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Lessness - Audioletture

  • Agota Kristof - Ieri

    12 AUG 2022 · "Ieri" è più di un romanzo; è il suono donato a quel dolore che le parole non sanno descrivere. Agota Kristof splende d'una triste bellezza, primordiale come la sua scrittura, che rifugge il superfluo. È un Tobias alienato, quello a cui colei darà voce. È un uomo che soffre, come lei, come ognuno di noi. . Foto di Roberta Scardamaglia https://www.instagram.com/robirosca/ . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness sul Canale Telegram https://t.me/LESSNESSPodcastaudioletture sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/
    15m 46s
  • LESSNESS legge NKK - 05 - Quello che resta (Andrea Napoli)

    5 AUG 2022 · M'innamorai di questa poesia sin dalla prima lettura; speravo che, un giorno, avrei potuto registrarvi una mia interpretazione. Il quinto episodio dedicato alle opere del Nucleo Kubla Khan viaggia sull'elegante linea d'inchiostro tracciata da Andrea Napoli (presente nell'audio in qualità di seconda voce). Buon ascolto. . poesia tratta da "Gengive" (ed. Tra le Righe Libri, Collana Masnadieri, 2021) disponibile qui https://www.lafeltrinelli.it/gengive-libro-andrea-napoli/e/9788832871760 . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness sul Canale Telegram https://t.me/LESSNESSPodcastaudioletture sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/ *** TRASCRIZIONE EPISODIO *** mezzo secolo di stelle la testa si torce lamenta un bagliore sul marciapiede della   stazione a due passi dal centro un viaggiatore si sposta sulla sinistra la mossa del cavallo negli scacchi poiché non è più tempo ormai di rimandare distinguendo ciò che l'occhio può abbracciare  con un giro d'orizzonte ci dirigiamo verso il mare  tu con i capelli legati mi fai sapere che   sulla pelle le tracce di un'amaca sono più vere delle pieghe di un letto  io ascolto senza capire e la saliva per un po' vacilla in bocca un ragazzo nero offre un  caffè ad una ragazza bianca  conversando in piedi seduti nel riflesso giorno le pause scuotono il silenzio  del riflesso notte dietro il bancone di   un bar deve sempre esserci uno specchio non siamo certo noi a fare le regole lo sferregliare dei dischi oltrepassa qualcosa forse un ginocchio e penso che tu sia lì: perone tibia e femore tutto è temporaneo epidemie  relazioni pavimenti in linoleum la croce al neon di una farmacia illumina l'angolo di una strada  battuta da fumatori di  quartiere e madri preoccupate delle occasioni non restano che i rimpianti confezioni di uova scadute e oceani insecchiti salvo incidenti domestici percorsi individuali  il nostro piccolo tempo bottone inserito nell'occhiello sbagliato  è opinione comune e tutte le opinioni sono vere e false  tutte valide probabili assurde la matematica non è un'opinione non ho un'opinione al riguardo il caso ci mortifica il tempo che sistema è il tempo che perdiamo  vita è tutto ciò che poteva  essere e ciò che è stato  e chi ci capita casca in una  posizione operosa e umiliante uno sbadiglio universale che non può essere coperto con la mano  ho sempre saputo che le dita fossero strutture  semitrasparenti ma prima di riuscire a decifrarle  ancora una volta tutto si perde nell'anatomia   di un bicchiere d'acqua come le tue labbra peli pubici sulla ceramica del bagno è ciò che resta della mia personalità  uno stormo d'anatre da Riace  affolla quel cielo azzurro  che dona tanto alle ragazze bionde mai fidarsi delle correnti d'aria dei pretesti e delle persone sincere  conviene non guardare quei  piccolissimi abbagli di bottiglia  la smorfia del vetro quando le  persiane si chiudono di scatto  o quell'angolo morto in cima alle scale non feci in tempo a rialzarmi le onde si trafiggevano lui e l'altra la dodicesima ora vivida  come la pelle di un tuffatore  ci tiene ritti per le ascelle  e già l'odore del mare emanazione dell'aria preannuncia il significato del gesto eppure è strano come i tratti del viso ricordino  la caduta dei massi il ponte della ferrovia il   chiosco dei libri usati e lo scoglio in acqua  ripetono senza censure gli zigomi e le altre parti del volto sono stanco di aspettare l'estate più in alto delle maree una bambina svita il tappo di una bottiglia  se lo porta alle labbra e con la lingua ne raccoglie le gocce bruciano gli occhi dei vecchi  come l'acido nelle batterie  o solamente si annoiano lì nella piazza esclamando "nulla è rimasto" di quell'ombra che nasconde per un momento le tante lacrime di nessuno  nulla è rimasto se non metà della sua altezza  ma fintanto che una superficie esiste  c'è un confine scivolare a poco a poco così mi venne davanti la M del labbro superiore   sembrava un libro aperto metà un volume di Majakovskij da   fondere nelle stagioni di ferro penetrante  e poetico come il mento di un proiettile e poi l'annebbiamento della vista  come panacea dell' "oggi come oggi"  o del cambio delle stagioni quando l'aria è più secca e le stelle in cielo  non sono che unghie scheggiate è solo un momento  un ronzio di massa lucida e morente che getta lo sguardo sul tagliere del tempo e indossi quel costume verde che non posso vedere coi tuoi grandi occhi elementari  occhi verdi elementari che hanno paura di osare un "sono qui prendimi"  paura di un sole che non  scalda o forse di uno scarto  come la vita disinserita  ossessionata dal proposito e il mare che sputa sangue e le mani si dissetano  un motivo ricorrente due clavicole corrotte  l'onda si frange e delle notti impiegate a vedere cose a sentire cose  improbabili termometri al mercurio qualche dedica tenace non più che sciocchezze  apoteosi dell'inutile esistenziale fino al grado zero della sopportazione tu eri solamente ciò che io vedevo così le cose nascono e così le cose muoiono spargendo intorno a sé la loro merda tra gli avanzi dell'oceano  ricoperto da chiazze bianche  respira affannosamente un pesce fosti tu a vederlo per prima  e il tuo sasso continua a rimbalzare contro il  pelo dell'acqua sospeso là dove l'ossigeno manca  ma nel tuo corpo ogni proposito si  scontra con la densità del sangue  giusto o sbagliato che sia e nel dubbio mi stringerei   il sesso con una corda di juta per soffocare il compromesso  tra l'entroterra e la mia calda isola
    11m 25s
  • Progetto Proust - 05 - Le Fanciulle in Fiore

    29 JUL 2022 · Terminato il percorso a ritroso attraverso la strada di Swann, Proust inizia a confrontarsi con i turbamenti del suo giovane cuore. L'incontro con un'allegra brigata tutta al femminile, sul lungomare di Balbec, farà il resto. Buon ascolto. . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness sul Canale Telegram https://t.me/LESSNESSPodcastaudioletture sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/ ***TRASCRIZIONE EPISODIO*** Quel giorno, come i precedenti, Saint-Loup si era dovuto recare a Doncières dove, in attesa che rientrassi in modo definitivo, avrebbero ora avuto sempre bisogno di lui sino alla fine del pomeriggio. Rimpiangevo che non fosse più a Balbec. Avevo visto scendere di carrozza ed entrare le une nella sala da ballo del casinò, le altre dal gelataio, delle giovani donne che di lontano mi erano parse deliziose. Ero in uno di quei periodi della giovinezza sprovvisti di un amore particolare, Vacanti, in cui, come un innamorato la donna che gli ama, si desidera, si cerca, si vede dappertutto la Bellezza. Basta che un tratto reale, il poco che si scorge di una donna vista da lontano o di schiena, ci permetta di proiettare davanti a noi la Bellezza. E subito ci immaginiamo di averla riconosciuta. Il cuore ci batte affrettiamo il passo e resteremo sempre a metà Persuasi che era lei, Purché la donna sia scomparsa: soltanto se riusciamo a raggiungerla, Comprendiamo il nostro errore. D'altronde sempre più cagionevole di salute, ero indotto a sopravvalutare i piaceri più semplici per la difficoltà stessa di conseguirli. Donne eleganti, credevo di vederne dappertutto perché ero troppo stanco sulla spiaggia o troppo timido al casinò o in una pasticceria per accostarle. Tuttavia, se dovevo morire presto, mi sarebbe piaciuto sapere com'erano fatte da vicino. In realtà le più belle fanciulle che offrisse la vita quando pur fosse un'altro o anche nessuno A godere di quell'offerta. Non mi rendevo conto, infatti, che all'origine della mia curiosità c'era un desiderio di possesso. Avrei osato entrare nella sala da ballo se Saint-Loup fosse stato con me. Solo io restavo semplicemente davanti al Grand Hotel, aspettando il momento di andare incontro alla nonna. Quando quasi ancora all'altro capo del molo dove esse facevan muovere una macchia bizzarra, vidi avanzarsi cinque o sei ragazzine così diverse per l'aspetto e i modi da tutte le persone che si era soliti vedere a Balbec, come sarebbe potuto esserlo. Sbarcato non si sa di dove. Uno stormo di gabbiani che eseguisca a passi contati sulla spiaggia, mentre i ritardatari raggiungono gli altri con piccoli voli. Una passeggiata il cui fine appaia tanto oscuro ai bagnanti che essi non sembran vedere quanto chiaramente determinato per il loro spirito di uccelli. Una di quelle sconosciute spingeva davanti a sé con la mano la sua bicicletta. Altre due tenevano in mano mazze da golf e il loro abbigliamento contrastava con quello delle altre fanciulle di Balbec. Tra le quali è vero, alcune si davano agli sport, ma senza usare per questo una tenuta speciale. Fra tutta quella gente di cui alcuni seguivano un pensiero, ma le rivelavano, allora la mobilità con gesti meccanici e sguardi svagati, altrettanto poco armoniosi della circospetta titubanza dei vicini Le ragazzine che avevo scorto con quella destrezza dei gesti che nasce da una perfetta scioltezza del corpo e da un disprezzo sincero per il resto dell'umanità, Procedevano leste senza esitazioni né rigidezza, compiendo esattamente i movimenti voluti in una piena indipendenza reciproca di tutte le membra, mentre la maggior parte del corpo conservava quell'immobilità così notevole nelle buone ballerine di valzer. Esse non erano più lontane da me. Benché ognuna fosse un tipo assolutamente diverso dalle altre, tutte avevano una certa bellezza. Ma a dire il vero le vedevo da così pochi minuti e senza osare guardarle fissamente che non ne avevo ancora individuata nessuna. Tranne una il cui naso, diritto e la carnagione bruna faceva spiccare in mezzo alle altre, come in certi quadri del Rinascimento, un re mago di tipo arabo. Esse non mi erano note che una per un paio di occhi duri, ostinati e ridenti. Un'altra per le guance in cui il rosa aveva quella sfumatura di rame che rievoca il Geranio. E anche di questi tratti non ne avevo ancora legato indissolubilmente nessuno ad una fanciulla piuttosto che a un'altra. E quando, secondo l'ordine in cui si svolgeva quel piccolo corteo meraviglioso, perché vi erano accostati gli aspetti più diversi, tutte le gamme di colore vi comparivano una accanto all'altra, ma che era confuso come una musica in cui non avessi potuto isolare, riconoscere al passaggio le frasi distinte, ma dimenticate subito dopo vedevo emergere un ovale bianco, degli occhi neri, degli occhi verdi. Non sapevo se fossero gli stessi che mi avevano già deliziato un momento prima. Non potevo metterli in rapporto con una data fanciulla che io avessi separata dalle altre e riconosciuta. E questa assenza nella mia visione del distacco, che avrei presto stabilito fra loro, propagava attraverso il gruppo un ondeggiamento armonioso. La traslazione continua di una bellezza fluida, collettiva e mobile. La moglie di un vecchio banchiere, dopo aver esitato tra varie posizioni per il marito, lo aveva collocato su una sedia a sdraio di fronte alla diga riparato dal vento e dal sole, dal chiosco della musica. Visto l'ho ben assestato, lo aveva lasciato per andare a comprargli un giornale e gli avrebbe letto per distrarlo. Piccole assenze durante le quali lo lasciava solo e che non prolungava mai oltre cinque minuti, Assenze che a lui sembravano assai lunghe ma che lei rinnovava abbastanza di frequente perché il vecchio sposo, cui prodigava e insieme dissimulava le sue cure, avesse l'impressione di essere ancora in condizione di vivere come tutti gli altri e di non avere nessun bisogno di protezione. La pedana dell'orchestra formava sopra di lui un trampolino naturale e tentatore su cui, senza nessuna esitazione, prese a correre la più anziana della piccola brigata e saltò sopra il vecchio spaventato, il cui berretto fu sfiorato dai piedi agili, con grande spasso delle altre fanciulle, soprattutto di due occhi verdi, in un viso paffuto che espressero per quell'atto un'ammirazione e un'allegria in cui credetti di discernere un po' di timidezza, una timidezza vergognosa e fanfarona che non esisteva nelle altre. Fecero ancora qualche passo, poi si fermarono un attimo in mezzo alla strada senza preoccuparsi di interrompere il movimento dei passanti in un aggregato di forma irregolare, compatto, insolito e strillante come un conciliabolo di uccelli che si radunino al momento di prendere il volo. Poi ripresero la loro lenta passeggiata lungo il molo sopra il mare. Ormai individuate, il modo però in cui si rispondevano i loro sguardi animati di presunzione di spirito cameratesco e in cui si accendeva, attratti ora l'interesse, Ora l'insolente indifferenza, di cui ognuna si distingueva a seconda che si trattasse di un'amica o dei passanti, E anche quella consapevolezza di conoscersi fra loro abbastanza intimamente da passeggiare sempre insieme, facendo brigata a parte, mettevano tra i loro corpi indipendenti e separati mentre avanzavano lentamente un legame invisibile ma armonioso, come una stessa ombra calda, una stessa atmosfera. Facendo di loro un tutto tanto omogeneo nelle sue parti quanto diverso dalla folla in mezzo a cui si svolgeva lentamente il loro corteo. Un istante mentre passavo accanto alla bruna dalle gote paffute che spingeva una bicicletta, incrociai i suoi sguardi obliqui e ridenti, Vibrati dal Fondo di quel mondo inumano che racchiudeva la vita di quella piccola tribù, Inaccessibile ignoto, in cui l'idea di quello che io ero non poteva certo né giungere, Né trovar il posto. Tutta attenta a quel che diceva alle compagne, la fanciulla dal polo che le scendeva molto basso sulla fronte, mi aveva visto nel momento in cui il raggio nero emanato dai suoi occhi mi aveva incontrato? Se mi aveva visto, Che mai avevo rappresentato per lei? Dal grembo di quale universo mi distingueva? Mi sarebbe stato così difficile dirlo, come quando certe particolarità ci appaiono grazie al telescopio in un astro vicino, È difficile concluderne che vi abitino esseri umani. Che essi ci vedano e quali idee questa vista abbia potuto risvegliare in loro. Se pensassimo che gli occhi di una ragazza come quella non sono che una brillante rotella di mica, Non saremmo così avidi di conoscere e di unire a noi la sua vita. Ma sentiamo che quel che riluce in quel disco pieno di riflessi non è dovuto unicamente alla sua composizione materiale, Che sono ignote a noi, le nere ombre delle idee che quell'essere si fa a proposito delle persone, dei luoghi che conosce, le ombre anche della casa in cui rientrerà, I progetti che essa fa o altri han fatti per lei, e soprattutto che è lei, con i suoi desideri, le sue simpatie, le sue repulsioni, la sua oscura e incessante volontà. Sapevo che non avrei posseduto quella giovane ciclista, Se non fossi riuscito a possedere anche quello che c'era nei suoi occhi. E di conseguenza. Tutta la sua vita mi ispirava desiderio. Desiderio doloroso. Perché lo sentivo inattuabile ma inebriante, perché quella che era stata fino allora la mia vita, avendo bruscamente cessato di essere la mia vita totale, non essendo più che una piccola parte dello spazio disteso davanti a me, che io ardevo di percorrere e che era fatto della vita di quelle fanciulle, mi offriva questo prolungamento, questa possibile moltiplicazione di noi stessi, che è la felicità. E senza dubbio il fatto che non ci fosse tra di noi nessuna abitudine, come nessuna idea in comune doveva rendermi più difficile legarmi con loro e piacere. CONTINUA SU https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness/post/progetto-proust-05-le-fanciulle-in-fiore-trascrizione
    17m 3s
  • LESSNESS legge NKK - 04 - Finché morte non vi spari (Pietropaolo Morrone)

    22 JUL 2022 · Perché un uomo s'è ridotto a vivere in macchina, espletando le proprie funzioni corporali in anfratti nascosti d'un parco pubblico? Bisogna conoscere la penna di Pietropaolo Morrone, presidente del Nucleo Kubla Khan, per scoprirlo. Un umorismo più nero della notte vi trascinerà attraverso 344+1 omicidi immaginari. Racconto pubblicato sul nº 26 della rivista FuoriAsse. Buon ascolto. . La lettura del racconto è disponibile sul sito della rivista FuoriAsse all'indirizzo https://www.cooperativaletteraria.it/2022/01/06/i-racconti-pietropaolo-morrone/ . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness sul Canale Telegram https://t.me/LESSNESSPodcastaudioletture sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/ ***TRASCRIZIONE EPISODIO*** Stamattina al parco, mentre ero seduto e la facevo dietro a un cedro, c’era un cane che si è avvicinato, pelo lungo, ciuffi appiccicaticci, un paio di giri e l’ha fatta pure lui, era bianco ma il bianco lo vedevi solo se ti concentravi e gli toglievi tutto lo sporco con la mente, lui mi guardava e io lo guardavo, non pensavo a niente né dicevo niente ché tra di loro si guardano così, senza parole, ho finito prima io, lui mi ha aspettato, mi guardava e ogni tanto sbadigliava, se n’è andato quando ha capito che non avevo niente da dargli, mica è come il giudice e mia moglie che non ci arrivano, anzi avevo ancora meno perché mi ero appena liberato. Il problema quando vivi in macchina non è che stai scomodo e ti rompi la schiena quando dormi, non sono il mangiare e il bere ché ti arrangi saltando il pasto un giorno sì e uno no, non è il freddo ché ti copri o accendi il motore se c’è benzina, né il caldo ché ti metti al fresco, non è urinare né andare solido ché trovi sempre posto, ma è lavarti il culo, quella è un’altra storia, e c’è uno zampillo nel parco al di là dei cedri, posso bere e togliermi il maglione scigato e sciacquarmi ché se passa qualcuno al massimo mi guarda stranito ma poi tira dritto ché mica può pensare a uno che vive in macchina, a parte il fatto che il culo non ci arriva allo zampillo ma anche se ci arrivasse chiamerebbero i vigili, è tutta questione di esperienza, ho trovato che il modo migliore è usare l’erba, il guaio è quando non c’è o prendi quella sbagliata ma dopo un po’ arrivi a distinguere l’erba buona per il culo. Mentre la facevo non pensavo a niente ma guardavo a terra ché l’ho imparato a fare da quando sono in strada, e cioè dal divorzio, quasi tre anni giusti, guardo sempre a terra anche quando non la faccio, e se ci pensi ci sono tre tipi di persone, quelli che guardano il cielo, quelli che guardano dritto e gli altri che strisciano gli occhi a terra come me, e non puoi capire quante sigarette mezze fumate si trovano a terra e nei parchi e lungo i marciapiedi, qualche volta ne trovi una mezza intera nella fezza delle cicche e così la prendi, la raddrizzi tra pollice e indice, la schiacci un po’ qua e un po’ là per farla assomigliare a una sigaretta bella fresca e liscia, poi stacchi il filtro e te la fumi, come quella che ho trovato stamattina, sono andato verso l’auto ché avevo lasciato l’accendino e me la potevo pigliare comoda ché per andare al magazzino dove lavoro c’erano ancora due ore, me la sono goduta a occhi chiusi ché il trucco è tenere il fumo il più possibile e poi sfiatarlo un poco alla volta e mentre la macchina si riempiva di nebbia pensavo a mio padre che si sparava Nazionali senza filtro, non fumare papà, gli dicevo, e lui mi guardava e aspirava a lungo chiudendo gli occhi, tengo sempre gli sportelli chiusi per bene così mi posso aspirare lo stesso fumo tante volte, sempre fumo è. L’altro giorno sono passato davanti al mio portone che poi non è mica più mio, cioè non proprio davanti ché non sia mai che mi vedano se no l’avvocato di mia moglie va a nozze, stavo dall’altra parte della strada appoggiato a un palo della luce col cappello sulla faccia e a un certo punto arriva lui, lo pseudo-hippie-rugoso-capellone, io almeno me le trovavo lisce le donne, si avvicina al portone, ondeggia la zazzera brizzo, poi tira fuori la chiave dalla tasca, anzi un mazzo intero e ci mette pure un po’ a trovare quella del mio portone, hai capito il giovanotto infeltrito, mica scemo! certe volte penso che strano essere divorziati e sentirsi cornuti, il giudice ipse dixit ha detto che deve mantenere lo stesso tenore di vita mia moglie ma io a volte non glieli dò tutti gli alimenti, e pensare che si spara un pacchetto di sigarette al giorno, ne fumasse di meno avrebbe bisogno di meno alimenti, mi dice ogni volta che mi querela ma le querele non mi arrivano mai ché il servizio postale non funziona per chi vive in macchina, poi che ho fatto? ho acceso un’altra mezza cicca che tenevo in tasca ma finisce subito ché non riesco sempre a fare boccate lunghe, passa un’altra mezz’ora e il capelluto brizzo esce fresco fresco e se ne va allegro con una tracolla, qui è stato il momento che ho deciso di ammazzarla, però non è andata liscia come l’altra volta, il guaio è che non faccio mai una cosa uguale due volte di fila, finisce sempre che cambio qualche cosa, un particolare o l’ordine delle cose e così non imparo mai e riesco una volta sì e una no, quando va bene, è un guaio perché se una cosa la fai sempre nello stesso modo diventi esperto e finisci col farla alla perfezione, come la natura che fa cadere le cose sempre allo stesso modo, ché mica dal tavolo ti fa cadere la tartina in un secondo oggi e in due domani, sono miliardi di anni che la natura si esercita e per questo non sbaglia un colpo, io invece che faccio le cose ogni volta diversamente, è come farle sempre per la prima volta e poi non ho né tavolo né tartine per provare. Ho pensato al veleno, un modo di ammazzare che le donne conoscono bene e se ci prova un uomo poi finisce che non ci riesce e deve farlo in un altro modo, come è successo a me, a Natale di quattro anni fa ci hanno regalato un rametto di vischio, quella pianta che non è una pianta ma internet dice che è una specie di parassita che cresce sui rami e mangia a sbafo sulle piante che lo ospitano, tanto sa che i rami mica lo cacciano perché non si muovono altrimenti lo prenderebbero a calci in culo o l’ammazzerebbero come ho fatto con mia moglie, poi ho letto su internet, ormai tutto si legge lì altrimenti come fai a sapere che il cesso si stura meglio con la Coca Cola che col Cif Ammoniacal? e non lo posso sapere di sicuro ché il cesso non ce l’ho e neppure CONTINUA SU https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness/post/lessness-legge-nkk-04-finch%C3%A9-morte-non-vi-spari-pietropaolo-morrone
    13m 22s
  • Iosif Brodskij - Fondamenta degli incurabili

    15 JUL 2022 · Iosif Brodskij celebra, con questo libro che sa di confessione a se stesso, lo stupore che regala, ai suoi occhi, la città di Venezia, e Lessness, dal canto suo, celebra, con questo nuovo episodio, una delle figure più affascinanti della letteratura del XXº secolo, premio Nobel nel 1987. Buon ascolto. . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness sul Canale Telegram https://t.me/LESSNESSPodcastaudioletture sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/ ***TRASCRIZIONE EPISODIO*** voglio vedere una nuvola o la cresta di  un'onda che lambisce la riva a mezzanotte questo per me è tempo che esce dall'acqua  quando fisso il lungo pizzo che depone sulla   spiaggia non lo guardo con la curiosità di una  zingara sapiente ma con tenerezza e gratitudine così ho messo gli occhi su questa città  questo è il come e nel mio caso il perché   non c'è nulla di freudiano in questa fantasia  o nulla che si ricolleghi specificatamente ai   cordati anche se non c'è dubbio si potrebbe  scoprire qualche nesso evoluzionistico se   non proprio ancestrale o autobiografico tra il  disegno che un'onda lascia sulla sabbia e lo   sguardo con cui lo osserva un discendente  dell'ittiosauro un altro mostro anche lui il pizzo verticale delle facciate  veneziane è il più bel disegno che   il tempo alias acqua abbia lasciato sulla  terraferma in qualsiasi parte del globo in più esiste indubbiamente una corrispondenza  se non un nesso esplicito tra la natura   rettangolare delle forme di quel pizzo  ossia degli edifici veneziani e l'anarchia   dell'acqua che disdegna la nozione di  forma è come se lo spazio consapevole   qui più che in qualsiasi altro luogo della  propria inferiorità rispetto al tempo gli   rispondesse con l'unica proprietà che  il tempo non possiede con la bellezza ed ecco perché l'acqua prende questa risposta  la torce la ritorce la percuote la sbriciola   ma alla fine la porta pressoché  intatta verso il largo nell'adriatico
    5m 17s
  • LESSNESS legge NKK - 03 - È stato bello stasera (Andrea Russo)

    8 JUL 2022 · Un foglio su cui manca soltanto una firma, una cucina divorata dall'eco dei ricordi: per la fine di un'unione non rimangono che gli avanzi della Memoria. Il terzo episodio dedicato al collettivo di scrittori Nucleo Kubla Khan, stavolta, ha come protagonista un mio racconto. Buon ascolto. . Il racconto è online sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness/post/è-stato-bello-stasera o sul sito ufficiale NKK http://nucleokublakhan.it/e-stato-bello-stasera/ Foto di Roberta Scardamaglia https://www.instagram.com/robirosca/ . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness o sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/ ***TRASCRIZIONE EPISODIO*** Invidio i buoi, perché ignorano la mannaia. Tu non capivi, non avevo bisogno di girarmi verso di te per riflettermi nelle tue pupille smarrite. Tra noi due, dove le avevi posate prima del mio arrivo, le carte su cui il tuo avvocato pretendeva ci fosse la firma di entrambi; con la coda dell’occhio scorsi che era rimasto dello spazio soltanto sotto il mio nome. Mi avevi lasciato persino la penna, affinché non perdessi troppo tempo a cercarne una per casa. Il legno e la mano sul tavolo della cucina, al servizio della signorile arte del fingersi già morti: anticipare il Tempo, batterlo dove lui pare invincibile. Il dovuto, l’inevitabile, le conseguenze pomeridiane di una tazza di caffè, dipingono, meglio di qualsiasi altra cosa, un suicidio che, di colpo, riporterebbe ogni cosa al proprio posto. Mia madre era una donna portentosa; una sagoma che si stagliava fra me e la mano di Bea, la figlia dei vicini. Bea: riccioli castani e macchie di pomodoro sul grembiule; la bimba non capiva, io la assaggiavo fra le cosce: sapeva ancora di piscio e tessuto, sul divano, nel salotto, nella casa in cui i miei primi cinque anni di vita divennero, col senno di poi, il ricordo più felice. E ora tu, qui, a cercare di immaginarti bovina con me a fianco, a dare un senso a quest’uguale che ha smarrito la sua equazione. Siamo ridicoli, io e te, divisi dal cesto che ci ha regalato tua sorella per lo scorso Natale. Rimango in silenzio a guardare le molliche dell’arredamento, i brandelli a rate che suonano la succosa melodia del metallo che tritura la santità. Non sono ormai che un uomo fatto e finito, che perdura in quei pochi silenzi che ha ancora la forza di riconoscere. Fosse perlomeno sopravvissuta la televisione! Il suo personale arbitrio, la strafottenza del catodico che impartisce, educa; ora tu Loredana, come milioni e milioni di tuoi simili, ti credi capace di discernere, di saper valutare, senza nemmeno sapere il nome del fiore che hai calpestato. CONTINUA SU https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness/post/%C3%A8-stato-bello-stasera
    11m 19s
  • Giorgio Manganelli - Dall'Inferno

    1 JUL 2022 · Il più audace fra i suoi romanzi, dove comicità e angoscia si mescolano in un'elegante, grottesco, ragionare delle cose umane, ché, in fin dei conti, non siamo che "il rudimento d'una famiglia". . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness o sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/ ***TRASCRIZIONE EPISODIO*** un poco taccio poi a me ripeto ma insomma  sono io morto e se sì giacché altrimenti   non posso spiegare il mutamento del luogo  che significa topograficamente esser morto   mi rammento di antiche dottrine e di voci  pazienti che mi diseducavano dall'amor di me   stesso gusto un frettoloso l'odio di me stesso  e infine mi dico certamente questo è l'inferno mentre la voce distratta si  trascina io chiudo gli occhi ho di nuovo di fronte il me stesso di paglia mi  guarda i suoi occhi non esprimono tristezza né   supplica non è più solo gli è accanto la  figura stranamente benevola vestita alla   maniera dei vecchi medici nella destra tiene una  sorta di forbice dalle lame lunghe e affilate sorride e mi fa un inchino e avanza un poco  con la mano sinistra e la sinistra stringe   e cautamente una bambola nuda è una bambola  piccola e non della di stoffa ne pare ma dura   capisco e compatta è una femmina e sebbene  stia immobile indovino che questa bambola   una sua capacità di muoversi forse grazie  a interiori meccanismi molle e ingranaggi l'ha scruto nel volto un volto più cauto che  anonimo le labbra appena scostate mi propongono   un seghettato sorriso di minutissimi denti un  orrore profondo mi sconvolge vedo chiaramente   che il me stesso di paglia l'uomo in  guisa di medico le forbici e la bambola   alludono a qualche gesto in cui l'orrore  si mescolerà irreparabilmente alla dolcezza cerco di capire se il centro dell'orrore sia la  bambola il medico il me stesso urlo apro gli occhi hai visto la bambola - dice la  terza voce - è un sogno giusto è orribile appunto questo sogno è un messaggio dei   demoni cui non ci sono sogni quanto a  demoni, chiunque può esserlo anche tu taccio non è in effetti impossibile che io sia  ora demone che il mio travestimento umano si sia   diradato quanto basta per lasciar trasparire la  mia qualità demoniaca forse è vero che sono morto certo se mi penso come demone capisco o credo  di capire la ferocia della mia condizione di   vivo quella che ho chiamato mi pare la strettura  del corpo quell'essere troppo minuto per l'anima   seviziante che voleva essere partorita ma allora  che è mai quel cerretano da burla e strazio e   perché mi sono duplicato in un me stesso di paglia  e tuttavia senziente e che cosa è la bambola per adesso è una bambola - riprende la voce   monotona e sorda - poi la  si conosce meglio o peggio non sono stupito dalla lettura del mio pensiero ma  urtato come da una indelicatezza confesso che non   riesco più a capire esattamente quali siano i  miei limiti può essere che quella voce o voci   che mi rispondono altro non siano che luoghi  del me stesso così come un tempo avvertivo il   mormorio delle orecchie o l'urlo del diaframma  terrorizzato dunque non è impossibile che io   legga il mio pensiero ed io mi risponda  e se io posso essermi demone forse posso   essere inferno se io sono l'inferno tutti un  giorno o una notte passeranno dentro di me tutto ciò non ha senso o piuttosto ha il senso  del non senso ma ora devo decidere se continuare   o meno ciò che chiamo il sogno se non consento  ai gesti del cerretano tutto si fermerà e sia   questo o meno l'inferno non accadrà più nulla  rifiutandomi al me stesso sotto forma di sogno   io sarò di impedimento al decorso di questo  luogo non già al suo procedere temporale   che sospetto ormai essere impossibile ma  al suo svolgersi in forma di itinerario ora le trattative sono con la stanchezza del  labirinto o con il labirinto come itinerario se voglio sperimentare il labirinto devo  subire accogliere dare il benvenuto al sogno   quale si sia la sofferenza che il cerretano  infliggerà al fantoccio in cui mi riconosco ma quel che soprattutto  interessa e conoscere la bambola per ripartire debbo retrocedere giacché non c'è  dubbio che il cerretano è in qualche modo oltre   lungo il percorso del labirinto dunque  chiuderò gli occhi il cerretano mi fa un   cenno del capo stava dunque aspettando che  gli consentissi di riprendere la sua opera sorride è benevolo si volge verso il  fantoccio e non senza grazia con le   forbici gli apre il petto vedo che il  fantoccio non è colmo di paglia ma di   una materia untuosa grassa e cedevole il  cerretano la scosta con le mani sottili e   introduce la bambola poi la ricopre di quella  materia infine riaccosta la pelle e salda con   una sorta di resina non vedo dove tragga  codesta resina forse la secerne dalle dita guardo in volto il fantoccio non  rivela dolore ma un orrore afono so che l'operazione non è conclusa  il cerretano prende per un braccio   il fantoccio e lo dirige verso di me vedo che quella strana macchina cammina mi arriva   di fronte e non si arresta e  io ed io siamo una cosa sola avverto nel mio addome la bambola  che si accomoda un luogo ove starsi apro gli occhi la bambola è sempre  nel mio corpo ridendo mi sussurro sono gravido qualcosa mi dice che talune gravidanze possono   essere eterne anche se finiscono  la gravidanza è un segno indelebile mi chiedo se oltre che essere demone a  me stesso io abbia accolto la presenza   di un ulteriore demone ora siamo  il rudimento di una famiglia non   desidero essere partorita - dice una voce  che riconosco sebbene non l'abbia mai sentita   per la voce della bambola - desidero  restarti in corpo a lungo sei caldo la bambola si muove sento che una sua minuscola  mano cattura un frammento di carne e lo strappa   e se ne nutre in quel punto del mio corpo  scaturisce un dolore atroce quanto effimero poi la bambola orina dentro di me sento  che ciangotta tra se e se poi dilata le   gambe rigide ora defeca cibo e latrina della  mia bambola trovo una sorta di pace in questa   funzione che sospetto fatale ora sono certo  che solo all'inferno possono accadere così   fatti eventi ma questo sposta il problema non  altro giacché non riesco a sapere se io stesso   non sia né inferno e dunque inferno siano i   miei accadimenti più tardi parlerò alla bambola
    13m 54s
  • Lessness legge NKK - 02 - Nonostante sia (Nazareno Loise)

    22 JUN 2022 · Secondo episodio dedicato al lavoro del collettivo di scrittori Nucleo Kubla Khan. La poesia, sublime, di Nazareno Loise, parla ai cuori scollati da questo nostro Tempo. Che le vostre orecchie non perdano mai la retta via. . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness o sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/ ***TRASCRIZIONE EPISODIO*** D'ancor prima io desiderato deserto impensierito batto gli attimi più soli ancora in fuga dai luoghi insegnati dalla folla. A distanza d'una piccola morte sai dirmi adesso dove andare? Dacché soltanto in queste negligenze potrei riconoscere il recesso incendiario dei miei gesti in allegria tanto che ormai ministri e camerieri, editori e borghesi conoscono per filo e per segno la loro mia vera natura. Ad ignorare quale cenere mi decori sono rimasto io soltanto. Solo con la mia cortese e valorosa noia. Desidero per tornare altrove, tra le stelle dove dimora lo stile dei miei padri, ma nonostante sia non so fuggire la ragione del mio Amore.
    2m 30s
  • Lessness legge NKK - 01 - Il rovescio del regno (Vincenzo Montisano)

    12 JUN 2022 · Liberamente ispirato dalla visione di Satantangó, il capolavoro del regista ungherese Béla Tarr (tratto a sua volta dall'omonimo romanzo di Laszlo Krasznahorkai). Un racconto di Vincenzo Montisano che celebra la fine del sogno socialista. Un confronto etilico a due sulla resa. La nuova rubrica di Lessness, vedrà protagonisti gli autori (me compreso) del collettivo Nucleo Kubla Khan. . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness o sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/ ***TRASCRIZIONE EPISODIO*** Incontrai l’oste in una fangosa landa della periferia ungherese. La sua sagoma stagliata contro un orizzonte alto, come irraggiungibile, camminante e fiera, come dovrebbe essere quella di un uomo. Mi sono perso, mi disse. Allora, nel gonfio vento moscovita che ululava da est, gli proposi di tornare insieme verso la fattoria. E anche se lui tirava in direzione opposta, non parve preoccuparsene e mi seguì. Dall’inflessione della voce capii che non era, il suo, uno smarrimento geografico. Infatti, quando tra le altre, quasi tacendola, pronunciò la parola perdizione, fu come se si fosse reso conto di essersi tradito. Ebbi l’impressione che un chiodo gli trapassasse la gola da parte a parte. Lampeggiò nei suoi occhi un lucore di vergogna che presto, come mi confermò in seguito, s’era coagulata in un senso di colpa profondo. Dove sta andando, gli domandai. Volevo raggiungere l’orizzonte, rispose. Lungo la strada cominciò a piovere e ci rincagnammo nei nostri montoni. La terra si fece bavosa e ampi specchi d’acqua, con dentro le forme del cielo, si plasmavano tra gli alberi, radiografati dalla luce ferrosa del lungo crepuscolo. Prese a parlarmi della fattoria, di come fosse cresciuto, della sua gente: un nugolo di uomini e donne belanti e meschini, giunti da Kaposvàr, Baja, da Vác, da Cheb e Debrecen, da ogni angolo della regione, e che per trent’anni avevano lavorato qui, in questi campi, a sessanta verste da Budapest, nel mezzo esatto del nulla spazializzato. Compagni sottochiave, al soldo taccagno del regime. In cattività, nella rugginosa accidia corrosiva del bere, del mentire prima a se stessi. Mischiati alle bestie, attaccati alla mammella del partito, ora vizza ed esautorata. Gente povera, resa ancora più piccola dalla tremenda risacca del socialismo che si ritirava, nell’arido solco della sconfitta storica. Mi raccontò di come allo stremo della loro resistenza fisica ed emotiva, l’intera comunità s’era fatta fregare la paga di un anno di lavoro – gli ultimi soldi imbandierati di rosso – da un ciarlatano con nome biblico, che aveva promesso loro che avrebbero rifondato una nuova, fiorente fattoria a sud, verso Pécs. Che di nuovo di latte si sarebbero riempite le vacche, padroni del frutto del proprio lavoro sarebbero stati. Redenti finalmente dalla perenne aura di preda cacciata. Di ciò mi sentivo colpevole, aggiunse. Alla fattoria lo feci integrare io, Irimias, quindici anni fa. Poi sparì per più di trenta mesi. Tutti l’avevamo dato per morto. Quando tornò disse che il socialismo mirava all’impoverimento morale, e che a fattor comune non era rimasto il lavoro, bensì il nostro dolore. Nella loro miseria, continuò l’oste, in cui tutto era distruzione e rovina, quella promessa parve più ammaliante quanto più essi avevano coscienza di trovarsi alla congiuntura tra due epoche. Gli equilibri del potere cambiavano, il mondo avvelenava e s’era comprato ogni cosa: a volte le loro anime con la forza bruta, altre il loro sudore con la persuasione subdola, altre ancora, con la dolcezza, la violenza delle loro mani. E perciò, come topi immemori del flagello delle promesse, avevano distrutto con rabbia le loro case, incendiato le stalle, disperso il bestiame, annientato la fattoria, e subito dopo avevano seguito il flautato imbonitore Irimias, resuscitato per salvarli, abbellito da due occhi color del capitale. Col buio, giungemmo ai resti sprofondati nel fango della fattoria e l’oste mi condusse al suo locale. Si sedette e mi chiese di versargli da bere. Girai dietro il bancone e in tre ore vuotammo il fiasco della palinka. Perché il partito l’ha mandata qui, mi domandò infine l’oste. La convoca il sottosegretario Török, risposi, domani lo incontreremo all’ufficio per l’impiego della capitale. L’oste si rialzò, malfermo sulle ginocchia, e andò verso la porta. Non ho seguito Irimias, disse, non seguirò lei. Confesso che quando realizzai che nella vita non avrei mai raggiunto quell’orizzonte, non me ne crucciai affatto. Invece, quando ho capito che quell’orizzonte, in realtà, non esisteva… La meta sarebbe dovuta essere la libertà, ma ignoravo che prima bisognava perdersi. L’oste uscì nella notte ammantata di scuro. Io rimasi dietro al bancone coi bicchieri vuoti davanti, le bottiglie alle spalle, come se da un momento all’altro sarebbero dovuti arrivare dei clienti.
    8m 46s
  • Progetto Proust - 04 - Posterità

    31 MAY 2022 · Un giovane adulto Marcel si appresta a tornare alle origini d'un sentimento, attraverso le dita di Odette che, partendo da una tastiera musicale, abbattono le pareti del Tempo e della Memoria. . Puoi seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/andremenion/ Sul mio sito ufficiale https://andrealuigirusso.wixsite.com/lessness o sulla pagina Facebook https://it-it.facebook.com/andremenion/ ***TRASCRIZIONE EPISODIO*** del resto di solito non restavamo a casa  andavamo a passeggio a volte prima di   andare a vestirsi la signora  Swann si metteva al pianoforte le sue belle mani uscendo dalle maniche rosa  o bianche spesso a colori molto vivaci della   vestaglia di crepe de Chine stendevano le  loro falangi sul pianoforte con la stessa   malinconia che era nei suoi occhi e non  nel suo cuore appunto uno di quei giorni le avvenne di suonarmi la parte della sonata di  Vinteuil nin cui c'è la piccola frase che Swann aveva tanto amata ma spesso se si tratta di  musica un po' complicata che ascoltiamo per la   prima volta non sentiamo niente eppure quando  poi ebbi udito due o tre volte quella suonata   m'accade di conoscerla alla perfezione perciò  non si ha torto di dire sentire per la prima   volta se davvero come si è creduto alla prima  audizione non si fosse distinto nulla la seconda   la terza sarebbero state altrettante prime e  non vi sarebbe ragione perché alla decima si   capisse qualcosa di più probabilmente la prima  volta manca non la comprensione ma la memoria   poiché la nostra memoria relativamente alla  complessità delle impressioni cui deve far   fronte mentre ascoltiamo è minima breve quanto  la memoria di un uomo che dormendo pensi mille   cose e subito le dimentichi o d'un uomo mezzo  rimbambito che non ricordi un minuto dopo quel   che gli è stato detto di queste impressioni  multiple la memoria non è capace di fornirci   immediatamente il ricordo ma questo si forma  in lei a poco a poco e riguardo alle opere   che si son sentite due o tre volte siamo come il  collegiale che abbia riletto a parecchie riprese   prima di addormentarsi una lezione che credeva di  non sapere e che recita a memoria la mattina dopo   solo fino a quel giorno io non avevo udito ancora  nulla di quella Sonata e dove Swann e la moglie   vedevano una frase distinta questa era lontana  dalla mia percezione chiara quanto un nome che   si cerchi di rammentare e in luogo del quale non  si trovi che il nulla un nulla in cui un'ora dopo   senza che ci si pensi si lanceranno da sole d'un  sol balzo le sillabe prima inutilmente sollecitate e non solo non si ritengono subito le opere  veramente rare ma in ciascuna di queste opere   come mi avvenne per la Sonata di Vinteuil si  percepiscono per prime le parti meno preziose   dimodoché non solo m'ingannavo pensando che  l'opera ormai non mi riserbasse più nulla ragione   per cui passò molto tempo senza che cercassi di  ascoltarla dal momento che la signora Swann me   ne aveva suonata la frase più famosa ero stupido  in ciò come coloro che non sperano più di provare   sorpresa davanti a San Marco a Venezia perché la  fotografia ha mostrato loro la forma delle sue   cupole ma per di più anche quando ebbi ascoltato  la suonata dal principio alla fine essa mi restò   quasi interamente invisibile come un monumento  di cui la distanza o la nebbia lascino scorgere   solo labili parti di qui la malinconia che si  accompagna alla conoscenza di simili opere come   di tutto quello che si attua nel tempo quando il  senso più nascosto della sonata di Vinteuil si   scoperse già trascinato dall'abitudine fuori  dalla portata della mia sensibilità quel che   vi avevo distinto e preferito a tutta prima  cominciava a svanire a sfuggirmi non avendo   potuto amare che in tempi successivi tutto quanto  quella sonata mi dava non la possedetti mai per   intero rassomigliava la vita ma meno ingannevoli  della vita questi grandi capolavori non cominciano   col darci quanto hanno di meglio nella sonata di  Vinteuil le bellezze che prime si scoprono sono   anche quelle di cui ci stanchiamo più presto  e senza dubbio per la stessa ragione vale a   dire perché differiscono meno da quel che già  ci era noto ma quando queste bellezze si sono   dileguate ci rimane da amare una certa frase che  il suo ordine troppo nuovo per offrire al nostro   spirito qualcosa oltre la confusione ci aveva reso  indiscernibile e conservata intatta allora essa   dinanzi a cui passavamo ogni giorno senza saperlo  e che si era tenuta in serbo che per il solo   potere della sua bellezza era divenuta invisibile  e rimasta sconosciuta viene a noi per ultima   ma anche noi la lasceremo per ultima e l'ameremo  più a lungo delle altre perché avremmo messo più   tempo ad amarla del resto il tempo necessario ad  un individuo come fu necessario a me per la sonata   per intendere un'opera un po' profonda è solo  il compendio è come il simbolo degli anni dei   secoli a volte che devono trascorrere prima che  al pubblico possa piacere un capolavoro veramente   nuovo quindi l'uomo di genio per risparmiarsi  le incomprensioni della folla si dice forse   che i contemporanei mancano della necessaria  prospettiva che le opere scritte per i posteri   dovrebbero essere lette solo da loro come certe  pitture che si giudican male troppo da vicino   ma in realtà ogni vile precauzione per evitare  giudizi falsi è inutile essi sono inevitabili   la ragione per cui un'opera di genio difficilmente  è ammirata subito è che chi l'ha scritta è un uomo   straordinario e che pochi gli somigliano sarà la  sua stessa opera fecondando i rari ingegni capaci   di comprenderla a farli crescere e moltiplicare i  quartetti di Beethoven (i quartetti 12 13 14 e   15) hanno messo 50 anni a far nascere a ingrossare  il pubblico dei quartetti di Beethoven attuando   così come tutti i capolavori un progresso  se non nel valore degli artisti almeno nella   società degli spiriti largamente composta oggi  di quel che era introvabile quando il capolavoro   apparve ossia di esseri capaci di amarlo quel che  chiamano la posterità è la posterità dell'opera   bisogna che prescindendo per semplificare  dai geni che nello stesso tempo possono   parallelamente preparare per l'avvenire un  pubblico migliore da cui altri geni trarranno   beneficio l'opera si crei da sè la propria  posterità se dunque l'opera fosse tenuta   in serbo non fosse conosciuta che dai posteri  questi per quell'opera non sarebbero i posteri   ma un'assemblea di contemporanei  vissuti semplicemente 50 anni dopo
    10m 33s

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Podcast dedicato all'amore per la letteratura. Ogni volta, scelto un brano, vi costruisco attorno un'avventura sonora, dove l'ascoltatore diviene parte integrante. Spazio dalla poesia ai grandi classici della narrativa, dagli autori moderni a quelli emergenti o finora sconosciuti.
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