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Lo stato che vuole la morte di Alfie ci ricorda il nazismo

Lo stato che vuole la morte di Alfie ci ricorda il nazismo
Sep 28, 2022 · 20m 3s

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5154 LO STATO CHE VUOLE LA MORTE DI ALFIE CI RICORDA IL NAZISMO di Riccardo Cascioli Che vantaggio trae l'umanità dalle migliaia di disgraziati che ogni anno...

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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5154

LO STATO CHE VUOLE LA MORTE DI ALFIE CI RICORDA IL NAZISMO di Riccardo Cascioli
Che vantaggio trae l'umanità dalle migliaia di disgraziati che ogni anno vengono al mondo, dai sordi e dai muti, dagli idioti e dagli affetti da malattie ereditarie incurabili, tenuti in vita artificialmente fino a raggiungere l'età adulta?... Quale immenso grumo di sofferenza e dolore tale squallore comporta per gli stessi sfortunati malati, quale incalcolabile somma di preoccupazione e dolore per le loro famiglie, quale perdita in termini di risorse private e costi per lo Stato a scapito dei sani! Quante sofferenze e quante di queste perdite potrebbero venire evitate se si decidesse finalmente di liberare i totalmente incurabili dalle loro indescrivibili sofferenze con una dose di morfina».
Qualcuno potrebbe pensare che queste parole siano state pronunciate da qualche gerarca nazista. E invece no, risalgono a ben prima del nazismo: si trovano nel libro "L'enigma della vita", scritto nel 1904 da Ernst Haeckel. Conosciuto come il fondatore dell'ecologia, Haeckel è soprattutto un entusiasta discepolo di Charles Darwin e delle sue teorie sulla selezione naturale. E quindi di Francis Galton (1822-1911), cugino di Darwin e padre della Eugenetica. Galton porta alle estreme conseguenze la teoria darwiniana sulla selezione naturale: poggiandosi anche sulla recente scoperta dell'ereditarietà dei geni si pone la domanda sul come "guidare" questa selezione in modo da migliorare la razza umana.
Nascono così le Società di Eugenetica nei primissimi anni del '900. All'inizio si parlava soprattutto di Eugenetica "positiva", ovvero attraverso matrimoni selettivi privilegiando quelli tra i migliori elementi della società. Ma ben presto si passa a quella "negativa", cioè il divieto ai deboli di riprodursi. Non per niente leggi eugenetiche (con sterilizzazioni forzate dei "non adatti") tra il 1910 e il 1925 vengono approvate e applicate in diversi paesi nord-europei e in gran parte degli stati degli USA.
È un quadro che aiuta meglio a inquadrare quanto sta avvenendo all'ospedale Alder Hey Liverpool dove il piccolo Alfie Evans viene trattato come uno "scarto" da eliminare.

LA MENTALITÀ EUGENETICA IN GRAN BRETAGNA
Molti in questi giorni, leggendo anche le agghiaccianti sentenze dei giudici britannici, hanno rievocato le leggi naziste sulla selezione della razza.
Se il regime tedesco ebbe certamente la possibilità di applicare certe idee, è riduttivo e alla fine fuorviante ridurre la mentalità eugenetica al nazismo. Al contrario, è proprio la Gran Bretagna di fine '800-inizio '900 all'origine di quel movimento razzista e di quella "cultura dello scarto" (come direbbe papa Francesco) che ebbe poi massimo fulgore nel Terzo Reich. E la Germania nazista forse non avrebbe avuto la possibilità di implementare certi programmi se non fosse stato per i generosi finanziamenti delle grandi fondazioni americane e britanniche e per il grande consenso che riscuotevano in Europa. Il professore Ernst Rudin, psichiatra nazista e teorico delle leggi razziali, potè aprire il suo Istituto Kaiser Guglielmo per l'Antropologia, l'Eugenetica e la Genetica Umana (Monaco, 1927) grazie ai fondi della famiglia Rockefeller. E del resto Hitler poteva contare sull'amicizia e sulla solidarietà di altri capi di governo, anch'essi appartenenti alle Società Eugenetiche, come ad esempio il premier britannico Arthur Neville Chamberlain e il primo ministro collaborazionista francese Henri-Philippe Pétain.
Dunque non è la Germania nazista l'origine del problema ma proprio quella Gran Bretagna liberale che oggi ci fa inorridire.

NON È CORRETTO NEANCHE PARLARE DI UN "RITORNO"
In realtà il movimento eugenetico non se ne è mai andato; si è solo trasformato perché alla fine della Seconda Guerra Mondiale e a causa di quanto avvenuto in Germania, la parola "eugenetica" non godeva più di buona fama. Così pian piano le Società di Eugenetica si trasformano, anzitutto in società di ricerca genetica o di biologia, ma anche semplicemente cambiano nome per rendersi più presentabili.
È il caso della Società di Eugenetica britannica: non ha mai smesso la sua attività, semplicemente oggi si chiama Galton Institute e soprattutto attraverso la sua annuale "Galton Lecture" valorizza gli studi sulla genetica che vanno nella direzione della costruzione dell'uomo "su misura". Tanto per fare un esempio, la Galton Lecture 2018 vedrà protagonista la professoressa Jennyfer Doudna, autrice di una ricerca - eticamente molto controversa - sull'editing del genoma. Scopo di tanti studi del Galton Institute è quello di arrivare alla "costruzione" di individui con le caratteristiche volute, fisiche e morali.
Quello che attribuiamo al nazismo, dunque, è in realtà una cultura ben radicata nel Regno Unito (e non solo), tuttora molto seguita. Anzi, come dimostra il caso di Alfie Evans, essa viene ormai apertamente praticata negli ospedali e proclamata nelle aule di tribunale senza che nessun settore della società muova un dito, faccia un sobbalzo o almeno trovi qualcosa di sinistro in tutto ciò.

Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo sottostante dal titolo "Sentenza che annulla il diritto e vuole il male di Alfie" parla dei tanti errori giuridici della sentenza della Corte Suprema inglese: la mancanza di diagnosi approfondite su Alfie non ci può portare a dire che tutte le soluzioni terapeutiche sono state sperimentate e che dunque è inutile il trasferimento in un altro ospedale. Ma soprattutto: in passato ci sono stati casi in cui i medici avevano ragione ad opporsi alle richieste dei genitori, ma sempre per il bene dei bambini. Qui invece si opta per il male, la sua morte.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 aprile 2018:
La Corte Suprema il 20 aprile scorso ha nuovamente rigettato un ulteriore ricorso presentato dagli Evans per salvare la vita di loro figlio. Dopo la pubblicazione delle motivazioni di questa decisione, la strategia dei tribunali inglesi sul caso Alfie è ormai ben chiara. Come avevamo già appuntato in un articolo precedente tutta la vertenza ruota intorno al best interest del minore. Se il miglior interesse del minore è quello di morire anche i genitori non possono opporsi.
La Corte Suprema scrive nelle motivazioni: "Anticamente il modo con cui un padre poteva far valere il diritto di custodire un figlio era tramite un mandato di 'habeas corpus' (richiesta di comparizione di una persona davanti al giudice in caso di arresto o detenzione/Ndr). E questo accadeva perché un uomo sposato poteva vantare, nel diritto comune, la custodia del figlio. Ma nei tempi più moderni questo diritto è stato circoscritto nell'interesse del benessere del bambino". I giudici citano una legge del 1891 ormai abrogata la quale prevedeva che "quando il genitore di un bambino si appella all'Alta Corte o alla Corte di Sessione per un mandato di comparizione del bambino stesso e la Corte è del parere che il genitore abbia abbandonato o trascurato il figlio o che si comporti comunque in modo che la Corte ritenga di rifiutare di far valere il suo diritto di custodia sul bambino, la Corte può discrezionalmente rifiutare o concedere il mandato". I tre giudici della Suprema Corte concludono: "Questo rende chiaro che i diritti dei genitori non sono assoluti". In breve, tramite l'habeas corpus il genitore poteva far valere il diritto di custodia sul figlio, ma se i giudici ritenevano che, per i più diversi motivi, il genitore non avesse dato prova di essere capace di badare al figlio, potevano disattendere la richiesta di mandato dell'habeas corpus. Ergo i diritti dei genitori non sono senza limiti.
Questo perché il principio di beneficialità a favore del minore, ricordano sempre i giudici, è il principio fondamentale a cui si devono ispirare i tribunali, così come indicato dalla Sezione I del Children's Act, legge del 1989. "È dunque un chiaro principio di legge – si legge nelle motivazioni - il fatto che i genitori non hanno diritto di invocare un mandato di 'habeas corpus' per chiedere la custodia del figlio, se questo non è nel miglior interesse del bambino". Queste premesse servono alla Suprema Corte per concludere che il miglior interesse di Alfie sia quello di morire, miglior interesse che prevale anche sul diritto di libera circolazione in ambito europeo: "i genitori di Alfie non hanno il diritto di orientare i suoi futuri trattamenti medici, […] non possono portar via Alfie dall'Alder Hey con lo scopo di trasportarlo a certi rischi in altri ospedali che non possono fargli alcun bene. È stato definitivamente stabilito che non è nel miglior interesse di Alfie non solo restare nell'Alder Hey Hospital per continuare ad essere trattato com'è attualmente, ma nemmeno di viaggiare altrove per lo stesso fine. Non è legittimo continuare a trattenerlo per questo scopo, né all'Alder Hey né altrove. L'unica liberazione di cui ha diritto, quindi, è la liberazione dall'imposizione di trattamenti medici che non sono nel suo miglior interesse. […]. Non c'è nemmeno alcuna ragione per ulteriori ritardi. […] L'Ospedale dev'essere libero di fare ciò che è stato determinato essere nel miglior interesse di Alfie".
La Suprema Corte si ispira ad un principio giusto – la tutela del miglior interesse del minore anche contro la volontà dei genitori - ma non pertinente al caso specifico. Tentiamo di spiegarci meglio. E' giusto che lo Stato per mano dei giudici si sostituisca nella tutela di un minore allorchè i genitori si siano dimostrati inadatti a tale scopo? Sì. E' ciò che accade ordinariamente con l'affido. Si toglie il bambino da un ambiente non a lui consono e per il suo miglior interesse lo si inserisce in un altro nucleo familiare.
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