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Islam - BastaBugie.it

  • Giornali e televisioni giustificano sempre gli islamici come squilibrati mentali

    24 APR 2024 · VIDEO: La verità sull'islam in Europa ➜ https://www.youtube.com/watch?v=HVqRZTJfD5M&list=PLolpIV2TSebW0v_67SEYHJFlDZvH9rc9Z TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7777 GIORNALI E TELEVISIONI GIUSTIFICANO SEMPRE GLI ISLAMICI COME SQUILIBRATI MENTALI di Guillaume Gattermann In un articolo pubblicato su Valeurs Actuelles, Jean Messiha, noto esponente politico, ripercorre l'attacco alla Gare de Lyon (la più nota stazione ferroviaria di Parigi, ndr) del 3 febbraio. L'aggressore ha improvvisamente estratto un coltello e un martello e ha accoltellato un passante. Altre persone sono rimaste ferite in un secondo momento. "L'individuo è stato arrestato poco dopo", ha spiegato Messiha. "Abbiamo subito appreso che aveva 32 anni, che era originario del Mali e che aveva un permesso di soggiorno italiano. Entro un'ora dal suo arresto, ci è stato detto che era squilibrato e che soffriva di problemi psichiatrici. Insomma, un pazzo". Il verdetto è stato emesso! "Perché questa smania di ripulire il nome di un criminale che ha quasi stroncato delle vite innocenti senza motivo?". Come se non bastasse, "per quanto incredibile possa sembrare, la fonte dell'informazione sul presunto squilibrio dell'aggressore è... l'aggressore stesso! (...) Adesso i pazzi ammettono spontaneamente di essere pazzi? È una cosa nuova, appena uscita. Qualsiasi psichiatra vi dirà che esiste un principio immutabile in psichiatria: un pazzo non sa mai di esserlo. Infatti, una delle caratteristiche principali della follia è la sua incapacità di diagnosticarsi come tale", sottolinea giustamente. I NOSTRI NEMICI "Considerare i nostri nemici pazzi, squilibrati o affetti da disturbi psichiatrici è nel migliore dei casi un disprezzo pretenzioso e una cecità militante, e nel peggiore una manipolazione mediatica volta ad addormentare l'opinione pubblica affinché non si renda conto del pericolo che corre", denuncia Messiha. "I nostri nemici non sono squilibrati, ignoranti o pazzi, non lo sono in alcun modo, salvo rare eccezioni. Soprattutto quando dicono di essere loro stessi pazzi, in una forma poco velata di taqqiya [indica la possibilità di nascondere o addirittura rinnegare esteriormente la fede, di dissimulare l'adesione a un gruppo religioso, e di non praticare i riti obbligatori previsti dalla religione islamica per sfuggire a una persecuzione o a un pericolo grave e imminente contro sé stessi a causa della propria fede, N.d.R.]. Tale irresponsabilità viene dichiarata dopo una lunga valutazione da parte di diversi medici nel corso di diversi giorni o addirittura settimane. In altre parole, la pazzia non può essere decretata, tanto meno autodecretata. Deve essere riconosciuta da un gruppo di professionisti esperti". "Tuttavia, nulla di tutto ciò è stato fatto per l'aggressore maliano alla Gare de Lyon, il che non ha impedito che la teoria dello squilibrio psichiatrico si diffondesse a macchia d'olio fino a finire sulle prime pagine di tutti i giornali", si rammarica Jean Messiha. "Come è possibile, e chi può ingoiare un'informazione così rapida, perentoria, gratuita e definitiva da essere di per sé un'ammissione di menzogna?". UN IMMIGRATO ILLEGALE, UN MUSULMANO RADICALIZZATO, UN TERRORISTA ISLAMICO "La verità - e sarà molto difficile da ascoltare per il sistema progressista di sinistra - è che questo individuo è un immigrato illegale, un musulmano radicalizzato e, in fin dei conti, un terrorista islamico che ha cercato di uccidere in nome dell'Islam", ha affermato. "Potremmo moltiplicare gli esempi di tutti questi squilibrati che giornalisti di sinistra e politici progressisti, travestiti da psichiatri da fiera, ci hanno spontaneamente venduto come tali e che, con il progredire delle indagini, sono apparsi per quello che erano in realtà: musulmani radicalizzati e terroristi islamici". Jean Messiha deplora: "Ogni volta che viene commesso un attentato, la prima cosa che viene in mente è uno squilibrato: la tecnica è collaudata: giorno dopo giorno, una notizia si rincorre all'altra, e solo ciò che viene ribadito nelle ore successive agli attentati sarà ricordato dall'opinione pubblica. La verità, che arriverà giorni o addirittura settimane dopo, non interesserà più a molti. Dormite, dormite, brava gente". Nell'ultima parte del suo articolo, Messiha si chiede: "Perché mai, quando si parla di immigrati o di musulmani, il sistema mediatico-politico si trasforma in una vera e propria fabbrica di bugie, per di più su scala industriale, vista l'abbondanza di esempi?". "E perché la verità è così terrificante per l'ideologia progressista di sinistra?" "Perché è quello che rende possibile questi crimini e attacchi contro la Francia e il popolo francese, promuovendo fanaticamente la loro invasione e islamizzazione con ogni mezzo possibile", ha affermato con forza.
    5m 38s
  • Scuola chiusa per ramadan, un favore non richiesto all'islam

    26 MAR 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7739 SCUOLA CHIUSA PER RAMADAN, UN FAVORE NON RICHIESTO ALL'ISLAM di Stefano Fontana Il Consiglio dell'Istituto comprensivo di Pioltello ha deciso di chiudere le scuole - due primarie ed una media inferiore - in occasione della festa islamica della conclusione del Ramadan. Il provvedimento non poteva non rimbalzare immediatamente sui media e così infatti è stato. Toccava infatti il punto delicato dei rapporti con l'islam. La motivazione spiegata poi dal dirigente scolastico tendeva a ridimensionare la strana scelta: si sarebbe trattato solo di una disposizione per motivi pratici. Egli ha spiegato che nel suo Istituto comprensivo il 40 per cento degli alunni risulta di fede musulmana. Mancando in quel tal giorno una fetta così grande della popolazione scolastica, tanto valeva sospendere le lezioni per tutti. Forse il dirigente intendeva dire che in questo modo nessuno avrebbe perso nozioni importanti delle materie scolastiche e non ci sarebbe stata la fatica di registrare le numerose giustificazioni per le assenze. In fondo non si trattava che di un solo, misero, giorno di scuola. Nessun intento politico, nessuna forma di sottomissione all'islam, nessuna prova generale per analoghi eventi futuri. DECISIONE MALDESTRA La maldestra decisione ha però peccato almeno di superficialità. È infatti facile osservare che il motivo quantitativo non può essere sufficiente per spiegare simili decisioni. Anche i problemi pratici hanno risvolti non solo pratici. Poniamo che ad essere assenti in un dato giorno fossero il 40 per cento degli studenti italiani, o di quelli indiani di fede indù, o di quelli di altre religioni. Inoltre, perché, paradossalmente, non ipotizzare una assenza di massa per qualche evento pubblico particolare del 40 per cento degli studenti provenienti da famiglie atee? Non stiamo esagerando, stanti gli attuali trend, si può prevedere che in un prossimo futuro nelle scuole italiane ci saranno prevalentemente alunni islamici e atei. Non credo che il Consiglio di Istituto abbia voluto porre la norma pratica che quando si arriva ad una certa percentuale di assenti per motivi religiosi si può chiudere la scuola, però si è avventurato su un terreno minato, nel quale il concetto di discriminazione religiosa è in solerte agguato. La decisione del Consiglio può essere accusata di aver privilegiato una certa confessione religiosa oppure di aver voluto lanciare un segnale su come gestire la scuola interreligiosa del futuro. Ogni religione ha le proprie feste religiose. Nella scuola multireligiosa come si potranno concedere assenze per motivi religiosi in queste giornate di festa senza discriminare le altre religioni? La chiusura delle scuole alla domenica che nasce dalla religione cristiana è discriminante per i musulmani e per i sihk? Abbiamo visto le tante esperienze di abolizione del presepio o del crocefisso, perché la cosa non potrebbe ripetersi anche per la chiusura domenicale? A Pioltello, forse senza esserne pienamene consapevoli, sono entrati in queste problematiche, sicché la loro decisione è stata comunque un primo passo nel riconoscimento della convenienza di sospendere le lezioni per una festa religiosa non cristiana ma islamica. La convenienza di oggi può però diventare diritto domani. Oggi i musulmani di Pioltello ricevono un favore forse non richiesto, il rispetto pubblico per un loro evento religioso da ossequiare con una astensione dal lavoro scolastico, e per il Ramadan del prossimo anno lo chiederanno apertamente, minacciando un sit-in davanti alle scuole se non sarà loro concesso e, ne siamo certi, senza promettere eventuali analoghi trattamenti da parte loro. I PROBLEMI DELLA SOCIETÀ MULTIRELIGIOSA In altri Paesi questi problemi sono scoppiati prima che da noi e di solito la soluzione adottata e suggerita da insigni intellettuali, come per esempio Charles Taylor, è quella di concedere a tutti l'assenza da scuola in occasione della propria festività religiosa. Non bisogna togliere qualcosa a qualcuno, ma darlo anche agli altri. Alla domenica i cristiani potranno non andare a scuola, al sabato potranno farlo gli ebrei e al venerdì i musulmani. Tutti per i loro motivi religiosi. Questa è la politica dei "bilanciamenti", delle "soluzioni di buon senso", degli "accomodamenti equi" con i quali ci si illude di risolvere i problemi della società multireligiosa. Politica che ha due grandi limiti: non riesce a distinguere né tra religioni e preferenze come stili di vita (perché i naturisti o i cultori dello yoga non dovrebbero avere la loro "domenica"?) né tra le religioni stesse, assegnando ad ognuna la stessa importanza. Detto tra noi: probabilmente gli attori della ridicola e improvvisata commedia di Pioltello non sapevano di queste problematiche, né che la loro decisione - assunta solo per motivi pratici, non dimentichiamo - fosse un primo passo verso l'indifferentismo religioso proprio di ogni società multireligiosa. E non è detto nemmeno che i tromboni che si sono affrettati a richiamare in campo le solite argomentazioni roboanti sulle nostre origini cristiane e sulla nostra civiltà cristiana sappiano valutare la verità delle diverse religioni: non è sufficiente rivendicare i diritti del cristianesimo per motivi storici, ma bisogna farlo per la sua verità, unico argomento perché esso possa vantare un primato sulle altre religioni, per cui le scuole devono essere chiuse per motivi religiosi solo alla domenica, non al venerdì, non al sabato e nemmeno per la conclusione del Ramadan. Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo seguente dal titolo "E anche Delpini si unisce alla festa islamica" spiega perché la posizione della Cei, Avvenire, e da ultimo l'arcivescovo di Milano fingono una posizione ecumenica, in realtà un po' vigliacca, perché si favorisce il radicamento istituzionale dell'islam. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 marzo 2024: Mancava solo lui, l'arcivescovo Mario Delpini. Ed è puntualmente arrivato a completare il coro cattolico di approvazione per la decisione del preside della scuola di Pioltello che ha deciso di non far svolgere le lezioni il 10 aprile: il 40% degli studenti è islamico e quel giorno festeggia la fine del Ramadan. L'arcivescovo di Milano, dunque, non ha potuto esimersi dal plaudire l'iniziativa del preside di Pioltello, minimizzando il no dell'Ufficio scolastico regionale («avranno i loro motivi») e del ministro Valditara. Rispondendo alle domande dei giornalisti ha rimandato alla presa di posizione del responsabile del Servizio per l'Ecumenismo e il Dialogo della diocesi, il diacono Roberto Pagani, che ha parlato di una «lettura della realtà più che adeguata», considerata la massiccia presenza di islamici nella scuola e nel comune di Pioltello. Anche il responsabile scuola della diocesi, don Fabio Landi, aveva fatto la sua parte: «Provvedimento non solo assolutamente normale, ma addirittura auspicabile». E ancora in una intervista al Giorno: «Rispettare la festa dei musulmani è un modo per capire l'altro»; «In fondo si interrompono le lezioni anche per carnevale...»; «le scuole tengono in considerazione le settimane bianche, figuriamoci un appuntamento come questo. È un ottimo esempio davanti a una realtà complessa, se usciamo dalla logica di conquista e ci mettiamo in quella dell'incontro»; «il dirigente ha fatto bene. I bambini sono curiosi, vogliono sapere perché l'altro festeggia e come, percepiscono la divisione molto meno degli adulti». E c'è da dire che anche il segretario generale della CEI, monsignor Giuseppe Baturi, ha plaudito all'iniziativa: «La necessità del rispetto del fatto religioso e dell'identità delle comunità religiose, da parte dello Stato, - ha detto ai giornalisti - è un fatto positivo, appartiene alla laicità tipica dello Stato italiano». E ovviamente anche Avvenire era saltata subito sul carro dell'iniziativa. C'è una buona dose di ignoranza, di incompetenza e di confusione in questo entusiasmo del clero per la festa del Ramadan. Basta confrontare le succitate informazioni con le questioni poste da Stefano Fontana nell'articolo che la Bussola ha già dedicato alla vicenda di Pioltello. Non staremo dunque a ripeterci su questo. Qui invece ci preme sottolineare un aspetto che mette in evidenza la gravità delle affermazioni dei vari leader clericali. Essi infatti vanno ben oltre le intenzioni dichiarate (magari un po' furbescamente) dal preside di Pioltello che, peraltro, ha dalla sua parte tutto il Consiglio d'Istituto. Infatti, mentre il preside ha cercato di circoscrivere la portata della sua decisione a un fatto di semplice opportunità (il 40% degli studenti sarebbe comunque assente quel giorno), gli ecclesiastici intervenuti sono invece arrivati a proporre Pioltello come modello universale di dialogo e di convivenza tra diverse religioni. Sicché dovremo aspettarci prossimamente che sia la Chiesa a spingere per riconoscere pubblicamente le festività islamiche, non solo a scuola. Diciamo "le" festività perché la fine del Ramadan non è certo l'unica e neanche la più importante. Ci sono una decina di feste importanti nell'islam, a cominciare dalla Festa del sacrificio, Id al-Adha, che quest'anno cade dal 16 al 20 giugno: cosa farà la diocesi di Milano, organizzerà lo sgozzamento dei capretti in oratorio, visto che cade proprio durante l'oratorio estivo? E poi perché allora non fermare tutto per il capodanno cinese o, per stare in tema religioso, per la Pasqua ortodossa, visto che gli ortodossi in Italia sono quasi quanto gli islamici? E perc
    12m 19s
  • In occidente gli islamici festeggiano le mille vittime degli attacchi di Hamas in Israele

    10 OCT 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7568 IN OCCIDENTE GLI ISLAMICI FESTEGGIANO LE MILLE VITTIME DEGLI ATTACCHI DI HAMAS IN ISRAELE di Giuliano Guzzo La guerra che infuria in Israele e a Gaza - con centinaia di vittime, feriti e ostaggi - è un orrore difficile da commentare; eppure offre spunti per riflessioni che non possono in alcun modo essere trascurate; anche perché si basano su fatti concreti. Un primo aspetto, già considerato ieri dal Timone, è quello del clamoroso e macroscopico fallimento dell'intelligence di Israele e Usa; un fallimento che pare inspiegabile, dato che, per le sue caratteristiche, l'operazione Tempesta deve necessariamente essere stata preparata per mesi - e proprio non si può pensare che a Gaza non vi siano uomini di Tel Aviv. Un secondo aspetto che deve far pensare - e che riguarda però stavolta non Israele né la Palestina, bensì l'Occidente - sono le numerosissime reazioni di giubilo e non solo, da parte di vari esponenti del mondo islamico, alla notizia dell'attacco di Hamas. Basti vedere cos'è accaduto all'High-Deck-Siedlung, area multiculturale che si trova nel quartiere Neukölln di Berlino: dei manifestati pro Palestina sono scesi in piazza per festeggiare i massacri di Hamas distribuendo dolci ai passanti e ci sono stati attacchi alla polizia, che hanno provocato il ferimento di due agenti e l'arresto di 40 persone. Attenzione a pensare che si tratti di un fenomeno solo tedesco. Anche in tutto il Regno Unito - a Londra, Manchester e Brighton - folle pro-Hamas si sono radunate per celebrare l'assalto ai danni di Israele. Scene simili si sono verificate anche in Svezia. Sabato scorso a Malmö, una città in cui il 37% della popolazione ha origini straniere, una carovana di palestinesi e altri migranti ha letteralmente invaso le strade; complessivamente, alla manifestazione hanno preso parte circa 200 autovetture, con musica araba e bandiere svolazzanti dai finestrini, quasi ci fosse da festeggiare un successo calcistico. Anche in Olanda ci sono state manifestazioni e i sindaci di Rotterdam e l'Aia si sono rifiutati di esporre la bandiera d'Israele. Scene surreali si son viste pure negli Stati Uniti e in Canada; significativo in particolare cosa è accaduto in Ontario, dove uomini a bordo di veicoli sono stati ripresi mentre celebravano gli attacchi nel parcheggio di un centro commerciale. Ora, si potrebbe continuare ancora a lungo enumerando avvenimenti che hanno dello sconvolgente, ma forse meglio fermarsi perché essi già mettono ben in luce - davanti ad una guerra che ieri ha superato la quota di 1.000 vittime - le basi civili inesistenti su cui poggia l'osannato modello sociale multiculturale, che ricorda tanto una bomba ad orologeria. Per carità, è vero che simili surreali festeggiamenti non costituiscono una novità assoluta. Basti vedere quanto accaduto nel 2015 in Siria, dove jihadisti dell'allora sedicente Stato islamico festeggiarono gli attentati di Parigi distribuendo caramelle alla gente in strada. Ma un conto - ecco la differenza - è che ciò sia avvenuto ieri, in Libia, per mano di militanti dell'Isis; un altro, ben più sconvolgente, è apprendere come le medesime scene si ripetano oggi nel cuore dell'Occidente, per mano di soggetti col passaporto europeo o americano. È un fortissimo campanello d'allarme. La domanda però è: quanti sapranno, in particolare nel mondo della politica e delle istituzioni, riconoscerlo come tale? Alla fine, la questione vera è tristemente questa. Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Hamas, braccio palestinese dei Fratelli Musulmani" parla della matrice ideologica fondamentalista islamica del movimento armato palestinese che controlla Gaza. Un breve excursus storico sulle sue origini e progetti per il futuro. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 9 ottobre 2023: La guerra improvvisamente scatenata da Hamas contro Israele, inizia esattamente cinquant'anni dopo l'attacco arabo dello Yom Kippur, del 6 ottobre 1973. L'aggressione in un Paese addormentato in un sabato di festa, il fallimento dei servizi segreti, le gravi perdite degli israeliani, l'inaspettata preparazione dei suoi nemici la ricordano. Ma i paralleli finiscono qui. Perché quello a cui assistiamo, negli ultimi due giorni, non è un conflitto convenzionale fra eserciti regolari. È un'operazione a cavallo fra un'offensiva militare e un'azione terroristica, una "scorreria" tipica dei popoli del deserto e riportata in vita nei tempi moderni. Abbiamo visto scenari simili anche a Mumbai nel 2008 e più vicino a noi, nel tempo e nello spazio, anche a Parigi nel 2015. Gli attaccanti agiscono in piccole cellule fra loro coordinate, appoggiate da unità già all'interno del territorio nemico, colpiscono obiettivi civili indifesi, uccidono indiscriminatamente, catturano ostaggi (il loro vero "bottino"). Le massicce salve di razzi, la caratteristica di tutti i precedenti attacchi di Hamas, stavolta sono servite solo come diversivo. L'operazione vera e propria è avvenuta con l'infiltrazione di gruppi di terroristi nei centri abitati, compresa la città di Sderot. L'aspetto più atroce di questo tipo di azioni, oltre al trauma di chi le subisce in prima persona, è l'ostentazione della crudeltà. Le immagini dei civili uccisi, dei feriti, del sangue, dei cadaveri portati a Gaza come trofei, delle case penetrate e devastate, diventano "virali" sono fatte circolare in rete, sono montate ad arte, anche con la musica in certi casi. Deve servire per galvanizzare la propria base ideologica e al tempo stesso terrorizzare l'avversario. La popolazione colpita, soprattutto, sente di poter fare una fine atroce anche restando in casa propria e perde ogni senso di sicurezza. Al Qaeda e poi l'Isis, ci avevano abituati a questo tipo di spettacolo crudele, prima di sparire dai nostri radar. Hamas coglie alla sprovvista il pubblico occidentale più distratto, perché nessuno associava il partito islamista palestinese, padrone incontrastato di Gaza dal 2007, alla violenza tipica dei jihadisti. Ma la matrice ideologica di Hamas è la stessa di quella di Al Qaeda e dunque anche dell'Isis, scheggia impazzita del movimento di Al Zawahiri e Bin Laden. La matrice comune è quella dei Fratelli Musulmani (di cui l'ideologo Al Zawahiri era un esponente). E l'ideologia jihadista, anche quella di Hamas, non solo giustifica ma addirittura richiede l'uccisione dei civili nemici di religione. Colpisce gli ebrei in quanto tali, senza distinguere fra militari e non. Che Hamas sia il braccio palestinese dei Fratelli Musulmani è specificato nel suo stesso statuto del 1988. Nell'articolo 2 leggiamo: "Il Movimento di Resistenza Islamico è una delle branche dei Fratelli Musulmani in Palestina. Il movimento dei Fratelli Musulmani è un'organizzazione mondiale, uno dei più grandi movimenti islamici dell'era moderna. È caratterizzato dalla profonda comprensione, da nozioni precise, e da una totale padronanza di tutti i concetti islamici in tutti i settori della vita: nelle visioni e nelle credenze, in politica e in economia, nell'educazione e nella società, nel diritto e nella legge, nell'apologetica e nella dottrina, nella comunicazione e nell'arte, nelle cose visibili e in quelle invisibili, e comunque in ogni altra sfera della vita". Nel suo preambolo è contenuta una citazione di Hassan al Banna, fondatore egiziano della Fratellanza: "Israele sarà stabilito, e rimarrà in esistenza finché l'islam non lo ponga nel nulla, così come ha posto nel nulla altri che furono prima di lui". Oltre a questo invito a distruggere lo Stato israeliano, troviamo nello stesso statuto anche quello a uccidere gli ebrei. L'articolo 7, sulla Universalità del Movimento di Resistenza Islamico, è diventato tristemente celebre: "... il Movimento di Resistenza Islamico ha sempre cercato di corrispondere alle promesse di Allah, senza chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto. Il Profeta - le preghiere e la pace di Allah siano con Lui - dichiarò: ‘L'Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l'albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c'è un ebreo nascosto dietro di me - vieni e uccidilo'". Formatosi nella Prima Intifadah, anche come opposizione interna alla leadership di Arafat, Hamas si è distinto per le sue azioni terroristiche negli anni Novanta, quando si opponeva al processo di pace iniziato con gli accordi di Oslo del 1993. Infatti, Hamas non ha mai accettato alcun piano di pace, né alcuna proposta di partizione per due popoli in due Stati, perché ritiene la Palestina indivisibile per diritto divino: "Il Movimento di Resistenza Islamico crede che la terra di Palestina sia un sacro deposito (waqf), terra islamica affidata alle generazioni dell'islam fino al giorno della resurrezione - leggiamo ancora nello statuto, articolo 11 - Non è accettabile rinunciare ad alcuna parte di essa.
    14m 22s
  • Musulmano picchia la moglie, ma per il PM è un fatto culturale e va assolto

    12 SEP 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7535 MUSULMANO PICCHIA LA MOGLIE, MA PER IL PM E' UN FATTO CULTURALE E VA ASSOLTO La storia di una donna di 27 anni di origini bengalesi, cittadina italiana, madre di due figlie e costretta a un matrimonio combinato di Salvatore Montillo Violenze e maltrattamenti subite da una giovane donna originaria del Bangladesh, definiti «contegni di compressione delle libertà morali e materiali», sarebbero «il frutto dell'impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge». Motivo per il quale l'imputato (oggi ex marito) va assolto. È destinata a far discutere la richiesta di assoluzione messa nero su bianco da un pubblico ministero di Brescia nell'ambito di un procedimento a carico di un uomo del Bangladesh residente nel bresciano. In vista dell'ultimo atto del processo, che dovrebbe arrivare a sentenza nelle prossime settimane, il pm ha così giustificato, nelle conclusioni depositate alle parti, i motivi per i quali quei presunti maltrattamenti rientrerebbero nel campo dei reati culturalmente orientati e pertanto non vadano puniti. «I contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell'odierno imputato - scrive il pm - sono il frutto dell'impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l'uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine». Il caso ha preso il via nel 2019, quando una donna di 27 anni di origini bengalesi, cittadina italiana, madre di due figlie, costretta a sposare in patria un cugino secondo un matrimonio combinato, ha denunciato il marito, nel frattempo diventato ex, per maltrattamenti fisici e psicologici. A suo tempo la Procura aveva già chiesto l'archiviazione del procedimento, richiesta rigettata dal gip che ha ordinando l'imputazione coatta per lo straniero nato e cresciuto in Bangladesh. «Sussistono senz'altro elementi idonei a sostenere efficacemente l'accusa in giudizio nei confronti dell'ex marito» aveva stabilito il gip. «Le condotte dell'uomo - continua il pm nella richiesta di assoluzione - sono maturate in un contesto culturale che sebbene inizialmente accettato dalla parte offesa si è rivelato per costei intollerabile proprio perché cresciuta in Italia e con la consapevolezza dei diritti che le appartengono e che l'ha condotta ad interrompere il matrimonio. Per conformare la sua esistenza a canoni marcatamente occidentali, rifiutando il modo di vivere imposto dalle tradizioni del popolo bengalese e delle quali invece, l'imputato si è fatto fieramente latore». Sconcertata la donna, cresciuta a Brescia dove vive dall'età di 4 anni, che in un'intervista al Giornale di Brescia racconta di essere stata «venduta per 5mila euro» ad un cugino dopo la morte del padre, sepolto in patria. Divenuta madre di due bambine, la donna è stata costretta a lasciare gli studi alle superiori ed è rimasta segregata in casa per anni. «Dopo anni di urla, insulti e botte, sotto la costante minaccia di essere riportata in Bangladesh definitivamente, nel 2019 ho trovato il coraggio di denunciare». Un coraggio che potrebbe non servire a renderla per sempre una donna libera. Nota di BastaBugie: Anna Bono nell'articolo seguente dal titolo "Estradato in Italia il padre di Saman, un traguardo insperato" parla dell'arrivo in Italia di Shabbar Abbas, l'uomo che nel 2021, insieme a dei familiari, uccise la figlia Saman per aver rifiutato un matrimonio combinato. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 settembre 2023: È arrivato in Italia il 1° settembre, estradato dal Pakistan, Shabbar Abbas, l'uomo che nel 2021 insieme alla moglie e ad alcuni familiari, all'epoca residenti in Italia a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, ha ucciso la figlia Saman di 18 anni perché aveva rifiutato di accettare un matrimonio combinato con un cugino scelto dai genitori. Coinvolti nell'omicidio sono la moglie, Nazia Shaheen, tuttora latitante in Pakistan e oggetto anch'essa di una richiesta di estradizione, due cugini di Saman, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, arrestati in Francia e in Spagna nei mesi successivi al delitto, e lo zio, Danish Hasnain, fratello di Shabbar Abbas, arrestato in Francia. Come si ricorderà, i resti di Saman erano stati sepolti nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio e il giorno successivo Shabbar Abbas e la moglie erano tornati in Pakistan, richiamati d'urgenza - questa la giustificazione - perché una loro zia stava male. Raggiunto telefonicamente, Abbas aveva continuato a negare, a dire che sua figlia era viva, che si trovava in Belgio. La polizia pakistana lo ha arrestato il 15 novembre 2022 per frode ai danni di un connazionale e così la procedura di estradizione, complessa e delicata, ha avuto inizio. Le udienze per discutere la legittimità della richiesta di estradizione da parte del Ministero italiano della giustizia hanno subìto più di 30 rinvii. Finalmente, il 4 luglio scorso, i giudici della Corte di Islamabad hanno espresso parere favorevole e il 29 agosto è arrivata l'autorizzazione del governo pakistano. L'8 settembre Abbas comparirà davanti alla Corte di assise di Reggio Emilia dove sarà sentito come testimone suo figlio, il fratello minore di Saman, che ha indicato agli inquirenti il luogo dove si trovava il cadavere della sorella. «È la prima volta che una estradizione attiva viene concessa dal Pakistan, non era mai successo - ha commentato il procuratore di Reggio Emilia, Gaetano Calogero Paci -. Fa ben sperare su una buona prospettiva di riuscita di un accordo più ampio tra Italia e Pakistan che sappiamo essere in fase di gestazione, per creare un sistema di relazioni bilaterali più stabile. In Italia ci sono 200 mila pakistani regolarmente censiti». [...] Anche il primo ministro Giorgia Meloni ha sottolineato l'importanza decisiva della collaborazione delle autorità pakistane, effettivamente insperata perché in Pakistan tradizioni tribali e integralismo islamico si combinano per far sì che agli occhi di molti il delitto commesso dai familiari di Saman appaia non solo legittimo, ma doveroso. L'onore di una famiglia si ritiene infatti compromesso quando i suoi componenti non obbediscono al padre dimostrando al mondo che manca dell'autorità e della determinazione necessarie a farsi rispettare. Per il decoro e la stima familiare si ritiene che un padre abbia il dovere di vegliare sul comportamento dei congiunti, in particolare di donne e minori, di punirli se lo ritiene giusto. Una figlia che rifiuta un matrimonio combinato disobbedisce e, atto altrettanto grave, contesta una istituzione che è uno dei cardini di un sistema condiviso di rapporti familiari, sociali ed economici. Perciò merita una punizione esemplare. Ai nostri occhi lei è la vittima, chi la uccide il colpevole. Viceversa agli occhi dei parenti di Saman, lei si è macchiata di una grave colpa, le vittime sono i suoi genitori e gli altri suoi familiari sui quali ricade l'onta del suo comportamento. Lo chiamiamo omicidio oppure delitto d'onore. Invece, per chi lo commette è una punizione necessaria per restituire alla famiglia dignità e rispetto dei parenti e della comunità. Ma anche in Pakistan i valori e le istituzioni delle società patriarcali che l'Islam ha sacralizzato non sono condivisi da tutti, non più. [...] Un segno è l'atteggiamento nei confronti dei cristiani, spesso vittime di intolleranza estrema, ma anche oggetto di concreti segnali di rispetto e volontà di coesistenza pacifica. Un altro è la lotta per emendare la legge che punisce la blasfemia, i tentativi di moderarne almeno le sanzioni. La decisione di consegnare alla giustizia italiana Shabbar Abbas può essere un altro segno. Sarà importante nelle prossime settimane seguire le reazioni al processo contro gli assassini di Saman delle comunità islamiche in Italia e dell'opinione pubblica italiana.
    9m 59s
  • La nuova rivoluzione francese è alle porte

    6 SEP 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7525 LA NUOVA RIVOLUZIONE FRANCESE E' ALLE PORTE di Roberto De Mattei Mi ha fatto riflettere un articolo di Jean-Pierre Maugendre sulla rivista "Renaissance Catholique", di cui cercherò di riassumere i punti essenziali, anche perché offre una seria e articolata conferma delle preoccupazioni del generale Roberto Vannacci, nel suo libro "Il mondo al contrario", che in Italia ha provocato un ingiustificato scandalo. Maugendre si sofferma sulla situazione della Francia ed esordisce affermando che una parte significativa del suo territorio nazionale è ormai in stato di secessione, l'equivalente sul piano politico dello scisma, sul piano religioso. "La domanda - scrive - non è più se una guerra civile, o meglio una guerra etnico-religiosa, avrà luogo sul suolo francese, ma quando e con quali probabilità di successo per i vari protagonisti". La causa di questa pre-guerra civile è l'immigrazione che in Francia ha origini più lontane e dimensioni più ampie di quella dell'Italia, e di altri Stati europei, che però stanno percorrendo la stessa strada. Negli ultimi decenni, afferma Maugendre, un gran numero di immigrati estranei alla nostra cultura e civiltà è entrato a far parte del territorio nazionale francese, ma gli strumenti di assimilazione che avevano funzionato per gli immigrati polacchi, spagnoli e italiani all'inizio del XX secolo sono falliti. Né la scuola, né il servizio militare, né la Chiesa, sono riusciti a "francesizzare" queste onde di immigrati. Le responsabilità sono della destra liberale, che vede gli esseri umani solo come produttori e consumatori, e della sinistra socialista, imbevuta delle grandi utopie dei diritti dell'uomo. Entrambe, destra e sinistra, d'accordo su un mantra: la Repubblica e la sua religione, il secolarismo, avrebbero risolto tutti i problemi. L'ISLAM HA RAFFORZATO LA SUA PRESA SULLE POPOLAZIONI DI IMMIGRATI Così non è stato. Nel corso degli anni, l'Islam ha rafforzato la sua presa sulle popolazioni di immigrati, alcune delle quali non desideravano altro che occidentalizzarsi. Scrive Maugendre: "Diventare francesi! Perché dovrebbero farlo? È davvero auspicabile e desiderabile? Chi è orgoglioso di essere o diventare francese? In effetti, molti di questi giovani immigrati di seconda o terza generazione, quando viene chiesto loro di definirsi, annunciano la nazionalità dei loro genitori. Quanti delle migliaia di tifosi marocchini che lo scorso dicembre hanno invaso e occupato gli Champs Elysées durante l'ultima Coppa del Mondo di calcio erano "francesi sulla carta". Chi, tra questi immigrati, potrebbe essere così avventato da abbandonare il conforto che dà loro la Umma, islamica una comunità in piena espansione demografica e politica, per associare il proprio destino a un paese il cui disprezzo per il diritto naturale (matrimonio per tutti, teoria del gender, dittatura LGBT, ecc.) è oggetto di scandalo e disprezzo per popolazioni che sono ancora saldamente attaccate a certi elementi del diritto naturale? (...) I recenti attacchi agli edifici pubblici, alle forze di polizia, ai vigili del fuoco, alle scuole, alle biblioteche e così via, tutti simboli della Francia e delle sue istituzioni, dimostrano da parte di molti di questi giovani un odio verso il nostro Paese che anche i commentatori più compiacenti non riescono più a nascondere". Maugendre cita fatti che sono sotto gli occhi di tutti. "La divisione etno-religiosa prevista e temuta da alcuni non è più un rischio o una profezia, ma una realtà. Alle elezioni legislative del giugno 2022, il NUPES di Jean-Luc Mélenchon, il partito di sinistra pro-immigrati, ha vinto in tutte e dodici le circoscrizioni di Seine Saint-Denis. Nel frattempo, il Rassemblement National di Marine Le Pen ha vinto in sette delle otto circoscrizioni del Var. La spaccatura è evidente. MILIARDI DI EURO BUTTATI AL VENTO Versare miliardi di euro nelle periferie per ricostruire i 1059 edifici incendiati o promuovere l'educazione sessuale nelle scuole non risolverà i problemi posti dalla secessione di molte parti del nostro territorio nazionale. È già molto tardi, e la banda di nullatenenti che presiede al destino del nostro sfortunato Paese non è in grado né di rallentare il flusso di nuovi immigrati né di far rispettare gli OQTF (Obligation de Quitter le Territoire Français) emessi dai tribunali. C'è da temere che il destino del nostro Paese sia quello del Libano, cioè la frammentazione della Francia lungo linee etniche e religiose. Un quartiere o una città saranno popolati da marocchini, un'altra da algerini, un'altra da abitanti del Mali, un'altra ancora da francesi etnici, eccetera, ognuno regolato dalla propria legge. La storia è implacabile. Ha le sue leggi, impietose come quelle della fisica". Citando una profezia del maresciallo Juin, Maugendre scrive: "La Francia è in stato di peccato mortale e un giorno sarà punita. Ma sappiamo anche che è sempre possibile guarire, anche dal peccato mortale. Purché ci si penta e si faccia ammenda. Il 29 luglio 1916, l'ormai santo Charles de Foucauld profetizzava dal suo eremo di Tamanrasset: "Se non siamo riusciti a rendere francesi questi popoli, ci cacceranno. L'unico modo per farli diventare francesi è che diventino cristiani". Queste previsioni, non hanno perso nulla della loro attualità e non riguardano solo la Francia "La situazione della Chiesa in Francia - afferma Maugendre - che dovrebbe essere responsabile di questa missione di evangelizzazione ma che è soprattutto preoccupata di rompere con la Tradizione liturgica della Chiesa e di convertirsi a una sinodalità tanto indigesta quanto decisamente rivoluzionaria, non dà certo adito all'ottimismo. Tuttavia, sappiamo che nulla è impossibile a Dio e che è nell'umile adempimento delle nostre fedeltà domestiche che si preparano i tempi della Risurrezione". Sono parole che Maugendre riferisce alla Francia, ma che potremmo applicare all'Italia e all'Europa intera.
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  • Con i prodotti halal, l'islam detta legge

    22 AUG 2023 · VIDEO: La jihad cresce in Italia ➜ https://www.youtube.com/watch?v=3LL2iB7R8Wk TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7511 CON I PRODOTTI HALAL, L'ISLAM DETTA LEGGE di Mauro Faverzani Macché "di nicchia"! I prodotti halal, vale a dire «conformi alla sharia», la legge islamica, hanno ormai conquistato una fetta importante del mercato mondiale e sono in continua espansione. Per due motivi: una forte valenza religiosa identitaria islamica; prezzi fortemente competitivi, in grado di intercettare anche la clientela occidentale, specie quella meno abbiente, con punti-vendita nei quartieri più poveri. Con oltre mille aziende certificate halal, ad esempio, l'Italia si colloca oggi al terzo posto in Europa, dopo Inghilterra e Francia. Un balzo in avanti incredibile, tenendo conto che solo 16 anni fa, nel 2007, il nostro Paese si trovava all'ultimo posto. La grande distribuzione si è ormai mobilitata; c'è chi si è dotato di un angolo halal, come la Coop. I grandi marchi (Nestlé in 50 Paesi e poi ancora Aia, Amadori, Ferrarelle, Fabbri, Sterilgarda, per citarne alcuni) si sono allineati, così come molte piccole aziende e cooperative, esibendo con orgoglio sui propri siti, come un trofeo, l'agognata certificazione. In Francia, 10 milioni di clienti frequentano negozi e ristoranti halal. Solo nell'ultimo quinquennio, oltralpe, sono apparse una quindicina di catene, in cui i prodotti halal sono esclusivi o quasi, e altre sette grandi catene di hamburgherie. La Spagna produce oltre 2.500 prodotti halal, di cui è grande esportatrice, soprattutto nel settore delle carni, in Francia, ma anche nei Paesi privi di un'industria agroalimentare forte, come Algeria e Marocco. Insomma, il giro d'affari è notevole. Negli ultimi anni, nonostante la pandemia, complessivamente il mercato halal è cresciuto del 15% in Europa, mentre nello stesso periodo il commercio "bio" ha registrato appena un +2%. Già al World Halal Food Council, svoltosi a Roma dal 26 al 30 marzo 2014, il messaggio, ripreso all'epoca dall'Ansa, fu molto chiaro: «"La finanza e i capitali islamici sono pronti a portare fuori dalla crisi l'Europa" e "in particolare l'Italia", purché i Paesi seguano, "nella produzione, nella logistica e nella commercializzazione", gli standard halal». Aggiunse in quella sede lo sceicco Fayez al Shahri: «Siamo pronti a investire anche in infrastrutture, ma l'Italia deve garantirci di riconoscere l'ufficialità del mercato halal, prevedendo la certificazione obbligatoria delle imprese interessate». Certificazione che spalanca le porte di un mercato da 1,6 miliardi di persone, ma che può essere rilasciata solo da organismi esclusivamente musulmani. Il che significa una cosa sola: che, a dettare le regole, vuole essere solo l'islam. STANDARD ISLAMICI? In Italia, ad occuparsene, è Halal Italia, applicando standard islamici nazionali e internazionali. Tale realtà, varata su richiesta della Comunità Religiosa Islamica Italiana, è stata riconosciuta ufficialmente da una convenzione interministeriale sottoscritta il 30 giugno 2010, sotto il governo Berlusconi IV. La convenzione punta a consentire alle aziende italiane di cavalcare l'internazionalizzazione e di conquistare così i mercati dei Paesi a maggioranza islamica. Ma l'arma è a doppio taglio, perché a dettar le regole è appunto l'islam. A livello internazionale opera la World Halal Authority, un organo di certificazione riconosciuto da organizzazioni governative e non governative, dalle associazioni dei consumatori halal e dalle autorità e rappresentanze religiose dell'islam nel mondo. Il limite di tali organismi è però la loro autoreferenzialità, come evidenziato già il 19 dicembre 2011 su Il Sole 24 Ore da Annamaria Tiozzo, consulente di marketing islamico e di certificazioni religiose: «A oggi non abbiamo ancora degli standard internazionali di certificazione validi per tutti i Paesi. (...) In assenza di una regolamentazione, (…), utenti finali ed aziende sono lasciati a sé stessi». Ormai si certifica di tutto, non più solo carne: generi alimentari, cosmetica, farmaceutica, logistica, finanza, servizi, turismo, accoglienza, eccetera. Come mai? Negli anni Novanta, anche tra i musulmani più radicali, non v'erano pretese particolari circa la carne halal. Finché non se ne scoprirono i vantaggi normativi: far pagare una piccola percentuale sulle vendite ha assicurato una formidabile fonte di reddito. Da quel momento in poi, è divenuta essenziale la certificazione halal. I punti-vendita effettuano da tempo raccolte a favore di organizzazioni caritatevoli islamiche, molte delle quali sono accusate di predicare però un islam troppo severo e rigoroso. Jérôme Fourquet, noto politologo e sociologo francese, intervistato lo scorso 5 luglio dal quotidiano spagnolo Abc, ha evidenziato come il 74% dei musulmani francesi sotto i 25 anni consideri la propria religione, l'islam, «più importante» della République, dello Stato. E questa tendenza, dagli esiti ancora incerti, sarebbe in netto aumento da diversi anni. Secondo il presidente dell'associazione Vigilance Halal (con oltre 5 mila iscritti), il dottor Alain de Peretti, «non v'è in Francia alcuna seria indagine sui flussi finanziari generati dall'industria halal, alquanto opachi». LA MACELLAZIONE ISLAMICA Senza parlare delle perplessità che ancora suscita a più livelli la macellazione islamica halal, come quella ebraica kosher. Innanzitutto sul fronte igienico-sanitario. Viene definita, infatti, «macellazione in deroga». Perché? Il regolamento europeo n. 1099 del 24 settembre 2009, entrato in vigore l'1 gennaio 2013, prevede l'obbligo di stordimento prima dell'abbattimento per assicurare che l'animale sia incosciente e quindi insensibile al dolore nel momento di massima sofferenza. Tuttavia, tale regolamento ammette la possibilità di procedere alle macellazioni rituali anche senza ricorrere allo stordimento, riconoscendo in merito ampia discrezionalità agli Stati membri. La macellazione halal prevede un operatore musulmano adulto e praticante. L'animale dev'essere rivolto verso la Mecca: prima di sgozzarlo, viene pronunciata l'invocazione detta basmala. Poi l'addetto procede, tagliando con una lama affilata e con un unico colpo trachea, esofago, carotide e vena giugulare dell'animale, che deve morire per dissanguamento. Contro tale pratica è scesa in campo un'armata Brancaleone, composta da diverse organizzazioni non governative, associazioni laico-umaniste votate alla secolarizzazione spinta, animalisti e frange partitiche annesse. Anche sul fronte sanitario, però, non mancano voci fortemente critiche. Alcuni anni fa la giornalista francese Anne de Loisy, autrice del libro Bon appetit! dedicato all'argomento, ha sollevato precisi dubbi. La modalità halal sarebbe «il metodo più economico e più semplice per abbattere le bestie», ha dichiarato in un'intervista a Paris Match, a fronte di una procedura, quella ordinaria, con lavaggi più frequenti, tempi morti e ritmi di produzione più lenti. Il già citato dottor de Peretti, da veterinario, ha sottolineato più volte i rischi batterici della macellazione rituale, evidenziati anche dall'Accademia dei veterinari francesi in un rapporto inviato nel dicembre 2006 all'allora ministro dell'Agricoltura. Insomma, il mercato è allettante per numeri e potenzialità, ma le criticità non mancano. Forse, sarebbe il caso di tenerne maggior conto e di affrontarle.
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  • Africa alla deriva tra secolarizzazione e islam

    25 JUL 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7474 AFRICA ALLA DERIVA TRA SECOLARIZZAZIONE E ISLAM di Mauro Faverzani Mentre l'Europa affonda nei propri vizi ed in una silenziosa, sciagurata forma di apostasia, gran parte dell'Africa è ormai nelle mani o della dilagante secolarizzazione oppure della jihad, infiltratasi nel Continente sia con la violenza, in allarmante aumento negli ultimi anni, sia alleandosi con reti criminali organizzate e con bande autoctone con interessi regionali, inserendosi così in conflitti e divisioni già in atto, sia sfruttando povertà, corruzione, anarchia, analfabetismo, disoccupazione ed altre criticità sociali, particolarmente diffuse. Tra le regioni, ove più tristemente è presente la jihad, figurano quelle del Sahel (che comprende Burkina Faso, Mali, Niger, Nigeria e Camerun e che conta già 7.899 morti pari al 40% del totale delle vittime), il bacino del lago Ciad, la Somalia ed il Mozambico. I cristiani vengono esclusi dalle cariche governative, non possono costruire chiese, né cappelle, le loro donne vengono costrette ad indossare l'hijab ed a sposare uomini musulmani, mentre i sacerdoti vengono spesso sequestrati. Lo scorso 16 giugno in Uganda, a Mpondwe, ad esempio, tanto per limitarsi agli ultimi tragici episodi di cronaca, le cosiddette «Forze Democratiche Alleate», gruppo affiliato all'Isis, hanno attaccato la scuola secondaria pubblica di Lhubiriha e provocato 42 morti, tra i quali ben 37 bambini - bruciati vivi, pugnalati o finiti a colpi di machete al grido di «Allahu Akbar» -, tutti cristiani. La vittima più giovane aveva 12 anni e frequentava il primo anno della scuola. Numerosi anche i feriti. Ancora imprecisato il numero delle ragazze rapite. Lo scorso marzo in Nigeria ben sei contee dello Stato di Middle Belt sono state attaccate dai miliziani islamici fulani. Particolarmente violente le aggressioni sferrate nel villaggio di Tse Jor, dove 40 jihadisti hanno provocato una ventina di morti, tra i quali molti giovani e bambini, oltre a numerosi feriti. Sempre in Nigeria lo scorso 19 maggio è stato sequestrato Padre Kingsley Maduka, parroco della chiesa cattolica di Cristo Re a Ezinnachi-Ugwaku, Okigwe, nello Stato di Imo, mentre si stava recando per l'adorazione eucaristica nella cappella appena eretta nel villaggio di Ogii. Il sacerdote è stato rilasciato dopo cinque giorni nelle mani dei suoi aguzzini, incalzati dalle forze dell'ordine, tanto da convincerli a sbarazzarsi della propria vittima. Ma l'islam non è l'unico pericolo mortale da cui guardarsi in Africa: non meno temibile e sanguinaria è la cultura di morte importata dal secolarismo occidentale e dagli organismi internazionali, tale da spingere recentemente i vescovi della Repubblica Centrafricana a lanciare l'allarme, al termine della loro assemblea plenaria tenutasi a Bangassou: nel mirino del laicismo dilagante, anche qui, c'è la famiglia, di cui molti, troppi sognano la disgregazione: «Le molteplici crisi politico-militari del nostro Paese hanno disgregato le famiglie e compromesso l'educazione - si legge in un comunicato diffuso dai Vescovi - instaurando una cultura della violenza e dell'impunità, di controvalori radicati nell'individualismo e nell'egoismo», alimentati dalla povertà generalizzata, dalla disoccupazione diffusa, dall'instabilità politica e sociale. Oltre alla famiglia, prevedibilmente nel mirino c'è anche la vita. Di pochi giorni fa è la denuncia fatta da Padre Apollinare Cibaka Cikongo, rettore dell'Università di Mbujimayi, nella Repubblica Democratica del Congo: alla piaga degli aborti in Africa la comunità internazionale ha opposto un silenzio definito dal sacerdote «terrificante», come ha dichiarato nel corso di un'intervista all'emittente EWTN Vatican. Tra l'11 aprile e l'11 maggio, ad esempio, ad oltre 200 donne è stato ucciso il bimbo in grembo, senza che questo abbia provocato la benché minima opposizione o critica, neppure da parte della Chiesa ufficiale. Secondo Padre Cikongo, è urgente promuovere la dignità della vita umana [...]: «Con le nuove generazioni e l'influenza dei media - ha dichiarato il sacerdote - se non ci svegliamo, avremo una società corrotta dalla cultura della morte e dalla distruzione della sessualità e del rapporto tra uomo e donna». Come tristemente già accade in Occidente.
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  • Se lo stupratore è islamico la polizia lascia fare

    4 JUL 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3544 SE LO STUPRATORE E' ISLAMICO, LA POLIZIA LASCIA FARE di Stefano Magni Bande organizzate di bruti hanno rapito, violentato e talvolta anche rivenduto 1400 minorenni. Succede a Rotherham, nell'Inghilterra settentrionale. Un rapporto pubblicato ieri, a firma della professoressa Alexis Jay, a conclusione di un'indagine indipendente commissionata dal comune, parla chiaro e non cela i dettagli. Descrive storie di minorenni, soprattutto ragazzine fra gli 11 e i 16 anni di età, cosparse di benzina e minacciate di essere date alle fiamme, minacciate con pistole e fatte assistere a stupri brutali, minacciate di essere le prossime se ne avessero parlato con qualcuno. Bambini venduti in altre città e usati come oggetti sessuali. Altre ragazzine violentate in modo seriale, tanto da dichiarare, una volta fuori dall'incubo, che ormai "lo stupro di gruppo era diventato un modo di vivere". Tutto questo è avvenuto per 16 anni, dal 1997 al 2014, senza che nessuno intervenisse. Eppure le autorità inglesi locali ne erano perfettamente al corrente. Prima dell'attuale rapporto Jay, erano stati redatti altri tre rapporti. Tutti cestinati. Nel primo caso, le autorità non avevano creduto ai dati. Gli altri due rapporti erano stati semplicemente accantonati. A loro avviso i dati erano "esagerati". In effetti, 1400 vittime minorenni di abusi in una cittadina con nemmeno 120mila abitanti è una cifra immensa, assurda nella sua sproporzione. E, fra l'altro, si tratta ancora di una stima conservativa, perché in questi 16 anni le vittime potrebbero risultare molte di più. LA CAPPA DI TERRORE CHE INDUCE A STARE ZITTI Eppure c'è un'altra causa del silenzio che sta emergendo con clamore. I bruti in questione, infatti, non sono i padri delle vittime, non si parla di stupratori inglesi, ma sono: membri di gang di pachistani, alle quali si sono aggiunti anche iracheni e qualche kosovaro. Immigrati che la stampa britannica definisce genericamente "asiatici". O non li definisce affatto. Nelle prime ventiquattro ore di notizie, infatti, la Bbc ha completamente cancellato l'origine dei membri della gang degli orrori. Quando entra in ballo la comunità musulmana, una cappa di terrore induce tutti, dalla polizia alla stampa, passando per gli assistenti sociali, a stare zitti. La polizia non si è mossa, o lo ha fatto in modo controproducente. In almeno due casi, i padri di ragazzine stuprate hanno cercato di salvare le loro figlie dai carnefici, ma sono stati arrestati a loro volta: i carnefici si son fatti passare per vittime e la loro origine, evidentemente, li ha resi più credibili agli occhi degli agenti. Ci sono casi di intimidazione palese: ragazzini che non hanno denunciato i loro violentatori, perché questi minacciavano rappresaglie sui loro fratellini o sorelline minori. E ci sono tante denunce di professori e membri del personale scolastico degli istituti locali che sono state bellamente ignorate. Fuori dalle scuole, le vittime venivano prelevate con le buone o con le cattive, e la polizia stava a guardare. Nel 2010 cinque pachistani erano finiti dietro le sbarre, per violenze seriali contro ragazze e ragazzine locali. Ma l'indagine non era andata oltre, benché il quotidiano The Times, nel 2012, fosse giunto alla conclusione che il giro delle violenze e dei violentatori era molto più ampio e noto alla polizia da almeno un decennio. Il caso che aveva fatto puntare i riflettori su Rotherham riguardava una ragazza di 17 anni, Laura Wilson: venne assassinata per aver "offeso" le famiglie di due pachistani che abusavano di lei. Lei era vittima di abusi fin dall'età di 11 anni e gli assistenti sociali ne erano al corrente. Nell'agosto del 2013, quattro donne avevano avviato un'azione legale contro il consiglio di Rotherham per i suoi "sistematici fallimenti" nel proteggerle dagli abusi sessuali di un gruppo di uomini, subiti fin da quando erano bambine. Una ragazza, conosciuta come "Jessica", ha dichiarato di essere stata quotidianamente violentata, quando aveva 14 anni, da un ragazzo di dieci anni più grande di lei e i servizi sociali non hanno voluto classificarla come vittima di abusi. I documenti rivelano che in almeno un caso la polizia l'abbia trovata in "atteggiamenti intimi" con il suo persecutore e abbia arrestato lei (già affidata ai servizi sociali) lasciando andare lui. AUTOCENSURA DETTATA DALL'ANTIRAZZISMO L'autocensura dettata dall'antirazzismo è stata, questa volta, direttamente complice dei criminali. Infatti, nel rapporto di Alexis Jay emerge chiaramente: le autorità locali avevano paura di essere accusate di "razzismo". «Sembra che alcuni (funzionari ndr) pensassero che si trattasse di casi eccezionali, che secondo loro non si sarebbero ripetuti. Altri erano preoccupati di riferire le origini etniche dei responsabili per paura di essere considerati razzisti; altri ancora ricordano invece di aver ricevuto chiare istruzioni di non farlo da parte dei propri dirigenti». Quindi le autorità non si sono mosse. Eppure il fenomeno era chiaro già il decennio scorso. Nel rapporto del 2003, la dottoressa Angie Heal, la relatrice di allora, aveva scritto: «A Rotherham, la comunità asiatica locale, raramente denuncia (i colpevoli, ndr)». Secondo la professoressa Jay, già nel rapporto Heal si descriveva come stessero aumentando gli incentivi per chi partecipava al traffico dei minorenni. «In passato lo facevano solo per gratificazione personale, ora agli immigrati asiatici che vengono coinvolti vengono offerte anche opportunità economiche e di carriera». Già nel rapporto del 2006, si arrivava alla conclusione: «Un certo numero di funzionari pensano che una delle maggiori difficoltà a prevenire efficacemente questo crimine sia dovuta all'origine etnica dei suoi perpetratori». La Bbc, una volta svegliatasi dal coma etnico e ammessa l'origine dei criminali, ha anche approfondito il tema, con diligenza. Svelando come questo tabù antirazzista abbia impedito di identificare le vittime, oltre che i carnefici. Quelle 1400 vittime, infatti, non sarebbero tutte: la maggioranza sono inglesi non musulmane. Ma ci sono tanti altri bambini e bambine musulmani immigrati che tuttora non hanno ottenuto giustizia. Zlakha Ahmed, leader dell'organizzazione Apna Haq, per la difesa dei diritti delle donne e dei bambini di origine "asiatica", ritiene che: «il rapporto non mi ha sorpreso affatto, per quanto conosciamo questo problema da un certo numero di anni». Lei stessa avrebbe redatto, con la sua organizzazione, numerosi studi analoghi «con l'unica differenza che le vittime sono giovani donne musulmane asiatiche e i carnefici sono uomini pachistani musulmani». [...] Sempre in Inghilterra, è recentissimo lo scandalo delle scuole islamizzate a Birmingham. Anche in quel caso le autorità locali erano al corrente dell'esistenza di un piano di progressiva occupazione e islamizzazione di scuole pubbliche, ma la paura di essere accusati di razzismo e islamofobia ha impedito loro di intervenire in tempo. Non è l'islam che deve meravigliare, ma l'incredibile cecità auto-indotta delle autorità. PROBLEMA BRITANNICO Non si tratta solo di un problema britannico, ma riguarda tutta l'Europa. Il nord Europa in particolare. In Svezia e in Norvegia sono aumentati esponenzialmente gli stupri ai danni delle ragazze locali e le statistiche della polizia non indicano più l'origine etnica degli aggressori. Eppure i due paesi, in cui la violenza sessuale era a livelli minimi fino a due decenni fa, ora sono in cima alle classifiche europee sugli stupri, guarda caso solo da quando è iniziata la grande ondata migratoria dai paesi musulmani. Le ultime statistiche parlavano di una stragrande maggioranza di casi in cui l'aggressore era di origine "non occidentale", un modo politicamente corretto per indicare l'immigrato islamico. In Germania, lo scorso aprile, l'omicida afgano della sua ex fidanzata (accusata di non voler abortire) ha goduto di attenuanti culturali. Non è il primo caso e non sarà l'ultimo. Quella delle attenuanti culturali sta diventando una vera abitudine della magistratura tedesca. Ce ne siamo accorti anche noi quando, nel 2007, un sardo, nella Bassa Sassonia, godette dello stesso privilegio dopo aver violentato la sua ex fidanzata. L'allora sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, parlò esplicitamente di "esempio di razzismo contemporaneo". E in effetti il multiculturalismo (di cui Manconi, in altre occasioni, si è fatto portavoce), cosa è se non razzismo contemporaneo? La sua prima regola è che non vi sono "nostre" regole applicabili alle "loro" comunità. Si creano isole di anarchia in cui la sharia viene imposta dai leader religiosi locali. In Inghilterra questo processo inizia ad essere addirittura formalizzato, con l'introduzione di corti islamiche e l'applicazione della legge coranica nei tribunali.
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  • Il vuoto della democrazia sarà riempito dall'islam

    7 MAR 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7334 IL VUOTO DELLA DEMOCRAZIA SARA' RIEMPITO DALL'ISLAM di Pietro Guidi "Je suis Charlie" era lo slogan che imperversava un po' dappertutto in seguito all'attentato terroristico del 7 gennaio 2015 nei confronti dei giornalisti di "Charlie Hebdo". La rivista satirica francese pubblicava vignette dissacranti contro la religione, tra cui alcune a sfondo sessuale contro Gesù Cristo e la beata Vergine Maria. Hanno anche fatto vignette sull'islam che prendevano in giro Maometto e i musulmani non l'hanno presa tanto bene. Infatti due islamici hanno pensato di vendicare l'onore del loro profeta uccidendo i giornalisti della redazione della rivista, facendo fuori in totale dodici persone. Molti ne furono scandalizzati e, senza dare la colpa all'islam, difendevano la rivista al patetico grido di "Je suis Charlie" cioè "Io sono Charlie" per mostrare solidarietà e schierarsi a favore della libertà di espressione che vedevano minacciata. La giornalista Alessandra Buccini intervistò Anjem Choudary, un imam di Londra, per chiedergli la sua posizione riguardo all'attentato. A mio avviso questa intervista rappresenta un incontro tra due universi paralleli, due visioni del mondo inconciliabili, che mette in luce la psicologia islamica e quella occidentale. Ecco alcune frasi significative di quella intervista. Imam: Chiunque insulti il profeta deve morire. Io personalmente credo che andrebbe processato da un tribunale della Sharia e se colpevole giustiziato. Perché non imparate la lezione e basta? Questo è quello che dice l'islam. Perché hanno continuato a fare una cosa del genere? Giornalista: Perché noi crediamo nella libertà di espressione e di pensiero. Imam: Gliel'ho già detto: io non ci credo. Giornalista: Ma lei in questo momento mi sta parlando, dicendo cose inaccettabili da sentire dopo quello che è successo a Parigi. Eppure sta parlando. Non è questa la libertà di espressione? Imam: Io sto parlando perché Allah mi ha creato e mi ha dato il permesso di dare il punto di vista islamico al mondo. (...) La democrazia ha fallito. (...) È l'islam il futuro dell'umanità RIFLESSIONI CONTROCORRENTE Ho guardato questo video con altre persone ed ho notato che si erano divisi in due gruppi: il primo diceva che questo imam rappresenta solo una piccola parte dell'islam, la parte più estremista, ma i musulmani normali non sono così. L'altro gruppo diceva che l'islam è un pericolo serio per la nostra democrazia e la nostra libertà perché i terroristi stanno semplicemente seguendo quanto gli insegna la loro religione. Quindi non sono estremisti, ma semplicemente dei bravi musulmani. Se a questo punto state pensando chi ha ragione, vi anticipo subito che secondo me hanno torto entrambi. Infatti mentre i due gruppi si scontravano, io me ne stavo il silenzio, invaso da un sentimento di ammirazione. Aveva ragione l'imam. La giornalista aveva torto. Con una chiarezza di idee sconcertante il musulmano l'aveva lasciata nell'impossibilità di ribattere. Lei ha continuato a fargli domande sulla possibilità che si verifichino altri attacchi, ma non è più tornata sull'argomento incriminato. Devo ammetterlo: un po' mi fa pena la povera giornalista occidentale quando gli parla della libertà di espressione. Pensa davvero che sia una difesa nei confronti dell'islam? Quando verranno armati per conquistare l'Europa, la giornalista gli chiederà se hanno il permesso del parlamento o se hanno fatto un referendum democratico per l'annessione dell'Italia allo stato islamico? Bisogna ammettere che ha ragione l'imam: la democrazia ha fallito, la libertà di espressione è sbagliata e la bestemmia contro Dio è una cosa grave. Provocatoriamente potrei dire che ascoltando l'intervista di quel video ho finalmente trovato qualcuno che la pensa come me. Devo premettere, per evitare equivoci pericolosi, che i valori dell'imam sono diversi dai miei, ma almeno entrambi abbiamo dei principi. Il mio modo di pensare è molto più vicino al suo che non a quello dell'occidentale apolide e liquido. Se potessimo io e l'imam ci faremmo la guerra a vicenda, ma almeno saremmo d'accordo sulle premesse: entrambi pensiamo che c'è una sola verità, una sola religione giusta, che non si può dire liberamente la menzogna, né bestemmiare il nome di Dio e tante altre cose. Ovviamente devo dire anche che io credo che la verità sia Gesù Cristo, mentre il musulmano crede che sia quello che ha sognato Maometto, ma entrambi abbiamo una visione simile del mondo. Siamo d'accordo sull'intolleranza: io non potrei tollerare le sue idee e lui le mie. Invece l'occidentale medio afferma la tolleranza come principio del vivere in società. Proprio per questo relativismo l'Occidente odierno non ha valori. Non ha un'idea di giusto o di sbagliato ed è indifferente a tutto. Quelli che vengono spacciati per valori della nostra società, come la democrazia e la libertà di espressione, sono dei non-valori. Infatti la democrazia è, in realtà, indifferenza politica perché non gli interessa sapere quale linea di governo sia giusta, ma solo quella che ha preso più voti. La libertà di pensiero è indifferenza nei confronti della verità perché la mette sullo stesso piano della menzogna. La laicità è indifferenza nei confronti delle religioni, visto che non si preoccupa di stabilire quale sia vera e quali false. Il multiculturalismo è indifferenza verso l'identità di un popolo. La tolleranza è indifferenza verso qualcosa che ti danneggia. E si potrebbe continuare così all'infinito. L'INTOLLERANZA DEI TOLLERANTI Tutto questo indifferentismo in realtà viene trattato come fosse un valore e, come tutti i principi fondanti una società, deve essere imposto a tutti i cittadini. Puoi dire quello che vuoi, basta che non affermi che esiste una verità, altrimenti vieni censurato. Tutto viene tollerato, ma non che venga messa in discussione la tolleranza. Quindi anche questo viene considerato un principio dalla maggioranza degli occidentali per cui non è disposto a trattare. Il problema è che si tratta di un valore vuoto, che ha trasmesso il suo vuoto agli europei di oggi. Abbiamo raggiunto un livello di benessere impensabile per le generazioni passate, ma siamo privi di principi per cui lottare. E quindi siamo diventati deboli e apatici. Da quanto siamo rammolliti ci siamo persino dimenticati dei nostri bisogni primari, come quello di riprodurci e quindi facciamo meno di due figli per coppia, quando la natura ci ha programmati per farne una decina, come è evidente se andiamo a vedere la situazione un secolo fa. Siamo quindi vuoti anche di figli, che sono il futuro e la forza di un popolo. E tutti sanno che in fisica ogni vuoto viene riempito. È un processo inevitabile. Siamo vuoti di figli e di valori: qualcuno con figli e valori ci sostituirà. Infatti i musulmani non si sono dimenticati del bisogno di riprodursi e nel giro di poco saranno molto più potenti di noi. Loro sono compatti e marciano tutti verso un solo fine: l'imposizione della Sharia in tutto il mondo. Questo non è complottismo in quanto sono loro stessi a dirlo, come fa l'imam del video citato. Fino a che sono in minoranza non alzano la testa, ma quando sono in maggioranza i musulmani impongono sempre la loro legge. Anche il vostro amico marocchino con cui giocate a calcetto quando arriverà la Sharia starà dalla loro parte. Lo possiamo già vedere nei quartieri islamici della Francia del sud o dell'Inghilterra dove non entra nemmeno la polizia locale. A differenza di loro, noi occidentali non abbiamo un'identità, un fine comune e nemmeno dei giovani in grado di difenderli, quindi ci faremo distruggere. Eppure non è sempre stato così. Nel medioevo, quando le civiltà europee erano cristiane, i musulmani li abbiamo sconfitti diverse volte. Sono sempre stati inferiori a noi in tutto: era l'Occidente il faro della civiltà. Di fronte al crociato, l'islamico se ne andava con la coda fra le gambe. Nelle gloriose battaglie di Lepanto e di Vienna li abbiamo sbaragliati con un esercito molto inferiore del loro e li abbiamo respinti dalle vie di mare e di terra per sempre. O meglio, li abbiamo respinti fino ad oggi... Se vogliamo davvero salvare la nostra Europa dall'invasione islamica dobbiamo tornare quello che eravamo un tempo, quando la società era impregnata dei valori del cristianesimo. Solo così potremmo fargli vedere che caput mundi, capitale del mondo, è Roma, non la Mecca.
    13m 16s
  • Natale calpestato dove comandano islamici o comunisti

    28 DEC 2022 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7260 NATALE CALPESTATO DOVE COMANDANO ISLAMICI O COMUNISTI di Mauro Faverzani Anche quest'anno si è rinnovato il tradizionale scambio di auguri natalizi. Di persona o con bigliettini, tramite web o social. Tra familiari, amici, conoscenti, colleghi. Ci è parso normale, spontaneo, quasi scontato. In realtà non è così. Non lo è per niente. Almeno non ovunque. In Arabia Saudita, ad esempio, Paese rigorosamente musulmano, viene severamente vietato qualsiasi altro culto pubblico. Per cui Natale ed anche capodanno - espressione del calendario gregoriano, quindi cristiano - possono essere celebrati solo in casa e di nascosto, pena pesanti sanzioni per i trasgressori. Ma il Natale è fuorilegge anche altrove, essendo considerato un pericolo per l'islam: in Brunei dal 2014, può costare a chi lo festeggi 20 mila euro di multa e fino a cinque anni di carcere; in Somalia è stato bandito dal 2015, lo stesso anche in Tagikistan, dove è proibito anche solo scambiarsi regali o raccogliere fondi per beneficenza; ma nella black list dei Paesi «Grinch» ce n'è anche uno comunista, la Corea del Nord, dove dal 2016 il dittatore Kim Jong-Un ha trasformato il 25 dicembre nella festa della «sacra madre della rivoluzione» ovvero di sua nonna. LA FRANCIA RINNEGA IL SUO PASSATO DI FIGLIA PRIMOGENITA DELLA CHIESA Non c'è bisogno di andar tanto lontano, per scoprire il Natale nel mirino dei "soliti noti". In Francia, ad esempio, ovvero nell'unico Stato europeo, che ha voluto inserire la "laicità" come "principio" nella propria Costituzione, la fede cattolica ed i suoi simboli sono da considerarsi sotto attacco per l'intero periodo delle festività natalizie. È già stato registrato un inquietante aumento degli atti vandalici nei giorni scorsi. Lo scorso 21 dicembre sono stati tracciati sulle pareti della chiesa di S. Rocco, a Parigi, simboli satanici e scritte folli. All'indomani, il 22 dicembre, peraltro in pieno giorno, nel mirino è finita la chiesa di Sant'Anna d'Arvor a Lorient: qui in pieno giorno è stato devastato il presepe, sono state distrutte diverse statue in gesso - tra cui quelle della Madonna, di S. Giovanna d'Arco e di S. Teresa del Bambin Gesù - e gettate a terra le candele. Vandalismi e profanazioni si sono verificati anche presso la chiesa di Saint-Maclou, a Rouen, presso la chiesa di Puy-de-Dôme con un tentato incendio doloso, presso la chiesa della Santissima Trinità a Bordeaux ed altrove. Solo teppisti? Nient'affatto. Come recita il famoso detto popolare, «il pesce puzza dalla testa». Così, ecco il sindaco di Parigi, la socialista Anne Hidalgo, partecipare al tramonto alla rottura del digiuno del Ramadan, aderendo all'iniziativa della moschea di Parigi, e partecipare con la comunità ebraica all'accensione della sesta candela della Menorah per la festa dell'Hanukkah ai Champs de Mars, ma rifiutarsi totalmente di unirsi ai fedeli alla Messa di mezzanotte per la celebrazione del S. Natale. Lo stesso, sostanzialmente, han fatto il sindaco di Metz, François Grosdidier, e quello di Béziers, Robert Ménard. E laddove non arriva la politica, arriva la magistratura. Così il tribunale amministrativo di Montpellier, su input della «Lega dei Diritti dell'Uomo», ha ordinato al Comune di Perpignan di rimuovere entro ventiquattr'ore il presepe sistemato nel municipio dal sindaco Louis Aliot di Rassemblement National. Ogni giorno di ritardo sarebbe costato cento euro di sanzione. TERRA SANTA Neppure in Terra Santa la situazione appare migliore: i leader delle principali chiese cristiane di Gerusalemme lo scorso 22 dicembre, nel proprio messaggio di Natale, hanno evidenziato come, negli ultimi anni, i fedeli abbiano «dovuto affrontare sempre più spesso attacchi al libero esercizio della religione, tra cui aggressioni personali, profanazioni delle chiese e dei cimiteri, restrizioni ingiustificate al culto e minacce legali alle proprietà ecclesiastiche». Il che suscita viva preoccupazione, anche perché, tra Israele e Palestina, i cristiani locali sono circa 180 mila, quindi poco più dell'1% dell'intera popolazione: erano oltre il 25% nel 1948, poi scesi al 12% nel 1967 ed ora ridotti al lumicino. Allora è chiaro: se le ostilità verso il culto cattolico giungono dall'alto, da chi dovrebbe essere di esempio quanto meno in termini di equanimità, è poi improbabile immaginare una società diversa, virtuosa. Sarebbe davvero ora di pretendere, leggi alla mano (anche con le attuali, peraltro migliorabili...), quel rispetto e quella considerazione che meritiamo, stigmatizzando tifoserie ideologiche e dileggi giacobini.
    5m 51s
Gli islamici applicano il Corano sull'esempio del loro fondatore Maometto... perché stupirsi delle conseguenze?
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