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L'autoaffermazione è un tema molto discusso in questo periodo. Affermo ciò che sono, senza paure e senza giudizio. Il flamenco si occupa dell'autoaffermazione.

Il giudizio è qualcosa che non esiste nel flamenco perché presuppone l'aderenza ad un canone, che pretende di stabilire che cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è accettabile e cosa non lo è.

Quando stiamo comunicando con profondità e verità, il canone da rispettare è soltanto quello della nostra verità, della nostra espressione. Per fare flamenco devo saper fare tot, in questo modo? No: per fare flamenco devo essere me stesso, devo lasciar uscire ciò che sento e lo devo fare attraverso una forma, che è evidentemente quella del flamenco, adeguata.

Ciò che fa il flamenco è dar voce alle nostre qualifiche e caratteristiche umane uniche e irripetibili. L'unicità. Se io riconosco di essere unico, esemplare unico al mondo, posso anche scegliere di meritarmi di affermarmi, di affermare ciò che sono, di raccontare ciò che sono, attraverso una forma d'arte. Si tratta di una responsabilità, effettivamente. Se io mi auto affermo, riconosco chi sono, e lo dico anche agli altri e con questo mi assumo la responsabilità, eventualmente, di fare degli errori, o di non essere proprio esattamente perfetto.

A volte tutto questo non lo accettiamo e non lo accettiamo perché la società in cui viviamo, che è fondamentalmente la società occidentale, invece qualifica tutto e giudica tutto e se io non sono esattamente aderente a degli schemi, a dei canoni che sono già stati prestabiliti, non vado bene, e quindi non ho il diritto di affermare ciò che sono. Nel flamenco non esiste un cliché.

Non esiste per esempio nel baile un tipo di fisicità "ok" è un tipo di corpo che invece non è adatto. E così per la voce o per la chitarra.

Durante una lezione con Antonio Canales, che è un danzatore che ha veramente fatto la storia del baile flamenco degli ultimi 30 anni, lui raccontava che c'erano dei ragazzi di sedici di diciotto anni che avevano delle capacità ginniche, fisiche che erano dieci volte la sua: "è inutile che io mi metta, a 40 anni, a cercare di competere, con queste persone. Io tirerò fuori la mia esperienza, che loro, a 18 anni, non hanno". Tirar fuori le proprie qualità e metterle in scena!

Da questo piccolo racconto ho capito che anche per me la cosa importante sarebbe stato affermare ciò che sono e portare esattamente, né più né meno, il mio contenuto irripetibile ed unico, che poi qualcuno giudicherà essere più o meno flamenco, essere più o meno bello, bravo, buono, giusto, sinceramente non mi interessa. Non mi interessa più!

Non è dal giudizio degli altri che nasce la nostra autoaffermazione. Per riconoscere se stessi occorre guardandosi dentro.

E' necessario capire qual è la nostra qualità espressiva, e coltivarla. Il flamenco è sempre l'esibizione del proprio potenziale, e non l'esibizione del proprio deficit o tantomeno l'esibizione di ciò che io ho imparato a memoria.

Ciò che ho imparato non sono io: sono strumenti esterni. Nel flamenco la tecnica è un po' come uno status symbol, è un po' come riconoscere se stessi nell'auto che possediamo.

Evidentemente sono provocatoria ed estrema, però ti invito a riflettere: sono ciò che faccio o sono ciò che sono?

Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile a Milano e ho visto passare davanti a me migliaia di allievi. Sommati poi a tutti i ballerini che ho visto sul palcoscenico, caspita se ne ho visti di ballerini flamenchi! A tutti i livelli ho visto veramente di tutto.

Da psicomotricista guardo sempre per prima cosa il potenziale delle persone e mai il loro deficit. La cosa che si vede immediatamente, ballando flamenco è che cosa quella persona è: il flamenco ti mette completamente a nudo.

La sua fisicità, la sua postura, il suo atteggiamento corporeo di presenza e di fierezza, che derivano dal fortissimo uso delle gambe, dal radicamento incredibile al suolo che questa danza richiede, la persona che balla si sta sicuramente affermando. La strategia fisica del baile flamenco è proprio la strategia dell'anti-paura: non ho paura quando sono eretta, quando l'inguine è ben aperto, quando il bacino è totalmente verticale e le gambe sono fluidamente disponibili al movimento, i piedi sono radicati nel suolo e le ginocchia sono mobili.

Una persona che avesse gambe rigide sarebbe un po' come il gigante con i piedi di argilla, cioè qualcuno che non è ben radicato al suolo e che, di conseguenza, non può essere tanto agile nemmeno. A piedi rigidi corrisponde un corpo rigido, un corpo rigido non è agile ed è come se avesse sempre un po' di paura.

Mi esprimo senza paura, senza bloccarmi senza cercare di contraffarmi, fidandomi del fatto che il mio messaggio arriverà, se lo lascerò arrivare.
L'autoaffermazione è un tema molto discusso in questo periodo. Affermo ciò che sono, senza paure e senza giudizio. Il flamenco si occupa dell'autoaffermazione. Il giudizio è qualcosa che non esiste nel flamenco perché presuppone l'aderenza ad un canone, che pretende di stabilire che cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è accettabile e cosa non lo è. Quando stiamo comunicando con profondità e verità, il canone da rispettare è soltanto quello della nostra verità, della nostra espressione. Per fare flamenco devo saper fare tot, in questo modo? No: per fare flamenco devo essere me stesso, devo lasciar uscire ciò che sento e lo devo fare attraverso una forma, che è evidentemente quella del flamenco, adeguata. Ciò che fa il flamenco è dar voce alle nostre qualifiche e caratteristiche umane uniche e irripetibili. L'unicità. Se io riconosco di essere unico, esemplare unico al mondo, posso anche scegliere di meritarmi di affermarmi, di affermare ciò che sono, di raccontare ciò che sono, attraverso una forma d'arte. Si tratta di una responsabilità, effettivamente. Se io mi auto affermo, riconosco chi sono, e lo dico anche agli altri e con questo mi assumo la responsabilità, eventualmente, di fare degli errori, o di non essere proprio esattamente perfetto. A volte tutto questo non lo accettiamo e non lo accettiamo perché la società in cui viviamo, che è fondamentalmente la società occidentale, invece qualifica tutto e giudica tutto e se io non sono esattamente aderente a degli schemi, a dei canoni che sono già stati prestabiliti, non vado bene, e quindi non ho il diritto di affermare ciò che sono. Nel flamenco non esiste un cliché. Non esiste per esempio nel baile un tipo di fisicità "ok" è un tipo di corpo che invece non è adatto. E così per la voce o per la chitarra. Durante una lezione con Antonio Canales, che è un danzatore che ha veramente fatto la storia del baile flamenco degli ultimi 30 anni, lui raccontava che c'erano dei ragazzi di sedici di diciotto anni che avevano delle capacità ginniche, fisiche che erano dieci volte la sua: "è inutile che io mi metta, a 40 anni, a cercare di competere, con queste persone. Io tirerò fuori la mia esperienza, che loro, a 18 anni, non hanno". Tirar fuori le proprie qualità e metterle in scena! Da questo piccolo racconto ho capito che anche per me la cosa importante sarebbe stato affermare ciò che sono e portare esattamente, né più né meno, il mio contenuto irripetibile ed unico, che poi qualcuno giudicherà essere più o meno flamenco, essere più o meno bello, bravo, buono, giusto, sinceramente non mi interessa. Non mi interessa più! Non è dal giudizio degli altri che nasce la nostra autoaffermazione. Per riconoscere se stessi occorre guardandosi dentro. E' necessario capire qual è la nostra qualità espressiva, e coltivarla. Il flamenco è sempre l'esibizione del proprio potenziale, e non l'esibizione del proprio deficit o tantomeno l'esibizione di ciò che io ho imparato a memoria. Ciò che ho imparato non sono io: sono strumenti esterni. Nel flamenco la tecnica è un po' come uno status symbol, è un po' come riconoscere se stessi nell'auto che possediamo. Evidentemente sono provocatoria ed estrema, però ti invito a riflettere: sono ciò che faccio o sono ciò che sono? Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile a Milano e ho visto passare davanti a me migliaia di allievi. Sommati poi a tutti i ballerini che ho visto sul palcoscenico, caspita se ne ho visti di ballerini flamenchi! A tutti i livelli ho visto veramente di tutto. Da psicomotricista guardo sempre per prima cosa il potenziale delle persone e mai il loro deficit. La cosa che si vede immediatamente, ballando flamenco è che cosa quella persona è: il flamenco ti mette completamente a nudo. La sua fisicità, la sua postura, il suo atteggiamento corporeo di presenza e di fierezza, che derivano dal fortissimo uso delle gambe, dal radicamento incredibile al suolo che questa danza richiede, la persona che balla si sta sicuramente affermando. La strategia fisica del baile flamenco è proprio la strategia dell'anti-paura: non ho paura quando sono eretta, quando l'inguine è ben aperto, quando il bacino è totalmente verticale e le gambe sono fluidamente disponibili al movimento, i piedi sono radicati nel suolo e le ginocchia sono mobili. Una persona che avesse gambe rigide sarebbe un po' come il gigante con i piedi di argilla, cioè qualcuno che non è ben radicato al suolo e che, di conseguenza, non può essere tanto agile nemmeno. A piedi rigidi corrisponde un corpo rigido, un corpo rigido non è agile ed è come se avesse sempre un po' di paura. Mi esprimo senza paura, senza bloccarmi senza cercare di contraffarmi, fidandomi del fatto che il mio messaggio arriverà, se lo lascerò arrivare. read more read less

about 1 year ago #andalusia, #autoaffermazione, #baile, #cante, #chitarra, #cultura, #danza, #flamenco, #musica