Immaginate una littorina che diventa orchestra dixieland, vola sulle montagne al suon di La stangata, batte il tempo e sculetta.
Comincia all’alba, con una tremenda voglia di mare.
Ma cosa c’è in Abruzzo fra te e il mare?
Il treno, maledetto lui.
La linea adriatica, dritta, indefettibile.Senza contare la statale e una muraglia cinese di case private.
Cerchiamo un sottopasso prima che raccoglitori di asparagi, bagnanti e vucumprà vadano all’arrembaggio dei binari.
La bigliettaia della stazione di San Vito scherza con tutti, da dietro il vetro.
E’ una delle ultime in Italia capaci di fare il biglietto a mano.
Senza computer, tutto è più semplice.
Non importa se chiedi coincidenze strane, basta fare la somma dei chilometri.
Così, per una volta, la rete ci accetta come siamo: viaggiatori.
E via a centocinquanta orari verso Pescara, di nuovo sulla Lunga Italia, letteralmente a filo d’acqua.
La linea per L’Aquila è del 1875, passa per foreste antichissime, sfiora vecchi ponti a schiena d’asino, scavalca un fiume gonfio, verde e regolare.
Sella di Corno, quota 1005, la jazz-band entra nel Lazio, affronta la discesa.
La motrice si inclina, curva sopra Antrodoco accanto a un’enorme scritta DUX sulla montagna, scende verso Rieti, si infila in gole boscose di una bellezza incomparabile.
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