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Differenze e omogeneità nelle contigue porosità tra Maghreb e Sahel

  • La narrazione sovranista e la spaccatura della socetà tunisina

    8 MAY 2023 · https://ogzero.org/tag/tunisia/ Un sovranismo legato al fondamentalismo e al contesto locale del paese maghrebino, questa la lettura offertaci da @AriannaPoletti, che propone un nuovo sguardo che allontani dal nostro approccio criteri filosofico-politici non in grado di inquadrare la percezione della comunità tunisina attorno all’effettivo livello di autocrazia o democratura di Saïed, per sostituirli con altri che consentano di analizzare il consenso di cui può godere il presidente tunisino – anche considerando cosa si trova ad affrontare quel laboratorio socio-politico che si è visto quanto la Tunisia incarni fin dal 2011. Infatti persino il sindacato locale appoggia la scelta di Saïed di non accedere all’aiuto del Fmi (che come sempre chiede riforme impopolari e distruttive), il quale giudica sufficiente la ricchezza che può derivare dai fosfati per affrontare la crisi economica mostruosa – senza considerare le proteste del Sud del paese, dove si producevano, né del problema ambientale che producono ad Adez, da dove in maggioranza si fugge. Questo avviene nonostante la dichiarazione razzista sulla sostituzione etnica di febbraio (e all’approccio al problema migratorio, che significa comunque un guadagno economico proveniente dall’Europa: l’unico ministero il cui budget è aumentato in Tunisia è quello dell’Interno dal 2011 a oggi), o l’accentramento di potere dispiegato in questi mesi, che vede solo ultimamente l’incarcerazione del direttore di Mosaïque – emittente libera da pastoie governative –, o all’opposto quella di Gannouchi, leader del partito confessionale di Hennada (e contro la fratellanza musulmana)… fino al caso emblematico del libro satirico sequestrato alla Fiera del libro di Tunisi (e poi comprato platealmente dallo stesso Saïed). Per cercare di cogliere da cosa sia mossa l’opinione pubblica tunisina ci siamo rivolti a Arianna Poletti. La reazione impermeabile della società civile va in parte desunta dal fatto che il decennio dopo la cacciata di Ben Ali alimenta l’indignazione derivante dalla corruzione massiva che lo ha caratterizzato (in collusione con il parlamento), non distinguendosi dal trentennale regime del rais. In questa notte buia dove tutti i gatti sono bigi grazie all’applicazione dell’articolo 54 finiscono in carcere giornalisti, dissidenti, avvocati, oppositori, visto che le porte in ingresso del carcere sono spalancate per accogliere i corrotti in una sorta di operazione Mani Pulite. Ma soprattutto bisogna dare conto della spaccatura che si è scavata tra chi aderisce al Progetto della Grande Nazione, ribadito ancora sulla tomba di Bourguiba – un riferimento costante, anche alle sue politiche, non solo al nazionalismo irredentista che ha rappresentato –, e chi invece avversa la narrazione di un paese minacciato da potenze straniere. Questo si correla a quel comune sentimento antifrancese di un po’ tutta la Françafrique che da sempre è molto intenso in Tunisia, dunque facilmente rinfocolabile a comando (ed estendibile come un incendio che attraversa tutti i confini tracciati dal colonialismo), e va a suffragare una ipotizzabile adesione a un nuovo sistema economico di riferimento, alternativo a Fmi e dollari, inserendo anche al Tunisia nel processo di dedollarizzazione, forse collegabile anche al tentativo di riaddensare una Lega araba forte: anche se in questi giorni si rilancia l’idea di una Lega araba sotto l’egida saudita, le perplessità provengono dal fatto che Riyadh sta cercando di uscire dal petrolio, ma per ora la sua idea di base economica estrattivista fa il paio con quella sicuramente fallimentare di Saïed rispetto ai fosfati.
    34m 55s
  • Tutto il Maghreb sta filando cattivo cotone

    4 MAR 2023 · https://ogzero.org/regione/maghreb/ Da un lato si è assistito a una torsione autoritaria e populista di Saïed, che abbraccia la “Sostituzione etnica” di Zemmur per istigare al razzismo e stornare l’attenzione dalla crisi economica che morde la Tunisia e così innesca persecuzioni, fughe, incarcerazioni, dando luogo a quel contenimento dei flussi che l’Europa intende esternalizzare alla riva meridionale del Mediterraneo (ufficializzato il contributo di 3 milioni e mezzo da parte italiana per sostenere questo tipo di nefandezze); dall’altro dopo l’Hirak si è persa la spinta a contrapporsi alla restaurazione dopo la scomparsa della mummia di Bouteflika, anche per la repressione ferocemente speculare a quella innescata a Tunisi, le incarcerazioni, lo scioglimento di organizzazioni dell’opposizione, nel silenzio dell’Occidente, in questo caso per il bisogno di gas. Abbiamo cercato di comprendere dinamiche interne ai due paesi, entrambi alle prese con crisi sociali ed economiche (che intendono risolvere inventando dei nemici) e i rapporti esterni verso i due continenti: per questo abbiamo interpellato Arianna Poletti e Karim Metref in una sorta di parallela analisi dei due paesi limitrofi e per certi versi così simili, seppure in una situazione così diversa. Oltre a una serie di azioni antigovernative, Saïed ha accusato i "traditori" arrestati nell'ambito dell'ultima repressione di "fissare i prezzi", "manipolare il mercato" e "creare carenze alimentari". Questo è un segno che il presidente non solo sta cercando di eliminare qualsiasi opposizione al suo governo, ma anche di far ricadere sui suoi critici la colpa dello stato abissale dell'economia tunisina. Un giro di vite senza precedenti contro i critici del presidente Kaïs Saïed, che ha visto l'arresto di decine di personalità pubbliche, tra cui politici, organizzatori di proteste, avvocati, giudici, funzionari sindacali, il capo di una delle principali stazioni radiofoniche indipendenti e influenti dirigenti d'azienda, nel corso di raid notturni spesso violenti. Non mancano le reazioni della popolazione civile, ma il regime intende far pagare la bassa affluenza alle urne, dimostrando che può fare a meno della parvenza di un qualunque velo democratico. Le storie di sfratti sono la norma. I racconti di attacchi con machete, coltelli e percosse sono comuni. Molte persone parlano di incendi di proprietà e di trattenute di salario. Prima del discorso del presidente a febbraio, la consapevolezza del razzismo in Tunisia esisteva, ma se ne parlava appena. Ora, invece, è arrivato a definire le loro vite. La condizione di irregolarità li rende ovviamente vittime di ogni forma di sfruttamento. Lo hanno imparato a fatica gli ivoriani, ma anche i camerunensi, i guineani, i congolesi e i senegalesi, che rappresentano le comunità più numerose tra i candidati alla traversata verso l'Europa. Si incontrano anche in numero minore malgasci, burundesi, ciadiani, maliani e togolesi e, recentemente, sudanesi. Sono tutti discreti, fanno di tutto per confondersi con la massa e conformarsi allo stile di vita tunisino, tremando all'idea di essere arrestati e portati al centro di detenzione di El-Ouardia, alla periferia di Tunisi. Ma l’identità tunisina è anche molto africana, estendibile a comunità awazid, berbere… esiste una storia che compenetra le molte tradizioni che costituiscono il percorso delle minoranze maghrebine, che con il 2011 sono riemerse. Il Fmi allunga le mani sulla Tunisia, invece ad Algeri possono contare sull’energia per sottrarsi all’abbraccio; anche se la redistribuzione non esiste e la ricchezza si ripartisce nell’oligarchia di esercito e nazionalismo arabo condiviso con Tunisi. In Algeria il progetto è eternare il regime senza troppi problemi, sfruttando la debolezza degli oppositori e il giro di vite repressivo; il terrore che si va diffondendo e le tensioni internazionali non nascondono il razzismo contro il “kalush” (il “negretto” in arabo) che si manifesta ed è tollerato e nessuno “nero” è mai assurto a un ruolo di potere. E poi si deve considerare l’importanza dell’Azawad per il territorio algerino Tra Francia e Algeria la tensione è destinata a intensificarsi per la recente decisione di Algeri di rifiutare il rilascio di lasciapassare consolari, essenziali per autorizzare il ritorno degli algerini espulsi dalla Francia. In pratica, ciò significa che l'Algeria non riprenderà più nessuno dei suoi cittadini espulsi dalla Francia in seguito al caso di Amira Bouraoui, una giornalista algerina a cui è stato vietato di lasciare l'Algeria: atterrata a Lione il mese scorso dopo essere stata arrestata in Tunisia, dove era arrivata in taxi, protetta dal consolato francese di Tunisi e dalla corruzione delle guardie algerine – come pittorescamente racconta Karim. L'Algeria, umiliata dall’episodio, accusa la Francia di aver permesso questo passaggio clandestino… Nel novembre 2022, l'Algeria ha ospitato per la prima volta un'esercitazione congiunta con la Russia intitolata “Desert Shield 2022” nella regione di Bechar, al confine con il Marocco, ma le armi provengono anche da tanti altri fornitori. Un Ansa aggiunge cripticamente un elemento: «Eni ha annunciato di aver completato il “closing” per l'acquisizione delle attività di Bp in Algeria, riguardanti gli asset di “In Amenas” e “In Salah”, e operati congiuntamente con Sonatrach e Equinor». Magari è incomprensibile per i non addetti, ma è abbastanza chiaro qual è il business. Invece è molto chiaro quello che lascia trasparire Karim: la paura di rientrare a trovare i parenti, di essere fermati all’aeroporto per quello che si è scritto. Un timore inedito: il texture di un cotone cattivo.
    38m 4s
  • L’iperpresidenzialismo contestato da una Tunisia a sovranità limitata

    25 JUN 2022 · https://ogzero.org/regione/maghreb/ Abbiamo sentito @AriannaPoletti in diretta su Radio Blackout giovedì 23 giugno, prima che fosse sventato il piano che doveva eliminare il presidente Saied, ma quello che Arianna ci ha raccontato con una connessione maghrebina traballante può spiegare pulsioni omicide non soltanto provenienti da esponenti di Ennahda, visto il referendum indetto da Saied per il 25 luglio (perché è l'anniversario della sua presa del potere autoritario) che dovrà trasformare la Tunisia in una repubblica iperpresidenziale attraverso una Costituzione di cui esistono bozze poco significative e si è fatto trapelare soltanto un dato per blandire la stampa straniera (l'islam non sarebbe più religione di stato); si sa che ci sarà una sorta di consiglio per gli affari giuridici (una sorta di seconda camera che fornirà dei report) e verrà potenziato il peso delle istanze locali, laddove però in modo contraddittorio sono state diminuite e accorpate le regioni; è molto probabile che, se non organizzato direttamente dal palazzo presidenziale, il piano sventato verrà utilizzato per aumentare la stretta repressiva e soffocare le molte proteste conseguenti al disastro economico e alla fame. Come dice nel suo intervento Arianna in questo periodo a Tunisi va relativizzata ogni annuncio o informazione che trapela, ancora più del solito. La nostra preziosa informatrice lamenta anche la schematicità della divisione tra islamisti e modernisti: un modo semplificativo occidentale di inquadrare le medesime istanze a sfondo socio-economico della rivolta del 2011, che esplose in una situazione assimilabile a quella attuale di miseria e fame, con la crisi del pane derivante dalla carenza di forniture dall'Est Europa, ma anche perché l'attracco delle navi cariche di grano proveniente da paesi alternativi all'Ucraina è subordinato al pagamento anticipato – essendo lo stato giudicato insolvente, in quanto a rischio di default – e quindi risulta molto difficoltoso l'approvvigionamento. L'alternativa agli strozzini dell'Fmi sono i rapaci paesi del Golfo (i sauditi sono già tra i primi detentori del debito pubblico tunisino). In questa sistematica cancellazione a livello istituzionale di ogni forma di controllo dello strapotere di Saied e svuotamento di ogni potere alternativo non viene comunque meno la svendita di asset petroliferi (in particolare all'Eni, molto attiva nella ricerca di approvvigionamenti dopo la crisi ucraina e perciò interessata a contribuire alla “stabilizzazione” del paese: l’Italia è il secondo partner commerciale in valore di scambi, primo fornitore della Tunisia, secondo cliente, secondo investitore straniero, complessivamente secondo partner dopo la Francia in termini di investimenti e di scambi. Circa 900 aziende italiane sono stabilmente installate in Tunisia), né si precludono soluzioni capestro con impegni presi con il Fondo monetario internazionale, pronto a finanziare in cambio delle solite vessazioni e riforme che riducono ulteriormente welfare, condizioni di vita, occupazione, sovvenzioni statali sul carburante, innescando finora soltanto contestazioni e proteste, ma creando l'humus per rivolte pronte giustamente a esplodere.
    18m 16s
  • Lotte rurali ad Agadir

    15 JAN 2022 · Emblematico di certa cultura predatoria è il caso del landgrabbing operato dal Gruppo Tazi (una delle famiglie miliardarie dell'oligarchia marocchina) in associazione con un gruppo francese con base in rue de Turin a Perpignan. Attraverso la consociata Maraissa et Disma ha impiantato uno stabilimento agricolo enorme ad Agadir, dove sfrutta i lavoratori sottopagati e costretti a lavorare in condizioni faticose ed esposti ai pesticidi prodotti dalla stessa multinazionale attraverso BioBest Maroc e Azura Aquaculture. Dal settembre 2020 la mobilitazione dei lavoratori ha tentato di migliorare le condizioni, ma la repressione è stata determinata. Nel dicembre scorso le lotte dei lavoratori di Azura sono entrate in una fase di maggior scontro dopo l'espulsione di uno dei delegati dei lavoratori, a cui è seguito un sit-in davanti al Villaggio 9 a partire dall'8 dicembre 2021, soprattutto dopo che la Compagnia di Azura ha rifiutato di partecipare alle sessioni di riconciliazione dell'Ispettorato del lavoro tre volte di seguito. La mobilitazione delle maestranze (in maggioranza donne) ha ottenuto il rilievo che meritava solo dopo la morte di una bracciante – Sabah Dinar, madre di 4 figli – durante un sit-in il 2 gennaio. Di questo ci ha parlato Fabrizio Garbarino (@FGarbarino), dell'Associazione rurale italiana, chiedendo anche attraverso la Via Campesina il rispetto dei diritti sindacali. Il suo intervento è particolarmente interessante anche perché rimarca l'aspetto internazionalista conseguente alla concorrenza sleale implicita nello sfruttamento e nell'uso di pesticidi, soprattutto per le aziende francesi e britanniche, nei cui supermercati arrivano i prodotti di Azura. Il giorno successivo alla nostra chiacchierata è giunta notizia di una prima apertura che i lavoratori hanno potuto rivendicare come una prima vittoria. Ciò è avvenuto dopo una serie di incontri preliminari per affrontare il conflitto, l'ultimo dei quali è stata la riunione del Comitato regionale per la ricerca e la riconciliazione del 12 gennaio 2022, durata cinque ore di trattative. La trattativa è sfociata in una serie di accordi che prevedono l'indennizzo del lavoratore licenziato arbitrariamente dopo aver accettato il valore pattuito ai sensi del Codice del lavoro, oltre al ripristino del posto di lavoro degli scioperanti e al risarcimento dei danni subiti. Inoltre, l'incontro si è concluso con la ripresa del dialogo con l'ufficio sindacale a livello di Villaggio 9, e l'attenzione e la cura per l'aspetto sociale dei figli della lavoratrice morta. https://www.assorurale.it/2022/01/11/solidarieta-con-i-lavoratori-in-marocco-dopo-la-morte-di-un-lavoratore-durante-un-sit-in-contro-azura/?fbclid=IwAR0jj7j5PXJrpprq7auEsYfgx2TUHBrRAH8axN19x2b0hKlOTzAwaOPrDh4
    9m 1s
  • Jihad del Maghreb attorno al lago Ciad

    5 OCT 2020 · Il lago Ciad va prosciugandosi. Sulle sue sponde la popolazione è sempre più povera ed esposta ad infiltrazioni jihadiste, gli altri si dedicano ai traffici ancora possibili su un dedalo di piste da secoli nell’immaginario dei viaggiatori. Luca Raineri racconta i conflitti tra etnie ammantati di religione e causati dalla diminuzione di risorse.
    4m 55s
  • Quali interessi economici si intersecano nel crocevia di traffici del Sahel?

    5 OCT 2020 · Oltre al passaggio di merci tra Africa subsahariana e Maghreb, quali risorse del territorio sono appetibili ora? Luca Raineri parla di uranio – più che di petrolio i cui giacimenti maliani sono di scarso valore. Per cui va studiata anche la trasformazione di quell’area dedita alla pastorizia e ora crogiolo e snodo degli interessi globali per quel che riguardano i traffici di armi (crocevia delle guerre in Mali e in Libia), droga e migranti (tra i principali affari dei tuareg, alternativamente impegnati nel contenimento dell'espansione dell'Isis e nella alleanza con lo stesso Daesh).
    4m 25s
  • Le frontiere liquide del Sahel

    5 OCT 2020 · Un intervento radiofonico di Luca Raineri avvia un'analisi incentrata sul Sahel nel momento in cui si assiste a frenetiche manovre a più livelli per sostituire le influenze. Qui è descritto il quadro relativo al contesto, fatto di frontiere liquide e guerre a bassa intensità, al contrario di altre aree come la Siria dove i brand jihadisti si sono combattuti apertamente.
    3m 8s
Nel Sahel attuale si incontrano eventi che caratterizzano il territorio in base ai rapporti di forza globali.
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