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Diffusi focolai di guerra ai Turbanti neri

  • No “Mena” Land: lo strame di 30 anni di proxy war in MO

    5 APR 2024 · Il laicismo è finito ma anche le religioni non stanno tanto bene   https://ogzero.org/regione/mediterraneo/ Con Lorenzo Forlani abbiamo tentato di fare il punto sulla guerra mediorientale tra Iran e Stato ebraico che si manifesta nell’eccidio di Gaza e nella guerra navale – e non solo – yemenita: l’impunità dello Stato ebraico a cui è permesso di violare palesemente il Diritto internazionale, mentre la sfida houthi è trattata come un problema securitario per il commercio globale senza comprendere le istanze che provengono da quella stampella del regime iraniano. La logica di “attesa attiva” nel genocidio perseguita da Netanyahu si iscrive in una tattica di provocazione del fronte avverso e di mantenimento del potere in virtù della condizione di guerra, finché a Washington si avvicenderanno amministrazioni più amichevoli – pare che Biden non sia intervenuto con la sufficiente forza per bloccare il sogno fascista degli alleati ultraortodossi di Netanyahu ed espressione dei coloni del premier israeliano, che se non vuole finire in galera deve assecondare il delirio sionista. L’avversario dello Stato ebraico è evidente che è incarnato dall’Iran e dai suoi proxy a cui finora ha demandato il contrasto che proviene dal bisogno di controllare l’area: con gli arabi sunniti funzionano gli accordi commerciali e di collaborazione –anche militare – invece la mezzaluna sciita orchestrata dai pasdaran iraniani è una sorta di “cintura di fuoco”, che assedia Israele. Contro Hezbollah, Houthi, Hamas l’Idf sta sperimentando i sistemi di guerra più sofisticati per completare l’azione volta a sgomberare il campo delle realtà intermedie (Iraq, Siria, Libano) e arrivare allo scontro aperto con gli ayatollah – non (ancora) forza nucleare – senza recedere di fronte a risultati incontrollati che possono venire rubricati come “genocidio” e “crimini di guerra”; a quelle milizie Teheran demanda la risposta sul piano bellico, anche di fronte a palesi violazioni del diritto internazionale e aggressioni provocatorie ma l’attacco all’ambasciata di Damasco – territorio iraniano – prevederebbe una risposta diretta e proporzionata, in più ci han perso la vita i vertici dei Pasdaran; ma sono gli stessi militari che cercano di evitare lo scontro aperto con Israele. Tel Aviv invece considera che sia il momento giusto per cancellare la minaccia iraniana a qualunque costo, dato il momento storico e il rapporto di forza? Questo può portare al coinvolgimento non ufficiale di paesi terzi, che cercano di non venire investiti dalla guerra: Lorenzo Forlani ci fa capire come la stanchezza e il timore delle popolazioni civili sia improntata al disincanto e al fastidio, alla rimozione e all’allontanamento delle dispute, sperando che si limitino a risolverla tra milizie e Tsahal, lasciando in pace la già stremata società di Beirut, o la martoriata Siria. E infatti il racconto del coinvolgimento della mezzaluna sciita prende le mosse dall’errore americano con l’aggressione dell’Iraq di Saddam… che ha creato mille frange di gruppi filoiraniani che si spartiscono il territorio iracheno attraverso quella che Forlani individua perfettamente nella diplomazia parallela che fa riferimento alle scuole religiose tra Qom e Najaf, andando a completare la mezzaluna sciita al centro degli incubi israeliani. E anche nelle sue logiche regionali “all-in” produce gli incubi dei civili libanesi (prossima vittima sacrificale?) con l’ossessione strumentale di estirpare i gruppi armati filoiraniani, pur sapendo che è strumentale, perché non è possibile estinguere per via militare l’insorgenza ideologicamente portatrice di istanze politiche precise in una riedizione dell’Undici Settembre a cui non erano stati posti dei limiti a operare la propria vendetta da parte degli americani. Anche se non si avverte più un sostegno a Hezbollah così sostanzioso come quando le milizie di Nasrallah erano riuscite a respingere l’esercito israeliano; anzi l’insofferenza si sta espandendo con il rifiuto dello stato di guerra permanente. Il ricambio di manodopera di carne da cannone è assicurato quanto invece la popolazione civile mira a difendersi da milizie clerico-conservatrici e da nazioni fascio-stragiste.
    27m 26s
  • Potenze mediorientali. Strategie e Realpolitik

    30 MAR 2024 · Le infinite proxy war che congelano il controllo di Iran e Israele sulla regione https://ogzero.org/regione/mar-rosso/ Cercando di fare il punto dell'area Mena con Laura Silvia Battaglia attraverso alcuni dubbi ci accorgiamo che dietro una sorta di cortina di fumo – fatta di bombe, stragi, crimini di guerra, droni, pirateria, apartheid... ostaggi e cenocidi – ci sono accordi economici, difesa di aree di inflluenza, autolegittimazione governativa di feroci milizie vs un formidabile sistema bellico fondato su educazione alla disumaizzazione del nemico. La nostra interlocutrice (@battgirl74) riesce a ricostruire le tensioni dell'intera area a partire dallo Yemen degli houthi, e di conseguenza le posizioni contrastanti di emiratini, che hanno sottoscritto gli Accordi di Abramo, e di sauditi che pur avendo cospicui interessi economici con l'entità sionista; la mezzaluna sciita che si contrappone con il suoi proxy in Libano, Siria, Iraq... a Gaza. Ma la Realpolitik spiega anche la ridottisima reazione dei "fratelli" arabi alla strage impunita e tracotante di palestinesi. Il quadro che si dipana da queste 8 risposte spiega con precisione e chiarezza le dinamiche che regolano le relazioni, le alleanze, i conflitti in Medio Oriente.
    28m 40s
  • Chokepoint Houthi

    26 NOV 2023 · https://ogzero.org/tag/yemen/ Laura Silvia Battaglia esperta del conflitto in Yemen e dell’aerea mediorientale,approfondisce il ruolo degli Houti nel contesto dell’aggressione a Gaza e gli equilibri in un area estremamente sensibile come quella del golfo di Aden. La ripresa delle relazioni tra Arabia Saudita e Iran con il sostegno della Cina fa presumere un prossimo disimpegno di Riyad dalla guerra in Yemen e l’attivismo degli Houti una richiesta implicita di legittimazione come entità statuale in relazione ad un equilibrio futuro della regione . Con Laura Silvia Battaglia parliamo anche della sua esperienza a Gaza e delle prospettive della striscia in relazione ai progetti di sfruttamento delle imponenti riserve di gas offshore a largo delle coste palestinesi, nonchè dei progetti di gentrificazione con il sostegno dei fondi emiratini .
    22m 58s
  • La diaspora iraniana e la realtà del paese dopo 40 anni

    25 MAR 2023 · https://ogzero.org/tag/iran/ Le proteste proseguono e varrebbe la pena di immaginare quale potrebbe essere lo scenario più plausibile se dovessero esserci rovine del regime su cui costruire una nuova comunità di quei territori compositi. Con Giulia Della Michelina abbiamo provato a riportare i movimenti in corso per posizionarsi in pole position di coloro che si sentono legittimati – da fuori – di rappresentare il paese, benché lontani da tempo da Tehran, già più volte teatro di proteste, mai così mediatizzate dall’Occidente (perché più facilmente connotabili con valori occidentali come una forma di “femminismo”), ma forse anche mai così spontanee e fresche, fondate su una percezione del mondo così avulsa dal mondo degli ayatollah, dimostrando come si possa sviluppare un sentimento opposto al modello spacciato in ogni forma dal potere – sia esso religioso, ideologico, tecnologico… La diaspora riunisce da un lato attorno al figlio mai pentito dello shah, una personalità problematica e un po’ inquietante per lo stuolo di personaggi da cui è accompagnato, improponibili figure legate a un passato distante dalla società persiana attuale, che però sono molto vivaci e sponsorizzati dagli americani, che arrivano addirittura a proporre una monarchia “elettiva” (mah!?); la diaspora progressista e priva di appoggi potenti sembra un po’ meno in grado di incarnare una possibile via che proviene dal passato… e allora quale modello rimane a disposizione? Un ennesimo fantoccio mediorientale, utile idiota per gli americani – in qualche modo già legittimato – che tradirebbe la rivolta giovane che vorrebbe minare le basi della società oscurantista; una conclusione dell’anello che andrebbe a riprendere una narrazione interrotta con la caduta del padre. Peraltro non c’è possibilità di riformare la repubblica islamica e la società civile non la potrebbe accettare; l’afflato è per la novità e infatti il potere ha lanciato contro i pasdaran, retrivo – e potentissimo anche economicamente – braccio armato del regime, anche in funzione razzista. Il regime gioca in politica estera il tentativo di rafforzarsi: utile appoggiarsi a Cina e fare accordi con sauditi per uscire dall’angolo, ma la condizione dell’economia è molto compromessa. Qui https://twitter.com/GiuliaMichelina aveva pubblicato l'intervista di Shahram Khosravi: https://www.micromega.net/shahram-khosravi-il-regime-in-iran-ha-paura-perche-sa-che-non-puo-piu-governare/
    26m 43s
  • La protesta avvolta nel velo di morte di Mahsa Amini

    23 SEP 2022 · https://ogzero.org/tag/iran/ Seguendo Alice Pistolesi (https://www.atlanteguerre.it/liran-della-protesta-del-velo/) ci siamo rivolti a Marina Forti per inquadrare correttamente la situazione della società iraniana, che reagisce all’intransigenza in modo ancora sano a 43 anni da una rivoluzione tradita fin dall'inizio. Tradizionale lo spontaneismo, in questo caso dal basso e non fomentato da organizzazioni di alcun tipo – come tradizione in Iran; @fortimar ha fatto un quadro molto chiaro di continuità delle proteste negli anni (e dei successivi differenti motivi) e delle differenze, valutando i diversi approcci di chi gestiva il sistema degli ayatollah, che non muta, se non per sfumature che portano Raisi a inasprire regole coraniche, o a Rohani ad apparire più rassicurante. Ma la vera differenza stavolta non sta tanto negli slogan – comunque molto feroci e duri che arrivano a polemizzare addirittura con la Guida Suprema Khamenei, riesumando quelli contro lo shah –, ma nel fatto che in massa si mettono in dubbio i fondamentali dottrinari del sistema e lo fanno uomini e donne, che sfidano la legge togliendosi il velo e bruciandolo... probabilmente non sarà preludio di un ribaltamento del potere dei turbanti, visto che la repressione prevista da Marina in finale di intervento sta tragicamente compiendosi con spari sulla folla da parte della polizia, ma potrà forse mantenersi una mobilitazione come non si è mai vista in questi 40 anni, che non è solo a Tehran, anzi: le manifestazioni più potenti si sono tenute nella zona di Saqqez al confine con l'Iraq, nella zona curda abitata da Mahsa Amini, la giovane uccisa dalla brutale Buoncostume iraniana. Le notizie continuano a pervenire, ma sono sicuramente filtrate rispetto alle testimonianze che potrebbero pervenire se non fosse stata limitata la rete Internet, come capita sempre ai regimi. autocratici in questi frangenti.
    34m 23s
  • Le complessità storiche dello Yemen infiltrate dai potenti globali

    19 FEB 2022 · Un territorio strategicamente collocato e diviso tra sviluppo, ideologie, alleanze effimere e contrapposizioni tra tecnologiche sofisticate e schiavismo, non solo migrante La televisione saudita venerdì 18 ha dato la notizia della distruzione di una barca telecomandata imbottita di esplosivo, al largo del porto di Hodeida. Probabilmente era diretta verso un porto saudita. Il portavoce militare di Riad ha messo l’accento sulla gravità dell’uso militare di un porto civile, oggetto di un accordo di neutralità e disarmo. Dichiarazioni del genere, di norma, sono il preludio ad un raid aereo su Hodeida, dove a distanza di anni l’Onu cerca di evitare che una petroliera in rada da anni possa causare anche un disastro ecologico. Da aggiungersi a 7 anni di guerra sanguinosa. Interessi geopolitici e di egemonia tra potenze locali, sostenute a loro volta da potenze globali e contemporaneamente dissidi secolari tra comunità: dei primi si sa qualcosa (non i dettagli, né tutti i traffici sotterranei); della realtà locale, delle divisioni sul territorio tra le diverse comunità non si sa quasi nulla. Paradossalmente si conoscono maggiormente i traffici segreti di droni e tecnologie militari dei due campi (o di sistemi di alleanze e F35), più di quanto non sia la cognizione del motivo per cui (e tra chi?) si è scatenata una guerra spietata, con escalation che coincidono con momenti centrali della geopolitica internazionale. L’intervento della coalizione sunnita si innesta su una condizione già stremata da conflitti che risalgono alla Guerra Fredda precedente e coinvolgono un’area che va da Gibuti – con tutti gli interessi e il concentramento militare e infrastrutturale di uno snodo centrale di commerci e supply chain – al golfo di Hormuz. Con tutti i contrasti ivi racchiusi dal multicentrismo. Carlotta Caldonazzo ha iniziato a inanellare alcuni elementi che possono aiutare a inquadrare i vari protagonisti e quali ineludibili esigenze muovono le istanze che ciascuno apporta su un territorio abituato a venire abitato da intrecci politici – anche internazionali e sofisticati tecnologicamente – con accordi tribal, che ricordano divari secolari tra imamato al Nord (maggiormente ancorato al tribalismo) e imperialismo britannico e sovietico al Sud – più urbanizzato e meno tribalizzato, che ha dato luogo a un Movimento di liberazione del Sud.
    16m 20s
  • La guerra che non finirà se non con l'annientamento

    22 JAN 2022 · Una guerra condotta su ogni fronte a disposizione della furia umana di distruzione dell'avversario: proxy war, massacri, droni, comunicazioni bloccate, isole occupate per controllare flussi di merci, carichi di armi, cavi sottomarini, connessioni e alleanze strategiche: Mossad, Emiratini, Sauditi, Iraniani... lo stallo yemenita procede su montagne di cadaveri: fazioni tribali divise da diverse filiere economiche e religiose, il cui dissidio è pretesto per lo scontro tra potenze straniere, la più classica delle proxy war; i corridoi commerciali più importanti sono parte sostanziale della guerra stessa e di uno dei motivi. Tutto si innesta su un dissidio forte che affonda in decenni di rivalità che hanno contrapposto gli abitanti della regione, una occasione per sfruttare un conflitto locale per isolare gli ayatollah; ma anche per consentire a tutti di cercare di ottenere il proprio tornaconto, tanto, come spiega Michele Giorgio: nessuno dei contendenti prevede una soluzione diversa dalla dissoluzione dell'avversario.
    18m 48s
  • Mossad in azione antiraniana o in estensione degli Abraham Accords?

    4 DEC 2020 · Con il conseguimento da parte del Mossad del risultato di mettere in difficoltà la leadership moderata ora al governo in Iran, sarà più difficile negoziare e probabilmente gli argomenti degli oltranzisti faranno breccia tra i persiani e sarà improponibile qualunque accordo nei prossimi anni. Soprattutto in assenza del ritiro delle sanzioni, che sarebbe l'elemento che potrebbe sbloccare la trattativa e disinnescare le mine di Trump e Pompeo; ci saranno risposte iraniane? potrebbe prevalere la prudenza per evitare di fornire un pretesto? a Neom si è parlato solo di normalizzazione a suon di droni, o di estendere Abraham Accords all'Arabia Saudita? oppure si sono svelati piani di guerra che prevedevano linee di difesa dalel ritorsioni persiane che sarebbero sicuramente rivolte innanzitutto contro gli Emirati. All'interno di tutta questa normalizzazione, Michele Giorgio ci ricorda che i palestinesi rimangono le vittime principali, sempre più marginalizzati e senza alcuna menzione nei giochi strategici tra potenze rivali.
    9m 54s
  • Eliminazioni nucleari per avvelenare i pozzi nel Golfo

    4 DEC 2020 · Il programma nucleare iraniano attuale non è dimostrato che sia con obiettivo bellico, l'accordo obamiano evitava nuove tentazioni. Ora sanzioni, ritiro e aggressioni da parte della fazione israelo-statunitense han fatto dire al diplomatico ministro iraniano Zarif durante il Med2020 che non negozieranno un nuovo accordo con Biden: quello era un do-ut-des che aveva soddisfatto entrambe le parti – era appunto un accordo. Non si può entrare e uscire da un accordo una volta sottoscritto, se lo si fa è perché si vuole ottenere di più, rinegoziare significa voler ottenere quello che non si è riusciti a ottenere. L'accordo rimane quello. Ma anche nelle parole di Michele Giorgio ritroviamo lo scetticismo: «Tutti sanno che Biden non ripercorrerà il percorso di Obama», che aveva capito il ruolo geopolitico dell'Iran. Biden sarà meno aggressivo, ma pretenderà l'inserimento di nuove condizioni sui missili balistici.
    5m 55s

L'annus horribilis si è inaugurato con l'uccisione del capo dei guardiani della rivoluzione Soleimani con un drone e si conclude con i colpi di coda del trumpismo che intende avvelenare...

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L'annus horribilis si è inaugurato con l'uccisione del capo dei guardiani della rivoluzione Soleimani con un drone e si conclude con i colpi di coda del trumpismo che intende avvelenare i pozzi con un altro generale eccellente di nuovo ucciso da un drone in Iraq al confine con la Siria e soprattutto con l'omicidio spettacolare in terra iraniana del responsabile scientifico dell'impresa nucleare di Ankara.
Quello successivo s'inaugura con il divampare della proxy war yemenita: bombardamenti e vendette; droni e controllo dei mari; strozzamento di comunicazioni e supply chain. Strategie e alleanze che vedono i due schieramenti impegnati a distruggere il paese e annientare l'avversario per colpire al cuore la potenza locale di riferimento.
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