1 DEC 2022 · E’ il 30 maggio del 1431 quando, a seguito di un processo per eresia, Giovanna d’Arco viene condannata al rogo e arsa viva. Da questa data in poi, ritroveremo la “Pulzella d’Orleans” protagonista di canzoni, film e discussioni. Il cantautore canadese Leonard Cohen saprà renderle omaggio col brano “Joan d’Arc”, contenuto nell’album “Songs of Love and Hate”, pubblicato nel 1971. Fabrizio De Andrè invece, che mai aveva fatto mistero delle traduzioni presenti nella propria discografia, l’anno successivo rispetto alla pubblicazione di Cohen, decise di inserire la propria versione del brano come lato b di un 45 giri. Non è un caso che lo stesso 45 giri, nel lato a, contenesse un’altra traduzione dello stesso cantautore, sicuramente più nota, Suzanne. Il disco presentò da subito due copertine, una nera e una bianca, e ciò che le differenziava, oltre il colore, era il titolo della canzone stessa che, nel primo caso era in francese mentre, nel secondo, in italiano. De Andrè riporta quasi fedelmente sia il testo che la musica di Leonard Cohen ma, soprattutto, ne condivide l’ambientazione, concentrando tutti i minuti della durata del brano alla fine della vita di Giovanna d’Arco, nei momenti che l’accompagnarono dal processo alla condanna. Dalla prima strofa, infatti, possiamo ascoltare le battute tra Giovanna e il fuoco, immaginando dunque di poter personificare quelle fiamme che, per ultime, avvolgeranno il corpo della donna. Il racconto del dialogo, nonostante il triste epilogo, non manca di fascino e ammirazione, doti distintive di Fabrizio De Andrè che riesce a narrare di un incontro primo e unico, capace di accogliere e spegnere tutti i desideri e i sogni dell’eroina francese per eccellenza. Lei, stanca della guerra.
Lei, la sua vocazione al “trionfo ed al pianto” e lei che, per coronare il proprio sogno di essere moglie, offre al fuoco “il suo modo migliore di essere sposa”. L’incontro col fuoco si intensifica nel verso “Lei capì chiaramente che se lui era il fuoco, lei doveva essere il legno”, parole che portano l’ammirazione iniziale verso un crescendo di sensazioni fino a raggiungere una vera e propria estasi mortale. Lei, avvolta tra le fiamme di chi l’ha voluta lì ma, nonostante tutto, con l’amara consapevolezza di aver portato a termine la propria missione. La strofa finale, presente nella versione di Cohen e nella prima traduzione di De Andrè, che compare solo nella versione su 45 giri e non in quella inserita nell’album del 1974, recita così:
“Ho visto la smorfia del suo dolore,
ho visto la gloria nel suo sguardo raggiante
anche io vorrei luce e amore
ma se arriva deve essere sempre così crudele e accecante?” Nel singolo, con copertina nera o bianca, l'arrangiamento fu affidato a Nicola Piovani, fresco collaboratore in “Non al denaro non all'amore né al cielo”, diversamente dalla versione presente nell'album “Canzoni”, dove, ad arrangiare, fu Gian Piero Reverberi. ------------------------------------------------------------------- L'AUTRICE / Lucia Lamboglia: https://instagram.com/lucia.lamboglia LA NARRATRICE / Talìa Donato: https://www.instagram.com/taliadonato/ --------------- Bibliografia: Le storie dietro le canzoni - Walter Pistarini / https://deand.re/to/#vY4MP4A Canzone dopo canzone - Guido Michelone / https://deand.re/to/#ds-vMhU Prinçesa e altre regine - Concita De Gregorio / https://deand.re/to/#THYLa2s Uomini e Donne di Fabrizio de André - Alfredo Franchini / https://deand.re/to/#KtRtVwA