3 AUG 2021 · "Non è un gioco di parole," poesia di Alessandro Muresu.
Voce e musica: Alessandro Muresu.
Stavo per buttare dalla finestra
un resoconto in codice,
ed ecco cosa accadde
All'ancora giĂ¹ al fresco
mi attorniavano le ore in selvagge risme
da una goccia ne ho fatte tre-quattro
trovato l'angolo della saracinesca
verso la strada orrenda
dove vedemmo accadere ammutoliti
il saggio finale della storia
Si cercavano le mani, mani con le mani
passanti e passanti
ci sono passanti e passanti
ricordi inanimati
flessi a qualunque stadio di incomprensione
Alt, disse il corvo con la sua mezza testa
una testa unica nel suo genere
che non diresti preziosa
chiusa ad arte su ambo i lati
Posa pure le tue briciole, ti ricordo
che tu fuoriesci dal mio gambo nero
Un retrogusto immobile di orecchie
un colore che stenta fra pochi
lo sguardo contundente infilzato alla rovescia
sotto al dolcevita
Ogni dettaglio accarezza gli alvei
e il vento e la calura celebrano unioni repentine
le luci si sono spente tra loro
prossime ai radi solai di gomma
invincibili
La fiamma di una lancia, già lì,
ogni tanto veniva soffiata contro la fĂ²rmica
combine abbietta di un mantice a disposizione
Attraverso il punto di unione
ritrovammo elenchi di nomi e di elementi solidi, gentili,
succhi gialli sedimentati all’ozono
polimeri catalizzati nella loro gabbia
impianti di rigenerazione sattvica
che grattano il calcare dal musetto dei ragni
Ci hanno mollati qui
in una bisaccia cucita stretta
Mandati a calci a prendervi
vi metteremo in un frigo interplanetario
Sì, spingiamo questi addendi spicci sul terrazzo,
Dio sa con che cosa,
una lisca alla volta
gli elettroni piani come zattere
discendono e perlustrano la breccia polare del vero
Come vedete, abbiamo le palle stracolme
di tutta la vostra roba originale
lo riportano i piĂ¹ recenti studi
Se tu vuoi il nettare della discordia
poi di che cosa ti vorrai sedare?
Le sale baronali sono congestionate dai troni,
il tempo miete la sommitĂ scoscesa di un teschio:
fra un po' non si sentirĂ un raglio neppure a pagarlo
Nessuno s'è visto
nessuno ha attraversato la soglia al gesto
né lo sputo di un dispaccio
qualsiasi epitaffio ci strattona con l’analisi logica
e l’ombelico del cieco
profetizza in silenzio
Il rumore pesante di un pelo pubico
che si schianta inaspettatamente
fra due ali strenue di morchia
Questa vita non puĂ² piĂ¹ essere,
questa vita è così, il male
cresce di un estinto per volta
Ci sono afidi che svolgono lavori massacranti
scattano piĂ¹ lesti delle nostre manifatture
Sottoscrivi in toto ciĂ² che dico
corri a farti una bella polizza al gorgogliatore
Sempre si dimostra un falso allarme
Al mattino, da una parte o l’altra del letto
mette piede per terra la stessa mandria mortale
Ho visto uno, uno talmente annoiato
che spinava i fianchi di una tovaglia
incurante delle vostre ultime sofisticate regole
Ogni volta una cosa diversa, una cosa che ruota
che somiglia vagamente a te, se vuoi
ai filari di bambole
infilzate sui comĂ²
ai caldi colpi d'occhi
sversati meritoriamente dallo spioncino
lungo il dorso monumentale di carovane vuote
Lasciate stare, lasciateli stare
presto non saranno altro che la polvere della polvere
Siamo andati finalmente a dormire fuori io e lei
nudi all'aria abbandonata della sera
promessi a molte stelle precettate per la guardia
mi ha chiesto di non dirlo a nessuno, nemmeno a noi
che eravamo gli unici remoti
i teli leggeri di fiore di lana
sporgevano attaccati sulla roccia
ed è stato allora che abbiamo scaricato
Siamo abituati ad essere contenti
a fare talismani dai sintomi di un esaurimento
Che spettacolo il ritardo di cui ci avete degnati,
cari fantasmi
A furia di tagliare i capelli
non ci ricrescono piĂ¹
Continuiamo a mangiarci le unghie
nella vita subacquea
mi sono divorato giorno dopo giorno,
mi sono dato uno morso dietro
talmente forte che mi sono addormentato urlando
Troppi scherzi in questo grande secchio
e il coperchio si è quasi è rotto
Gli appigli monchi e i ganci lasciati dai giganti
li ricordo in eoni a prezzo moderato
non ci aiutano a salire
Colpe, colpe, a chi la do
la colpa
Largo ai nuovi cataloghi
chi è morto di caldo
non è morto di freddo, di un quarto di luna,
di falange, di attaccabrighe
Non c'è piĂ¹ impeto nelle braccia
disseccate
tanfo, languore
Le tre braccia che mi rimangono
tutte di un solo tipo
vigono come arto di figlio,
mosquito preso alla fune
Così è da e per l'ira, ecco,
se volete proprio guardare