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Ci fa compagnia tutte le estati, e c'è chi le ha dedicato addirittura le sue poesie: no, non parlo dell'umidità né della calura estiva, bensì della zanzara.

Già l'epigrammista greco Meleagro aveva evocato le zanzare, prima affinché lasciassero dormire in pace la sua amata Zenofila, e poi affinché le portassero un messaggio d'amore mentre stava con un altro amante.
Ma oggi ripeschiamo un'altra poesia da quel bizzarro periodo che fu il barocco.
Giovan Francesco Maia Materdona scrisse infatti un componimento dedicato a una zanzara: in esso, il poeta paragona l'insetto a una tromba che vaga per l'aria, a un rumore animato, che si poggia talvolta solo per ferire, e che rappresenta il turbamento nell'ombra e nel riposo. Un animaletto che vaga per il cielo notturno. Si rivolge a questo “frèmito alato”, cioè appunto alla zanzara, affinché la smetta di impedirgli di riposare. Infatti, dice il poeta, non c'è bisogno di ronzare così fastidiosamente affinché egli non dorma, perché lui è già in dormiveglia per un semplice motivo: non è l'amante della persona che ama.
Chiede pertanto alla zanzara di recarsi piuttosto da chi non l'ama, da chi lo disprezza, e di usare contro essa tutte le armi possibili: il suo suono fastidioso, le sue punture e la sua aggressività.
In questo modo, dice il poeta alla zanzara, ti potrai vantare di aver punto quella che Amore in persona non riuscì mai a colpire e ferire con la sua freccia dorata che fa innamorare chiunque. Tranne, evidentemente, la donna di cui il poeta è innamorato.

Animato rumor, tromba vagante,
che solo per ferir talor ti posi,
turbamento de l’ombre e de’ riposi,
fremito alato e mormorio volante;
per ciel notturno animaletto errante,
pon fréno ai tuoi sussurri aspri e noiosi;
invan ti sforzi tu ch’io non riposi:
basta a non riposar l’esser amante.
Vattene a chi non ama, a chi mi sprèzza
vattene; e incontro a lei quanto più sai
desta il suono, arma gli aghi, usa fierezza.
D’aver punta vantar sì ti potrai
colei, ch’Amor con sua dorata frezza
pungere ed impiagar non poté mai.

Foto di Jomar Junior da Pixabay
Ci fa compagnia tutte le estati, e c'è chi le ha dedicato addirittura le sue poesie: no, non parlo dell'umidità né della calura estiva, bensì della zanzara. Già l'epigrammista greco Meleagro aveva evocato le zanzare, prima affinché lasciassero dormire in pace la sua amata Zenofila, e poi affinché le portassero un messaggio d'amore mentre stava con un altro amante. Ma oggi ripeschiamo un'altra poesia da quel bizzarro periodo che fu il barocco. Giovan Francesco Maia Materdona scrisse infatti un componimento dedicato a una zanzara: in esso, il poeta paragona l'insetto a una tromba che vaga per l'aria, a un rumore animato, che si poggia talvolta solo per ferire, e che rappresenta il turbamento nell'ombra e nel riposo. Un animaletto che vaga per il cielo notturno. Si rivolge a questo “frèmito alato”, cioè appunto alla zanzara, affinché la smetta di impedirgli di riposare. Infatti, dice il poeta, non c'è bisogno di ronzare così fastidiosamente affinché egli non dorma, perché lui è già in dormiveglia per un semplice motivo: non è l'amante della persona che ama. Chiede pertanto alla zanzara di recarsi piuttosto da chi non l'ama, da chi lo disprezza, e di usare contro essa tutte le armi possibili: il suo suono fastidioso, le sue punture e la sua aggressività. In questo modo, dice il poeta alla zanzara, ti potrai vantare di aver punto quella che Amore in persona non riuscì mai a colpire e ferire con la sua freccia dorata che fa innamorare chiunque. Tranne, evidentemente, la donna di cui il poeta è innamorato. Animato rumor, tromba vagante, che solo per ferir talor ti posi, turbamento de l’ombre e de’ riposi, fremito alato e mormorio volante; per ciel notturno animaletto errante, pon fréno ai tuoi sussurri aspri e noiosi; invan ti sforzi tu ch’io non riposi: basta a non riposar l’esser amante. Vattene a chi non ama, a chi mi sprèzza vattene; e incontro a lei quanto più sai desta il suono, arma gli aghi, usa fierezza. D’aver punta vantar sì ti potrai colei, ch’Amor con sua dorata frezza pungere ed impiagar non poté mai. Foto di Jomar Junior da Pixabay read more read less

2 years ago #letta, #maia, #materdona, #poesia, #zanzara