Fino al 9 ottobre 2023, al Museo Madre di Napoli, è aperta al pubblico la mostra a cura di Eva Fabbris dedicata a Kazuko Miyamoto (Tokyo, 1942), un’artista che ha sempre cercato di riaffermare il suo ruolo da donna artista non bianca in un contesto - come quello degli Stati Uniti della seconda metà del ‘900 - in cui “arte” e “mascolinità” andavano innegabilmente di pari passo.
In ogni fase della sua vita e del suo percorso artistico (dal figurativo, al geometrico, al politico, al naturale, fino al performativo) vediamo come il tentativo di un riposizionamento di ruoli sia, non solo onnipresente, ma necessario.
Nel 1972, Miyamoto prende parte alla mostra “13 Women Artists”, una delle prime espressioni artistiche, dalle fondamenta profondamente politiche, che denunciava il misero spazio che le grandi gallerie e istituzioni davano alle donne artiste.
Ma quella di Miyamoto è un’arte che è sempre stata “politica”: ricercare l’imprecisione nella perfetta rigidità minimalista è un atto politico; non sottostare alle rigide regole di un sistema patriarcale è un atto politico; disobbedire, in qualsiasi forma, è un atto politico.
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