Tania Re ci accompagna alla scoperta dell'MDMA, sostanza sintetizzata in laboratorio col nome di 3,4-metilenediossimetanfetamina e più comunemente nota come "ecstasy".
Ottenuta dal safrolo, un olio essenziale contenuto nel sassofrasso, nella noce moscata, nella vaniglia e in altre spezie naturali, provoca effetti psicologici unici e distinti agendo specificatamente sulla sfera emotiva umana senza influenzare particolarmente le altre funzioni psicologiche, come la percezione visiva o i processi cognitivi.
Per queste caratteristiche, più che un allucinogeno o una sostanza psichedelica, è considerata un "empatogeno", una sostanza in grado di produrre sensazioni di empatia e apertura relazionale, un miglioramento soggettivo dell’umore, un profondo benessere con conseguente aumento dell’estroversione, della comunicazione sociale e della sensibilità emotiva.
Può produrre anche una leggera ansia, con perdita di contatto con il reale, insieme a moderate alterazioni dell'elaborazione del pensiero. Se consumata in movimento, può aumentare l'energia, il battito cardiaco, la temperatura corporea e creare problemi alla salute.
Sintetizzata la prima volta dall'azienda farmaceutica Merck nel 1912 mentre cercava una sostanza anoressizzante, per quarant'anni venne ignorata. Diventa popolare come droga negli anni sessanta e per questo messa al bando.
I primi studi sugli esseri umani arriveranno solo negli anni settanta, quando ricomparirà con un nome diverso, quello attuale, ad opera di un chimico tedesco di origine russa, Alexander "Sasha" Shulgin: con questo nuovo nome la sostanza non è illegale, e questo ne consentirà l'uso in psicoterapia, in particolare per curare i PTSD ma anche le relazioni di coppia fino a nuovi proibizionismi, ora messi in discussione negli USA grazie ai risultati delle sperimentazioni scientifiche.
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