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Il Giappone resta un mercato per molti versi sottovalutato e un Paese che nell’area asiatica (e non solo) continua ad avere un’influenza importante nello sviluppo tecnologico, gastronomico e anche culturale.

Il Giappone è la terza economia più grande del mondo, tecnicamente molto sviluppata e con una Borsa in cui sono quotate più società che in Cina, molte delle quali a conduzione familiare.

Nel listino giapponese ci sono diverse società molto sottovalutate e negli ultimi anni gli utili societari giapponesi hanno registrato una forte risalita a causa del deprezzamento dello yen giapponese e della ripresa economica.

Negli ultimi anni, finanzieri come Warren Buffett hanno puntato sul listino giapponese, investendo su conglomerati e colossi del trading di materie prime tra cui Mitsubishi, Mitsui e Sumitomo, che da oltre un secolo garantiscono all’economia nipponica, povera di risorse, un collegamento per gli approvvigionamenti di energia, metalli e prodotti agricoli.

Certo sono lontani gli anni in cui il Giappone sembrava destinato addirittura a superare come Pil quello degli Stati Uniti, seppure parliamo solo degli anni ’80, quando l’indice Nikkei arrivò a 40.000 punti prima di scendere poi, per quasi 20 anni, fino a quota 8000, mentre in queste settimane ha riconquistato quota 30.000 punti.
Il Giappone resta un mercato per molti versi sottovalutato e un Paese che nell’area asiatica (e non solo) continua ad avere un’influenza importante nello sviluppo tecnologico, gastronomico e anche culturale. Il Giappone è la terza economia più grande del mondo, tecnicamente molto sviluppata e con una Borsa in cui sono quotate più società che in Cina, molte delle quali a conduzione familiare. Nel listino giapponese ci sono diverse società molto sottovalutate e negli ultimi anni gli utili societari giapponesi hanno registrato una forte risalita a causa del deprezzamento dello yen giapponese e della ripresa economica. Negli ultimi anni, finanzieri come Warren Buffett hanno puntato sul listino giapponese, investendo su conglomerati e colossi del trading di materie prime tra cui Mitsubishi, Mitsui e Sumitomo, che da oltre un secolo garantiscono all’economia nipponica, povera di risorse, un collegamento per gli approvvigionamenti di energia, metalli e prodotti agricoli. Certo sono lontani gli anni in cui il Giappone sembrava destinato addirittura a superare come Pil quello degli Stati Uniti, seppure parliamo solo degli anni ’80, quando l’indice Nikkei arrivò a 40.000 punti prima di scendere poi, per quasi 20 anni, fino a quota 8000, mentre in queste settimane ha riconquistato quota 30.000 punti. read more read less

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