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"Radioversi" poesia alla radio

“RADIOVERSI” POESIA IN VOCE L’introduzione della scrittura in una società corrisponde a una trasformazione profonda, di ordine mentale, economico e istituzionale. Così, il suo scegliere di diventare muta, il suo...

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“RADIOVERSI” POESIA IN VOCE

L’introduzione della scrittura in una società corrisponde a una trasformazione profonda, di ordine mentale, economico e istituzionale.
Così, il suo scegliere di diventare muta, il suo farsene, addirittura un vanto per qualche secolo, è stato per la poesia una sorta di suicidio, la scelta di un eremitaggio radicale dalla Polis, che l’Estetica hegeliana, nominando il romanzo nuova epica borghese, di fatto, sancisce, condannandola al silenzio e rinchiudendo il suo testo scritto nel pollaio di una minoranza sempre più malinconica ed esclusa dalla partita fondamentale per la conquista del centro della semiosfera culturale e artistica, dell’influenza sull’immaginario collettivo.
È proprio da questa scelta che, essa torna, a essere esplicitamente politica. È proprio dalla funzione della parola, in voce, che la poesia si ripresenta nella Polis, mette fine al suo esilio.
Da questo punto di vista il fenomeno è già evidente da anni in Germania, Francia, USA, spesso a traino dell’evidente successo del Poetry slam, dello spoken word e della spoken music, o poesia per musica che dir si voglia, che spiazzino gli autori tradizionali e che fanno da apripista per un dibattito che poi si amplia alla poesia in generale. Ciò che ne deriva è che oggi, com’è a mio parere ovvio che sia, non è tanto preminente la discussione, a proposito delle poetiche in sé, quanto, all’origine di tutto ciò, quella che cerca di fare chiaro a proposito delle scelte ‘mediali’ dei singoli autori e che anche la concentrazione dei singoli autori sia maggiormente dedicata proprio all’approfondimento di tutto quanto, implicitamente, comporta a livello formale, estetico, lo spostamento di ‘canale’, dalla carta alla voce, o più ampiamente al suono.
Oggi che l’orecchio torna a far valere i propri diritti nei confronti dell’occhio, la poesia – almeno quella più avvertita del presente – non vuole perdere l’occasione di uscire dal suo fortino, di smettere di resistere, per cominciare di nuovo a camminare verso il centro dell’immaginario e del pensiero umano.
Dobbiamo preservare la voce, tornare alla purezza del suono, togliere il fruscio della carta dalle parole, risvegliare i suoni primordiali del vento, restituire alla poesia la potenza della voce...
La poesia, per quanto la riguarda, è arte migrante per eccellenza.
Da sempre il poeta si sposta da un luogo all’altro per leggere i propri versi, immobilizzato solo per alcuni secoli, legato, alla sedia dello scrittoio, come il prigioniero alla sua catena, dal peso del libro che poi si muove in sua vece, relegandolo nel cul de sac letterario che ha fatto di lui un autore incapace di eseguire la sua stessa arte, o, peggio, addirittura inutile, o pleonastico per la sua realizzazione pratica, per la sua trasformazione in atto.
La poesia invece è migrata tornando verso la sua vera casa, l’oralità. La nascita e lo sviluppo di una serie di tecnologie e media (dal primo registratore, o fonografo, su fino agli amplificatori contemporanei, ai sintetizzatori, campionatori, vocoder, e persino ai sistemi MIDI di registrazione e riproduzione informatica dei suoni) hanno avuto sulla poesia e sui poeti una conseguenza strana, paradossale, riportando, per alcuni versi, quest’arte ai suoi primordi di pura oralità, col risultato di provocare uno strano mix di arcaico e ultra-tecnologico, di sciamanico e insieme cibernetico, di pre-chirografico e post-linguistico.
La poesia ritorna oggi nei territori in cui si parla la sua lingua madre: quella del suono (e del corpo).
Poesia scritta (lineare), spoken word, spoken music, o poesia per musica, sono, da questo punto di vista, non differenti ‘stili’ poetici, quanto luoghi diversi nel millenario percorso di migrazione di quest’arte.
Così Teresa Averta scrittrice e poetessa residente a Vibo Valentia, in Calabria, riparte dalla voce, dalla tradizione orale della poesia, come fu alla sua origine.
Poetrysound in Radioverso nasce dall’originale idea della scrittrice in collaborazione con il gruppo Magna Graecia Artisti Calabresi, e si presenta come progetto internazionale senza fini di lucro, una sorta di archivio mondiale delle voci poetiche di ieri, di oggi e del domani.
Tutti i poeti e gli scrittori, grandi e piccoli potranno partecipare, inviando una loro produzione vocale, un file audio oppure (per chi non se la sentisse o non avesse la possibilità di registrare la propria voce) si può inviare una poesia, una lirica o qualsiasi componimento scritto, che sarà declamato dalla poetessa Teresa Averta, in poesia in voce a RADIOVERSO, e svilupperà on line i vostri podcast che potrete rivedere in qualsiasi momento che vorrete.
-Chiunque potrà accedere al sito pubblico “RADIOVERSO” a vedere e ascoltare le proprie liriche e poesie in voce.-
Ci sarà un elenco rigorosamente in ordine alfabetico, che indicherà gli autori iscritti e sparsi nel mondo: dai poeti viventi contemporanei, noti e meno noti, ai poeti famosi che non ci sono più.
Cliccando sul nome dell’autore sarà possibile leggerne la biografia e ascoltarne la voce, mentre recita versi in lingua madre.
Un progetto sonoro virtuale di grande valore che ha l’ambizione di dare nuova linfa alla poesia. Una poesia senza confini e senza tempo che si evolve e si fa realtà digitale collettiva, intima e umana.
Let’s go!!!

Teresa Averta


Quando la poesia si fa voce dell'universo... l'anima ascolta, muta. Teresa Averta
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