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Una volta l’anno, oppure semestralmente, un buon manager ha il compito di dover tenere un colloquio di valutazione con il collaboratore, purtroppo questo processo presenta molte difficoltà ed insidie.
Lato collaboratore il primo aspetto critico riguarda il fatto che l’80% dei collaboratori, ascoltati durante il colloquio, sono sicuri di aver lavorato meglio della media; e molto spesso il manager non crede a questo.
La principale motivazione di questa iper-valutazione dipende da una distonia che si viene a creare tra il giudizio di sé e il giudizio degli altri.
Gli altri tendiamo a valutarli sui comportamenti che vediamo, se si valuta la capacità di relazionarsi all’interno del team, il collaboratore non molto attivo sarà giudicato come una persona poca propensa a relazionarsi, invece noi stessi tendiamo a valutarci sulle intenzioni, in questo caso se non mi relaziono con gli altri ma sono intenzionato a farlo, per noi basterà per darci un voto positivo.
Molte insidie si nascondono anche negli aspetti che influenzano il manager nella sua valutazione, anche con la preparazione dovuta al colloquio, perché spesso vediamo ciò che ci aspettiamo di vedere, sia nel bene che nel male.
Quindi se ho molte aspettative su un collaboratore e ho investito del tempo, per me prezioso, sul lavoro svolto di miglioramento e sviluppo, il rischio è che nella valutazione finale posso essere poco obiettivo.
Anche lo stato umorale nel momento del colloquio di valutazione gioca brutti scherzi, se quel giorno sono di umore basso molto probabilmente userò un metro di misura poco ottimista, userò le lenti grigie, nel caso contrario in cui sono felice molto probabilmente userò le lenti rosa, con un approccio molto più propenso al positivo.
Ovviamente anche il contesto, inteso come luogo del colloquio e collocazione temporale, incide in modo importante. Se il giorno del colloquio sono 30 gradi e siamo senza aria climatizzata, il contesto non aiuta.
Esiste anche il noto “effetto alone”, che sta ad indicare che una cosa positiva, o negativa, fatta o detta dalla persona valutata su un aspetto a noi sensibile pesa molto sul giudizio finale che daremo sulla persona.
Dipende dal processo di attivazione recente, cioè l’ultima cosa che abbiamo pensato, in maniera impattante, ci influenza, per esempio: se prima del colloquio abbiamo fatto un meeting in cui i nostri superiori ci hanno stressato su un determinato argomento, quando svolgerò il colloquio ciò che il collaboratore ha detto o fatto in merito a quell’argomento influenzerà il giudizio finale.
Può dipendere anche dal processo di attivazione frequente, se la sensibilità a quell’argomento ci assilla da tempo e siamo particolarmente sensibili.
Per poter minimizzare la possibilità che questi fattori incidano sul colloquio valutativo è necessario programmare e organizzare l’incontro preventivamente.
Un buon metodo può essere far compilare, almeno 15 giorni prima, al collaboratore un documento cartaceo, o elettronico, in cui iniziamo col chiedere le aspettative dell’anno trascorso, per esempio: come giudichi l’anno professionale appena trascorso? Quali sono gli aspetti migliorativi rispetto all’anno passato? Quali aspetti sono andati peggio? Cosa pensi dell’azienda e i suoi valori? Come valuti il rapporto con i colleghi?
Inserire all’interno di questo documento anche una tabella con i principali valori di soddisfazione e motivazione, come la retribuzione, i benefits, il tipo di carriera, la crescita professionale ecc.
Il collaboratore dovrà su base volontaria distribuire 100 punti su questi fattori; è possibile trovarsi in due situazioni, la prima che vedrà distribuiti i punti su tutti i fattori o su alcuni, la seconda in cui il collaboratore concentrerà tutti i 100 punti su una categoria di bisogno, in quel caso bisogna tener ben presente questa richiesta del collaboratore e prepararsi bene per il colloquio.
Solo dopo questo momento di studio e riflessione sarà possibile incontrarsi in colloquio, entrambe le parti con tutti gli elementi analizzati, dando la parola per primo al collaboratore.
Questi dovrà raccontare quali sono stati gli aspetti negativi e positivi della sua attività professionale, quali difficoltà ha riscontrato e come vorrebbe intraprendere le nuove sfide future.
Successivamente la parola passa al manager che dovrà raccontare i punti di forza riscontrati e le aree di miglioramento, definendo un piano di miglioramento condiviso.
Ed infine, sempre il manager, dovrà definire le aspettative per il futuro nei confronti del valutato.
Una volta l’anno, oppure semestralmente, un buon manager ha il compito di dover tenere un colloquio di valutazione con il collaboratore, purtroppo questo processo presenta molte difficoltà ed insidie. Lato collaboratore il primo aspetto critico riguarda il fatto che l’80% dei collaboratori, ascoltati durante il colloquio, sono sicuri di aver lavorato meglio della media; e molto spesso il manager non crede a questo. La principale motivazione di questa iper-valutazione dipende da una distonia che si viene a creare tra il giudizio di sé e il giudizio degli altri. Gli altri tendiamo a valutarli sui comportamenti che vediamo, se si valuta la capacità di relazionarsi all’interno del team, il collaboratore non molto attivo sarà giudicato come una persona poca propensa a relazionarsi, invece noi stessi tendiamo a valutarci sulle intenzioni, in questo caso se non mi relaziono con gli altri ma sono intenzionato a farlo, per noi basterà per darci un voto positivo. Molte insidie si nascondono anche negli aspetti che influenzano il manager nella sua valutazione, anche con la preparazione dovuta al colloquio, perché spesso vediamo ciò che ci aspettiamo di vedere, sia nel bene che nel male. Quindi se ho molte aspettative su un collaboratore e ho investito del tempo, per me prezioso, sul lavoro svolto di miglioramento e sviluppo, il rischio è che nella valutazione finale posso essere poco obiettivo. Anche lo stato umorale nel momento del colloquio di valutazione gioca brutti scherzi, se quel giorno sono di umore basso molto probabilmente userò un metro di misura poco ottimista, userò le lenti grigie, nel caso contrario in cui sono felice molto probabilmente userò le lenti rosa, con un approccio molto più propenso al positivo. Ovviamente anche il contesto, inteso come luogo del colloquio e collocazione temporale, incide in modo importante. Se il giorno del colloquio sono 30 gradi e siamo senza aria climatizzata, il contesto non aiuta. Esiste anche il noto “effetto alone”, che sta ad indicare che una cosa positiva, o negativa, fatta o detta dalla persona valutata su un aspetto a noi sensibile pesa molto sul giudizio finale che daremo sulla persona. Dipende dal processo di attivazione recente, cioè l’ultima cosa che abbiamo pensato, in maniera impattante, ci influenza, per esempio: se prima del colloquio abbiamo fatto un meeting in cui i nostri superiori ci hanno stressato su un determinato argomento, quando svolgerò il colloquio ciò che il collaboratore ha detto o fatto in merito a quell’argomento influenzerà il giudizio finale. Può dipendere anche dal processo di attivazione frequente, se la sensibilità a quell’argomento ci assilla da tempo e siamo particolarmente sensibili. Per poter minimizzare la possibilità che questi fattori incidano sul colloquio valutativo è necessario programmare e organizzare l’incontro preventivamente. Un buon metodo può essere far compilare, almeno 15 giorni prima, al collaboratore un documento cartaceo, o elettronico, in cui iniziamo col chiedere le aspettative dell’anno trascorso, per esempio: come giudichi l’anno professionale appena trascorso? Quali sono gli aspetti migliorativi rispetto all’anno passato? Quali aspetti sono andati peggio? Cosa pensi dell’azienda e i suoi valori? Come valuti il rapporto con i colleghi? Inserire all’interno di questo documento anche una tabella con i principali valori di soddisfazione e motivazione, come la retribuzione, i benefits, il tipo di carriera, la crescita professionale ecc. Il collaboratore dovrà su base volontaria distribuire 100 punti su questi fattori; è possibile trovarsi in due situazioni, la prima che vedrà distribuiti i punti su tutti i fattori o su alcuni, la seconda in cui il collaboratore concentrerà tutti i 100 punti su una categoria di bisogno, in quel caso bisogna tener ben presente questa richiesta del collaboratore e prepararsi bene per il colloquio. Solo dopo questo momento di studio e riflessione sarà possibile incontrarsi in colloquio, entrambe le parti con tutti gli elementi analizzati, dando la parola per primo al collaboratore. Questi dovrà raccontare quali sono stati gli aspetti negativi e positivi della sua attività professionale, quali difficoltà ha riscontrato e come vorrebbe intraprendere le nuove sfide future. Successivamente la parola passa al manager che dovrà raccontare i punti di forza riscontrati e le aree di miglioramento, definendo un piano di miglioramento condiviso. Ed infine, sempre il manager, dovrà definire le aspettative per il futuro nei confronti del valutato. read more read less

3 years ago #colloquiodivalutazione, #drucker, #leadership, #vmm