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9 - Cap II - Verità fondamentali della devozione a Maria - Rif.66-71

9 - Cap II - Verità fondamentali della devozione a Maria - Rif.66-71
Mar 17, 2022 · 8m 30s

66. Come se fin qui non avessi detto ancora nulla in onore della tua santa Madre, donami la grazia di lodarla degnamente, nonostante tutti i suoi nemici, che sono anche...

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66. Come se fin qui non avessi detto ancora nulla in onore della tua santa Madre, donami la grazia di lodarla degnamente, nonostante tutti i suoi nemici, che sono anche i tuoi, e di dire loro apertamente con i santi: «Non pretenda di ottenere misericordia da Dio chi offende la sua santa Madre» [ 4 ].

67. Per ottenere dalla tua misericordia una vera devozione alla tua santa Madre, e poterla ispirare a tutti, fa’ che io possa amarti con ardore e accogli perciò la preghiera infocata che ti rivolgo con sant’Agostino e con i tuoi veri amici [ 5 ]: «Tu sei il Cristo, il mio padre santo, il mio Dio misericordioso, il mio grande re, il mio buon pastore, il mio unico maestro, il mio migliore aiuto, il mio amore bellissimo, il mio pane vivo, il mio sacerdote per sempre, la mia guida verso la patria, la mia luce vera, la mia santa dolcezza, la mia retta via, la mia fulgida sapienza, la mia limpida semplicità, la mia concordia e la mia pace, la mia sicura protezione, la mia eredità preziosa, la mia eterna salvezza... Cristo Gesù, amabile Signore, perché in tutta la mia vita ho amato e desiderato altra cosa fuori di te, Gesù, mio Dio? Dov’ero quando non pensavo a te? Da questo momento, voi tutti desideri miei, ardete e confluite nel Signore Gesù; correte, avete tardato abbastanza; affrettatevi verso la meta desiderata; cercate davvero colui che cercate! O Gesù, chi non ti ama sia anatema; chi non ti ama sia colmo di amarezze... Dolce Gesù, ami te, si diletti in te e contempli te ammirato, ogni essere buono, consacrato alla tua gloria. Dio del mio cuore e mia parte d’eredità, Cristo Gesù, che il mio cuore venga meno e che sia tu a vivere in me; si accenda nel mio spirito la brace viva del tuo amore e divampi in un incendio; arda sempre sull’altare del mio cuore, bruci nell’intimo del mio essere, divampi nelle profondità dell’anima mia; nel giorno della mia morte, possa io apparire davanti a te consumato dal tuo amore. Amen». Ho voluto riportare per intero questa meravigliosa preghiera di sant’Agostino, perché la si reciti tutti i giorni, per chiedere l’amore di Gesù che noi cerchiamo per mezzo della divina Maria. Apparteniamo a Gesù Cristo e a Maria come schiavi 68. Seconda verità. - Per quello che Gesù Cristo è nei nostri confronti bisogna concludere che noi non apparteniamo a noi stessi, come dice l’Apostolo, ma completamente a lui, come sue membra e suoi schiavi, acquistati ad un prezzo infinitamente caro, cioè a prezzo di tutto il suo sangue. Prima del battesimo, appartenevamo al demonio come suoi schiavi; il battesimo ci ha resi veri schiavi di Gesù Cristo, che devono vivere, lavorare e morire al solo scopo di portare frutto per questo Dio Uomo, glorificarlo nel nostro corpo e farlo regnare nella nostra anima, perché siamo sua conquista, popolo che egli si è acquistato e sua eredità [ 6 ]. Per lo stesso motivo, lo Spirito Santo ci paragona:
1º ad alberi piantati lungo le acque della grazia, nel campo della Chiesa, che devono portare frutto a suo tempo;
2º ai tralci di una vite, di cui Gesù Cristo è il ceppo, tralci che devono produrre della buona uva;
3º a un gregge di cui Gesù Cristo è il pastore, e che deve moltiplicarsi e dare latte;
4º a una terra fertile di cui Dio è l’agricoltore, e nella quale il seme si moltiplica e produce trenta, sessanta o cento volte tanto. Gesù Cristo ha maledetto il fico sterile e condannato il servo inetto che non aveva trafficato il suo talento. Tutto questo prova che Gesù Cristo vuole cogliere frutti dalla nostre misere persone, cioè le buone opere, perché queste appartengono unicamente a lui: «Creati in Gesù Cristo per le buone opere» (Ef 2, 10). Queste parole dello Spirito Santo mostrano sia che Gesù Cristo è l’unico principio e deve essere l’unico fine di tutte le nostre buone opere, sia che noi lo dobbiamo servire, non solo come servitori retribuiti, ma come schiavi d’amore. Mi spiego.

69. Vi sono due modi, quaggiù, di appartenere a un altro e dipendere dalla sua autorità, cioè: la semplice servitù e la schiavitù; dal che noi chiamiamo uno servo e uno schiavo. Con la servitù, comune tra i cristiani, un uomo si impegna a servirne un altro per un certo periodo di tempo e per un certo salario o una data ricompensa. Con la schiavitù, un uomo dipende completamente da un altro per tutta la propria vita, e deve servire il suo padrone senza pretendere nessun salario né ricompensa alcuna, come fosse una delle sue bestie sulle quali l’altro ha diritto di vita e di morte.

70. Vi sono tre specie di schiavitù: una schiavitù di natura, una schiavitù forzata e una schiavitù volontaria. Tutte le creature sono schiave di Dio nel primo modo: «Del Signore è la terra e quanto contiene» (Sal 23, 1); i demoni e i dannati lo sono nel secondo; i giusti e i santi nel terzo. La schiavitù volontaria è la più perfetta e la più gloriosa per Dio, che scruta il cuore, domanda il cuore e si chiama Dio del cuore o della volontà d’amore poiché con questa schiavitù si sceglie Dio e il suo servizio al di sopra di tutto, quand’anche la natura non obbligasse a questo.

71. Tra un servo e uno schiavo c’è una differenza totale:

1º Un servo non dà al suo padrone tutto ciò che è, tutto ciò che possiede e tutto ciò che può acquistare per mezzo di altri o se stesso; lo schiavo invece dà interamente al suo padrone tutto se stesso, tutto quanto possiede e tutto quanto può acquistare, senza nessuna eccezione.

2º Il servo esige un salario per i servizi che rende al suo padrone, mentre lo schiavo non può esigere nulla, qualunque siano l’impegno, l’abilità e la fatica messi nel lavorare.

3º Il servo può abbandonare il suo padrone quando vuole, o almeno alla scadenza del tempo del servizio; lo schiavo invece non ha diritto di lasciare il suo padrone quando vuole.

4º Il padrone del servo non ha su di lui nessun diritto di vita e di morte, di modo che se lo uccidesse, come una delle sue bestie da soma, commetterebbe un omicidio ingiusto; il padrone dello schiavo invece ha per legge su di lui diritto di vita e di morte, per cui lo può vendere a chi vuole, oppure ucciderlo, come potrebbe fare – passi il paragone – con il proprio cavallo.

5º Infine, il servo rimane a servizio di un padrone per un tempo determinato, lo schiavo invece per sempre.

Note:
[ 4 ] Cf. Guglielmo di Parigi, De rethorica divina (Opera omnia, Parisiis 1674, vol. I, pp. 336-406).

[ 5 ] L’Autore deve aver desunto questa preghiera da un’opera finora introvabile. Essa è composta da diverse citazioni di sant’Agostino, o da opere una volta a lui attribuite.

[ 6 ] Cf. S. Th., III, q. 48, a. 4.
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Author L'Oratorio di Exsurge
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