Settings
Light Theme
Dark Theme
Podcast Cover

Omelie di un domenicano | RRL

  • 54 - XXIV Domenica dopo Pentecoste

    20 NOV 2022 · Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto Eccoci di nuovo alla fine dell’anno liturgico, e la Chiesa ci ripropone il grande vangelo della fine dei tempi: sia la distruzione del tempio, sia ciò che quella distruzione simboleggiava nel piano di Dio, cioè la fine del mondo. Gli apostoli avevano unito entrambi gli eventi quando chiesero a Nostro Signore della venuta del regno di Dio, e nella Sua risposta, di cui abbiamo sentito una parte, Egli fa lo stesso, cioè permette che la prima cosa, la distruzione del tempio e dei suoi riti, rappresenti l’altra, la fine del mondo e la fine dei riti del Nuovo Testamento. Perché quando Nostro Signore ritornerà, tutti i nostri sacramenti, e anche la santa Messa, tramonteranno.
    8m 24s
  • 57 - XXIII Domenica dopo Pentecoste

    13 NOV 2022 · Il miracolo mediante il quale Nostro Signore guarisce la donna che soffriva da dodici anni per un flusso di sangue è menzionato in ciascuno dei primi tre Vangeli. La Chiesa, in questa domenica, offre alla nostra attenzione il racconto dell’evento narrato da san Matteo, ma possiamo completarlo con quello riportato da san Marco e da san Luca, che espongono entrambi la storia in modo leggermente più completo. Da san Marco apprendiamo che questa donna aveva speso tutto ciò che possedeva per essere guarita dai medici, i quali non erano stati in grado di curarla, dal momento che in realtà peggiorava sempre di più. San Luca era lui stesso un medico, e forse per una certa omertà verso la propria professione non accenna a questo dettaglio! Tuttavia, come san Marco, menziona un fatto che a prima vista sembra alquanto strano, e cioè che dopo che il miracolo era già avvenuto, Nostro Signore chiese chi Lo avesse toccato e Si guardò intorno per scoprire chi Egli aveva guarito.
    10m 7s
  • 56 - XXII Domenica dopo Pentecoste

    6 NOV 2022 · Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio Dom Prosper Guéranger, nel suo commento alla Messa odierna della XXII domenica dopo Pentecoste, ci dice che alcuni degli antichi commentatori associano questa Messa ai tempi dell’anticristo. Mentre l’anno liturgico si avvicina alla fine, dicono, la Chiesa pone davanti alla mente dei suoi figli il pensiero dell’uomo del peccato, destinato a sorgere e ad ingannare molti alla fine del mondo. Ora, se Dio nostro Padre permetterà a questo avversario di Cristo di sorgere in quel momento e fare tanto male, non è perché la Sua carità verso il mondo si sarà raffreddata, poiché Dio è carità, e non può cambiare. È piuttosto perché la carità dell’uomo si è raffreddata; come Cristo predisse nella grande profezia che presto ascolteremo, poiché le iniquità si moltiplicano, la carità di molti si raffredderà. Quando non ci sarà più abbastanza carità sulla terra per impedirne la venuta, allora arriveranno i tempi dell’anticristo. Ma poiché il giorno e l’anno preciso della sua venuta non sono noti, la Chiesa vuole che i suoi figli in ogni tempo stiano all’erta, e ancor più man mano che il tempo si avvicina. Perciò, nell’Introito della Messa di oggi, pone queste parole sulle nostre labbra: Se consideri le nostre colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? La prima condizione per resistere alle tentazioni, specialmente alle tentazioni crudeli o sottili degli ultimi giorni, è di non confidare nella nostra giustizia, ma piuttosto, di dire a Dio: presso di Te è la propiziazione; cioè, “presso di Te è Gesù Cristo, che è la propiziazione (ossia la vittima di espiazione) dei nostri peccati”.
    10m 10s
  • 55 XXI domenica dopo Pentecoste

    30 OCT 2022 · Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Perché questo vangelo [del re e dei due servi] è adatto per oggi? È perché ieri è stata la commemorazione delle anime sante, e questo vangelo sembra gettare molta luce sulla provvidenza di Dio nei confronti di noi sulla terra e delle anime in purgatorio. Qual è la prima lezione che impariamo? L’intenzione principale di Dio onnipotente nei confronti dei peccatori è di avere misericordia di loro. Il servo portato a vedere il re al quale deve diecimila talenti è un’immagine di un’anima in stato di peccato. Diecimila talenti non erano solo una grande somma, era una somma straordinariamente grande per il debito di un privato. È come se andassimo dal nostro direttore di banca e ci dicesse che abbiamo uno scoperto pari al debito nazionale degli Stati Uniti d’America. Nostro Signore usa questa immagine perché anche un solo peccato mortale ha una sorta di infinità, essendo un’offesa alla maestà divina. Eppure, per pietà, il re cancella l’intero debito. È un’immagine dell’amore di Dio Padre, Che ha mandato il Figlio sulla terra con tanti rimedi con cui l’umanità, se vuole, può essere liberata dai lacci del peccato. Prima c’è il battesimo; poi, dopo il battesimo, la confessione; poi, perché la confessione, sebbene tolga tutti i peccati, non sempre toglie tutto il debito di pena loro dovuto, le indulgenze. Si pensi, ad esempio, al perdono apostolico, che fa parte degli ultimi riti, e che mette a disposizione del moribondo un’indulgenza plenaria, proprio nel momento in cui l’anima lascia il corpo. Tutto questo ci mostra che non solo il nostro Padre celeste non vuole che nessuna anima si perda, ma non vuole nemmeno che alcuna anima passi per il purgatorio; vuole invece che sia pronta ad entrare in paradiso subito dopo la morte.
    5m 41s
  • 54 - XX Domenica dopo Pentecoste

    23 OCT 2022 · Fratelli: Badate al modo di comportarvi, non da stolti, ma da sapienti, redimendo il tempo, poiché i giorni sono cattivi Secondo alcuni commentatori della sacra liturgia, le settimane alla fine dell’anno liturgico simboleggiano il periodo finale della storia del mondo. San Paolo dice altrove, parlando della Legge di Mosè: Tutto ciò che invecchia e diventa obsoleto è prossimo a scomparire. E possiamo applicare queste parole al mondo. Il mondo invecchia e diventa obsoleto: si prepara a scomparire. Il mondo, come lo conosciamo, scomparirà nel grande giorno in cui il nostro Salvatore tornerà per giudicare i vivi e i morti. Ma queste ultime settimane dell’anno liturgico possono anche simboleggiare la fine della nostra vita. Possono perciò ricordarci la brevità di questa vita. È forse per questo che ascoltiamo oggi quelle parole di san Paolo, che scrive agli Efesini: Fratelli: Badate al modo di comportarvi, redimendo il tempo. Cosa significa “redimere il tempo”? Redimere significa ricomprare. Dunque, dobbiamo ricomprare il nostro tempo? Lo possiede qualcun altro?
    7m 38s
  • 53 - XIX Domenica dopo Pentecoste

    16 OCT 2022 · Ill re entrò per vedere i convitati Questa parabola non è raccontata ai discepoli o alla moltitudine, ma ai Sacerdoti anziani e ai farisei di Gerusalemme, che avevano già deciso di mettere a morte Cristo. Nostro Signore, a quanto pare, mostrando loro di essere consapevole dei loro piani, fa un ultimo appello alla loro coscienza. Anche se sa che il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto, Egli ha ancora una carità perfetta verso di loro e un grande desiderio di salvare le loro anime. Perciò insegna loro attraverso una parabola che il loro comportamento è tanto irrazionale e pericoloso quanto lo sarebbe il comportamento dei sudditi di un re terreno i quali uccidessero i messaggeri che li invitano a un matrimonio reale. Questa parabola è simile alla parabola di san Luca, contenuta nel capitolo 14° del suo Vangelo: ma lì la festa è descritta come una cena, cioè un pasto serale. Qui, in san Matteo, è il prandium, cioè il pasto di metà giornata. Perché c’è questa differenza? Penso che la festa descritta da san Luca rappresenti il Paradiso. Non si dice che alcuno sarà cacciato da quella festa, così come nessuno sarà scacciato dal Cielo. Si chiama cena perché, come dice il salmista, l’uomo esce al suo lavoro, per la sua fatica fino a sera, e il Cielo è una ricompensa per coloro che hanno lavorato bene. Al contrario, questa festa, in san Matteo, non è una cena ma un prandium. Si fa a metà giornata e rappresenta la vita cristiana sulla terra, che viviamo nel mezzo delle nostre occupazioni quotidiane, e soprattutto la Santa Eucaristia, che la sostiene. E, ahimè, è possibile essere cacciati da questa festa, come ben sperimenta l’uomo senza l’abito nuziale.
    9m 33s
  • 52 - XVIII Domenica dopo Pentecoste

    9 OCT 2022 · Quand’ecco Gli presentarono un paralitico giacente nel letto Sebbene siamo solo in ottobre, e quindi l’Avvento è ancora un po’ lontano, la liturgia inizia già oggi a volgere la nostra mente verso ciò che non dovrebbe mai essere troppo lontano dal pensiero di un cristiano: il ritorno di Nostro Signore nella gloria. San Paolo dice ai Corinzi che la grazia che hanno ricevuto attraverso il battesimo e la cresima dà loro il potere, tra le altre cose, di attendere la venuta di Nostro Signore Gesù Cristo e di essere trovati innocenti nel giorno della Sua venuta. Altrove, nella stessa lettera, dice loro che passa la scena di questo mondo. Se questo era vero nel I secolo, quanto più lo è oggi, per noi, che siamo quasi venti secoli più vicini alla fine. Anche l’Introito e il Graduale della Messa ci ricordano quel grande giorno: O Signore – dice l’Introito –, dà pace a coloro che sperano in Te, e i Tuoi profeti siano riconosciuti fedeli: ascolta la preghiera del Tuo servo e del popolo Tuo Israele. Mi rallegrai per ciò che mi fu detto: andremo alla casa del Signore. Il Graduale lo ripete: Mi rallegrai di ciò che mi fu detto: andremo alla casa del Signore. L’ultimo giorno, quando Cristo verrà di nuovo, la Chiesa gioirà, perché avrà terminato il suo tempo di prova in questo mondo, ed entrerà nella casa del Signore, cioè in Paradiso. Ma perché il Signore tarda a dare questa gioia al Suo popolo fedele? Perché sono passati già quasi venti secoli, durante i quali la Chiesa ha avuto così tanto da soffrire? San Pietro ce ne ha dato il motivo nella sua seconda Epistola: Il Signore non ritarda nell’adempiere la Sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il ritorno di Cristo nella gloria è “ritardato”, per usare un’espressione umana, perché Dio sta ancora dando all’umanità il tempo di pentirsi. C’è un numero stabilito di eletti da raggiungere, un numero che solo Dio conosce e, finché non sarà raggiunto, i giorni di questo mondo devono continuare. E finché il mondo dura, tutti hanno la possibilità di rivolgersi a Dio ed essere salvati. Dico che tutti sulla terra hanno la possibilità di essere salvati: e questo è vero dal punto di vista di Dio, il Quale, come ci dice il libro della Sapienza, non odia nulla di ciò che ha fatto. Eppure, da un altro punto di vista, ci sono molte persone che al momento, per quanto sta in loro, non hanno la possibilità di salvarsi. Possiamo anche dire che l’umanità, considerata nel suo insieme, è come il paralitico del Vangelo, che giace impotente sul suo letto. O che un gran numero di uomini ha altrettanto poco potere di compiere atti di fede, speranza e amore, atti che possono portarli in Paradiso, quanto ne aveva quel paralitico per alzarsi e camminare. Non è in potere della mera natura umana compiere questi atti salvifici. La Colletta della Messa di oggi ce lo ricorda: tibi sine te placere non possumus, “Senza di Te, non possiamo piacerTi”. Ma quale atteggiamento dobbiamo avere noi, come cattolici, nei confronti di coloro che si trovano in questa posizione, cioè che sono paralizzati dalla loro mancanza delle tre virtù teologali? Dobbiamo alzare le spalle e dire: “Non c’è niente che possiamo fare a riguardo; l’hanno voluto loro e ora si arrangino”? Certo che no: il nostro modello sono i quattro uomini che hanno portato il loro amico paralizzato a Gesù, su una barella. Uno degli altri Vangeli mostra la loro determinazione e ingegnosità: non essendo in grado di farsi strada tra la folla che era in piedi intorno alla porta della casa dove si trovava Gesù, questi quattro uomini tolsero le tegole dal tetto e calarono giù il loro amico in quel modo. San Matteo descrive la risposta di Nostro Signore: Veduta la loro fede, Gesù disse al paralitico: Figlio, confida: ti sono perdonati i tuoi peccati. Si noti che non dice “Veduta la sua fede”, ma veduta la loro fede. Cristo assolve il giovane dai suoi peccati non tanto a causa della fede del giovane, ma per ricompensare la fede dei suoi amici. Possiamo portare i nostri amici paralizzati a Cristo. Prima di tutto, e in modo più potente, con la preghiera. Quando dimostriamo la nostra fede in Lui perseverando nella preghiera, giorno dopo giorno, o presentandoci davanti alla Sua presenza reale nel Santissimo Sacramento, Egli non può non esserne toccato, proprio come fu toccato nel vedere fino a che punto andarono gli sforzi dei quattro uomini per portare il giovane davanti a Lui. Egli ricompenserà sempre le nostre preghiere per i nostri cari. Ma non solo per i nostri cari, che conosciamo personalmente. Facciamo bene, a volte, a offrire a Dio l’intero genere umano, che è per lo più paralizzato. Qualcuno, da qualche parte, trarrà sempre beneficio da una tale preghiera, anche se potremmo non scoprire in questa vita chi sia. Con queste preghiere acceleriamo in qualche modo il ritorno di Cristo, poiché la fine del mondo non può arrivare fino a quando il numero degli eletti non sarà completato. Ma oltre alle preghiere, ci sono anche le conversazioni. Quando le persone vivono senza Dio, di solito arriva un momento in cui si rendono conto che la loro vita non li ha resi felici. O non hanno realizzato le loro ambizioni, oppure le hanno soddisfatte ma non sono ancora contenti. Se queste persone sono nostri parenti o amici, quello può essere un buon momento per parlare con loro e per invitarli a ricominciare, ma in un modo nuovo. Tutti desiderano essere felici: così, quando una persona scopre che il suo modo di vivere non gli ha dato la felicità, è più pronta ad ascoltare chi ne propone un altro. Possiamo invitarli a ricominciare andando a confessarsi. E alcune persone sono più propense ad accettare questo invito quando giunge loro da un amico laico che da un sacerdote. Penso che questo Vangelo offra un’immagine di laici e sacerdoti che lavorano insieme per la salvezza delle anime. San Matteo suggerisce questo con la frase che usa alla fine, dopo che Cristo ha dimostrato con il miracolo che ha davvero perdonato i peccati del giovane. Il Vangelo non dice che la folla glorificò Dio per aver dato tale potere a un uomo, ma che glorificarono Iddio per aver dato tanto potere agli uomini. San Matteo vuole indicare che il potere di perdonare i peccati, che il Signore ha portato sulla terra, rimane sulla terra fino alla fine dei tempi. Ad ogni ordinazione sacerdotale, Dio dà questo grande potere ad alcuni uomini. Ma dà un potere anche ai laici, il potere di portare i loro fratelli malati da Gesù per essere guariti, con le loro preghiere, il loro buon esempio e, quando si presentano le giuste circostanze, con le loro parole di incoraggiamento, e forse usando un po’ di ingegnosità, come i quattro uomini del Vangelo. Sacerdoti e laici devono continuare a cooperare in questo modo, fino a quando l’ultimo sacerdote avrà alzato la mano e avrà pronunciato per l’ultima volta le sante parole di assoluzione, e l’ultimo peccatore, come il paralitico del Vangelo, si sarà alzato e se ne sarà andato a casa, alla casa di un’eternità beata.
    8m 52s
  • 2 XVII Domenica dopo Pentecoste

    2 OCT 2022 · Quand’ecco Gli presentarono un paralitico giacente nel letto Sebbene siamo solo in ottobre, e quindi l’Avvento è ancora un po’ lontano, la liturgia inizia già oggi a volgere la nostra mente verso ciò che non dovrebbe mai essere troppo lontano dal pensiero di un cristiano: il ritorno di Nostro Signore nella gloria. San Paolo dice ai Corinzi che la grazia che hanno ricevuto attraverso il battesimo e la cresima dà loro il potere, tra le altre cose, di attendere la venuta di Nostro Signore Gesù Cristo e di essere trovati innocenti nel giorno della Sua venuta. Altrove, nella stessa lettera, dice loro che passa la scena di questo mondo. Se questo era vero nel I secolo, quanto più lo è oggi, per noi, che siamo quasi venti secoli più vicini alla fine. Anche l’Introito e il Graduale della Messa ci ricordano quel grande giorno: O Signore – dice l’Introito –, dà pace a coloro che sperano in Te, e i Tuoi profeti siano riconosciuti fedeli: ascolta la preghiera del Tuo servo e del popolo Tuo Israele. Mi rallegrai per ciò che mi fu detto: andremo alla casa del Signore. Il Graduale lo ripete: Mi rallegrai di ciò che mi fu detto: andremo alla casa del Signore. L’ultimo giorno, quando Cristo verrà di nuovo, la Chiesa gioirà, perché avrà terminato il suo tempo di prova in questo mondo, ed entrerà nella casa del Signore, cioè in Paradiso.
    9m 6s
  • 50 - XVI Domenica dopo Pentecoste

    25 SEP 2022 · L’atmosfera di questo Vangelo è tesa. Un importante Fariseo ha invitato il Signore a cenare con lui in giorno di sabato. Un pasto in giorno di sabato tra gli ebrei avrebbe dovuto essere un’occasione di festa, ma, come dice san Luca, Gli tenevano gli occhi addosso. Forse c’era buona volontà da parte del Fariseo, ma c’era anche evidentemente molto sospetto. La situazione peggiora quando Cristo prima pone loro una domanda a cui hanno paura di rispondere, cioè se sia lecito guarire in giorno di sabato; poi guarisce l’uomo affetto da “idropisia”‘ (cioè da grave ritenzione idrica), contrariamente alla loro interpretazione esagerata del “riposo sabbatico”; e, infine, con una semplice domanda mostra che la loro interpretazione della Legge di Mosè è incoerente e veramente disumana. Se essi sarebbero pronti a liberare una loro bestia di valore da un pozzo in giorno di sabato, trascinandola – anche con gran fatica – fuori dall’acqua o dal fango in cui è caduta, come possono poi obiettare se Egli libera un uomo, fatto a immagine di Dio, dall’acqua che rende infelice la sua vita?
    9m 22s
  • 49 - XV Domenica dopo Pentecoste

    18 SEP 2022 · Vedutala, il Signore, mosso a compassione di lei, le disse: Non piangere. Si avvicinò alla bara e la toccò Il miracolo della resurrezione di questo giovane, figlio della vedova di Naim, oltre ad essere un vero evento storico, è sempre stato visto anche come un’immagine della rigenerazione alla vita divina di coloro che sono morti nel peccato. Questo è il motivo per cui questo Vangelo viene letto in Quaresima: la Quaresima è un tempo in cui il popolo cristiano, nel suo insieme, prega e fa penitenza per coloro che hanno ricevuto la grazia del battesimo in passato e ora l’hanno persa. In Quaresima, la Chiesa è come una madre addolorata: ricorda quante persone vivono sulla terra che sono state rigenerate nel suo grembo, cioè al fonte battesimale, per il potere dello Spirito Santo, ma che potrebbero essere ora morte, come il giovane di Naim, a tutte le buone opere che fanno per Dio. Quindi prega, durante la Quaresima, che tutte queste persone possano essere riportate alla vera vita ed essere riconciliate con il Signore. In effetti, questo stesso Vangelo viene letto anche nella festa di uno dei più celebri penitenti, sant’Agostino d’Ippona, il grande Dottore e Padre della Chiesa. Abbiamo celebrato la sua festa il mese scorso. Il Vangelo si adatta perfettamente alla sua conversione. Se conoscete la sua vita, sapete che, sebbene non fosse stato battezzato da bambino, fu iscritto tra i catecumeni, e dunque portato sulla soglia della Chiesa. Divenuto giovane, cadde nei peccati della carne e dello spirito e, per così dire, fu portato fuori della città di Dio; fu soprattutto la sua madre vedova, santa Monica, che con le sue preghiere e le sue lacrime ottenne la sua conversione. Il Signore ha risuscitato Agostino dalla morte del peccato, ed egli, come il giovane nel Vangelo, si è seduto e ha cominciato a parlare; si sedeva sul suo trono episcopale di Ippona e parlava come nessuno aveva parlato prima, né ha parlato dopo di lui. Ma oggi, in questa domenica di metà settembre, possiamo vedere un significato figurativo leggermente diverso in questo Vangelo. Nostro Signore sceglie di operare questo miracolo, come altri miracoli, in modo simbolico. Stende la mano e tocca il feretro, cioè la lettiga, sulla quale giace il morto. È una bara di legno, ovviamente: di cos’altro poteva esser fatta una bara, nel mondo antico, se non in legno? Stendendo la mano sul legno, Cristo resuscita il morto. Come avviene con tanti altri dettagli registrati nel Vangelo, questa è una semplice immagine della nostra Redenzione: stendendo le Sue mani sul legno della Croce, Gesù ha soddisfatto per il peccato, e così ha reso possibile alle anime il ritorno alla vita soprannaturale. Ma se il modo con cui Cristo ha operato questo miracolo ci ricorda la Sua crocifissione, allora la vedova, le cui sofferenze provocano quel miracolo, potrebbe ben farci ricordare la beata Vergine Maria. San Luca dice che il Nostro Salvatore vede la vedova e, mosso dalla misericordia, le dice: Non piangere. Umanamente parlando, possiamo supporre che uno dei motivi per cui nostro Signore fu così commosso alla vista di questa vedova è che vide la somiglianza tra lei e Sua Madre; anche Lei era vedova e anche Lei stava per perdere il suo unico Figlio. Ma, in ogni caso, possiamo dire che questa vedova è un tipo o figura della beata Vergine, mentre stava tra i dolori accanto alla Croce del Figlio. San Giovanni, nel suo racconto della Passione, ci dice che Maria stava accanto alla Croce di suo Figlio. I Vangeli, ovviamente, non tentano di descrivere i suoi sentimenti durante la crocifissione, ma la tradizione della Chiesa li riassume in una parola che deve essere intesa nel suo senso più completo, vale a dire, la parola “compassione”. Compassione significa letteralmente “soffrire con”: la Madonna ha sofferto con il suo Figlio. Aveva accettato queste sofferenze in anticipo, al momento dell’annunciazione. Maria conosceva le profezie; sapeva che Isaia aveva predetto che il Messia sarebbe stato rigettato e si sarebbe offerto come vittima per il peccato. E perciò, quando ha risposto al messaggio di san Gabriele, sia fatto di me secondo la tua parola, sapeva che, diventando la Madre del Messia, avrebbe formato una vittima per il grande sacrificio. Ai piedi della Croce, ha rinnovato il suo amoroso consenso ai desideri del Padre. Ella rinuncia a tutti i diritti che poteva pensare di avere su suo Figlio, e trasforma il suo Cuore immacolato in un’unica offerta e – per così dire – in un unico altare con il Suo. Ed è per questo che spesso parliamo della Madonna come Corredentrice. È impossibile che le sofferenze di Maria, accolte com’erano con tanto amore, non abbiano avuto alcun valore agli occhi di Dio. Al contrario, ebbero necessariamente un grandissimo valore. Solo Gesù è il nostro Redentore: ma la Vergine si è unita così perfettamente al Suo sacrificio che la Sua Redenzione viene a noi per mezzo di Lei. Proprio come la vedova di Naim con il suo dolore ha suscitato il miracolo nel Vangelo, così il profondo dolore della Madonna suscita la misericordia di Dio sulle anime morte nel peccato.
    8m 22s
Omelie di un domenicano per l'anno liturgico. Ascolta il podcast di radioromalibera.org. Ogni domenica alle ore 17 una nuova puntata.
Contacts
Information

Looks like you don't have any active episode

Browse Spreaker Catalogue to discover great new content

Current

Looks like you don't have any episodes in your queue

Browse Spreaker Catalogue to discover great new content

Next Up

Episode Cover Episode Cover

It's so quiet here...

Time to discover new episodes!

Discover
Your Library
Search