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Puntata 3 Tutti i patrioti dovrebbero conoscerla - 21 Marzo 1821

Puntata 3 Tutti i patrioti dovrebbero conoscerla - 21 Marzo 1821
Jun 26, 2021 · 10m 48s

Sono passati ormai duecento anni da quel lontano Marzo del 1821, in cui Manzoni scrisse un'ode per celebrare la liberazione dagli austriaci della Lombardia, che poi non avvenne in quell'anno....

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Sono passati ormai duecento anni da quel lontano Marzo del 1821, in cui Manzoni scrisse un'ode per celebrare la liberazione dagli austriaci della Lombardia, che poi non avvenne in quell'anno.
Sembrava infatti che il reggente del Regno di Sardegna, Carlo Alberto, intendesse passare il Ticino e iniziare un'unificazione italiana sotto la sua egida. Tuttavia, come sappiamo, le cose non andarono così, e Manzoni dovette distruggere il testo per timore delle ritorsioni austriache, anche se il componimento circolò manoscritto divenendo un modello di poesia risorgimentale.
L'ode è dedicata a un patriota tedesco, che morì combattendo contro Napoleone per l'indipendenza del suo popolo.
Come in una visione, l'autore narra di come l'esercito Sardo si volti a guardare il Ticino appena attraversato, e i soldati, fermi sulla sponda asciutta, giurino che il fiume appena superato non scorrerà più tra due rive straniere, che non ci sarà più un luogo in Italia in cui sorgano confini a dividerla al suo interno. Dice testualmente che essi giurano che tra l'Italia e l'Italia non sorgeranno più barriere. Nel frattempo altri forti, dice, rispondevano a quel giuramento da terre ugualmente abitate da Italiani, che preparavano le armi in segreto, pronte allora a scintillare al sole.
L'autore poi sostiene che solo chi riuscirà a distinguere le acque dei vari affluenti del Po sarà in grado poi di dividere (ancora) un popolo riunito e di farlo tornare alle antiche sofferenze dell'oppressione straniera.
Il Lombardo infatti prima, a causa degli oppressori, doveva stare nella sua terra con volto sfiduciato e umiliato, con sguardo basso e insicuro, come un mendicante tollerato per pietà; i capricci di altri diventavano leggi sconosciute per lui, il suo compito era solo quello di ubbidire e tacere.
O stranieri, l'Italia riprende l'eredità dei suoi avi e rivendica i diritti sul proprio territorio!
O stranieri, levate le tende da una terra che non vi ha generato. Non vi accorgete che si sta rialzando tutta, dalle Alpi alla Calabria?
Non vedete che la terra italiana sta tremando, sotto il peso del piede straniero?
O stranieri! Sulle vostre insegne, c'è la macchia obbrobriosa di un giuramento tradito; un giudizio da voi stessi proferito vi accompagna in questa guerra ingiusta: mentre Napoleone conquistava l'Europa, dicevate insistentemente che “Dio rinnega la dominazione straniera; ogni popolo deve essere libero e deve morire l'ingiusta legge della forza”. Nonostante avesse fatto queste promesse di libertà però, proprio l'Austria aveva negato le promesse di maggiori libertà con cui aveva incitato alla rivolta i popoli soggetti all'invasione francese.
Dunque l'autore continua: se la terra su cui piangeste mentre eravate oppressi dai francesi schiaccia ora i corpi degli oppressori che avete sconfitto, se la faccia dei dominatori stranieri vi parve tanto crudele in quei giorni, chi vi ha detto che la sofferenza degli italiani sarebbe stata sterile ed eterna? Chi vi ha detto che quel Dio che ascoltò voi sarebbe stato poi sordo ai nostri lamenti?
Sì, quel Dio che sommerse nelle acque del mar Rosso il malvagio che inseguiva il popolo di Israele; che è padre di tutte le genti, e che non ha mai detto al Germano, all'Austriaco: “va, raccogli dove non hai arato, prepara le unghie, ti do l'Italia”.
Cara Italia! Dappertutto si è levato il grido di dolore per la tua lunga sottomissione.
Dove non è ancora stata abbandonata ogni speranza nel genere umano, dove la libertà si è già affermata, dove ancora invece viene preparata in segreto, dove si piange per una grave sventura, non c'è cuore che non frema per te. Quante volte sperasti di vedere apparire dalle Alpi la bandiera di un popolo amico! Quante volte guardasti sulle acque dell'Adriatico e del Tirreno! Ecco finalmente, nati dalla tua terra, o Italia, stretti attorno ai sacri colori della tua bandiera, forti, armati dai dolori sopportati, i tuoi figli sono pronti a combattere. Oggi, o forti Italiani, risplenda sui vostri volti il furore delle idee che tenevate nascoste: si combatte per l'Italia, vincete! Il suo destino è sulle vostre spade. O la vedremo rinata per opera vostra, seduta al congresso delle nazioni, oppure sarà ancora più serva, umiliata e derisa sotto l'atroce controllo straniero.
Oh giornate del nostro riscatto! Sarà sempre triste per non avervi partecipato chi le udirà raccontate da lontano, dalla bocca altrui. Sarà triste chi dovrà raccontarle ai suoi figli con rammarico dicendo: “io non c'ero”; colui che non avrà salutato quel giorno la sacra e vittoriosa bandiera italiana.

Ecco il testo originale:

Alla illustre memoria di Teodoro Koerner poeta e soldato della indipendenza germanica morto sul campo di Lipsia il giorno XVIII d’ottobre MDCCCXIII nome caro a tutti i popoli che combattono per difendere o per conquistare una patria.

Soffermati sull’arida sponda
Volti i guardi al varcato Ticino,
Tutti assorti nel novo destino,
Certi in cor dell’antica virtù,
Han giurato: “Non fia che quest’onda
Scorra più tra due rive straniere;
Non fia loco ove sorgan barriere
Tra l’Italia e l’Italia, mai più!”.
L’han giurato: altri forti a quel giuro
Rispondean da fraterne contrade,
Affilando nell’ombra le spade
Che or levate scintillano al sol.
Già le destre hanno strette le destre;
Già le sacre parole son porte;
O compagni sul letto di morte,
O fratelli su libero suol.
Chi potrà della gemina Dora,
Della Bormida al Tanaro sposa,
Del Ticino e dell’Orba selvosa
Scerner l’onde confuse nel Po;
Chi stornargli del rapido Mella
E dell’Oglio le miste correnti,
Chi ritogliergli i mille torrenti
Che la foce dell’Adda versò,
Quello ancora una gente risorta
Potrà scindere in volghi spregiati,
E a ritroso degli anni e dei fati,
Risospingerla ai prischi dolor;
Una gente che libera tutta
O fia serva tra l’Alpe ed il mare;
Una d’arme, di lingua, d’altare,
Di memorie, di sangue e di cor.
Con quel volto sfidato e dimesso,
Con quel guardo atterrato ed incerto
Con che stassi un mendìco sofferto
Per mercede nel suolo stranier,
Star doveva in sua terra il Lombardo:
L’altrui voglia era legge per lui;
Il suo fato un segreto d’altrui;
La sua parte servire e tacer.
O stranieri, nel proprio retaggio
Torna Italia e il suo suolo riprende;
O stranieri, strappate le tende
Da una terra che madre non v’è.
Non vedete che tutta si scote,
Dal Cenisio alla balza di Scilla?
Non sentite che infida vacilla
Sotto il peso de’ barbari piè?
O stranieri! sui vostri stendardi
Sta l’obbrobrio d’un giuro tradito;
Un giudizio da voi proferito
V’accompagna a l’iniqua tenzon;
Voi che a stormo gridaste in quei giorni:
“Dio rigetta la forza straniera;
Ogni gente sia libera e pera
Della spada l’iniqua ragion”.
Se la terra ove oppressi gemeste
Preme i corpi de’ vostri oppressori,
Se la faccia d’estranei signori
Tanto amara vi parve in quei dì;
Chi v’ha detto che sterile, eterno
Saria il lutto dell’itale genti?
Chi v’ha detto che ai nostri lamenti
Saria sordo quel Dio che v’udì?
Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia
Chiuse il rio che inseguiva Israele,
Quel che in pugno alla maschia Giaele
Pose il maglio ed il colpo guidò;
Quel che è Padre di tutte le genti,
Che non disse al Germano giammai:
“Va’, raccogli ove arato non hai;
Spiega l’ugne; l’Italia ti do”.
Cara Italia! dovunque il dolente
Grido uscì del tuo lungo servaggio;
Dove ancor dell’umano lignaggio
Ogni speme deserta non è:
Dove già libertade è fiorita,
Dove ancor nel segreto matura,
Dove ha lacrime un’alta sventura,
Non c’è cor che non batta per te.
Quante volte sull’alpe spïasti
L’apparir d’un amico stendardo!
Quante volte intendesti lo sguardo
Ne’ deserti del duplice mar!
Ecco alfin dal tuo seno sboccati,
Stretti intorno ai tuoi santi colori,
Forti, armati dei propri dolori,
I tuoi figli son sorti a pugnar.
Oggi, o forti, sui volti baleni
Il furor delle menti segrete:
Per l’Italia si pugna, vincete!
Il suo fato sui brandi vi sta.
O risorta per voi la vedremo
Al convito dei popoli assisa,
O più serva, più vil, più derisa
Sotto l’orrida verga starà.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
Che da lunge, dal labbro d’altrui,
Come un uomo straniero, le udrà!
Che a’ suoi figli narrandole un giorno,
Dovrà dir sospirando: “Io non c’era”;
Che la santa vittrice bandiera
Salutata quel dì non avrà.
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Author Mamù - Mattia Murgia
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