https://ogzero.org/il-gioco-delle-parti-e-il-nuovo-ordine-mondiale/ Con Murat Cinar è facile intendersi ormai dopo anni di condivisione di microfoni di @rbo10525, e proprio di questo avevamo bisogno per tentare di aprirci un varco nelle illazioni relative al dinamismo diplomatico dell’ex autocrate di Ankara – ora statista e riferimento centrale mondiale per mettere in scena la pantomima degli accordi – e di quelle che sono le evoluzioni delle relazioni internazionali turche non solo nel Mediterraneo orientale, ma in una crescita esponenziale dell’importanza della potenza locale anatolica quanti più son i quadranti in cui è coinvolta, sia con la presenza di truppe (come in Somalia), sia con la vendita – attenzione: mai prestito – di droni e di batterie missilistiche (magari comprate da Mosca, come gli S-400), sia soprattutto intessendo una nuova rete di alleanze che superi realmente Astana, perpetuandola come sistema e come protagonisti, accomunati dal bisogno di affrancamento autoritario dall’ordine mondiale occidentale. E ponga al centro l'altro grande partner mediorientale: Israele, che subitamente si espone con il repertorio diplomatico, atto a nascondere gli affari e gli scambi semiocculti, gli approvvigionamenti di armi, energia e gasdotti. “Il sole24Ore” del 29 e 30 marzo 2022 enuncia la portata storica del vertice nel Negev tra Israele, 5 paesi arabi e Blinken e poi, il giorno seguente, sciorina i dati della “Pipeline della Distensione” tra Turchia e Israele. La sorprendente distensione di tutti i paesi – autocratici – con l’“Unica democrazia del Mena” è stupefacente: il ministro degli Esteri israeliano, Yair Lapid, ha rilasciato dichiarazioni entusiastiche: «Stiamo facendo la storia, creando una nuova architettura regionale che intimidisce ed è un deterrente verso i nostri nemici comuni, primo tra tutti l’Iran e i suoi alleati…» e poi l'annuncio del progetto del gasdotto sottomarino di 550 chilometri tra costa turca e il giacimento Leviathan in territorio israeliano. A Israele permette di esportare più gas e fare cassa. Alla Turchia consente di ridurre la sua esposizione verso la Russia e soprattutto di rifornire la sua economia energivora (Ankara importa il 90% del metano che consuma)… Il costo è molto più basso dei sei miliardi di euro stimati per la realizzazione del progetto EastMed, il potenziale e controverso gasdotto sottomarino per collegare Israele con Cipro, Grecia e Italia: la pipeline turco-israeliana raggiunge gli 1,5 miliardi.
Ecco di tutto questo si parla in questa mezz'ora densa con Murat sullo sfondo dei venti di guerra ucraini si svolgono molti affari e si dimenticano dispute millenarie, come tra Atene e Ankara: oltreché di sovraesposizione internazionale a uso di consenso interno ad Ankara, di economie a pezzi che si reggono sulla guerra e sulla devastazione dell’ambiente, sulle infrastrutture che assorbono come idrovore denaro pubblico e politica delle mani libere, quest’ultima sia ad Ankara che a Tel Aviv, una garanzia di accreditamento come mediatori. E dunque l'affare rappresentato dalla guerra combattuta da altri e su cui lucrare non schierandosi apertamente, rifiutando ogni sanzione, accogliendo oligarchi – e i loro capitali – e fuorusciti oppositori, facendo business di persone, oppositori e rifugiati; e di accordi su costruzioni di centrali nucleari (la prima in costruzione in Turchia batterà il tricolore russo).
Ma già prima dello scoppio della guerra il suolo turco era teatro di incontri e stipule di contratti, come la presenza di emissari emiratini e qatarioti ad Ankara una settimana prima: Israele e Turchia in questi passaggi sono anche in questo caso intrecciati, come osservatori, semioccupanti di posizioni strategiche nell’area
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