessò. La paura del sisma lasciò spazio alla meraviglia per il prodigio in sé e anche per alcune grazie e guarigioni attribuite all'immagine mariana, che nel giro di pochi giorni fu portata in duomo, dove gli aretini realizzarono poi un'apposita cappella dedicata alla Madonna del Conforto, cui si accede attraverso una cancellata sovrastata dalla scritta: «Confortetur cor tuum: ecce Mater tua» («Si rinfranchi il tuo cuore: ecco tua Madre»). Di lì a poco la Madonna del Conforto dovette prestare conforto agli aretini e a tutte le popolazioni toscane. In quello stesso 1796 Napoleone Bonaparte dava inizio alla Campagna d'Italia, volta ad esportare forzatamente i principi rivoluzionari nella penisola, laicizzandone le istituzioni: iniziava il cosiddetto "triennio giacobino" (1796-1799). L'invasione delle truppe napoleoniche fu accompagnata da una serie di prodigi ben ricostruiti da Vittorio Messori e Rino Cammilleri nel volume Gli occhi di Maria. Roma 1796: prodigi nell'Italia invasa da Napoleone (nuova ed. aggiornata, Edizioni Ares, Milano 2023). Da Ancona, dove si verificò il primo fenomeno il 25 giugno, a Todi, a Frosinone, passando per la Città Eterna, innumerevoli immagini mossero gli occhi o cambiarono espressione, quasi a lanciare un "allarme" celeste sulla persecuzione scatenata in nome dei "Lumi". Allarme di cui il fenomeno aretino costituisce non solo un preludio. IL PREMIO VIVA MARIA In Toscana i principi rivoluzionari erano già nell'aria sotto il granducato di Pietro Leopoldo (asceso poi al trono imperiale nel 1790) e il "conciliabolo" tenuto dal vescovo giansenista di Pistoia, Scipione de' Ricci. Inizialmente il Granducato si era salvato dai francesi, che nel 1796 avevano preso la sola Livorno. Nel resto della penisola avevano già avviato il forzato "cambio di paradigma": via la croce, su l'albero della libertà, proclamando repubbliche ispirate ai nuovi ideali, non senza scatenare l'insurrezione - o meglio, l'insorgenza - delle popolazioni legate alle tradizioni e alla fede dei padri. Come avvenne anche in Toscana, quando il 25 marzo 1799 Firenze fu occupata dai francesi, che il 6 aprile giunsero ad Arezzo. E la popolazione insorse, al grido di "Viva Maria!", liberando il Granducato dagli occcupanti con la guida del diplomatico inglese William Frederic Wyndham, dell'ufficiale dei dragoni Lorenzo Mari... e della Madonna del Conforto, effigiata sui loro stendardi. Una storia e un'immagine che, pur nelle mutate circostanze, ci riguardano ancora da vicino: «Il premio», come scriveva nel 2014 don Stefano Bimbi, «è simbolicamente rappresentato da una perfetta riproduzione della Vergine del Conforto. Il motivo per cui è stato chiamato "Viva Maria!" questo premio è evidente: come ai tempi di Napoleone, è in atto un attacco alla fede cattolica. Ora come allora c'è bisogno che ci sia un forte movimento di popolo che difenda la Chiesa da questi attacchi». Quale che sia la buona battaglia (di ieri o di oggi), la Madonna del Conforto continua ad essere una luce per attraversare tempi oscuri.
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  • Cristo e la Chiesa: un matrimonio riuscito

    7 FEB 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3133 CRISTO E LA CHIESA: UN MATRIMONIO RIUSCITO di Giacomo Biffi Quello tra il Signore Gesù e la sua Chiesa non è solo un matrimonio incontestabilmente celebrato: è altresì, per così dire, un matrimonio "riuscito". Potrà meravigliare questo insolito punto di riflessione ecclesiologica; ma va ritenuto opportuno e benefico. Anche perché è abbastanza diffuso un modo di pensare e di parlare, che non disconosce questo coniugio come atto originario costitutivo della Chiesa (diversamente si uscirebbe dalla verità cattolica), ma poi pare quasi supporre che siano intervenuti dei malintesi tra i coniugi e ormai non ci sia tra loro una grande armonia. Non si spiegherebbe altrimenti come mai molti credenti si esprimano senza simpatia nei confronti della Sposa di Cristo, e talvolta quasi col desiderio di "metterla a posto", come si sarebbe tentati di fare con la moglie troppo invadente di un amico che ci è caro. LA "CHIESA" O LA "CHIESA"? Ci limitiamo a segnalare, come indizio abbastanza eloquente della diffusa volontà di "ridimensionare" la Chiesa, l'abitudine (sorretta da un tenace proposito) di scriverne il nome con l'iniziale minuscola. La cosa colpisce particolarmente quando nelle stesse edizioni, nell'identica pubblicazione e addirittura nella medesima pagina si ritrovano scritte invece con la maiuscola, per esempio, Consiglio Presbiterale, Azione Cattolica, Codice di Diritto Canonico, Camera del Lavoro, Settimane Sociali, ecc. Si arriva persino a discostarsi arbitrariamente su questo punto nelle traduzioni che vengono offerte dall'uso cui si sono costantemente attenuti i documenti ufficiali del Concilio Vaticano II. ASSOLUTA O TOTALMENTE RELATIVA? Ma non c'è forse anche il pericolo opposto, cioè quello di un'esaltazione indebita? Chi ha capito bene che cosa significhi nella sostanza che quello tra Cristo e la Chiesa sia un "matrimonio riuscito", tenuto in essere dall'amore, questo pericolo non lo corre. Egli sa che tutto nella Sposa è relativo allo Sposo; e perciò ogni entusiasmo e ogni glorificazione per la sua bellezza e per il suo valore non può che allietare il cuore del Signore crocifisso e risorto. Il pericolo caso mai è un altro; è quello di non tenere abbastanza viva e pungente la consapevolezza di quella totale relatività. «La Chiesa rifulge non della propria luce ma di quella di Cristo, e prende il proprio splendore dal Sole di giustizia» (s. Ambrogio, Exameron IV,32). Il pericolo eventuale è soltanto quello di assolutizzare, magari inconsciamente, la Chiesa come se ci fosse in essa qualcosa di apprezzabile che non sia frutto della sua affettuosa connessione con lo Sposo. L'"ECCLESIOCENTRISMO" Possiamo arrivare a parlare addirittura di "ecclesiocentrismo"? La parola non gode di buona fama: chi la usa, di solito, lo fa coll'intento di mettere in guardia da ogni rilevanza eccessiva assegnata alla Chiesa in epoca "preconciliare": si prendono così le distanze da una "forma" di cristianesimo tipica di alcuni ambienti cattolici del passato, che oggi è ritenuta del tutto improponibile. Ma si tratta di un malinteso. Chi ha compreso che la "consistenza reale" della Chiesa sta nell'essere il "Cristo totale" (asserto che è il "cuore", il senso e anzi il compendio onnicomprensivo dell'intero disegno salvifico del Padre) non vede la ragione di questa allergia: è ovvio che qui non c'è nessuna insidia al primato e alla centralità di Cristo, «capo del Corpo» e Sposo dell'umanità rinnovata. Piuttosto, inteso così, l'ecclesiocentrismo è la logica integrazione e l'ultimo chiarimento del Cristo-centrismo. Ancora una volta però va detto che una visione trascendente come quella del "Christus totus" è più accessibile ai "piccoli" che non ai "sapienti" e agli "intelligenti". Santa Giovanna d'Arco, una ragazza analfabeta non ancora ventenne, in virtù dell'acutezza della sua semplice fede, ai suoi giudici che le chiedono che idea abbia della Chiesa, dà subito una risposta sublime e ineccepibile: «Della Chiesa e di Gesù Cristo io penso che siano la stessa cosa, e che su questo punto non si debbano fare difficoltà». RIFIUTO DELLA "ECCLESIOLATRÌA" Ben diverso è il discorso a proposito di "ecclesiolatrìa". La Chiesa non va "adorata", neppure nei molti modi subdoli nei quali ci riesce talvolta di defraudare il Creatore del culto che compete solo a lui. Il che vuol dire tra l'altro: la Chiesa non può essere nemmeno lontanamente pensata come la sede indipendente e assoluta della verità; né come la causa prima o comunque prevalente della nostra salvezza; né come l'oggetto incondizionato della nostra dedizione e del nostro amore. Curiosamente c'è un caso di "ecclesiolatrìa" che affligge talvolta i più severi censori dell'ecclesiocentrismo; ed è la "sinodolatrìa". In questa aberrazione incappano coloro che – tra i "sapienti" e gli "intelligenti" – tanto enfatizzano il Concilio Vaticano II da ritenerlo in pratica un'espressione inedita e originale della Rivelazione divina: parlano e agiscono come se fossero persuasi che unicamente da questa recente esperienza di Chiesa ci sarebbe stato finalmente restituito il cristianesimo nella sua autenticità. I PALADINI DEL "CONCILIO VIRTUALE" Già all'indomani dell'assise conciliare prese a serpeggiare una stravagante ermeneutica del grande avvenimento e del suo magistero. Si tratta di una specie di "distillazione ideologica", che possiamo tentare di delineare schematicamente così: a) La prima fase sta in una lettura discriminatoria dei testi, che distingue tra quelli da accogliere e da citare e quelli da passare sotto silenzio. b) Nella seconda fase si riconosce come provvido insegnamento sinodale non tanto quello che di fatto è stato enunciato, ma quello che la santa assemblea avrebbe potuto dire se non fosse stata intrigata dalla presenza di molti vescovi retrogradi e insensibili al soffio dello Spirito. c) Con la terza fase si insinua che la vera dottrina del Concilio Vaticano II non è quella effettivamente votata e approvata, ma quella che avrebbe dovuto essere approvata, se i padri fossero stati più coraggiosi e più illuminati. Con una siffatta esegesi – certo non teorizzata in modo esplicito, ma ampiamente applicata – quello che viene continuamente addotto ed esaltato non è il Concilio che è stato celebrato, ma un "Concilio virtuale" che ha un posto non nella storia della Chiesa, bensì nella storia dell'immaginazione ecclesiastica. "CONCILIO" E "POSTCONCILIO" Quando oggi nelle discussioni della cristianità ci si riferisce al "Concilio", bisogna appurare bene che il riferimento sia in effetti ai decreti canonicamente approvati nell'assemblea sinodale. Bisogna in pratica saper distinguere accuratamente tra il "Concilio" e il postconcilio: il primo va accolto con fede e cordialità; il secondo chiede di essere valutato alla luce del primo; anzi, alla luce dell'insegnamento rivelato come è proposto da tutto il magistero infallibile della Chiesa lungo l'intera sua storia, perché non si presenti come autentica e vincolante anche un'ideologia postconciliare che non ha alcuna garanzia da parte dello "Spirito di verità". UN'ANTICA ECCLESIOLOGIA Ascoltiamo infine come si esprimeva un autore del secolo XII che ai giorni nostri non sembra molto citato (è però ricordato in una nota della Lumen gentium 64), Isacco della Stella († 1169), monaco cistercense di origine inglese ma vissuto in Francia, vicino a Poitiers: «Come tutte le cose del Padre sono del Figlio e tutte le cose del Figlio sono del Padre, essendo una cosa sola per natura, così lo Sposo ha dato tutte le cose sue alla Sposa, e lo Sposo ha condiviso tutto quello che era della Sposa, che ha reso anch'essa una cosa sola con se stesso e con il Padre… «Lo Sposo pertanto è una cosa sola con il Padre e una cosa sola con la Sposa: quello che ha trovato di estraneo nella Sposa l'ha tolto via, configgendolo alla croce, dove ha portato i peccati di lei sul legno e li ha eliminati per mezzo del legno. «Quanto appartiene per natura alla Sposa ed è sua dotazione, lo ha assunto e se ne è rivestito; invece ciò che gli appartiene in proprio ed è divino l'ha regalato alla Sposa. Insomma, egli ha annullato ciò che era del diavolo, ha assunto ciò che era dell'uomo, ha donato ciò che era di Dio. Per questo, quanto è della Sposa è anche dello Sposo» (Sermo 11 PL 194, 1728).
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  • Spiace ma... l'inferno esiste e non è vuoto

    31 JAN 2024 · VIDEO: L'inferno non è vuoto ➜ https://www.youtube.com/watch?v=uYZkEHurfjU&list=PLpFpqNiJy93vpo09XwkVtUp8W-0qcHklo TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7684 SPIACE, MA... L'INFERNO ESISTE E NON E' VUOTO di Roberto De Mattei "Quello che dirò non è un dogma di fede ma una cosa mia personale: a me piace pensare l'inferno vuoto, spero sia realtà!". Lo ha detto il 14 gennaio 2024 Papa Francesco in un'intervista al conduttore televisivo Fabio Fazio su Canale Nove. Però ci domandiamo: è lecito sperare una realtà che non solo non è contenuta nella fede cattolica, ma la contraddice? E' infatti verità di fede che l'inferno esiste, e se esiste non è vuoto e non sarà svuotato, come pensavano gli origenisti, secondo cui tutti i dannati, angeli e demoni, alla fine si convertiranno L'inferno è un luogo riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di convertirsi. La pena consiste in un fuoco inestinguibile: un fuoco reale, non metaforico, che si accompagna a quello spirituale della perdita di Dio. E poiché l'anima è immortale, la pena dovuta al peccato mortale senza pentimento, dura quanto dura la vita dell'anima, cioè per sempre, per l'eternità. Questa dottrina è definita dai Concili Lateranense IV, II di Lione, di Firenze e di Trento. L'inferno non indica solo lo stato dei dannati, demoni e uomini morti in peccato mortale, che sono eternamente puniti. Esso indica anche il luogo in cui i dannati si trovano. E sant'Ignazio di Loyola, così spesso citato da papa Francesco, come il suo maestro spirituale, nel quinto dei suoi Esercizi ci invita a fare una cosiddetta "composizione di luogo" sulla realtà dell'inferno. SANT'IGNAZIO DI LOYOLA, IL FONDATORE DEI GESUITI Questi i punti che, dopo due preludi, sant'Ignazio propone alla nostra meditazione nei suoi Esercizi spirituali: "Il primo preludio è la composizione: qui consiste nel vedere con l'immaginazione l'inferno in tutta la sua lunghezza, larghezza e profondità. Il secondo preludio consiste nel domandare quello che voglio: qui sarà chiedere un'intima conoscenza della pena che soffrono i dannati; così, se per le mie colpe dovessi dimenticarmi dell'amore dell'eterno Signore, almeno il timore delle pene mi aiuti a non cadere in peccato. Seguono poi i punti da meditare. Primo punto: vedo con l'immaginazione le grandi fiamme dell'inferno e le anime come in corpi incandescenti. Secondo punto: ascolto con le orecchie i pianti, le urla, le grida, le bestemmie contro nostro Signore e contro tutti i santi. Terzo punto: odoro con l'olfatto il fumo, lo zolfo, il fetore e il putridume. Quarto punto: assaporo con il gusto cose amare, come le lacrime, la tristezza e il rimorso della coscienza. Quinto punto: palpo con il tatto, come cioè quelle fiamme avvolgono e bruciano le anime. Infine il colloquio. Facendo un colloquio con Cristo nostro Signore, richiamerò alla memoria le anime che sono all'inferno: alcune perché non credettero alla sua venuta; altre perché, pur credendoci, non agirono secondo i suoi comandamenti. Distinguerò tre categorie: La prima, precedentemente alla sua venuta. La seconda, durante la sua vita. La terza, dopo la sua vita in questo mondo. Nel fare questo, lo ringrazierò perché non ha permesso che io fossi in nessuna delle tre categorie, mettendo fine alla mia vita; così pure perché fino ad ora ha sempre avuto per me tanta pietà e misericordia. Terminerò dicendo un Padre nostro." FATIMA DIXIT Il segreto di Fatima, comunicato dalla Madonna ai tre pastorelli il 13 luglio 1917, si apre con una visione terrificante dell'inferno, che sembra una composizione di luogo ignaziana. Un inferno che viene mostrato come un luogo, non vuoto, ma pieno di anime di dannati: "un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell'incendio [ ]". Se non fosse stato per la promessa della Madonna di portarli in cielo, scrive suor Lucia, i veggenti sarebbero morti per l'emozione e la paura. Le parole della Madonna erano tristi e severe: "Avete visto l'inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato". Un anno prima, l'Angelo di Fatima aveva insegnato ai tre pastorelli questa preghiera: "Gesù mio perdonateci le nostre colpe, preservateci dal fuoco dell'inferno, portate in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della vostra misericordia". E' celebre il miracolo del padre gesuita Antonio Baldinucci (1665-1717), ricordato nel suo decreto di beatificazione. Il 12 aprile 1706 padre Baldinucci tenne una predica nel paese di Giulianello vicino a Cori. Rivolgendosi ai suoi ascoltatori disse "Sapete mio popolo, come le anime cadono all'inferno? Come da quest'albero cadono le foglie". Appena ebbe pronunciato queste parole, dall'albero sotto cui predicò e che indicò con le sue mani, un olmo, cominciarono a cadere le foglie in tala massa come se nevicasse. La caduta delle foglie, dicono i testimoni, durava così a lungo che nel frattempo si sarebbe potuto pregare quattro volte il Credo. Non era autunno, ma primavera, e nessuna foglia cadde dagli altri olmi, vicini a quello sotto cui predicava. La scena fu talmente impressionante che provocò molte conversioni e cambiamenti di vita. "Tremare al pensiero della dannazione è una grande grazia che si riceve da parte di Dio" afferma il beato Columba Marmion (1858-1923). Il timore dell'inferno ha salvato infatti molte anime. La sua negazione offrirebbe una visione deforme di Dio, misericordioso, ma non giusto. La venerabile Luisa Margherita Claret de la Touche (1868-1915) così si esprime, rivolgendosi al Signore: "No, se non ci fosse l'inferno, mancherebbero tre gemme splendide alla corona delle tue perfezioni, mancherebbero la giustizia, la potenza e la dignità". Suor Josefa Menendez (1890-1923), religiosa del Sacro Cuore, vide molte anime di sacerdoti all'inferno e la Beata Suor Faustina Kowalska (1905-1938), che ebbe la straordinaria esperienza mistica di scendere, guidata da un angelo, negli abissi orridi dell'inferno, racconta di essere stata colpita dal fatto che la maggior parte delle anime che soffrivano all'inferno, erano anime che non credevano all'esistenza dell'inferno o forse, aggiungiamo noi, pensavano che fosse vuoto.
    8m 57s
  • Un natale da perseguitati per milioni di cristiani

    10 JAN 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7666 UN NATALE DA PERSEGUITATI PER MILIONI DI CRISTIANI di Gian Micalessin Assieme alle guerre di Ucraina e di Gaza si è combattuto, negli ultimi due anni, un terzo conflitto alle cui vicende si è prestata, però, molta meno attenzione. Parlo del Nagorno Karabakh un territorio dove santuari e monasteri risalenti al primo secolo sono il simbolo dell'essenza cristiana della regione. In questi due anni i 130mila abitanti di quell'enclave cristiana sono stati costretti a un drammatico esodo di massa. Eppure la loro tragedia è rimasta sorda e inascoltata. In loro difesa non si è levata una sola voce. Questo sciagurato silenzio ci ricorda come il conflitto del Nagorno Karabakh rientri nell'immensa tragedia delle comunità cristiane perseguitate. Una dimensione di cui spesso non si ricorda né il perdurare, né il numero delle le vittime». Alessandro Monteduro direttore di Acs «Aiuto alla Chiesa che soffre» - la Fondazione della Santa Sede, deputata alla salvaguardi della libertà religiosa - affronta così, in vista del Natale, il tema della persecuzione dei cristiani. Un tema spesso dimenticato ignorato o sottovalutato, ma le cui cifre non sono meno tragiche di quelle della guerra in Ucraina o a Gaza. Secondo Acs almeno 360 milioni di cristiani nel mondo sperimentano «alti livelli di persecuzione e discriminazione a motivo della loro fede». E le vittime aumentano di anno in anno. Nel 2022 oltre 5.200 cristiani hanno pagato con la vita la loro fede, almeno altrettanti sono stati rapiti e più di 4.500 sono stati arrestato o detenuti. Mentre oltre duemila fra chiese ed edifici religiosi sono stati rasi al suolo. MORIRE PER NON RINNEGARE CRISTO Alla dimensione tragica si aggiunge quella demografica. Tra le nazioni più restie a rispettare la libertà religiosa vi sono quelle più popolose del mondo. Dalla Cina all'India, dal Pakistan al Bangladesh per arrivare in Nigeria e Pakistan le violazioni della libertà di fede riguardano, direttamente o indirettamente, quasi 5 miliardi di persone. L'eccezionale dimensione quantitativa di queste violazioni, fa notare il direttore di Acs «non è accompagnata da una commisurata presa di coscienza dell'Europa e del cosiddetto mondo libero». Parole gentili per spiegare che in sintesi il mondo occidentale se ne frega delle libertà religiose. Anche, o soprattutto, quando sono in ballo quelle dei nostri fratelli cristiani. «Accettare l'idea che si possa morire per non abiurare alla propria fede - spiega Monteduro - è qualcosa che stride con il relativismo politico e ideale dilagante nella nostre società. Accettare l'idea che 120mila cristiani della piana di Ninive in Iraq abbiano abbandonato tutto pur di non rinunciare alla propria identità e alla fede in Cristo significa misurarsi con un'idea di libertà religiosa che l'Occidente non comprende più. Anche perché l'ha relegata a un livello inferiore rispetto alle libertà più di moda come le libertà sessuale o la libertà di genere. E questa è la beffa più clamorosa per i nostri fratelli cristiani spesso perseguitati perché considerati vicini all'Occidente. Mentre, in realtà, noi Occidentali scegliamo di ignorarli o dimenticarli». L'evidenza di questo patologico disinteresse per il dramma dei nostri fratelli nella fede si nasconde anche tra le cifre dei flussi migratori provenienti dalle coste del Nord Africa. Guardando alle prime dieci nazionalità dei migranti sbarcati in Italia quest'anno scopriamo che quelli provenienti dal Burkina Faso sono letteralmente decuplicati passando dai circa 300 del 2022 agli 8.410 di quest'anno. Con un paradossale incremento del 2.512%. «Il Sahel - sbotta Monteduro - è la miopia delle miopie. E riguarda anche le chiese d'Europa. Quando l'Isis si impose in Siria e Iraq ci fu una reazione che unì l'Occidente e le nostre chiese. E questo consentì, in prospettiva, la disarticolazione militare del Califfato. Oggi il dramma nel Burkina Faso non è diverso. Il 50% del suo territorio è in mano a micro-califfati e i cristiani sono costretti alla fuga per timore di quest'avanzata jihadista. In Mali e Ciad non va molto diversamente. Eppure in Europa tutti sembrano ignorarlo. Questa miopia e questa indifferenza sono paradossali. Perché se anche avessimo deciso di fregarcene dei cristiani in fuga come possiamo ignorare che chi abbandona quelle terre finisce poi con l'approdare sulle nostre coste?». L'ESODO CRISTIANO DAL MEDIORIENTE Ma a far tremare i polsi sono anche i numeri dell'esodo cristiano dal Medioriente. I cristiani d'Iraq che nel duemila superavano il milione e mezzo sono oggi poco più di 150mila. In Siria le cifre sono simili. Del milione e mezzo di cristiani censiti nel 2010 ne sono rimasti, dopo 12 anni di guerra civile e religiosa, poco meno più di cinquecentomila. Ad Aleppo, cuore della comunità, i numeri sono scesi da oltre 150mila a meno di 25mila. «Ma la scomparsa dei cristiani - sottolinea Monteduro - è anche la cartina di tornasole dello spostamento geopolitico della Siria. Il paese colpito dalle sanzioni di Europa e Stati Uniti è tornato a sedere nella Lega Araba e si è rivolto alla Cina per i suoi beni essenziali. In pratica non solo si è svuotato dei cristiani, ma non ha neppure più bisogno dell'Italia e dell'Europa. L'assenza cristiana diventa insomma il simbolo della nostra irrilevanza». In Oriente non va meglio. In India - paese da un miliardo e 450 milioni di abitanti - 12 dei 36 Stati prevedono leggi anti conversione che puniscono con galera e durissime sanzioni economiche gli induisti pronti a convertirsi al cristianesimo. Senza contare le rappresaglie sociali e le violenze che spesso le accompagnano. In Cina i tentativi di dialogo avviati dalla Santa Sede dopo gli accordi sulla nomina dei vescovi non hanno alleviato la situazione di reale oppressione. «Parliamo - spiega Monteduro - di controlli sulla vita dei fedeli e sulla loro partecipazione alle cerimonie, di arresti dei vescovi non riconosciuti dal Partito e, persino della richiesta di sostituire crocefissi o immagini della Madonna con i ritratti del presidente di Xi Jinping. Controlli resi ancor più oppressivi grazie all'uso dei sistemi digitali di sorveglianza che si avvalgono dell'intelligenza artificiale e possono controllare i contenuti dei cellulari e la partecipazione alle comunità dei fedeli». Insomma per molti milioni di cristiani il prossimo Natale non sarà una festa, ma la triste celebrazione di un'era di paura e persecuzione. In questo clima sostanzialmente mesto il direttore di Acs sottolinea però i segnali incoraggianti lanciati dal governo italiano. «Dopo la Festa della donna celebrata da Giorgia Meloni con due ragazze nigeriane vittime della ferocia di Boko Haram il Fondo per le minoranze cristiane è stato rifinanziato con circa 10 milioni di euro ed è stato nominato un inviato speciale per i cristiani perseguitati. Piccoli segnali, ma fonte per noi di concreta speranza».
    8m 34s
  • Il nuovo presepe, più inclusivo, laico e green

    27 DEC 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7644 IL NUOVO PRESEPE PIU' INCLUSIVO, LAICO E GREEN di Raffaella Frullone Cosa non si fa in nome dell'inclusione. Anche a Natale. Prima vennero le maestre di Agna, nel padovano, preoccupate del nome "Gesù" nelle canzoncine per i bimbi, che hanno sostituito ad un più melodico "cucù". D'altra parte perché questa smania di citare Gesù? Manco fosse il protagonista della festa. Travolte dalle polemiche si sono scusate: «Non era assolutamente nostra intenzione mancare di rispetto ai bambini e alla comunità intera - hanno detto-. Tutto ciò che viene fatto nella scuola è sempre stato a favore della crescita, per una formazione umana, culturale e civile dei bambini». Ci sarebbe da chiedersi come il "cucù" potesse contribuire alla crescita umana, culturale e civile, ma teniamo buone almeno le scuse. Che pare non siano invece arrivate da don Vitaliano Della Sala, parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Capocastello, frazione di Mercogliano, nell'avellinese, che per questo Natale ha allestito un presepe "con due mamme", "due Madonne" per la precisione, e senza san Giuseppe. «La logica dell'inclusività è l'avvenire della Chiesa» aveva spiegato, intanto ed essere escluso era stato il padre putativo di Gesù, espunto da quella grotta di Betlemme in cui sono arrivati proprio perché ce li ha portati Giuseppe per il censimento. Immediatamente ha reagito un altro parroco campano, don Maurizio Patriciello, che ha chiesto a don Vitaliano di rimettere San Giuseppe al proprio posto. Detto fatto, San Giuseppe è stato rimesso nel presepe, ma accanto alle due Madonne, che lì sono rimaste perché secondo don Vitaliano «bisogna accogliere queste famiglie». Se il quadro è questo dunque, perché stupirsi se "Più Europa" propone ben quattro versioni alternative della natività? Sulle sue pagine social infatti il partito europeista nato dai Radicali ha ben pensato di augurare "buone feste" con un collage di quattro varianti di altrettante natività arcobaleno, c'è quella "con due Madonne", quella "con due San Giuseppe", quella con il Bambino Gesù nero, quella con la Madonna e Gesù neri, ma senza San Giuseppe. Il testo è eloquente: «Il bello delle tradizioni è che possono cambiare. Buone feste da +Europa ». E così quella formazione che alle ultime politiche non è riuscita a sforare la soglia di sbarramento del 3% è tornata a far parlar di sé. Per una campagna che non è stata apprezzata nemmeno dai suoi. Tra chi ha detto addio al partito c'è stata Anita Likmeta, imprenditrice italo albanese, che ha postato su Facebook il suo dissenso: «Se +Europa pensa di difendere la diversità con ammiccamenti ipocriti alla tradizione, io per il ruolo della Madonna lesbica non sono disponibile. Addio a Più Europa e buon suicidio politico (non assistito)!» Niente di nuovo sotto il sole. Oggi come ieri il cristianesimo è un facile bersaglio di chi cerca di espungere l'origine della vita dall'orizzonte comune, ma è una battaglia persa. Se sopravvive al peccato dei fedeli, a certi sacerdoti persi nelle loro miserie ed eresie, perché la Chiesa dovrebbe soccombere per un partito che molti nemmeno ricordano più? Nota di BastaBugie: siccome a Natale siamo più buoni, forniamo noi le indicazioni per il prossimo anno che possono essere utili alle scuole e alle parrocchie che vogliono mantenersi al passo con i tempi. Auguri con il nuovo presepe più inclusivo, laico e green. Non contiene animali per evitare accuse di maltrattamenti. Non contiene Maria, perché propone l'immagine di una donna prona al patriarcato. Quella del falegname Giuseppe non c'è perché il sindacato non ne autorizza l'uso. Gesù Bambino è stato rimosso perché non ha ancora scelto il suo sesso, se sarà maschio, femmina o qualcos'altro. Non contiene più i Magi, perché potrebbero essere migranti e uno di loro è nero (discriminazione razziale, xenofoba). Non contiene la stella cometa per ridurre l'impatto ambientale e l'inquinamento luminoso. Inoltre, non contiene più gli angeli per non offendere gli atei, i musulmani e le altre credenze religiose. Infine, abbiamo eliminato la paglia, a causa del rischio di incendio, perché non conforme alla norma europea 69/2023/CZ. È rimasta solo la capanna, realizzata in legno riciclato proveniente da foreste conformi agli standard ambientali ISO, alta esattamente 2.70 m, il minimo per ottenere l'abitabilità.
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  • Può venire qualcosa di buono da Nazareth? Sì, la Santa Casa

    27 DEC 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7642 PUO' VENIRE QUALCOSA DI BUONO DA NAZARETH? SI, LA SANTA CASA di Roberto De Mattei La miracolosa traslazione della Santa Casa di Maria da Nazareth a Loreto è forse il maggior onore riservato dalla Provvidenza all'Italia, dopo la scelta di Roma come sede della Cattedra di Pietro. «Può mai venire qualcosa di buono da Nazareth?» (Gv. 1, 46) dicevano con sprezzante sufficienza i giudei. Ebbene, l'umile casa di Nazareth, in cui la Madonna vide la luce fu il luogo scelto da Dio per l'ora suprema della storia. Tra le sue povere mura l'Angelo rivelò a Maria i misteri immensi della Santissima Trinità, dell'Incarnazione e della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, chiedendole l'assenso per realizzare il grande piano divino. Maria, scrive san Tommaso d'Aquino nella Somma Teologica, rispose a nome di tutta l'umanità, pronunciando la parola attesa da tutti i secoli e da tutte le generazioni: Fiat! Questa risposta compendiò tutto in maniera eccelsa, la terra e il cielo, il passato e l'avvenire, il tempo e l'eternità. Nella Santa Casa risuonò la stessa parola detta da Dio nella creazione, ripetuta in modo talmente perfetto da una creatura, che da essa, affermano i teologi, scaturì quasi un'altra creazione. Una nuova epoca per l'umanità si apriva. L'Eterna Sapienza assumeva carne mortale, il Figlio Unigenito di Dio si faceva uomo, il seno di Maria diveniva il tabernacolo del Verbo Incarnato. La storia della Santa Casa di Nazareth rivela tutto l'amore riservato dalla Provvidenza al luogo sacro dell'Incarnazione. Per oltre mille anni in Palestina essa fu il santuario più venerato dai pellegrini dopo il Santo Sepolcro. Ma ciò che Dio permise per il Santo Sepolcro, non tollerò per la Casa di Sua Madre. Quando, nella seconda metà del secolo XIII, i musulmani invasero la Galilea e si impadronirono dei luoghi santi, gli Angeli, secondo la tradizione, trasportarono la Santa Casa sulle rive dell'Adriatico, in Dalmazia, e poi a Loreto, presso Recanati, dove essa giunse, nel 1294, sotto il pontificato di Celestino V. La notizia dello straordinario prodigio si diffuse rapidamente in tutta Europa e Loreto divenne ben presto il primo santuario dell'Occidente, presso cui nel corso dei secoli accorsero, in devoto pellegrinaggio, santi, pontefici, sovrani e gente di ogni condizione. L'AUTENTICITÀ DELLA SANTA CASA I Papi, in oltre sei secoli, hanno approvato l'autenticità della Santa Casa con documenti e atti solenni di ogni genere, arricchendo il Santuario di visite, doni, privilegi e indulgenze. In particolare, nel secolo XX, Benedetto XV ha solennemente riconfermato, nella liturgia, il solenne cerimoniale della miracolosa Traslazione (10 dicembre) e Pio XI, col Breve Apostolico del 15 giugno 1923 ha concesso a Loreto l'indulgenza plenaria «toties quoties», uguale a quella della Porziuncola di Assisi. C'è chi ha messo in discussione l'autenticità della Santa Casa. Ma le prove storiche sono innumerevoli. Ne basti una. La Santa Casa è priva di fondamenta, letteralmente «posata» sul terreno. La perfetta costruzione delle mura a strati orizzontali congiunti da malta di ottima qualità, esigerebbe una fondazione che ne assicuri il solido appoggio. Al contrario mancano non solo le fondamenta, ma anche una qualsiasi preparazione del terreno sottostante, che si presenta invece come disciolto e polveroso. Le mura posano sopra lo strato superficiale del suolo e in parte sopra un fondo stradale. In alcune parti, addirittura, la Santa Casa non tocca terra. Com'è possibile che un edificio si possa mantenere nella sua integrità per sette secoli senza fondamenta e senza sostegni? Gli architetti che hanno lavorato a Loreto affermano che, tra i tanti, questo è il miracolo più impressionante. A ciò si aggiunga che le dimensioni della Santa Casa coincidono perfettamente con quelle delle fondamenta rimaste a Nazareth e che l'analisi chimica delle pietre ha dimostrato che i muri sono formati con pietre della Palestina, cementate con un impasto di calce unita a cenere, paglia e bitume, secondo l'antichissimo uso ebraico. I Papi, i santi e i pellegrini accorsi a Loreto nel corso dei secoli, non hanno voluto venerarvi un qualsiasi santuario mariano, ma la Santa Casa di Nazareth, prodigiosamente traslata dagli angeli. È famosa la visione di san Giuseppe da Copertino il quale, il 10 luglio del 1657, mentre si trovava nel convento di Osimo, vide moltitudini di angeli andare e venire dal Cielo sulla cupola della Santa Casa: rapito in estasi, il santo volò sopra un mandorlo del giardino. UN PROFONDO SIGNIFICATO La devozione verso la Santa Casa di Loreto assume nella nostra epoca di crisi un profondo significato. La Domus Mariae per molte ragioni è intimamente legata alla nascita della Chiesa cattolica. Infatti: 1) Essa fu il tempio dell'Incarnazione. Tra queste sacre mura fu concepito e crebbe Gesù Cristo, fondatore e capo della Chiesa. 2) Essa fu la Casa di Maria, cioè della creatura che, secondo i teologi, è l'esemplare che realizza in sé nel modo più perfetto la Chiesa e alla quale perciò la Chiesa stessa è configurata. 3) Essa fu la culla della Chiesa nascente, perché Maria, dopo avervi custodito nel suo Seno lo stesso Verbo, e averne conservato gelosamente nel Cuore tutti i detti e i fatti, in questo luogo, dopo la Resurrezione, trasmise agli Apostoli la dottrina del Divino Maestro, sostenendo e confermando la loro fede. Tra queste mura, infine, secondo la tradizione, fu celebrato per la prima volta il Divino Sacrificio. Ancor oggi è conservato, nella Santa Casa, l'Altare degli Apostoli, miracolosamente traslato con essa; nel luogo stesso in cui la SS. Vergine aveva fatto discendere per la prima volta sulla terra Gesù Cristo, san Pietro vi pronunciò le parole della Consacrazione, che ancora oggi si ripetono in ogni Messa. La Santa Casa non ci offre solo l'immagine di un tempio prezioso, ma anche quella di una splendida reggia. Essa fu infatti la dimora, oscura ma regale, di Maria Regina del Cielo e della Terra. Le sue mura benedette riflettono lo splendore del regno di umiltà e di nascondimento della Beatissima Vergine nella sua vita terrena, ma prefigurano anche il regno splendente di Maria sulle anime e sulle nazioni da Lei stessa profetizzato a Fatima nel 1917.
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Uno sguardo da vicino alla religione che ha cambiato la storia del mondo
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