La legge di Lidia Poët. Ovvero una
serie tv sui pregiudizi che impediscono, nel Regno d’Italia, a una donna di svolgere la professione forense.
Può una donna diventare avvocato? La domanda, al giorno d’oggi, è ridicola. Diversa la situazione alla fine dell’Ottocento, in Italia.
A raccontare una storia di ordinaria discriminazione e ingiustizia è la serie tv La legge di Lidia Poët.
Una vicenda di oltre un secolo fa, ma che è l’emblema e la
rappresentazione di tante ingiustizie sociali che viviamo ancora oggi – dentro e fuori l’Italia.
La
serie televisiva su Netflix "La legge di Lidia Poët" racconta una serie di casi giudiziari dove l’aspirante avvocata punta alla verità.
Il suo impegno ci affascina perché – nella sua battaglia per essere riconosciuta come legale che opera sul campo – in ogni caso giudiziario mette in gioco la sua
capacità di osservazione, l’essere al passo con i progressi tecnici e di indagine (le impronte digitali, ad esempio) e il porsi sempre in avanti rispetto ai colleghi maschi.
L'analisi della serie tv è di
Maurizio Corte, giornalista investigativo, scrittore per i media e media analyst. Scopri il suo blog su crimine, giustizia e media:
"Il Biondino della Spider Rossa"