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Gabriella Calcamuggi Avogadro della Motta

Gabriella Calcamuggi Avogadro della Motta
Nov 16, 2023 · 6m 38s

voce di Annalisa Canetto “Considerando io l'incertezza di tempo, modo e ora di morire e volendo pria di ridurmi a tale punto disporre delle cose che la Divina provvidenza mi...

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voce di Annalisa Canetto
“Considerando io l'incertezza di tempo, modo e ora di morire e volendo pria di ridurmi a tale punto disporre delle cose che la Divina provvidenza mi diede ad usufruire su questa terra, ho assiduamente pregato e supplico umilmente il Signor Iddio ad illuminarmi, affinché anche in questo io faccia, come desidero, la sua unica santissima volontà. Quindi ringrazio pria di tutto il Sommo Iddio delle immense grazie e benefizii, che per sua divina misericordia, nonostante tanti miei demeriti, si è degnato sempre di concedermi (compartirmi) nel corso della mia vita”. Così principiai il mio testamento il 13 luglio 1833. Sono Ottavia Gabriella Calcamuggi, nata nel 1772 a Casale da Bartolomeo Calcamuggi e Gaetana Mazzetti. Giunsi a Vercelli dopo il mio matrimonio con il cavaliere maggiore generale Benedetto Avogadro della Motta, di 15 anni più grande di me. Ho vissuto nel palazzo Avogadro della Motta sotto la parrocchia di San Lorenzo, nella casa di mio suocero cav. Stefano Avogadro della Motta. Quando decisi di fare testamento, il 13 luglio del 1833, avevo già perso il mio amatissimo marito e mio figlio Giuseppe. Fui una nobildonna particolarmente devota alle compagnie di Sant'Anna e del Rosario oltre a sostenere le parrocchie di San Tommaso e San Lorenzo. Senza eredi diretti, diedi precise disposizioni riguardo ai miei beni, che legai alle molte istituzioni caritatevoli di Vercelli: all'Opera Pia dei frati della carità di San Lorenzo e a quella di San Luigi, all'Orfanotrofio delle Maddalene, al Collegio delle Orfane e all'Ospizio di Carità, cui lasciai anche l'intero mio palazzo d'abitazione, in quella che oggi si intitola Piazza Alciati lungo corso Libertà. Pensai anche all'Ospedale degli Infermi di Casale, cui destinai la mia cascina Vallara, e alla parrocchiale di Solonghello, paese della mia villa di campagna in Monferrato. Oltre ai miei famigliari, alle mie due care sorelle, suor Carolina e contessa Maria Conzani, e al mio amatissimo nipote Conte Giovanni Calcamuggi di Montalero, non dimenticai le persone cui ero legata da affetto e riconoscenza: al sig. Cavalier Vincenzo Rissico, amministratore dei miei beni, diedi l'usufrutto della mia casa di campagna e di molti altri fabbricati e una pensione vitalizia destinai anche alla mia diletta cameriera Teresa Costanza Pautassi, perché potesse vivere tranquillamente, dopo aver impiegato tante cure a riguardo di mio marito e di tutta la mia famiglia. Anche a Marietta, sua figlia, legai la dote di lire 4.000. Disposi inoltre pagamenti a favore della fattora di campagna, alla cameriera Rollino e al mio servo Antonio Cappa, per la sua esattezza, buona volontà ed affetto dimostratomi sempre nei suoi servizi. Di tutti i miei beni mobili, immobili e denari istituii mio erede universale l'Ospedale Sant'Andrea di Vercelli, cui sarebbe spettato di eseguire tutte le disposizioni sopra ricordate e di erigere e mantenere in perpetuo un letto da incurabile, dopo che fosse cessata una delle pensioni vitalizie. Il letto non sarebbe stato assegnato a “l'apoplettico, all'epilettico, al demente, semi demente o fatuo, ed anche al cieco o d'altrimenti affetto da malattia abbisognante di guida o di particolare assistenza”. Tante e tali erano a quei tempi le limitazioni all'assistenza ospedaliera. Un posto da incurabile fondai il 17 agosto 1839, mentre ero ancora in vita, versando lire 10.000 all'Ospedale. Il primo beneficiario fu il povero vercellese Luigi Francesco Griva. L'apertura del testamento si compì dopo la mia morte, che avvenne alle 10 di sera del 15 giugno 1840, all'età di sessantotto anni, in casa mia munita dei Sacramenti. A fronte del lascito ricevuto, fra cui consistenti fondi di denaro e un patrimonio mobile di valore, oltre a 300 giornate di terra in quel di Desana, Lignana e Casalrosso, l'Ospedale si fece carico della mia sepoltura e di un solenne servizio funebre. Provvide ad acquistare per lire 350 un arco coperto nel cimitero di Vercelli, dove tuttora sono sepolta, e fece realizzare una lapide marmorea con apposita inscrizione, la quale -come recitarono nell'atto deliberativo- “tramandi ai posteri la somma carità e beneficenza della defunta verso le opere pie, più specialmente verso di quest'Ospedale”. E infine decisero di far eseguire questo mio ritratto, che ora state guardando, rappresentandomi ad altezza naturale, il solo, oltre a quello del fondatore cardinale Guala Bichieri, fra i tanti quadri dei benefattori dipinti tutti in più piccolo formato. In questa occasione, giacché esistono altri due miei ritratti a mezzo busto, mi fecero dipingere, nel medesimo anno 1840, da Eusebio Malnate, “or che si trovò in Vercelli -così scrissero- abile pittore all'uopo”.
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Author Città di Vercelli
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