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Abbiamo affidato la ricostruzione dei fatti a un giovane etiope che fa da portavoce di un gruppo di emigrati dal Corno d'Africa a Toriino, per poi ragionarne con un esperto...
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Abbiamo affidato la ricostruzione dei fatti a un giovane etiope che fa da portavoce di un gruppo di emigrati dal Corno d'Africa a Toriino, per poi ragionarne con un esperto dell’area, Angelo Ferrari. Scegliendo deliberatamente questo approccio sapevamo che ne sarebbe scaturita una visione parziale e divisiva che è componente essenziale del dissidio secolare tra le tribù che popolano quell'area: amhara, oromo, tigrini, borana, mursi, karo... Ma proprio questo dovrebbe essere il primo tassello da cui partire per descrivere la situazione, sia dopo questi ultimi decenni, successivi al crollo del regime del Derg, le innumerevoli guerre con Eritrea e Somalia e la costante centralità della regione del Tigré con la gestione del potere nell'ultimo ventennio da parte della minoranza tigrina (6 per cento della popolazione etiope), oppressione di cui si avverte l'eco nelle parole risentite del nostro giovane interlocutore, che legittima l'intervento di Addis Abeba contro i ricchi secessionisti tigrini (cristiani), vieppiù separatisti e fomentatori delle divisioni etniche dopo aver perso il controllo del potere centrale e dell'esercito.
Ne abbiamo quindi discusso con Angelo Ferrari durante la trasmissione Bastioni di Orione di Radio Blackout.
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Ne abbiamo quindi discusso con Angelo Ferrari durante la trasmissione Bastioni di Orione di Radio Blackout.
Resa dei conti tra tribù etiopi
Resa dei conti tra tribù etiopi
15 NOV 2020 · Abbiamo affidato la ricostruzione dei fatti a un giovane etiope che fa da portavoce di un gruppo di emigrati dal Corno d'Africa a Toriino. Scegliendo deliberatamente questo approccio sapevamo che ne sarebbe scaturita una visione parziale e divisiva che è componente essenziale del dissidio secolare tra le tribù che popolano quell'area: amhara, oromo, tigrini, borana, mursi, karo, hamar... .
ll primo tassello da cui partire per descrivere la situazione è l'ancora forte percezione di sé della minoranza tigrina di fronte alla spinta all'integrazione nazionale impressa da Ahmed e dalla sua esigenza di rilanciare l'economia anche con le ingenti risorse del Nord del paese, sia dopo questi ultimi decenni, successivi al crollo del regime del Derg, le innumerevoli guerre con Eritrea e Somalia, sia con la costante centralità della regione del Tigré con la sua gestione del potere nell'ultimo ventennio da parte della minoranza tigrina (6 per cento della popolazione etiope), oppressione di cui si avverte l'eco nelle parole risentite del nostro interlocutore africano, che legittimava l'intervento di Addis Abeba contro i ricchi secessionisti tigrini (cristiani), vieppiù separatisti e fomentatori delle divisioni etniche dopo aver perso il controllo del potere centrale e dell'esercito.
Ne abbiamo quindi discusso con Angelo Ferrari durante la trasmissione Bastioni di Orione di Radio Blackout
15 NOV 2020 · La crisi del Tigray nasce dallo scontro politico con il Tpfl, che è stato a lungo il partito egemone in seno all'Ersdf. Il Fronte tigrino si è sentito più volte preso di mira dalle riforme del nuovo premier, che intanto ha creato una propria formazione politica, il Partito della prosperità.
Nel Tigray le autorità locali hanno deciso di tenere elezioni indipendenti, quelle che sono state rinviate ad agosto con la causale (forse pretestuosa?) della epidemia di SarsCov2 e il Tpfl è stato riconfermato al governo regionale.Ora lo scontro è diventato militare, con il rischio che la rivalità politica si trasformi in conflitto interetnico. Soprattutto per l'avvicendamento di una tribù diversa (gli oromo) alla guida del paese, che sancisce il venir meno del processo di integrazione tra le molte etnie che compongono l'Etiopia; proprio quel sabotaggio del superamento delle divisioni etniche che nella testimonianza del giovane etiope si attribuiva al trentennio tigrino.
Mulu Nega è stato nominato da Ahmed nuovo governatore ad interim per la regione settentrionale del Tigray. Poco prima il parlamento aveva preso la risoluzione di stabilire un'amministrazione provvisoria.
15 NOV 2020 · Ahmed sta producendo lo sforzo di superare l'etno-nazionalismo per arrivare a una forma di nazionalismo etiope, che la Diga della Rinascita rappresenta così unitaria (ma è divisiva – ovviamente – con gli altri paesi dell'area). Ma non può che essere a tempi lunghi, visto che persino la sua stessa etnia oromo si contrappone (molteplici sono stati gli scontri e i moti di piazza nei mesi scorsi). L'apertura liberista al capitale privato crea attriti nell’intera società, nel Tigray ancora di più; la penetrazione di militari nazionali nella regione settentrionale è quindi vista come intrusione, che ha fatto esplodere gli attacchi di Makallè. Si rischia l'esatto opposto del tentativo di unificare: la frammentazione perché ciascuno non si sente rappresentato a sufficienza. Intanto sono già 15.000 gli sfollati e innumerevoli i morti (si parla di 500 solo nel massacro del 10 novebre a Mai-Kadra, in Tigray).
Prosegue su questo l’incontro della redazione de I Bastioni di Orione (radio Blackout) con Angelo Ferrari
15 NOV 2020 · Nel 2019 il Conte1 aveva stipulato con la ministra Trenta accordi militari con il presidente-nobel_per_la_pace_Ahmed: «difesa e sicurezza, formazione e addestramento, assistenza tecnica, operazioni di supporto alla pace... trasferimento di struttura d'arma e apparecchiatura bellica... è auspicata la promozione di iniziative finalizzate a razionalizzare il controllo sui prodotti a uso militare» (https://www.africa-express.info/2020/11/07/letiopia-bombarda-il-tigray-e-e-roma-firma-un-accordo-militare-con-addis-abeba/); come i precedenti governi, soprattutto di centrosinistra, avevano appoggiato la parte eritrea, ora già coinvolta con esplosioni all'Asmara, perché gli ahmara si sono schierati subito con Addis Abeba. L'Italia sta cercando di tornare a essere protagonista nel Corno d'Africa... e quindi soffierà sul fuoco della guerra in un’area popolata dagli apparati militari di tutte le potenze mondiali, che si stanno accaparrando fette di un territorio che controlla traffici, merci, risorse. Una vera operazione neocoloniale nascosta sotto la cooperazione allo sviluppo.
Angelo Ferrari conclude dicendo che le nazioni sono al soldo di potenze straniere per ridisegnare la geopolitica internazionale come avvenne nel periodo coloniale classico: tutte le potenze sono intente a controllare il passaggio del Mar Rosso da Aden a Suez (infatti a Gibuti, snodo essenziale del Belt Road Initiative, sono presenti tutti i contingenti militari) e ogni mossa è un riposizionamento strategico.
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Abbiamo affidato la ricostruzione dei fatti a un giovane etiope che fa da portavoce di un gruppo di emigrati dal Corno d'Africa a Toriino, per poi ragionarne con un esperto dell’area, Angelo Ferrari. Scegliendo deliberatamente questo approccio sapevamo che ne sarebbe scaturita una visione parziale e divisiva che è componente essenziale del dissidio secolare tra le tribù che popolano quell'area: amhara, oromo, tigrini, borana, mursi, karo... Ma proprio questo dovrebbe essere il primo tassello da cui partire per descrivere la situazione, sia dopo questi ultimi decenni, successivi al crollo del regime del Derg, le innumerevoli guerre con Eritrea e Somalia e la costante centralità della regione del Tigré con la gestione del potere nell'ultimo ventennio da parte della minoranza tigrina (6 per cento della popolazione etiope), oppressione di cui si avverte l'eco nelle parole risentite del nostro giovane interlocutore, che legittima l'intervento di Addis Abeba contro i ricchi secessionisti tigrini (cristiani), vieppiù separatisti e fomentatori delle divisioni etniche dopo aver perso il controllo del potere centrale e dell'esercito.
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