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Dentro il tempo perduto delle celebrity

Dentro il tempo perduto delle celebrity
Jun 26, 2019 · 3m 59s

Conoscete qualcosa che resta addosso più dell’infanzia? È il territorio che siamo stati e che per tutta la vita ci portiamo dietro, e dentro. A volte ormai adulti ci fa...

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Conoscete qualcosa che resta addosso più dell’infanzia? È il territorio che siamo stati e che per tutta la vita ci portiamo dietro, e dentro.
A volte ormai adulti ci fa forti, ancora capaci di stupore. Altre ci manda in rovina. E comunque… non c’è scampo. Restiamo, siamo tanto anche quel bambino che eravamo.
E così, se chiudiamo gli occhi e forziamo la memoria al primo ricordo che abbiamo di noi, eccoci in un lampo di nuovo e come per miracolo su quel bagnasciuga a sentire freddo, usciti dall'acqua, con nostra madre che ci corre incontro, verso il mare, l'asciugamano in mano, il suo caldo che, finalmente, ci avvolge.
Eccoci a finire i pomeriggi tirando calci al pallone contro una porta malmessa, su un campetto di polvere e sole, nel tramonto qualunque di una periferia.
Eccoci nell’odore buono del sugo del pranzo della domenica che si fa insistente, e i nonni ci chiamano a tavola, e noi sbuffiamo in quella luce che non lo sappiamo ancora, quanto non tornerà.
Eccoci nella nostra innocenza presunta in una stanza grandissima, che oggi ci appare invece così piccola da non sembrare più neanche lei, se non fossimo davvero certi che era proprio lei.
Questo che faremo insieme è un viaggio. Un viaggio in quel passato, l’unico, in cui sappiamo ritrovarci sempre. Un viaggio alla ricerca del tempo perduto, di come eravamo allora, per fissarci, per far sì che quella parte di noi così lontana e così presente non scompaia, ci parli ci insegni ci accompagni ancora.
Succederà così che nelle puntate che verranno ci abbasseremo piegandoci sulle nostre ginocchia nella cameretta di Piero Angela, il giorno degli anni Trenta in cui i genitori gli regalarono L’enciclopedia dei ragazzi e lui cominciò a far notte sul Libro dei Perché, a essere già, in fondo, l’embrione di quello che ancora oggi, passati i 90, è.
Poi correremo forte, ci verrà il fiatone dietro Lorella Cuccarini ragazzina, ci sporcheremo con lei in cortile prima che venga richiamata su per i compiti e la merenda - pane, olio e zucchero -. E andremo fuori, fuori ai cancelli della scuola di Paola Turci bambina - c’è la ghiaia bianca come i vestiti delle suore, ci sono gli zaini e c’è un gran vociare ma soprattutto c’è un bimbo, che le prende gli occhi, che poi sono sempre quelli i primi a partire, mossi da una fantasia segreta, e dopo, solo dopo li seguono le mani, l’arretrare o l’avvicinarsi, gioco e ti bacio, o niente, vado via.
Questo significherà anche come salire - sempre insieme - su una macchina del tempo, e finire in tante piccole scene degli anni 30’, 40’, 50, e poi ancora ’60, '70, '80, '90, e in tutto quel che hanno voluto dire. Creare - sempre insieme - un archivio (collettivo) della memoria, la nostra, di uomini. Che abbiamo questa grande fortuna. Nell’essere capaci di pensiero, di ricordo. E di parole. Soprattutto, di parole. Che colorano il silenzio. Gli danno voce.

Un programma di Lavinia Farnese.
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Author Vanity Fair Italia
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