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Parole in viaggio - puntata #17

Parole in viaggio - puntata #17
Oct 22, 2017 · 9m 11s

Bentornati sulle frequenze di Parole in viaggio, la trasmissione che prova a ritrovare il significato di alcune parole che quotidianamente usiamo. Oggi voglio ripartire dall’ultimo approfondimento, perchè ritengo meriti un...

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Bentornati sulle frequenze di Parole in viaggio, la trasmissione che prova a ritrovare il significato di alcune parole che quotidianamente usiamo.
Oggi voglio ripartire dall’ultimo approfondimento, perchè ritengo meriti un ulteriore spazio. Grazie al consiglio di un’attenta ascoltatrice, desidero condividere con voi il senso ancora più radicato della parola idiota. Nella precedente trasmissione avevo definito idiota chi si dedica alla s fera privata e delega gli altri ad operare per lui; in realtà l’idiota non è solo colui che si astiene, perchè la parola trova la sua radice anche nel greco eidon, che è il passato del verbo orao, che significa vedere. Si crea quindi un legame tra l’azione dell’osservare e la conseguente decisione ad agire o meno: chi non vuole vedere, chi si priva anche della facoltà sensoriale della vista, di conseguenza non può che lasciare ad altri il compito di agire. Idiota nel senso di non voler vedere, proprio come dice Daniele Silvestri “dovevo proprio avere gli occhi bendati per non vedere tutti i giorni passati, sprecati, buttati consacrati al niente” Idiota nel senso di non voler conoscere la realtà che sta attorno, di non voler incontrare.
anche perchè la parola incontro nasconde un piccolo dettaglio: noi solitamente la usiamo per definire una situazione in cui non è presente un elemento di discordia. In realtà, la sua origine racconta dell’unione di due parti, in e contro che definiscono invece tutta un’altra tipologia di circostanze.
contro richiama il latino contra, ovvero qualcosa o qualcuno che si trova in una posizione opposta alla mia. La parte più interessante però è racchiusa proprio nella parola in, perchè esprime come ci sia un movimento, come la situazione non sia statica, radicata o irremovibile. In rappresenta il verso, l’azione di andare verso qualcuno. Nel momento in cui decido di incontrare l’altro, ho lasciato la mia posizione originale e sono già in movimento verso l’altro. La magia dell’incontro è la direzione, l’intenzione di movimento, l’intenzione di non voler aspettare le mosse dell’altro. Sono io che ho deciso, che sento il desiderio di muovermi, sebbene sono consapevole che l’altro si trova comunque in una posizione opposta.
Ma forse ho deciso di muovermi verso l’altro perchè mi interessa, perchè sento che la rigidità delle posizioni potrebbe danneggiarmi più che giovarmi. Sento che potrei trarre un beneficio dall’incontro, sebbene questo mi costringerà a prendermi cura dell’altro e di me stesso. E uso la parola cura non a caso, in quanto tra i suoi significati va ad attingere dalla radice latina KU che significa battere, nel senso proprio di martellare. Infatti, l’incudine è proprio l’attrezzo che serve per battere. La cura diventa quindi una modalità per colpire in due direzioni: sicuramente quando ci prendiamo cura di qualcuno è sempre un’azione di invasione dell’intimità dell’altro, è come se in un certo senso creassimo un’apertura nella sfera personale, a volte anche percotendo, battendo, martellando. Sebbene il nostro possa essere un buon intento, in ogni caso prendersi cura dell’altro significa colpirlo. E in secondo luogo colpiamo anche noi stessi, martelliamo anche sul nostro sistema difensivo: perchè il prendersi cura ha bisogno di un canale diretto tra me e l’altro, non devono porsi ostacoli, nulla deve intromettersi nella relazione tra i due. E per far questo abbiamo bisogno di un elevatissimo livello di attenzione, di osservazione: non a caso il secondo significato di cura ritrova la radice nel latino KAU che significa osservare, guardare.Ecco allora che quando mi prendo cura dell’altro sono chiamato a osservarlo con attenzione, i suoi bisogni, i suoi sentimenti, le sue emozioni, e al tempo stesso non posso dimenticare di osservare anche me stesso, osservare come cambia il mio modo di essere, osservare come si modellano i miei pensieri quando mi prendo cura dell’altro. Anche perchè cura trova la sua terza radice nel sanscrito Kavi, che significa saggio: infatti prendersi cura di sè stessi coincide esattamente con il prendersi cura dell’altro, come dice il Roshi Suzuki “quando voi siete voi, vedete le cose così come sono e diventate un tutt’uno con ciò che vi circonda”. Nel pensiero buddista la cura del sè coincide con la cura dell’altro, saper osservare, guardare, e con saggezza battere per entrare nella sua vita, per trasformare due vite in un’unica stessa vita. E per terminare questo concetto, per ricordare che l’idiota è colui che non vuole vedere, non vuole incontrare e di conseguenza non vuole prendersi cura dell’altro e di sè stesso, perchè chi supera lo stadio dell’idiozia, supera il suo egoismo e riesce ad andare verso l’altro, anche il più distante da sè, superando anche i pregiudizi della gente, le abitudini che rendono sedentario l’essere umano. E allora per salutarvi riprendo le parole di Antonio Prestieri che a mio avviso riassumono l’essenza del prendersi cura, dell’altro e di sè. “Ama le mani dell'uomo che è stato capace d'andare e non tornare più”


in ordine di esecuzione abbiamo ascoltato
Idiota di Daniele Silvestri
Abbi cura di te di Maldestro
tutte le riproduzioni musicali coperte da diritto d’autore sono state eseguite per fini didattici e senza scopo di lucro, secondo la legge 633 del 1941
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