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Modesto Cugnolio

Modesto Cugnolio
Nov 16, 2023 · 5m 6s

Voce narrante Gianluca Mischiatti Io, Modesto Cugnolio, ebbi in sorte di nascere, nel 1863, da un'agiata famiglia della borghesia vercellese, il cui benessere era garantito non da eredità patrimoniali, ma...

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Voce narrante Gianluca Mischiatti

Io, Modesto Cugnolio, ebbi in sorte di nascere, nel 1863, da un'agiata famiglia della borghesia vercellese, il cui benessere era garantito non da eredità patrimoniali, ma dal lavoro di entrambi i miei genitori: mio padre Pietro orefice, mia madre, Giuseppina Riva, maestra levatrice all'Ospedale di Vercelli. Tale condizione privilegiata mi permise gli studi presso il Collegio dei Barnabiti di Moncalieri, il più esclusivo collegio piemontese, e la laurea in Giurisprudenza presso l'Università di Torino. Molto presto, però, mi orientai, nell'esercizio della mia professione di avvocato, ad operare nella ben diversa realtà del lavoro proletario, sottopagato e sfruttato, e nella difesa dalla persecuzione di chi, come me, contro quella emarginazione combatteva le proprie battaglie ideologiche. Dall'attività forense orientata, ad una vera e propria militanza politica, il passo fu breve. Fui tra i pionieri del movimento cooperativo nell'agro vercellese e delle prime leghe contadine, tra i propugnatori dei primi Circoli del partito Socialista, al quale mi iscrissi dopo che, durante la repressione del 1898, venni incarcerato per tre settimane. Fui tra i promotori della fondazione della Camera del Lavoro di Vercelli, nel 1901, e mi posi alla guida di agitazioni e scioperi contro le disumane condizioni in cui erano lasciati i lavoratori del settore agrario e, in particolare, le lavoratrici della risaia. Mi parlava 'n dialot par femi capì ansema ai me' cuntadin. Fondai il giornale “La Risaia”, organo di lotta politica e voce alternativa alle altre testate vercellesi, “La Sesia” liberale e “L'Unione” cattolica. Profusi tutto il mio tenace impegno per giungere a ottenere le otto ore lavorative, sia a livello istituzionale, perché fosse rispettato il Regolamento Cantelli già esistente che limitava le ore in risaia, che nelle dure battaglie sul campo, con la mobilitazione di contadini e mondine. E nel 1906, l'anno di grandi scioperi, si arrivò al conseguimento dell'importante obiettivo, peraltro qui a Vercelli senza gli episodi cruenti di altre situazioni. Fui membro della Stazione Sperimentale di Risicultura, consigliere comunale e provinciale e infine, eletto nel 1913, deputato al Parlamento italiano, dal quale non cessai di occuparmi della realtà agraria e del lavoro in risaia. Mi distolse soltanto la mia morte improvvisa, a Roma, per un attacco di polmonite, il 18 marzo del 1917. I miei funerali si svolsero a Roma e a Vercelli, dove la folla immensa della mia amata umile gente si riversò per l'estremo saluto, prima della tumulazione nella tomba di famiglia nel cimitero di Biliemme. Avevo dato disposizioni precise per le mie esequie fin dal 1910, quando nel mio testamento avevo scritto: “Non voglio preti né funerali religiosi, solo funerali civili e i miei contadini, perché abbiano esempio di non lasciarsi turlupinare dai preti. Dio non ha bisogno di uomini che servano da intermediari tra noi e lui. Egli vede e giudica le opere e le intenzioni. Affronto tranquillo l'aldilà se esiste, non avendo mai fatto male scientemente ad alcuno”. Nel testamento avevo nominato miei eredi alcuni parenti, ma avevo lasciato l'usufrutto di tutti i beni, compresa la mia casa d'abitazione, alla mia ottima e fida cameriera Elisabetta Chiavario, cara Bettina, che fu con me nella buona e mala ventura. Alla sua morte l'Ospedale di Vercelli avrebbe prelevato dal suo patrimonio 15.000 Lire, per istituire a nome di mia madre un posto di cronico per una donna. Ciò accadde nel 1946, quando però l'insufficienza del reddito lasciò sospesa la fondazione del letto. La mia presenza in questo luogo di memoria dei benefattori e della storia ospedaliera, grazie al ritratto dipinto da Ferdinando Rossaro, si fonda comunque nel mio intenso legame con tale ente, del quale fui per parecchi anni, prima dell'impegno romano, uno degli amministratori. Del resto, come avrei potuto, nella mia esistenza spesa per i più poveri, non occuparmi della secolare istituzione che provvedeva alla cura e all'assistenza degli degli ammalati e degli inabili indigenti?
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Author Città di Vercelli
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