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Per la mia scarsa attitudine allo studio della geografia, la Tasmania era legata alla figura del diavolo della Tasmania: il caos, l’inferno in terra. E invece leggo che per qualcuno, quello stesso luogo è un paradiso in cui rifugiarsi in caso di apocalisse. Non si tratta di una banale e propinatissima comfort zone - che ormai è purtroppo considerata una bestialità da cui fuggire - ma di una safe zone, che per quanto richiami uno scenario di guerra, rende l’idea di un luogo in cui non solo si può sopravvivere, ma anche ripartire. Dal 2020 vediamo di tutto: la consapevolezza dell’irreversibilità del disastro climatico, la guerra in Ucraina, la crisi economica, sociale, politica; la depressione è la malattia del secolo perché dobbiamo sempre superarci (la comfort zone di prima) pena il fallimento nel confronto con gli altri. C’è un parallelo tra l’apocalisse climatica e l’apocalisse emotiva, entrambe testimoniate, se così si può dire da tanti dati oggettivi quanti sono quelli variabili - la salvezza è che potremmo fare la differenza se non pretendessimo di assolutizzarne nessuno, né tantomeno cercare di confutarli per dare sfoggio di una nostra vena ribelle. Dice il professor Novelli che i dati non mentono, lo fanno -a volte- le persone ma pure lui finisce per mal interpretarli pur di vederci ciò che vuole; la verità è che quasi sempre, per quanto i dati siano oggettivi, li interpretiamo secondo le nostre esigenze dimostrative. La mia libraia mi ha detto che Tasmania era tristissimo. È vero, è tristemente reale, aggiungerei, ma c’è ogni tanto una flebile speranza che scintilla e che restituisce la luce all’oscurità che fa parte del mondo fuori e dentro di noi.
Per la mia scarsa attitudine allo studio della geografia, la Tasmania era legata alla figura del diavolo della Tasmania: il caos, l’inferno in terra. E invece leggo che per qualcuno, quello stesso luogo è un paradiso in cui rifugiarsi in caso di apocalisse. Non si tratta di una banale e propinatissima comfort zone - che ormai è purtroppo considerata una bestialità da cui fuggire - ma di una safe zone, che per quanto richiami uno scenario di guerra, rende l’idea di un luogo in cui non solo si può sopravvivere, ma anche ripartire. Dal 2020 vediamo di tutto: la consapevolezza dell’irreversibilità del disastro climatico, la guerra in Ucraina, la crisi economica, sociale, politica; la depressione è la malattia del secolo perché dobbiamo sempre superarci (la comfort zone di prima) pena il fallimento nel confronto con gli altri. C’è un parallelo tra l’apocalisse climatica e l’apocalisse emotiva, entrambe testimoniate, se così si può dire da tanti dati oggettivi quanti sono quelli variabili - la salvezza è che potremmo fare la differenza se non pretendessimo di assolutizzarne nessuno, né tantomeno cercare di confutarli per dare sfoggio di una nostra vena ribelle. Dice il professor Novelli che i dati non mentono, lo fanno -a volte- le persone ma pure lui finisce per mal interpretarli pur di vederci ciò che vuole; la verità è che quasi sempre, per quanto i dati siano oggettivi, li interpretiamo secondo le nostre esigenze dimostrative. La mia libraia mi ha detto che Tasmania era tristissimo. È vero, è tristemente reale, aggiungerei, ma c’è ogni tanto una flebile speranza che scintilla e che restituisce la luce all’oscurità che fa parte del mondo fuori e dentro di noi. read more read less

11 months ago #apocalisse, #cambiamentoclimatico, #consiglidilettura, #einaudi, #einaudieditore, #leggere, #lerecensioniignoranti, #lettura, #libribelli, #libriconsigliati, #libridaleggere, #librisulibri, #librodelgiorno, #librodellasettimana, #paologiordano, #recensioni, #recensionidilibri, #tasmania