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Gomme

  • Gomme Ep 9: Automobili e Cartoons

    15 JUN 2021 · I fumetti sono pieni di automobili disegnate male, e la colpa è tutta degli americani Gli americani disegnano male le automobili, non c’è dubbio. Hanno ottimi disegnatori di fumetti ma quando nacquero i cartoon gli americani delle automobili facevano solo la caricatura. Le prime automobili dei cartoon della Disney erano morbide pulsanti e infernali ecco perché la 313 di Paperino è cicciona e guastosa e non si ispira a nessuna auto realmente esistita, l’america poi non smetterà più di disegnare male le automobili Hanna e Barbera nel cartoon la corsa più pazza del mondo, creano automobili brutte e irrealistiche per l’eterno perdente Dick Dastardly, e il suo cane Muttley con il suo ghigno beffardo. La Batmobile di Batman è ugualmente improbabile, ma dobbiamo riconoscere agli autori il merito di aver seguito il design nel corso dei decenni: prima guida una filante berlina in stile packard degli anni 40, l’unica auto rossa posseduta dall’uomo pipistrello, per passare poi alle grandi pinne posteriori degli anni 60 fino alle più morbide linee degli anni 80 mantenendo sempre la sua immagine dark e le ali da pipistrello. In Europa per fortuna l’auto si disegna meglio Il fumetto In Europa è più legato all’arte figurativa, il tratto netto, le storie sono meno caricaturali e le macchine hanno tratti riconoscibili, così sia nelle strisce che nelle graphic novel abbiamo il piacere di scoprire i dettagli, riconoscere le automobili di tutti i giorni a cui i più bravi riescono quasi a dare un’anima, e se sei un appassionato sono soddisfazioni. Il più brillante è certamente Jean Graton il creatore belga di Michel Vaillant, Michel Vaillant è un pilota che corre, corre con qualsiasi macchina da corsa e vince, risolve misteri, ama, ma soprattutto guida belle macchine disegnate con attenzione e realismo con un tratto che esalta la velocità e racconta le corse come nessuno ha fatto prima, Graton ha fatto scuola in tutto il continente sia nel tratto che nei suoni onomatopeici, come il vrooooom, lo sckrieeeek, il thump. Un tratto netto, quasi litografico, a cui si sono ispirati anche i disegnatori italiani di Diabolik, la Jaguar E type dotata di mille trucchi e la Citroen DS si inseguono irrealmente tra le ville e palazzi di Clerville, senza prendersi mai, ma le due macchine sono proporzionate e realistiche, e alla fine non ci badi se ormai i protagonisti vanno in giro con ambitissimi e riconoscibili pezzi da museo. A proposito di Diabolik, anche Eva ha una macchina tutta sua, una mini morris che il Diabo non tocca mai perché lei si incazza, o perché a lui fa schifo, morris che è stata rottamata di recente da una addoloratissima Eva per acquistare una banale Lancia Y, roba da impiegati Restando in Italia c’è Fedele il disegno di Sclavi del cadente maggiolino cabrio di Dylan Dog, targa dyd666. Le Lada 121 lucide di pioggia dei Quaderni Russi di Igort. Le misteriose e perfette auto di Kriminal opera di Magnus e Bunker Poi c’è Guido Crepax ha accomodato la sua Valentina in una giulietta sprint, perfetta coupè della Milano borghese degli anni 60’. C’è anche una bellissima graphic novel italiana, Monolyth, illustrata da Lorenzo Ceccotti. che Racconta l’angosciante esperienza di una madre che deve cercare di liberare il proprio bambino dall’abitacolo impenetrabile di un suv in mezzo al deserto. Oltre ai francesi che hanno creduto nelle graphic novel come nessuno, ci sono anche i giapponesi. I nippo nei manga esibiscono una precisione maniacale dei dettagli ambientali, panorami, case e automobili natural comprese. Tanto precisi che la prima banalità che direte dopo essere sbarcati in giappone sarà “Guarda un pò sembra di vivere in un manga” PRIMA DI TUTTO C’è Monkey Punch (pseudonimo di Kazuhiko Katō) che ha introdotto La perfetta fiat 500 fu introdotta Kato per spostare Arsenio Lupin nel suo manga si era reso conto con angoscia che la imponente mercedes 540 kompressor giallo canarino era poco credibile, e così ha reso popolare nel sol levante il nostro catorcio nazionale, ma anche le altre auto del ladro gentiluomo, lamborghini espada o fiat 850 coupè sembrano quasi vive, grazie alla passione dell’autore per qualsiasi mezzo meccanico E’ stata creata una lunga serie folgorante di manga giapponesi dedicati alle automobili accompagnati dai relativi anime. Ecco un elenco Initial D, un manga ispirato al drifting praticato dai giovani nippo sulle strade montane di tutto il paese. Poi c’è Wangan Midnight dedicato alle gare clandestine lungo un tratto autostradale di Tokyo denominato Wangan, appunto. Ex-driver invece è ambientato in un futuro dove le auto son tutte a guida autonoma. La centrale di controllo della città è costretta a intervenire sulle auto impazzite. A salvare i cittadini in pericolo ci pensano gli ex-driver, piloti provetti con auto "vere" e d'epoca, che fermano con straordinaria abilità le vetture fuori controllo. Kanojo no Carrera, Racconta la storia di una giovane ragazza in carriera, che eredita dal padre defunto una Porsche 911 rosa. E infine You are under arrest dono le gesta di due poliziotte dotate di una Honda today iper elaborata che usano per acciuffare i criminali dopo elaborati inseguimenti Oggi i designer delle automobili amano creare modelli che si ispirano ai fumetti per dare personalità, ma per avere una bella storia di automobili bisogna disegnarle bene, certo, ma bisogna anche avere una bella storia da raccontare This is spelt “vrooom” And this is spelt “skrieeeek” Comics are full of poorly designed cars, and the fault lies with the US. Artists in the US draw cars badly, there is no doubt. They have excellent cartoonists but when cartoons were born, in the US they drew cars as caricatures. Disney’s first cars were soft, palpitant and infernal, that's why Donald Duck's 313 is fat and unreliable and is not inspired by any real car. Americans will never stop drawing cars badly. For the cartoon “Wacky races”, Hanna and Barbera created ugly and unrealistic cars for the eternal loser Dick Dastardly, with his dog Muttley with his mocking grin. Batman's Batmobile is equally unlikely, but we have to credit the authors for following the design over the decades: he first drives a racy 1940s packard-style sedan, the only red car owned by Batman, to pass then to the large rear fins of the 60s up to the softer lines of the 80s, always maintaining a dark image and bat wings. Fortunately, cars are better designed in Europe. Comics in Europe are closer to figurative art, they have clear stroke, stories are less caricatured and cars have recognizable features, so both in the strips and in the graphic novels we have the pleasure of discovering the details, recognizing everyday cars to which the best cartoonists are almost able to give a soul, and if you are an enthusiast, this is satisfying. The most brilliant is certainly Jean Graton, the Belgian creator of Michel Vaillant. Michel Vaillant is a driver who races, with any racing car, and wins, solves mysteries, loves, but above all, he drives beautiful cars designed with attention and realism with a stroke that enhances speed and talks about racing like no one has done before. Graton made school throughout the continent both in the stroke and in the onomatopoeic sounds, such as the “vrooooom”, the “sckrieeeek”, the “thump”. A clear, almost lithographic stroke, which also inspired the Italian designers of Diabolik. The Jaguar E type equipped with a thousand tricks and the Citroen DS stalk each other unreallistically between the villas and palaces of Clerville, never reaching each other .The two cars are proportionate and realistic, and in the end you do not mind if the protagonists go around with coveted and recognizable museum pieces. Speaking of Diabolik, also Eva drives a car of her own, a Mini Morris that Diabolik never touches because she gets pissed off, or because he think that it sucks. The Morris was recently scrapped by a grieving Eva to buy a banal Lancia Y, very anonymous. Remaining in Italy, we find the drawings of Sclavi: Dylan Dog's crumbling convertible beetle, license plate dyd666. The Lada 121, shiny with rain, in Igort's Quaderni Russi. Kriminal's mysterious and perfect cars by Magnus and Bunker. Guido Crepax accommodated his Valentina in a Giulietta sprint, the perfect coupé of the bourgeois Milan of the 60s. There is also a beautiful Italian graphic novel, Monolyth, illustrated by Lorenzo Ceccotti, which tells the distressing experience of a mother trying to free her child from the impenetrable cockpit of an SUV in the middle of the desert. In addition to the French, who believed in graphic novels like no one, we have then the Japanese. In the Japanese manga we find a maniacal precision for environmental details, landscapes, houses and - naturally - of cars. They are so precise that the first banality you will say after landing in Japan will be "It looks just like a manga" We have Monkey Punch (pseudonym of Kazuhiko Katō) who introduced the perfect FIAT 500 to move Lupin III in his manga, after unwillingly realising that the previous imposing car, a canary yellow Mercedes 540 kompressor, was not very credible, and so he made our own 500 very popular in Japan, but also the other cars used by the Lupin: Lamborghini Espada or Fiat 850 coupè seem almost alive, thanks to the author's passion for mechanics and engines. A dazzling long series of Japanese manga dedicated to cars has been created, accompanied by related anime. Here is a short list: “Initial D”, a manga inspired by drifting practiced by young Japanese on mountain roads throughout the country. Then, there is “Wangan Midnight” dedicated to clandestine races along a Tokyo highway section called Wangan. “Ex-driver” is set in a future where cars are all self-driving. The control center of the city is forced to intervene on the crazy cars. To save the citizens in danger there ex-drivers are deployed, experienced drivers with "real" and vintage ca
    9m 57s
  • Gomme Ep. 8: Il rallye dove non arrivò nessuno: Bandama 1972

    20 APR 2021 · Non arrivò nessuno dei 45 equipaggi al via, gli organizzatori volevano fare il rallye più duro di sempre e ci sono riusciti: è l'International Bandama Rallye del 1972, in Costa D'Avorio. Il testo del Podcast: Quando introducevo qualche giovane volenteroso alla nobile arte della navigazione rally le prime tre cose che gli ficcavo in testa erarno 1 il navigatore non ti fa vincere la gara ma te la può far perdere 2 il rally si vince sulla pedana d’arrivo e 3 “bisogna Superare gli ostacoli incontrati lungo il percorso di propria iniziativa”, questa terza regola adesso nei regolamenti ufficiali dei rallyes non c’è più, ma ai miei tempi era stata quella che mi aveva fatto innamorare dei rallyes che per me sono quelli su terra, quelli più lunghi e duri come l’East African Safari, la Parigi Dakar, la Abidjan Nizza. Gare che schieravano i team ufficiali e i migliori piloti, ma che ogni tanto però anche quelli dovevano scendere dalla macchina per spingere, scavare o fare una riparazione di emergenza, rischiare la rapina o tirar fuori il machete per liberare la strada dalla vegetazione. Però il più massacrante leggendario e incredibile di questi rallyes resterà per sempre il Bandama Rally del 1972. La gara era organizzata dal visionario e maledetto Jean-Claude Bernard un francese con la faccia di Cesare Ragazzi e il fisico da rugbista, Bernard si mette in testa di realizzare un rally africano più duro e selettivo dell’East African Safari . Per la edizione del 1972 aveva stabilito che i nei 4mila kilometri non stop una media di 100 km all’ora, una media impossibile da tenere sulle comode prove speciali europee, ma completamente folle in Costa d’Avorio, dove le strade praticamente non esistono. Il cronista di Autosprint Joubert, iscritto alla gara con una renault 16ts ne parla così: Non so cosa volessero dimostrare gli organizzatori, bastava una foratura e rischiavi di finire fuori tempo massimo, in condizioni climatiche e di fondo impossibili, non avevo mai visto nulla del genere alla partenza ci sono già dei problemi alcuni esperti del posto avevano messo in guardia gli equipaggi, pare che vicino al confine con il Ghana ci siano delle tribù che quando muore il loro capo devono raccogliere sette teste umane per proteggersi dagli spiriti malvagi, era appena morto un capo, quelli quando scende la notte escono a caccia, e buona parte della gara si svolge di notte La corsa parte lo stesso nel pomeriggio del 28 Dicembre, il Bandama rally è alla terza edizione e il mercato africano fa gola, e così alla partenza ci sono gli squadroni delle case come Peugeot CON 10 MACCHINE ufficiali , renault con 8, quattro Datsun, tre Citroen con in più una inedita versione coupè della DS, e poi ci sono BMW, Fiat, Porsche e altre. Comunque anche senza i cacciatori di teste la gara è un massacro, le prime due tappe sono 1500 km in una nuvola di polvere e umidità irrespirabile, le buche e i sassi fanno fuori metà dei concorrenti con una strage di ammortizzatori scatole sterzo e supporti motore, sono eliminati piloti del calibro di Makinen, Beltoise, Mikkola, Pescarolo, Guichet. Alla fine della terza tappa arriva una prima botta di pioggia che trasforma la jungla in fangaia e riescono a uscire intieri solamente tre macchine sulle 45 che erano schierate in partenza : son gli equipaggi Fall Flocon sulla peugeot 504, con soli 54 secondi di ritardo da Mehta Dawson su Datsun 1600sss mentre segue con 1 ora e mezzo di ritardo Karam Mitri anche lui su datsun, sono gente dura, specialisti abituati ad arrivare in fondo alle gare peggiori I tre superstiti partono per la quarta tappa mentre scende la seconda notte del rally nella jungla, ma non c’è pace: arriva subito un tifone che allaga tutto, la Datsun di Karam Mitri rompe subito e si ritira mentre le fangaie si trasformano in fiumi. La Peugeot di Fall tira fuori Metha dal fango con una corda, e decidono di andare avanti insieme di conserva per aiutarsi in caso di bisogno, così da avversari diventano alleati. Poi dopo 32 ore filate di guida in condizioni impossibili, Metha decide di fermarsi a dormire per qualche minuto perché non regge più, E però si sveglia due ore dopo, ormai è fuori tempo massimo e decide di ritirarsi. Fall invece decide di continuare sotto la bufera, è RIMASTO L’UNICO CONCORRENTE IN GARA se arriva alla fine di questo rally lo mettono nei libri di storia. Ma quando alle 7.30 del mattino quando arriva al controllo orario di Daloa a 1000 km dalla fine il superstite Tony Fall scopre con disperazione che non c’è più nessuno. Gli organizzatori hanno deciso di annullare le ultime due tappe perché ritenevano impossibile che qualche equipaggio potesse arrivare nei tempi imposti, e lo hanno classificato fuori tempo massimo. tra il buio la nebbia dell'Harmattan e la pioggia SI ERANO DIMENTICATI DI avvisarlo. All’International Bandama Rally del 1972 nessuno tra i 45 equipaggi è riuscito ad arrivare sulla pedana d’arrivo i link per approfondire https://www.youtube.com/watch?v=McIsDkqcPJs&t=29s http://historiquerallyebandama.over-blog.com/article-1564080.html https://v8blog1973.files.wordpress.com/2013/01/as-73-04-31p.pdf thanks for the music to Roman Bulakhov
    7m 19s
  • GOMME Ep.7: Odore di vittoria

    6 APR 2021 · Percepiamo gli odori con meccanismi fisiologici immediati, agli odori associamo gioie e percepiamo pericoli. In automobile abbiamo sviluppato ricordi legati ad una gamma di odori dai meccanismi magici e capaci di evocare ricordi ancestrali. Trascrizione testo: Gli odori dell’automobile Noi Lo chiamavamo l’odore di vittoria, parafrasando il colonnello Kilgore in Apocalypse now ma quello che esaltava noi Non era l’odore del napalm, e invece era l’odore degli scarichi delle migliori auto da rally con le loro benzine speciali che emanavano un profumo aromatico, esotico, emozionante come un sovrasterzo di potenza Nulla come gli odori riesce a richiamare con forza le emozioni che vengono dal profondo Colpa di Proust, quello che odora una madeleine e tira fuori un capolavoro della letteratura – e infatti si chiama effetto Proust la capacità che hanno certi odori di suscitare ricordi emotivi del passato. Il bulbo olfattivo ci permette di percepire gli odori, nel nostro cervello è collegato direttamente all’amigdala e all’ippocampo. L’amigdala gestisce le emozioni, l’ippocampo lavora sui ricordi. I’olfatto che è uno dei sensi più misteriosi, è stato uno dei primi ad essersi sviluppato negli esseri viventi, e quindi è direttamente collegato alla sfera emozionale. Un odore è Difficile da spiegare in parole, proprio perché tocca la sfera emotiva molto più di come fanno gli altri sensi. Così per descriverlo sommelier e profumisti ricorrono a similitudini tipo cuoio bagnato, betulla pelargonio, labdano, vaniglia e via così E quando si parla di automobili, gli odori suscitano emozioni davvero forti. Partiamo dalla benzina: L’odore del benzene della benzina pare sia in grado di innescare ricordi passati positivi , come una vacanza trascorsa in famiglia, gite amorose o, come nel mio caso, gli odori dei rallyes, nell’attesa delle prove speciali o nel parco assistenza con i motori che ronfano al minimo. Sensazioni gratificanti e rilassanti che amiamo rivivere, con il benzene che agisce come una droga un altro classico tra gli odori di automobile è l’emozione del profumo di auto nuova quando ci sali per la prima volta, è un profumo di iniziazione, di un successo raggiunto, del possesso di un oggetto desiderato. Un Peccato che la nuance sia causata da una miscela potenzialmente nociva di droghe come Toulene, Etilbenzene Stirene, Xilene Trimetilbenzene. Sono gli odori dei collanti vernici gli isolanti , che richiederebbero di indossare una maschera antigas almeno per le prime tre settimane. Malgrado l’odore della prima volta nella tua auto nuova sia amato da venditori di auto e dai millennials come me, sono odori che spariranno presto perché i giovani acquirenti li trovano sgradevoli e causa di allergie, evidentemente l’acquisto di una auto nuova ha perso molto del suo fascino gratificante di un tempo così le grandi case si sono messe d’accordo per farli sparire sostituendoli con odori neutri, e aggiungendo magari un leggero profumo di cuoio per dare un tono di lusso alle solite plastiche. Qualche ditta ha provato a riprodurre l’essenza di auto nuova ma senza successo, e anche gli alberelli profumati che pendono dallo specchietto retrovisore o i profumini da attaccare al cruscotto possono fare poco per rendere emozionanti e olfattivamente attraenti i viaggi in auto Gli odori che provocano emozioni non si possono riprodurre con facilità, il naso non lo freghi Ma non di solo benzene e collanti vive l’olfatto del tossico di motori. Ecco allora un vero e proprio campionario: L’odore ammorbante di benzina bruciata e plastica cotta dal sole delle utilitarie di un tempo, e sei subito proiettato in una gita fuori porta o un viaggio in famiglia L’aroma aspro del gasolio, e sei bambino su un torpedone azzurro della Sita per in interminabile e tortuoso viaggio l’adolescenza su ruote rivive con l’odore acre e ormai rraro delle nuvolette di gas di scarico dei motori a due tempi delle vespe e dei ciclomotori, L’odore di carta bruciata della frizione quando si esagera nello spunto in una salita impegnativa, momenti di panico e sudore freddo e che rimane per ore nelle narici con la domanda regge non regge dovrò cambiarla quello di Tappeto bruciato che frizza nel naso viene dai ferodi dei freni dopo una discesa affrontata con impeto, o dopo una prova speciale, ma sarà sempre legata al sorriso idiota stampato in faccia di chi gode a sentire le gomme che stridono frittura bruciata o mandorle troppo tostate, un odore che significa olio che brucia nei pistoni e quindi panico quando pensi che venga dal tuo motore, e sollievo quando scopri che viene dalla nuvola bianca che avvolge il veicolo che ti precede La fragranza di sciroppo del liquido di raffreddamento che evapora si accompagna sempre alla angosciosa immagine di cofani aperti sotto il sole, radiatori fumanti e imprecazioni Il gradevole profumo dell’ alcool anticongelante che si diffonde quando metti in funzione il lavavetro (c’era ricordo la pubblicità francese di una donna che esce da profumeria e versa gocce di profumo nella vaschetta) Odore di toast che bruciano, quella è la plastica dei fili che si sciolgono per un corto circuito Zolfo bruciato Infernale, lo avverti quando c’è una perdita d’olio dal cambio, e chi ha un land rover lo lega subito a un dolroso esborso Profumo intenso di Uova marce, fuoriusciva dai vecchi catalizzatori quando ti fermavi liberavano solfuro di idrogeno, sono i dimenticabili anni 90, calzini da tennis usati fragranti e umidicci vengono richiamati alla memoria quando arriva la bella stagione, riattacchi il climatizzatore dopo mesi e le muffe si liberano, ma l’estate sta arrivando e in fondo sei contento perché basta aprire i finestrini e appena metti le ruote su una strada di montagna o una panoramica sul mare, sai già che la natura non delude mai, e il nostro olfatto è pronto a goderne in pieno e gioire della primavera di oggi e richiamare il dolce ricordo di quelle passate
    13m 2s
  • Explicit

    GOMME Ep.6: Carmasutra, cosa è cambiato nel sesso in automobile

    21 MAR 2021 · Dal boom giovanile degli anni 60' ai siti di dating di oggi, come si è evoluto il sesso da praticare in automobile, prima i guardoni in impermeabile, oggi i brufolosi con lo smartphone. Una rivoluzione del costume tra i colpevoli del crollo anagrafico Testo del Podcast: Sesso in auto, il declino AH fare sesso in utilitaria il culo sbatte sul cruscotto, il piede si incastra nel volante, il freno a mano fa da appoggio di fortuna quando la gravità si sposta, tiri giù i calzoni che si incastrano, hai la zip che si blocca, ma scivoli, ti riprendi, cambi posizione con una mossa da astronauta, la maglia a mezza vita che non esce, il gomito assume una posizione dolorosa ma non molli la presa e alla fine aahhh ci sei riuscito, sono state le occasioni ora o mai più della tua adolescenza, finalmente si copula dopo eterni allenamenti solitari, fantasie erotiche oniriche e sconfinate pomiciate preparatorie. Esperienze traumatiche e Indimenticabili Accoppiarsi in una fiat 500 o 126, mini minor o panda 30 richiede capacità contorsionistiche passione e arrapamento. Le francesi le citroen 2cv o le dyane e le renault 4, hanno un tubo tra i sedili a panchetta che ha segnato la schiena di legioni di giovani amanti, sono eventi magici che a questo punto vivono solo nei ricordi, con il tempo hai cancellato le figuracce e le defaiilances dal tempo il tempo un tempo si diceva Andare in Camporella, Andare in Camporella è un concetto bucolico che per millenni ha voluto dire fare sesso fuori da casa, è stato celebrato da ogni forma d’arte e praticato da Giove fino all’ultima pastorella, anche se quel burlone amava trasformarsi in toro altro che porno, erano scopate su covoni, prati, spiagge, boschi sesso ovunque purché si facesse lontano dalla caverna nuraghe, baita, baracca, casale, appartamento. Cioè fuori dalle palle da genitori parenti o coniugi ficchetti e sospettosi. Perché la camporella è una pratica contraria alla morale della famiglia e della comunità. Ma gli eroici trombatori clandestini superavano con la foga amorosa la scomodità di appoggiarsi ad alberi, sabbie e tratturi, la durezza e l’umidità della terra e delle rocce, l’esposizione alle intemperie, La nascita della civiltà urbana però ha allontanato la gioventù focosa dalle campagne dove andare a praticare sesso clandestino. Ma ecco che in contemporanea con la civiltà urbana è arrivata anche da noi Per fortuna l’automobile di massa. Prima c’erano i ciclomotori gli ape i vespini i ciao a infrattare in ambiente bucolico la coppia in calore, ma l’unico confort era un plaid steso sulla nuda terra. Sono stati la patente a 18 anni la utilitaria comprata a rate prestata controvoglia dai genitori, l’emancipazione femminile e una mostruosa repressione sessuale cattolica a spingere il sesso in auto al suo apogeo, alla gloria eterna Dagli anni 60 agli anni 90 piazzuole, belvedere e pinete sono state affollate da sussultanti utilitarie, un terremoto di carrozzerie che ha procreato una parte importante di generazione x e generazione Z. Nelle località isolate e panoramiche rimanevano poi cartacce, preservativi e guardoni, è vero. Però comodità e privacy erano salite di un gradino importante dopo millenni di traumi, lividi e freddo alla schiena e poi finalmente un altro grande passo per la giovane umanità trombante, fu l’adozione sedili reclinabili e la radio anche per le utilitarie più scadenti. Un altro elemento importante per la diffusione del sesso in automobile erano le nuove opportunità sociali unite a qualche libertà in più, finalmente potevamo chiacchierare fino a tardi toccarci sceglierci e vederci: muretti giardini e piazze, discoteche, feste, assemblee, concerti, rave erano tutte occasioni di incontro cazzeggio e corteggiamento. Noi che a casa non potevamo fare sesso delle utilitarie ne abbiamo goduto parecchio, ma ora dovete sapere che per il sesso in auto è arrivato il declino I giovani viaggiano sui social e provano disinteresse per la patente e l’automobile, I neo patentati spaventano le case automobilistiche: perché sono in crollo drammatico, per loro i giovani l’automobile non è più uno strumento di libertà un simbolo di progresso. . Giocano, parlano con gli amici, ordinano il cibo e guardano i film da casa e on line. E allora che senso ha se paghi per parcheggiare, non puoi andare veloce, bevi e sei a rischio patente, non puoi entrare nei centri storici, e stai in colonna per ore. Ecco perché ragazze e ragazzi preferiscono farsi trasportare, o dai genitori o in tassì E se vogliono scopare fino al delirio prenotano un bed and breakfast con la benedizione e il bancomat dei genitori e si tolgono la voglia A fare sesso clandestino in macchina sono rimasti solo gli adulti che hanno problemi di tracciamento attraverso cellulari e carte di credito. E naturalmente chi pratica le prostitute ma quello è un altro mondo A promuovere il sesso in auto sembra siano soprattutto le donne, che hanno capito che i social più la macchina sono un ottimo strumento di promozione della propria libertà sessuale. Si sceglie a catalogo e si sogna. Sono loro ad alimentare le comunità digitali dedicate al corteggiamento e agli appuntamenti on line, mentre gli uomini, come sempre, pagano per mettersi a catalogo. Lo dico perché ho scoperto che la manualistica per il sesso in auto si può trovare quasi esclusivamente sui siti delle riviste femminili gli articoli che ho letto sono una fiera delle ovvietà Il car masutra, un termine raccapricciante inventato da giornaliste prive di scrupoli, prevede sia banali norme di sicurezza (tipo cercate luoghi isolati mi raccomando non fatelo con la macchina in movimento ) i limiti di reato per atti osceni in luogo pubblico, informazioni sulla pulizia del veicolo dopo l’atto, consigli per un look che sembra attinto da un club di scambisti Per l’attività pratica c’è un elenco di posture dai nomi eccitanti come "cavalcata selvaggia" l’angelo tranquillo” “sedile scottante”. Materiale che sembra ricavato dai titoli dei film porno degli anni ottanta tipo Sposa bagnata, spingi gonzales o godocop e infatti, fantasia zero, magia zero, romanticismo zero E per finire la raccomandazione a guardarsi intorno e stare attenti ai rumori per evitare di finire sul web vittima dei guardoni con cellulare, e ho pensato con tenerezza ai guardoni in impermeabile e binocoli che popolavano le fantasie dei nostri tempi erotici. Direi che sono norme scritte da gente che ovviamente in macchina non ci ha mai scopato Alla gioventù chiusa in casa a abbronzarsi con la luce del loro desktop, se avesse la curiosità di scoprire a cosa poteva arrivare la fantasia dei genitori per il sesso in auto consiglio la visione in streaming del film Crash, di David Cronenberg, dove carrozzerie e fantasie erotiche si mischiano con la attrazione fisica e la voglia di esperienze estreme, appunto Se invece sei un millennial come me e vuoi ripassare le dolci sensazioni le contorsioni e le fregole della gioventù puoi sempre noleggiare una smart, che tanto ormai le guidano solo gli anziani, cercare una piazzola infrattata con un bel tramonto sullo sfondo, trovare la complicità di una compagna o compagno se è clandestino o no non fa differenza, e avventurati a farci del sesso. Ti metto in guardia Il kama smart potrebbe esserti fatale, le articolazioni non articolano più, gli arti si addormentano il collo si incervica, anche il vigore non è fenomenale, però se ci riesci la soddisfazione di rompere un tabù, il rischio di essere ripresi con il cellulare da uno stronzetto brufoloso e finire sul web o di violare l’articolo 527 del codice penale renderà l’esperienza indelebile.
    10m 3s
  • Gomme Ep.5: Rallye di Montecarlo1966, l'imbroglio

    10 MAR 2021 · Tre Mini Cooper ai primi tre posti, e poi una Lotus, ma per far vincere il Rallye di Montecarlo del 1966 alla Citroen i giudici francesi si attaccano al filamento dei fari escludendo le macchine inglesi. Toivonen vince a tavolino ma, amareggiato, rifiuta il premio e non correrà più per la Citroen
    9m 10s
  • GOMME Ep.4: La misteriosa scomparsa di Rudolph Diesel

    26 FEB 2021 · Alla vigilia della prima guerra mondiale, il geniale e rivoluzionario inventore del motore senza impianto di accensione Rudolph Diesel sparisce dal traghetto per l'Inghilterra. Saranno stati i suoi ideali, un tradimento o la depressione a decretarne la morte? Neanche il ritrovamento del suo cadavere è riuscito a chiarire il mistero. Il testo del podcast: Chi ha ucciso Rudolph Diesel? Il 18 Giugno 2006 La Audi R10Turbodiesel con telaio dallara vince la 24 ore di Le Mans con i piloti Emanuele Pirro, Frank Biela e Marco Werner, è la vittoria più prestigiosa nella corsa più prestigiosa del mondo ottenuta con un motore diesel. La vittoria a Le mans sono sicuro che avrebbe strappato un sorriso compiaciuto All’austero ingegnere Rudolph Dieselperché quello è un altro trionfo raggiunto dalla sua idea di un motore privo di sistema di accensione elettrica. Siamo nel 1885, e Tutto nasce da una semplice, geniale intuizione: In un cilindro un pistone comprime una miscela equilibrata di aria e carburante la comprime a tal punto che si accende da sola a causa dell’aumento di temperatura provocata dall’aumento della pressione il gas caldo e fortemente espanso spinge lo stantuffo che, per mezzo della manovella, fa girare il volante. La maggior parte delle automobili e dei camion oggi viaggia grazie a questo principio, ma a dirlo nel 1890 ci voleva coraggio perché ci avrebbero dato dei visionari e degli illusi. E’ quello che è successo a Diesel quando ha pubblicato il libro intitolato :"Teoria e costruzione di un motore termico razionale, destinato a soppiantare la macchina a vapore e le altre macchine a combustione finora conosciute” perché le navi, i treni e l’industria in rapidissimo sviluppo marciavano ormai da un secolo a tutto vapore, ma soltanto a vapore, cioè bruciando carbone sotto una caldaia piena d’acqua E In effetti c’erano ottime ragioni per dubitare del motore a combustione interna con i pistoni e tutto il resto. Perché Non ce n’era uno che funzionasse bene Il primo motore a combustione interna di Otto e Langen risaliva al 1860, ma non aveva ancora dato risultati sufficienti per un utilizzo pratico, lo stesso autore del libro Rudolph Diesel, riuscì a far girare regolarmente un suo motore solo quattro anni dopo. Ma alla fine ci riuscì, e senza impianto di accensione. La presentazione ufficiale del nuovo motore alimentato a olio di arachidi venne fatta all'Esposizione Universale di Parigi del 1900, la produzione iniziò subito e il primo motore destinato al mercato fu assemblato all'interno di una distilleria, negli stati uniti il successo fu enorme: in pochi anni L’adozione dei motori diesel aveva rivoluzionato i trasporti marittim, ferroviari e su strada e aveva ridotto enormemente i costi per la produzione di energia meccanica per l’industria. Ma chi era questo Rudolph Diesel intanto un ottimo ingegnere tedesco, geniale e appassionato, che aveva però alcune fissazioni, voleva costruire un motore così semplice da potere essere fabbricato da artigiani indipendenti in concorrenza con le grandi industrie monopolistiche di allora Diesel aveva studiato il suo motore in modo che potesse utilizzare vari tipi di combustibili che si potessero produrre localmente anche per via agricola, e infatti i suoi motori potevano funzionare anche con vari tipi di olio vegetali e di semi, quelli che oggi chiamiamo biocarburanti Questa sua idea dei motori era una parte integrante delle sue idee politiche anticapitaliste Nel 1903 pubblicò un libro dal titolo Solidarismus: Nel libro Diesel propone un'economia solidale, dove i lavoratori si auto organizzano nella produzione di beni e servizi. i ricavi vann versati in una Cassa di risparmio che deve redistribuire gli utili ai soci cittadini. Praticamente il modello di economia sociale adottato dalla germania dopo la seconda guerra mondiale. All’inizio del 900 le ideologie nazionaliste erano alla massima potenza, lo sviluppo industriale e la necessità di nuovi sbocchi di mercato stava inasprendo le tensioni tra le grandi potenze europee. Il pensiero sociale di Diesel era arrivato nel periodo sbagliato: venne guardato con sospetto sia dalle grandi industrie che dal secondo reich tedesco, impegnato in una formidabile campagna di riarmo e i motori diesel permisero di mettere in mare una temibile flotta sommergibile, gli Uboot, malgrado la aperta contrarietà del loro inventore Ecco, proprio in quel preciso momento si colloca la sua misteriosa scomparsa. Tornando alla vittoria di Lemans del 2006, Diesel sarebbe stato ancora più soddisfatto se avesse saputo che che il gruppo audi wolkswagen che ha messo in pista la r10 tdi , è di proprietà dei fondi pensione dei lavoratori, come lo è la maggior parte delle grandi imprese tedesche, ecco, la realizzazione pratica del solidarismo, il suo grande sogno sociale Vicino al parapetto sulla tolda della motonave « Dresden », Vicino al parapetto, sono appoggiati con cura il cappello ed il soprabito; la sua cabina è in perfetto ordine, il letto ancora da disfare, un mazzo di chiavi pende da una valigetta, l'orologio d'acciaio che portava sempre nei suoi viaggi, appeso in modo da potersi vedere dal letto. Ma di Rudolph Diesel non c’è traccia. La nave della Great Eastern Line era partita regolarmente da Anversa il 29 Settembre 1913 in una sera di pioggia. SI ERANO IMBARCATI ANCHE Diesel ed i suoi amici industriali Carels e Lucksmann diretti in inghilterra per inaugurare una fabbrica di motori. La navigazione era stata tranquilla, ma all’arrivo Rudolph diesel non scende. A denunciare la scomparsa sono proprio i compagni di viaggio Carels e Lucksmann, che dichiararono di averlo visto per l’ultima volta a cena, si era allontanato per recarsi in cabina dieci giorni dopo un mercantile olandese recupera dal mare un cadavere con addosso alcuni oggetti personali, un portapastiglie, un portamonete, un coltello da tasca, che permettono il riconoscimento del cadavere La misteriosa scomparsa di Rudolph Diesel, l’ingegnere che aveva creato l’omonimo motore fece scalpore in Germania i giornali insistettero molto sulla tesi del suicidio . Dicevano i suoi affari non andavano bene, si era impegnato in alcune speculazioni immobiliari fallimentari in Austria, alcuni suoi conoscenti lo descrissero “Un eccellente scienziato ma poco portato per gli affari”, Diesel era un uomo dal carattere chiuso, timido, tutto vero, ma era anche un tipo tenace e combattivo che veniva da una vita difficile, ricca di ostacoli e delusioni ma che era riuscito a imporsi uscendo vincitore da durissime battaglie legali per il brevetto del suo motore, non sembrava proprio un tipo da suicidarsi E per finire non c’è una lettera o un documento che indicasse la sua intenzione di farla finita. Neanche La famiglia Diesel accettò mai la tesi del suicidio anzi sostenne con forza che alcuni importanti documenti e progetti gli fossero stati rubati sulla nave, adombrando l’ipotesi dell’omicidio. L’omicidio allora In alcuni ambienti europei si parlò a lungo di una sua eliminazione da parte dei grandi gruppi petroliferi Diesel era uno strenuo sostenitore dei bio-carburanti per motivi sociali e quindi un pericoloso avversario, ricco e potente da eliminare. Prove nessuna, ma E’ un dato di fatto che con la sua morte queste sue idee morirono con lui e da allora i motori diesel furono sviluppati per funzionare solo con prodotti petroliferi. Con la atroce beffa di chiamare il gasolio con il suo nome La guerra dei petrolieri continuò negli stati uniti dove Diesel aveva installato il suo primo motore alimentato da olio di arachidi venne inscenata una colossale campagna di stampa orchestrata dal magnate William Hearst che riuscì a far proibire l’uso di carburanti alternativi a favore dei derivati dal petrolio Ma l’ipotesi più accreditata sulla misteriosa scomparsa di Diesel rimane quella spionistica: Numerosi giornali sollevano il sospetto che Diesel avesse intrapreso il suo viaggio in Inghilterra con lo scopo segreto di cedere agli inglesi importanti brevetti per la costruzione dei motori per gli u boote, i sommergibili, già sviluppati con successo per la kriegsmarine, la marina da guerra tedesca Siamo alla vigilia della prima guerra mondiale, che viene anticipata da una epica guerra delle spie, con uomini e donne che viaggiano avventurosamente tra i grand hotel e il jet set del tempo a caccia di segreti militari Un quotidiano di New York affermò che l’inventore era stato ucciso come traditore perché si disponeva a vendere ad una nazione nemica i progetti degli U-Boot un giornale inglese, nel 1914, scrisse che il governo del reich tedesco, aveva fatto scomparire Diesel facendolo gettare in mare dai suoi emissari. La sua morte misteriosa ha messo fine ad una delle personalità più brillanti e visionarie della sua epoca I suoli motori hanno decretato la fine dell’era industriale legata al vapore, e la sua visione di una società solidaristica, incompresa all’epoca dei nazionalismi feroci che portarono alla prima guerra mondiale trovarono la loro realizzazione nella stessa Germania, ma solo dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale
    8m 39s
  • GOMME Ep.3 Ami 6, La Bella incompresa

    16 FEB 2021 · Citroen Ami 6, la brutta macchina ossuta e confusa meriterebbe oggi di essere esposta anche lei, come la ds19, nei musei d'arte moderna Testo del podcast: Ami6, la Bella è magra dinamica e nervosa altissima sulle ruote Se ti avvicini di fronte provi un senso di confusione elementi apparentemente messi insieme senza che si fondano c’è una reticella di metallo con un tagli a v e dietro si intravedono oggetti con forme varie e indipendenti su tutta questa roba è appoggiato un cofano molle come se il calore ce lo avesse liquefatto sopra, si adagia sulle forme sottostanti e quasi cola di fianco invece due parti diverse in basso un fregio da elettrodomestico di qualche anno fa e nella parte superiore si inclina all’indietro alla colpo di vento è come descrive la citroen ami 6 Bruno Munari, disainer esperto di comunicazione visiva, capace di restituire poesia alla sconvolgente bruttezza della citroen ami 6 A me da bambino quella macchina nervosa faceva paura ogni frontale di automobile rappresentava una faccia che poteva essere, allegra, triste, da tigre, da pecora E la ami 6 aveva il volto scomposito di una enorme cavalletta e c’era anche un’altra cosa che me la rendeva ostileogni volta che la incrociavo per strada era guidata da suore vestite di bianco con il cappello grande con le puntecome certi insetti da bambino le suore vestite di bianco mi apparivano sempre negli incubi da quando avevo visto in televisione la storia di Maria Diletta Pagliuca, una suora che gestiva un orfanotrofio per bambini disabili che legava torturava e a volte uccideva le suore erano attratte dalle doti pratiche, il loro fine era il salvataggio dell’anima piuttosto che il rapporto armonico tra parafango e tagli della coda la compravano nella versione tre volumi quella con l’abitacolo tutto schiacciato all’indietro e oggi mi viene da pensare che la preferissero prchè l’ abitacolo schiacciato all’indietro era l’unico che non interferiva con quei loro strani cappelli con le punte Quando venne lanciata sul mercato nel 1961 la Ami, che in italiano vuol dire amica, amico, lasciò tutti sconcertati per il suo aspetto indisponente. Lo scultore Agenore Fabbri guarda la Ami 6 socchiudendo un occhio. E commenta: “la parte anteriore ha sua plasticità ed una suggestione adatta al nostro tempo il muso potrebbe essere quello di un mostro spaziale poi però si abbandona a preziosismi in stile 900 con righette decorative sui parafanghi, il tubo sul paraurti anteriore invece è misero e così dal mostro spaziale passiamo ad una carrozzina per bambini Per la storia del design industriale la ami 6 ha rappresentato un caso di studio della incomprensione tra ingegneri e disainer, è tata il frutto di compromessi tra idee avveniristiche giovanili da fumetto, attaccamenti senili decorazioni nostalgiche Quando venne lanciata sul mercato nel 1961 la Ami, che in italiano vuol dire amica, amico, lasciò tutti sconcertati per il suo aspetto Eppure era prodotta dalla stessa Citroen che nel 1955 aveva stupito il mondo lanciando la ds 19, che in francese si legge desse – la dea, un concentrato di tecnologia e design pazzesco, un oggetto esposto ancora oggi nelle gallerie d’arte contemporanea Ed era sempre la citroen quella che inventò l’ombrello con le ruote la 2CV, dimostrando di saper produrre vetture utilitarie dotate di fascino e personalità. E infatti L’artista aviatore Roberto Crippa ammette: è brutta, va bene, ma debbo riconoscere che ha un pregio: ha personalità, la individui subito come una citroen” in quel lontano 1961 nella redazione di Quattroruote i giornalisti della rivista italiana più autorevole dell’epoca davanti al brutto anatroccolo della citroen si saranno chiesti : “Ma Non è che siamo noi a sbagliarci ? Perchè se il progettista Flaminio Bertoni aveva avuto ragione imponendo modelli di successo come la traction avant e poi la 2cv e la ds19, fregandosene delle critiche e della incredulità dei dirigenti, non è che adesso siamo noi a non aver capito nulla di questa macchina?” gli scrupolosi redattori di quattrotuote sono imparziali e scrivono una secca stroncatura “la Ami 6 ha una linea originale ma tormentata e sgradevole, ogni particolare accusa mancanza di ispirazione, urta il nostro gusto e rivela il tentativo di dare ad una semplice utilitaria un aspetto pretenzioso”. Ma il dubbio di aver preso un granchio rimane: al rispetto per il genio di Flaminio Bertoni c’è da aggiungere che negli anni sessata ci sono grandi cambiamenti di mentalità e di costume, siamo nel pieno del boom economico e i francesi sono considerati all’avanguardia nel gusto, nella moda nel design e nel cinema. E infatti Biki, famosa creatrice di moda milanese, ne parla con entusiasmo: “io la trovo bella, alla Citroen hanno voluto creare un ideale di massa, anticonformista, strainfischiante, che mira al comodo, addio dunque, addio alle vetture di sogno, addio dream car! Del resto le nuove generazioni si fanno avanti senza sogni, o magari con nuovi sogni” “L’artista aviatore Roberto Crippa ammette: è brutta, va bene, ma debbo riconoscere che ha un pregio: ha personalità, la individui subito come una citroen” è il parere dell’artista aviatore Roberto Crippa Ecco perché la rivista decide di mettere in pagina nel numero di marzo 1964 una bella inchiesta di costume dove intervistano alcune grandi firme dall’arte al design alla moda, sulla controversa bruttezza della Ami 6 L’artista aviatore Roberto Crippa ammette: è brutta, va bene, ma debbo riconoscere che ha un pregio: ha personalità, la individui subito come una citroen La architetta Cini Boeri dello studio Zanuso Architettura si scandalizza Mamma mia quanto è brutta, il profilo posteriore è spiacevole e non trova alcuna giustificazione tecnica, avrei preferito linee curve e più morbide Erano quelle che avrebbe voluto il designer Bertoni . ispirata alla ds con il muso più basso e filante ed una fiancata a due volumi con portellone posteriore, ma la dirigenza della citroen pensò di tirare le redini al creativo obbligandolo a una linea più conservatrice a tre volumi e imponendo quegli orrendi fari quadrati giuatificati con problemi di omologazione. Per finire il motore derivato dalla 2cv costringeva ad un cofano dal profilo altissimo. “Sembra che abbia investito un pedone in mezzo” si dice che abbia commentato amaramente il creatore della magnifica ds19 Bertoni genio fuori dalle righe accettò con sofferenza le soluzioni stilistiche che era stato costretto ad applicare, e neppure la parte posteriore con il montante rovesciato lo ha mai convinto Malgrado l’offesa al buon gusto la Ami ebbe successo e venne prodotta in oltre un milione di esemplari A dar ragione a Bertoni, la versione station wagon con portellone posteriore uscita nel 1964 vendette più della tre volumi
    8m 39s
  • GOMME Ep.2 Il Processo a Enzo Ferrari

    6 FEB 2021 · Processate Ferrari. La 355s di De Portago esce di strada durante la Mille Miglia. Degli undici morti e dei numerosi feriti ne risponde in tribunale il costruttore, dipinto dalla stampa come un mostro mitologico. Testo del Podcast: Processo a Enzo Ferrari E quindi tu saresti un “Saturno ammodernato che mette al mondo i figli e poi li divora.“ l’Osservatore Romano descrive così Enzo Ferrari dopo l’incidente di Guidizzolo che vede undici vittime tra cui lo stesso pilota e il suo navigatore, quelli dell’osservatore romano sono gente che pesa le parole e qui hanno pesato macigni Per un costruttore di automobili da corsa questa è una accusa insopportabile A te Enzo Ferrari ti sta accusando di assumere piloti e poi mandarli di proposito a morire sulle tue macchine potenti e insicure e mettendoli uno contro l’altro non lo puoi sopportare soprattutto se hai corso in macchina nei tempi in cui erano solo gli eroi a andare in automobile motocicletta o aeroplano, e ti dico che erano eroi incoscienti innamorati del rischio perché morivano come mosche ma tu che poi hai diretto una scuderia e poi sei diventato costruttore e i tuoi piloti non morivano quasi mai sul letto ma morivano come tutti gli altrisulla strada o in pista non lo puoi accettare non lo puoi accettare. Ma cominciamo dall’inizio, dal numero 531. Il Numero 531, viene dipinto sulle fiancate a pennello con il gesso come si faceva allora, voleva dire che la Ferrari 335 sport pilotata da Alfonso De Portago partiva da Brescia alle 5 e 31 del mattino per correre la 1000 miglia del 1957. Ma La macchina non è mai tornata al traguardo di Brescia. Era uscita di strada a 250 km all’ora e investito la folla di spettatori a Guidizzolo in provincia di Mantova uccidendo 11 tra spettatori e piloti tra cui 5 bambini e facendo numerosi feriti. Quando arrivai a Guidizzolo- racconta Romolo Tavoni il direttore sportivo della Ferrari- Vidi i resti di De Portago e Nelson accanto a quelli delle altre vittime, c’era rimasto ben poco, una roba orribile. I giornali avevano esaltato la corsa fino al giorno prima raccontando sia la cronaca sportiva che quella rosa: la 1000 miglia era la corsa più affascinante e popolare dell’epoca, Quella era l’Italia del dopoguerra in piena ricostruzione, che sognava e sognava cose come l’automobile, il frigorifero o le vacanze, e aveva il mito della velocità. partenza da Brescia, giro di boa a Roma e ritorno a Brescia tra due ali di folla enormi lungo 1600 km 1000 miglia appunto. Alla corsa partecipa anche il bel mondo della dolce vita: assieme ai piloti professionisti corrono nobili e imprenditori, come il playboy Alfonso De Portago, nobile e scapigliato spagnolo maglietta nera giro collo e bomber in pelle, lo accompagna alla partenza la nuova fidanzatina, l’attrice Linda Christian, idolo dei paparazzi. Ma dopo l’incidente i giornali si scatenanoGli stessi giornali che avevano esaltato la 1000 miglia, dopo l’incidente andarono all’attacco delle corse e di Ferrari: il Corriere della Sera strilla in prima pagina: La mille miglia cimitero di bimbi e di uomini, basta! Fa da controcanto La stampa di Torino, il giornale della fiat: BASTA COL SANGUE L’eco è enorme , la Svizzera vieta le gare automobilistiche, in italia si proibiscono le grandi corse su strada e si processa Enzo Ferrari L’accusa è di omicidio colposo e lesioni gravi. oggi per un imprenditore è normale essere chiamato in giudizio per un incidente sul lavoro o per un difetto nel progetto oppure nella costruzione di una macchina. Ma il processo a Ferrari ha rappresentato una eccezione sia per le qualità del personaggio burbero e leggendario che per gli interrogativi sulla sicurezza nelle corse automobilistiche, domande rimaste senza risposta. La magistratura indaga sulle qualità costruttive della macchina e delle gomme Englebert, si stende l’ombra del sospetto sull’indifferenza di Ferrari per la vita dei piloti, in un mondo dove il rischio fa parte del gioco “racing is dangerous” sentenziano gli inglesi quando muore un pilota, ma qui ci sono 11 morti da piangere. Nel processo si incrociano le perizie e le leggende. L’accusa mette in discussione la qualità costruttiva della gomma scelta e l’idoneità di quella gomma per l’utilizzo su un’auto da corsa. E la Ferrari risponde con delle controperizie. C’è da dire che i piloti si erano lamentati spesso delle qualità dei pneumatici Englebert, tanto che piloti importanti come Castellotti, Marzotto e Taruffi avevano protestato fino ad ottenere la sostituzione con le gomme prodotte da Pirelli. alla fine del dibattimento, il 25 luglio 1961 il giudice finalmente assolve Enzo Ferrari per non aver commesso il fatto, e mette nella sentenza un elogio all’uomo degno di una laurea honoris causa. gli unici responsabili rimasti della strage sono gli occhi di gatto, quei piccoli catarifrangenti annegati nell’asfalto: sono gli occhi di gatto che avrebbero pizzicato la gomma in derapage provocando l’uscita di strada nel rettilineo successivo. Gli occhi di gatto, tanto responsabili che per vent’anni l’ANAS rifiuterà di installarli sulle strade italiane Resterà l’ammarezza di Enzo Ferrari per essere stato chiamato Saturno ammodernato che mette al mondo i figli e poi li divora, additato come uomo disposto a tutto pur di vincere. Da allora Ferrari tratterà sempre con distacco i suoi pilotidirà “per non affezionarmi troppo”. So you would be a "modern Saturn that gives birth to children only to devour them?" This is how the Vatican daily “L'Osservatore Romano”, describes Enzo Ferrari after the accident in Guidizzolo which saw eleven victims including the driver himself and his navigator. The Journalists of “L’Osservatore Romano” were usually people who chose their words carefully. But in this case, their words were heavy. For a racing car manufacturer this was an inadmissible accusation You, Enzo Ferrari, who are accused of hiring drivers and then purposely sending them to their death on your mighty but unsafe cars and by pitting them against each other, you can't stand it, especially if you raced in the times when it was only heroes who drove in cars, motorcycles or airplanes, and I tell you that they were unknowing heroes enamored with the danger because they fell like flies, but you who then managed a racing team and then became a car manufacturer and your pilots almost never died on the bed but died like everyone else on the road or on the track you can't accept it , you can't accept it. But let's start from the beginning, from number 531. The Number 531 is painted on the sides with a brush with chalk as it was done then, it meant that the Ferrari 335 sport driven by Alfonso De Portago start from Brescia at 5:31 in the morning to run the 1000 Miglia race of 1957. But the car never returned back to the Brescia finish line. She had gone off the road at 250 km per hour and hit the crowd of spectators in Guidizzolo in the province of Mantua, killing 11, spectators, drivers, included 5 children and causing numerous injuries. When I arrived in Guidizzolo, tell us, Ferrari's sporting director Romolo Tavoni, I saw the remains of De Portago and Nelson next to those of other victims, it was horrible. The newspapers had exalted the race until the day before, telling both the sports and the gossip: the 1000 Miglia race was the most fascinating and popular of the time, that was post-war Italy in full reconstruction, which dreamed things like cars, the refrigerators or summer holidays, and had the myth of speed. departure from Brescia, turning point in Rome and return to Brescia between two wings of huge crowds along 1600 km, 1000 Miglia indeed. The beautiful world of the Dolce Vita gossip also takes part in the race: you can find together professional drivers, aristocratics and entrepreneurs, Drivers like Alfonso De Portago, rich playboy and disheveled Spanish dressed with black t-shirt and leather bomber, accompanied by his new girlfriend, actress Linda Christian, idol of the paparazzi. But after the accident of De Portago the newspapers are unleashed, The same newspapers that had glorified the 1000 Miglia race, after the accident went to attack car racing and Ferrari himself: the daily “Corriere della Sera” screams on the front page: “La 1000 miglia cemetery of children and men, enough!” The press of Turin, the fiat newspaper, acts as a counterpoint: “ENOUGH WITH BLOOD”. The echo is enormous, Switzerland bans car races, great road races are banned in Italy and Enzo Ferrari is prosecuted by justice. The charge is of manslaughter and serious injuries, Today it is normal for an entrepreneur to be sued for an accident at work or for a defect in the project or in the construction of a machine But the trial of Enzo Ferrari was an exception, both for the qualities of the gruff and legendary character, and for the questions about safety in motor racing, questions that still remain unanswered. The inquirers investigates the constructive qualities of the car and of the Englebert tires, the shadow of suspicion extends to Ferrari's indifference to the lives of the drivers, in a world where risk is part of the game. when a driver dies the British say “Racing is dangerous”, but here there are 11 deaths to mourn. in the trial, expertise and legends intersect. The inquirer questions the build quality of the chosen tire and the suitability of that tire for use on a racing car. And Ferrari responds with counter-reports. It has to be said that the drivers had often complained about the quality of Englebert tires, so much so that important drivers such as Castellotti, Marzotto and Taruffi had protested until they were replaced with the Pirelli tires. At the end of the trial, on July 25, 1961, the judge finally acquits Enzo Ferrari for not having committed the crime, and praises the man worthy of an honorary degree in the sentence. The only remaining culprits of the massacre are the “cat's eyes”, those small reflectors drowned
    7m 1s
  • GOMME Ep.1 Pellegrinaggio a Le Mans

    27 JAN 2021 · A Giugno, con cadenza annuale, si tiene a Le Mans la corsa di auto più bella del mondo, vi racconto come la vivo e spero di convincervi a venirci anche voi, in pellegrinaggio Testo del podcast: Le Mans, il rito Tertre Rouge, Hunadieres, Mulsanne, Arnage, Maison Blanche. Sono i nomi delle curve storiche del circuito che ripeti come una preghiera mentre macini decine di chilometri, trascinando lentamente i piedi per girartele tutte quelle curve, accompagnato da altri 250 mila penitenti e dall’ululato continuo dei motori. Ho perso il conto di quanti pellegrinaggi ho fatto qui a Le Mans, per vedere la 24 ore, eppure il desiderio di tornarci è sempre abbastanza forte da comprare il biglietto per tempo, chiedere le ferie, raccattare i soldi necessari, magari cercare compagni di avventura da iniziare al culto, e soprattutto scegliere i miei paladini. In genere scelgo con cura sul programma della corsa, tra la sessantina di iscritti macchine e piloti che partono sfavoriti, infantilmente li valuto dalle facce, persone che immagino lotteranno contro avversari potenti, ricchi e cattivi, fino in fondo, e magari li batteranno, facce che sembrano non conoscere il sorriso. Nella mia infanzia l’automobilismo, con la sua cupa galleria romantica di eroi che sono morti in maniera sgraziata, mi ha sempre affascinato. Tanto da volerci provare, a fare il cavaliere senza macchia con la tuta e il casco, ho cominciato a correre tardi e con pochi mezzi, fino a quando, tra una prova speciale e l’altra di un rallye mi sono chiesto “cosa ci faccio qui”, che ha decretato la fine della carriera, troppa fatica e poche soddisfazioni. E perchè invece mi piace Le Mans: I francesi sono sempre stati i più bravi a creare eventi mitologici legati allo sport, loro hanno inventato il tour de France, la parigi-dakar, ma soprattutto la 24 ore di Le Mans, sono tutte e tre competizioni che sono state capaci di trainarsi dietro una scia infinita di racconti e leggende. Il tour dee France lo seguo sonnecchiante sul divano, i dolci panorami francesi conciliano i miei pisolini pomeridiani di Luglio, mentre la dakar per me, che sono stato un incallito rallysta, ha rappresentato un obbiettivo di carriera irraggiungibile, e questo pensiero mi irrita. E invece Le Mans, che è ancora più irraggiungibile come pilota, ha mantenuto il suo fascino intatto, dall’epoca d’oro negli anni 60 delle vetture sport, macchine dalle forme morbide e sinuose a coprire delle grandi ruote che disegnavo da bambino, alle forme spigolose e appuntite di oggi. Ma Le mans vista in televisione non ha senso, va bevuta tutta d’un fiato, e sul posto. Mi piace vedere l’ordine e la pulizia dei box, le camicie stirate e le facce intense degli addetti, e come in una gara così incerta cerchino di mantenere lucidità e voglia di incoraggiarsi a vicenda. Noi del pubblico, passata la pattuglia acrobatica e la banda con la marsigliese, partita la gara, cominciamo la nostra 24 ore di marce forzate alimentate a salsicce patatine e birra, da una curva all’altra, Tertre Rouge, Hunadieres, Mulsanne, Arnage, Maison Blanche appunto, seguendo con trepidazione e stanchezza crescente le vicende dei rispettivi paladini. Per gli appassionati di motori, ossia con poche eccezioni, tutti i maschi presenti, la mecca comincia nei parcheggi, dove gli spettatori del nord europa esibiscono i loro specialissimi e rari ferri, ci si ferma a parlare in un esperanto motoristico con gente orgogliosa e allegra di birra. Si fa presto sera, e la stanchezza fa schiacciare brevi pisolini appoggiati a un muretto, è uno scorrere continuo di macchine e sorpassi, vuoi vederli spuntare in controsole mentre passano sotto il ponte dunlop e seguirli mentre schizzano verso il rettilineo di hunadieres, unica zona vietata al pubblico. Qui si va a dormire sfiniti con il rombo nelle orecchie, e ci si sveglia presto per vedere l’alba della gara, i fari che frugano nel crepuscolo, i drammi che si consumano nei box dove si mischiano sonno e adrenalina. Il tormento peggiore è arrivare alla tenda, con i piedi gonfi, la testa rintronata dal rumore, gli occhi che si chiudono mentre orde di danesi sbronzi si dedicano con passione al barbecue ed ai fuochi d’artificio, ma tu non senti più nulla, ti infili nella tenda e sai che ti dovrai svegliare all’alba per sapere come sta andando, e che ti aspettano ancora alcune decine di chilometri di pellegrinaggio. All’alba con gli occhi pieni di cispe aspetto Il rombo cupo delle corvette e delle viper in accelerazione, quello che ti fa vibrare lo stomaco e mi strappa sempre un sorriso compiaciuto, il ronzio metallico delle porsche, il sibilo delle Toyota, l’urlo roco dei motori Gibson, il fischio delle 488, sai che ripasseranno tutti, non è come nei rallyes dove vedi un passaggio e vai via, o in formula 1 con le macchine a trenino, a Le mans a ogni passaggio i sorpassi in velocità in curva sono continui, la norma. Sto qui, seduto per terra su una collinetta alla porsche curve. Sono circondato da radi spettatori addormentati nei sacchi a pelo, malgrado il fragore delle macchine spinte al massimo. Il sapore in bocca è quello del caffè annacquato acquistato nel chiosco seppure addolcito dai croissant mai così buoni come qui, con gli addetti che mi prendono in giro perché non so arrotare le o: Croissant, Le mans, mi fanno compagnia a colazione le voraci zanzare di Le Mans, quelle che vedi immolarsi sulle macchine a formare una patina gommosa da far scrostare dai meccanici a ogni cambio gomme. Maledetti
    6m 51s

Alimentato dal carburante della fede nei motori e drogato dai gas di scarico racconto, a schema libero, emozioni, personaggi, leggende nate intorno ai pistoni che mi hanno appassionato (o che...

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Alimentato dal carburante della fede nei motori e drogato dai gas di scarico racconto, a schema libero, emozioni, personaggi, leggende nate intorno ai pistoni che mi hanno appassionato (o che ho vissuto). Sono Gianfranco Bitti.
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