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PROTEZIONE COMPLEMENTARE: IL TRIBUNALE DI BOLOGNA ACCERTA IL DIRITTO DI PRESENTATE DOMANDA CON OBBLIGO DELLA QUESTURA DI RICEVETE LA ISTANZA

PROTEZIONE COMPLEMENTARE: IL TRIBUNALE DI BOLOGNA ACCERTA IL DIRITTO DI PRESENTATE DOMANDA CON OBBLIGO DELLA QUESTURA DI RICEVETE LA ISTANZA
Oct 28, 2023 · 9m 23s

TRIBUNALE DI BOLOGNA ORDINANZA 10/07/2023 n. r.g. 6749/2023 Riguardo al fumus boni iuris, va osservato quanto segue. È provato documentalmente che il ricorrente abbia trasmesso a mezzo pec in data...

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TRIBUNALE DI BOLOGNA ORDINANZA 10/07/2023 n. r.g. 6749/2023
Riguardo al fumus boni iuris, va osservato quanto segue.
È provato documentalmente che il ricorrente abbia trasmesso a mezzo pec in data 26.4.2023 alla Questura di Bologna – Commissariato di Imola, una domanda di protezione complementare ai sensi dell’art. 19, comma 1.1. D. L.vo 25 luglio 1998 n. 286.
La Questura di Bologna con comunicazione mail del 28.4.2023 ha informato il ricorrente che, secondo la procedura di rito, per presentare la domanda di cui in oggetto, lo straniero avrebbe dovuto presentarsi presso l'Ufficio Immigrazione del Commissariato di P.S. di Imola per prendere un appuntamento per l'acquisizione della domanda e delle impronte digitali.
Il ricorrente si è recato quindi presso il Commissariato di Imola in data 13.5.2023 ma non ha potuto formalizzare la domanda in ragione dell’entrata in vigore, in data 5.5.2023, della legge n.50/2023 di conversione del D.L. 20/2023.
Com’è noto, il Decreto-Legge 10 marzo 2023, n. 20 (Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare), appunto convertito con modificazioni dalla L. 5 maggio 2023, n. 50 (in G.U. 05/05/2023, n.104), all’art. 7 ha abrogato il terzo e il quarto periodo dell'articolo 19, comma 1.1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
La disposizione sul diritto intertemporale pure contenuta nella nuova normativa indica come momento dirimente per l’applicabilità della nuova disciplina la "presentazione" della istanza oppure "l'invito" della Questura. L’art. 7, secondo comma D.L. n. 20/2023 dispone invero che «per le istanze presentate fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero nei casi in cui lo straniero abbia già ricevuto l'invito alla presentazione dell'istanza da parte della Questura competente, continua ad applicarsi la disciplina previgente».
Appare dunque evidente come il legislatore abbia voluto sottolineare che non vi è nella specie alcuna deroga al principio di irretroattività della legge, il quale come noto vige nel nostro ordinamento civile in forza dell'art. 11 preleggi per cui la legge «non dispone che per l'avvenire» e «non ha effetto retroattivo», sicché ogni eventuale deroga, pur se non vietata dall'ordinamento, dev’essere di stretta interpretazione.
Pur avendo potuto il Legislatore omettere ogni indicazione, vigendo comunque il principio di irretroattività, lo stesso ha voluto segnalare dunque che la norma che abroga il terzo e il quarto periodo dell'articolo 19, comma 1.1, cit., vale solo per le domande "presentate" dopo l'entrata in vigore del d.l.
Non può assumersi invero che la “presentazione” della domanda coincida con la formalizzazione della stessa presso la Questura competente, la quale può avvenire anche con tempi che nella prassi, come sopra detto, appaiono del tutto incerti (attese le liste d’attesa presso gli uffici competenti, i rinvii determinati a volte da esigenze organizzative, a volte da esigenze istruttorie e di integrazione della documentazione).
Poiché l’irretroattività è principio generale dell’ordinamento e poiché ogni deroga deve essere espressa, chiara e univoca, si impone difatti necessariamente una interpretazione rigorosa, che –almeno a questi fini- indichi nella manifestazione espressa e univoca di volontà il contenuto del termine “presentare”.
Si deve ritenere, invece, che con l’ulteriore richiamo ad un “invito” della Questura a presentare la domanda il legislatore, al fine di assicurare pieno rispetto del principio di irretroattività, abbia inteso evitare che le nuove norme si applichino a chi al momento della entrata in vigore della nuova disposizione non avesse ancora "presentato" la domanda ma fosse comunque stato già contattato dalla Pubblica Amministrazione al fine di presentarla, escludendo anche sotto tale profilo ogni retroattività della nuova disposizione.
Nel caso di specie il ricorrente ha “presentato” la sua domanda (o comunque ha manifestato la sua intenzione di presentarla) già in epoca successiva all’entrata in vigore della nuova disciplina di cui al D.L. n. 20/23, avendo inoltrato la prima pec alla Questura il 26.4.2023.
Quanto alla disciplina sostanziale, dunque, è indubbio che alla fattispecie vada applicata, sotto il profilo sostanziale, la protezione complementare di cui all’art. 19, comma 1 e 1.1, d. lgs. n. 286/98 come modificato dal D. L. n. 20 del 10 marzo 2023.
Riguardo, poi, alla possibilità di presentare la domanda di protezione complementare direttamente alla Questura, va evidenziato che, nella fattispecie, la manifestazione della volontà dell’istante di presentare domanda di protezione complementare è avvenuta in un momento antecedente alla entrata in vigore della citata legge di conversione n. 50/23, la quale ha previsto l’abrogazione del diritto di chiederne il riconoscimento direttamente al questore. E’ stato, infatti, espunto il secondo periodo del comma 1.2 dell’art. 19 TUI, con la conseguenza che oggi la protezione speciale trova espresso riferimento solo nell’ambito del procedimento amministrativo per la richiesta di protezione internazionale dinanzi alla Commissione Territoriale.
Pertanto, si deve affermare il diritto del ricorrente alla ricezione da parte della Questura competente per la valutazione dell’istanza di protezione complementare, permanendo in capo all’Amministrazione ogni competenza in ordine alla decisione di merito.
Riguardo al periculum in mora, si deve osservare come in questa sede interlocutoria e cautelare il pericolo di pregiudizi gravi e irreparabili debba assumersi sicuramente presente atteso il rifiuto assoluto di ricevere l’istanza di rilascio di un permesso di soggiorno fondato sul divieto di refoulement, sicché l’impedimento opposto alla stessa presentazione dell’istanza configura un pericolo ai sensi dell’art. 700 c.p.c. di un «un pregiudizio imminente e irreparabile» che potrebbe occorrere nel «tempo occorrente per far valere il suo diritto» in un giudizio ordinario, diritto che, occorre ancora una volta sottolineare, nella specie non è diritto di ottenere una decisione favorevole, ma diritto di presentare la relativa istanza.
Il ricorrente, in Italia dall’agosto del 2021, ha peraltro dimostrato di aver ricevuto una seria offerta di lavoro relativa ad un contratto di apprendistato di 36 mesi: appare dunque evidente chel’impossibilità di coglierla determinerà un pregiudizio irreparabile anche dal punto di vista dell’aspettativa di miglioramento delle proprie condizioni di vita.
Rilevata, riguardo alla regolazione delle spese di lite, la novità delle questioni trattate e la contumacia di parte resistente, nulla va disposto sulle spese di lite;
P.Q.M.
Visto l’art. 700 c.p.c.,
ACCERTA il diritto del ricorrente di presentare istanza per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 19 comma 1.1. terzo e il quarto periodo D. L.vo 25 luglio 1998 n. 286 nella formulazione successiva al Decreto-Legge 10 marzo 2023, n. 20, poi convertito dalla L. 5 maggio 2023, n. 50;
ACCERTA il diritto del ricorrente a presentare la domanda di protezione complementare direttamente alla Questura compente per l’effetto
DISPONE che la resistente Questura competente attivi senza ritardo il relativo procedimento.
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Author Avv. Fabio Loscerbo
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